martedì 26 gennaio 2010

Azioni esemplari e lotta di massa nella campagna per il controllo delle osterie (Kneipen-Kampagne), di Sergio Bologna

Che tattica utilizza il partito nazista per penetrare nei quartieri proletari? Della "battaglia per Berlino", uno dei momenti più significativi fu la cosiddetta campagna per il controllo delle Kneipen, cioè le osterie. I quartieri operai berlinesi erano allora abitati soprattutto da famiglie di disoccupati (in taluni quartieri c'era un tasso di disoccupazione del 75%). Questi disoccupati non sapevano dove andare durante il giorno e stazionavano nelle osterie. Le osterie hanno sempre avuto una funzione importante in tutta la storia del proletariato in quanto punti centrali della socializzazione proletaria e finirono per diventare anche allora sedi d'incontro e di scambio politico, crocevia di circuiti di informazione, punti dove si organizzavano azioni e iniziative. Le osterie dei quartieri popolari purtroppo avevano allora una clientela che consumava poco e quel poco che consumava talvolta non riusciva a pagarlo. Gli osti rischiavano il fallimento, abbandonavano la gestione ad altri che magari non avevano le stesse simpatie politiche o non avevano vissuto assieme a una parte dei loro clienti gli stessi momenti di lotta.
I nazisti adottarono la tattica di convincere i gestori delle osterie che se si mettevano dalla loro parte potevano contare su dei guadagni sicuri. In molti casi questa tattica ebbe successo e l'osteria divenne, da sede d'incontro di simpatizzanti comunisti, a ritrovo di attivisti nazionalsocialisti.
Quando questo tipo di penetrazione sistematica delle squadre naziste cominciò ad assumere un'estensione preoccupante e molte osterie proletarie divennero la base di partenza di azioni terroristiche condotte dai mercenari nazisti; il partito comunista decise di lanciare una campagna per riguadagnare terreno sul controllo dei locali, la cosiddetta Kneipen-Kampagne, e cominciò a condurre una serie di azioni sistematiche di attacco alle osterie ormai frequentate dai nazisti. La nuova linea del partito raccomandava di inserire sempre l'azione armata dentro una lotta di massa per evitare il rischio di praticare un controterrorismo puro e semplice. Ma, come vedremo nell'episodio che illustreremo tra breve nella ricostruzione fattane da Eva Rosenhaft, la pratica della lotta di massa era resa estremamente difficile dalle condizioni materiali in cui si venivano a trovare i proletari di quell'epoca.
E' un episodio che fece molto scalpore. Le SA erano riuscite a comperare un oste in una delle strade di Neukölln, roccaforte della Sinistra.
"Il caseggiato di Richardstrasse 35 a Neukölln rappresentava da più punti di vita un vero spaccato della società. Costruito nel 1905, era infatti uno dei maggiori complessi della zona, con sei cortili e cinque corpi di fabbrica arretrati, con complessivi 144 appartamenti, per quattro quinti tipici alloggi operai, formati da cucina, soggiorno e servizi in comune. Ospitavano circa 500 persone. Vi erano una dozzina di bottegai e artigiani, nove impiegati, qualche commesso, dei domestici, due artisti, ventun pensionati e una novantina di operai specializzati e comuni, che rappresentavano complessivamente una tipologia dei principali mestieri diffusi nella città. Tra i capi del movimento degli inquilini contro le SA c'erano un tipografo, un lattoniere, un sarto, un metalmeccanico, due operai edili, due operai comuni e un invalido di guerra. L'osteria, che era al pianterreno sul fronte strada del caseggiato, era stata acquistata nell'ottobre 1929 da Heinrich Böwe, un ex imprenditore che era fallito nella sua città di Magdeburgo ed aveva deciso di investire in quel locale i soldi che gli restavano. L'osteria era stata un punto di incontro prima di un gruppo religioso giovanile e poi, nel dopoguerra, di gruppi di sinistra, caratteristica che mantenne anche dopo che fu acquistata da Böwe. Con l'aggravarsi della crisi economica i clienti di Böwe non riuscivano però a trovare lavoro e continuavano a passare giornate e serate all'osteria; ma il magro assegno dell'Ufficio della disoccupazione o dell'assistenza comunale non consentiva loro di mangiare, bere e spendere come in passato. Quando le SA offrirono di garantire un consumo minimo di un barile di birra al giorno se Böwe avesse messo a loro disposizione il locale, l'oste considerò l'offerta come la via più breve per evitare il tracollo finanziario. Si consultò con il comando di polizia locale, che gli garantì che non ci sarebbero stati seri problemi, e poi accettò la proposta delle SA. I gruppi che erano clienti abituali dell'osteria si allontanarono, anche se Böwe sarebbe stato contento che restassero, specie quelli che amavano giocare a bocce. E poco dopo lo stesso Böwe aderì alla NSDAP, "per motivi economici". Il 26 agosto lo Sturm 21 di Neukölln si insediò in Richardstrasse 35 e le aspettative di Böwe si concretizzarono, con più di 100 persone che si riunivano regolarmente nella sala per riunioni posta sul retro del locale e una trentina di SA che tutti i giorni si fermavano a mangiare.
L'arrivo dello Sturm 21 a Richardstrasse fu molto simile ad altre prese di possesso di osterie da parte delle SA in quei mesi. Esse erano il riflesso della crescita delle SA a Berlino, il cui sviluppo era alimentato dalla grande fiducia che esse nutrivano in se stesse e che portava a sempre nuove adesioni. I nazi erano degli outsiders solo perché proclamavano di esserlo ma le SA avevano già una lunga storia a Neukölln. La NSDAP era presente dal 1926 e il capo dello Sturm 21 - un commesso di 25 anni nato e cresciuto a Neukölln - faceva parte dell'organizzazione fin dalle origini. Dalla metà del 1931 vi erano a Neukölln ben tre Sturm delle SA e, secondo il servizio di informazioni comunista, sin dalla fine di agosto la NSDAP poteva contare su 1.300 aderenti e 9 osterie con funzione di quartier generale. Quindi i comunisti e gli uomini delle SA ebbero modo di conoscersi bene lungo questi anni. Da parte comunista le SA furono considerate e trattate come un pericolo fisico a partire dall'ottobre del 1929, quando il primo gruppo di SA contava già su 70 membri; il capo delle SA faceva risalire l'accrescersi delle ostilità tra i due gruppi a un incidente scoppiato durante la campagna elettorale del 1930. Nel 1931 i rapporti crescenti tra i due partiti avevano determinato un primo caso di passaggio da un'organizzazione all'altra, dalle SA al Kampfbund. Nel corso degli avvenimenti successivi all'assalto contro l'osteria di Böwe, un'attivista comunista di primo piano passò alle SA.
Il fatto che le SA fossero ben conosciute a Neukölln non vuol dire che venissero accolte con piacere a Richardstrasse. Quando si insediò lo Sturm 21, l'attenzione pubblica era focalizzata sui crimini delle SA di Berlino per via dei resoconti giornalistici sul processo per omicidio ai membri dello Sturm 33, la famigerata squadra di Charlottenburg. Data la storia e il genere di caseggiato da un lato, e l'accrescersi dell'influenza politica comunista come reazione alla presenza nazionalsocialista a Neukölln dall'altro, la tensione tra gli abitanti e gli ospiti di Böwe era destinata ad aumentare. Subito dopo l'insediamento dello Sturm 21, si diceva in giro che le SA orinavano nei corridoi, agitavano le loro pistole contro i bambini che giocavano in cortile e minacciavano di sparare contro le finestre della casa.
Il 28 agosto il funzionario del KPD a cui faceva capo la cellula di Richardstrasse 35 organizzò una riunione di inquilini e in quell'occasione gli oratori comunisti avanzarono la proposta di uno sciopero degli affitti. La proposta fu accolta e pochi giorni dopo il quotidiano comunista "Die Rote Fahne" riferiva di un successo su tutta la linea: erano state vendute 300 copie in più del giornale, i socialdemocratici stavano dimostrando interesse, una squadra di difesa del caseggiato contava già sessanta membri e gli inquilini avevano formato un comitato d'azione. Se le SA non se ne fossero andate, l'inizio dello sciopero era stato fissato per il primo settembre. Si disse che Goebbels avesse dato ordine che Richardstrasse 35 non doveva essere abbandonata a qualunque costo. In realtà lo sciopero dell'affitto stentava a concretizzarsi. Nelle settimane seguenti la tensione crebbe ulteriormente e sia la stampa comunista che quella nazionalsocialista concentrarono la loro attenzione su quel conflitto. Il 3 settembre, "Der Angriff", il giornale nazionalsocialista, proclamava: "Le cose sono arrivate al punto che un membro delle SA non può passare da solo in Richardstrasse senza correre dei rischi". L'ufficio centrale del KPD a Berlino ricevette anche da Neukölln la notizia che le ragazze del quartiere correvano pericolo se giravano per strada di notte. Nel cortile dietro l'osteria di Böwe fecero la loro comparsa dei gruppi che scandivano "Schlagt die Faschisten" e "Appoggiate lo sciopero". Le finestre della sala delle riunioni che davano sul cortile furono fracassate e dalla metà di ottobre una pattuglia speciale della polizia ebbe l'incarico di impedire assembramenti di fronte al caseggiato.
Un gruppo di funzionari del KPD che una sera andò a ispezionare la strada, di solito animata, la trovò completamente deserta, ciò che era insolito in quel sobborgo operaio ed era quindi un chiaro segnale che c'era qualcosa che non andava. Intanto lo sciopero degli affitti era nuovamente ripartito e il 29 settembre gli inquilini si erano incontrati e avevano deciso di cominciarlo il primo ottobre. Questa volta il tentativo era stato preparato e propagandato meglio. Il "Vorwärts" (quotidiano socialdemocratico) ne parlò con simpatia, facendo notare che nella strada erano già stati attaccati dei membri dell'organizzazione paramilitare socialdemocratica, i "Reichsbanner", oltre che dei comunisti.
Furono stampati dei manifesti con l'annuncio dello sciopero e vennero diffusi dei fogli volanti ciclostilati che spiegavano come esso fosse stato rimandato in un primo tempo perché l'amministratore del caseggiato aveva ceduto alla pressione e promesso di sfrattare le SA. In seguito costui negò di avere mai fatto promesse del genere. Comunque le SA restarono nell'osteria e gli inquilini fecero notare come neanche la polizia fosse stata di qualche aiuto. Anzi, secondo la risoluzione della loro assemblea, certi ufficiali di polizia erano stati sentiti dire che la casa avrebbe dovuto essere "bruciata", dato che metà degli affittuari erano dei criminali. Non era rimasta come via d'uscita che l'organizzazione di autodifesa; gli inquilini che volevano continuare a pagare l'affitto sarebbero stati considerati come dei crumiri e alleati dei mestatori, mentre fu nominato un notaio a cui potessero essere versati gli affitti per tutta la durata dello sciopero.
Tuttavia lo sciopero degli affitti di ottobre fallì, nonostante le settimane di rabbia accumulata e l'aiuto tecnico e materiale ricevuto dal KPD durante il suo svolgimento. Fu infatti impossibile mobilitare un potere inesistente, e gli inquilini si resero conto di essere praticamente impotenti contro i proprietari. La paura dello sfratto minacciato dall'amministratore del caseggiato al primo accenno d'azione da parte degli inquilini, aveva di per sé un potere deterrente. Ma ciò che alla fine spezzò la lotta fu il fatto che gli inquilini che dipendevano dall'assistenza sociale non erano in grado di trattenere il proprio affitto perché l'ufficio dell'assistenza lo versava direttamente all'amministratore. Dopo due settimane di sciopero l'amministratore fece sapere che l'80% degli affitti era stato pagato e quindi venne avanzata formalmente la proposta di interrompere l'azione. Il 18 ottobre, la risposta compatta degli operai di Braunschweig alla violenza delle SA [dove, a conclusione di un convegno delle SA, i nazisti avevano dato l'assalto ai quartieri operai e il giorno dopo c'era stato un grande sciopero in risposta] determinò una forte carica d'ottimismo che fece riconsiderare la situazione ai comunisti. Ma l'assemblea degli inquilini del 21 ottobre in cui si doveva discutere di quel fatto fu l'ultima in cui si parlò dello sciopero degli affitti. Infatti il 18 Böwe era morto in seguito alle ferite riportate nel corso di un assalto alla sua osteria e la polizia disperse l'assemblea degli inquilini e arrestò trenta dei partecipanti."
Fin qui la ricostruzione di Eva Rosenhaft. L'assalto all'osteria di Böwe era stato condotto il 15 ottobre da una trentina di dimostranti che spararono numerosi colpi d'arma da fuoco contro il locale, ferendo alcuni avventori e colpendo a morte il proprietario.
Come si vede, il tentativo di unire azione di massa e rappresaglia armata fallì anche perché lo sciopero dell'affitto era stato reso impossibile a causa di uno di quei micidiali meccanismi di controllo propri del sistema assistenziale comunale di cui abbiamo ampiamente parlato. La maggioranza degli inquilini si trovava in regime di assistenza comunale, dove le erogazioni venivano fatte anche in natura; per di più in questo caso l'Ufficio di assistenza anticipava il pagamento di tutto o di una parte dell'affitto e trasferiva direttamente la somma all'amministrazione dell'immobile; anche volendo, gli inquilini non avrebbero potuto praticare lo sciopero dell'affitto. L'azione di rappresaglia non fu difficile da organizzare e da eseguire, ma la sua non saldatura con l'azione di massa determinò la piena vittoria dei nazisti, perché da quel momento essi non incontrarono altre resistenze in quel caseggiato, mentre per il gruppo degli inquilini più attivi nel tentativo di organizzazione dello sciopero si aprì un periodo di paura di essere sospettati e incriminati di complicità nell'assassinio del gestore del locale.
Naturalmente questo è soltanto un episodio, ma illuminante sul tipo di condizioni in cui si trovarono a lottare i proletari tedeschi che tentarono di opporsi anche con la forza all'avanzata dei nazisti: la repressione della polizia socialdemocratica, la morsa della fame e dell'indigenza causate dalla disoccupazione, i meccanismi di controllo del sistema assistenziale, le contraddizioni e le incertezze della politica del partito comunista, la grande scarsità di mezzi nei confronti di un avversario meglio equipaggiato, assoldato e addestrato: tutti questi sono elementi che mettono in risalto ancora di più l'eroismo e l'abnegazione dei proletari tedeschi, che cercarono di difendere il territorio dei quartieri rossi dall'invadenza nazista.
La conclusione generale che si può trarre da questi frammenti di storia è che non è vero che il proletariato tedesco si sia arreso senza combattere. E' vero invece che le sue capacità di resistenza furono logorate e consumate nei terribili anni della crisi, quando la Repubblica di Weimar fu governata con metodi semidittatoriali da coloro che aprirono a Hitler la strada del potere e le forze di chi aveva cercato di contrastarlo erano giunte allo stremo. Gli anni che precedettero la presa del potere di Hitler sono anni di guerra civile strisciante. Nelle condizioni in cui gli avversari del nazismo furono costretti a condurre la loro resistenza, difficilmente qualcuno avrebbe potuto fare di più e di meglio. Quindi il giudizio degli storici, secondo i quali la classe operaia e il proletariato tedesco si piegarono davanti a Hitler senza opporre resistenza, è un giudizio ingiusto, che non rispetta minimamente la realtà e che riflette solo la tendenziosità e l'ignoranza di chi lo esprime.
Non sono molte le testimonianze dirette su quel periodo, accessibili ai lettori italiani; tra queste va ricordata quella di Simone Weil che nell'agosto 1932 scrive da Berlino: "Per le strade non ci sono più tafferugli. Niente denota una situazione particolare, se non questa calma stessa che è, in certo senso, tragica; per i lavoratori la questione in sospeso è l'Arbeitsdienst (sorta di campo di concentramento per disoccupati) che ora esiste già come servizio di lavoro volontario (dieci centesimi alla settimana) ma diverrebbe obbligatorio sotto un governo hitleriano. Per il momento ci vanno i più disperati (...) quanti sono disoccupati da due, tre, quattro, cinque anni, non hanno più l'energia richiesta per la rivoluzione; giovani che non hanno mai lavorato, stanchi dei rimproveri dei genitori, si uccidono o si danno al vagabondaggio, o si demoralizzano completamente; si vedono bambini orribilmente magri, individui che cantano pietosamente nei cortili ecc.; d'altra parte questa terribile questione dell'Arbeitsdienst non tocca gli operai che lavorano..." (in Sulla Germania totalitaria, Adelphi Edizioni 1990, pp. 26-28).
Nel riconoscere il valore morale e politico della lotta di resistenza del proletariato tedesco contro il terrorismo nazista va comunque ricordato che il partito comunista fu l'organizzazione che con maggiore determinazione e radicalità condusse la lotta contro l'avanzata del nazionalsocialismo, ricorrendo a tutti i mezzi possibili, anche ai mezzi illegali. Pur trovandomi personalmente molto più vicino alla formazione culturale di Simone Weil che a quella comunista (non sono mai stato iscritto al partito comunista e non ho mai messo piede nella DDR) e pur riconoscendo agli scritti dell'allora poco più che ventenne militante francese una straordinaria lucidità sugli avvenimenti in Germania, di cui fu testimone per alcune settimane, mi pare necessario affermare che il suo impietoso, feroce giudizio sulla condotta della KPD non trova molti riscontri nella ricostruzione dei fatti in base al materiale d'archivio.
Sarebbe semmai da chiedersi se la cultura e la preparazione dei cosiddetti "quadri militari" del partito, cioè di coloro che avevano seguito in Unione Sovietica corsi di formazione e addestramento alla guerra civile, alla clandestinità armata, all'insurrezione, fossero adatte a un tipo di tattica politico-militare nella quale i comportamenti illegali del proletariato e le sue forme di controllo del territorio metropolitano sembravano più conformi alle necessità di uno scontro che non era uno scontro preinsurrezionale o per la presa del potere ma piuttosto una lotta per la sopravvivenza della propria identità e dei propri spazi di autonomia. Grande importanza devono avere avuto le forme spontanee di lotta e di resistenza informali, i circuiti di informazione non partitici, le forme di aggregazione giovanile, insomma quel patrimonio di autonomia e di culture antagoniste che si era sedimentato nel proletariato metropolitano senza passare attraverso le scuole di partito. Non bisogna dimenticare inoltre che accanto alla cultura diffusa dalle organizzazioni comuniste c'era una vasta area influenzata da culture social-rivoluzionarie e anarchico-libertarie. Una componente importante del proletariato politicizzato si raccoglieva nella organizzazione anarco-sindacalista, la "Freie Arbeiter Union", che nel periodo di massima espansione aveva toccato centinaia di migliaia di iscritti, forte inizialmente tra gli edili e gli operai tessili e poi sempre più estesa tra i metalmeccanici delle piccole e medie fabbriche ed i minatori; era un'organizzazione nettamente proletaria, priva di intellettuali e di persone provenienti dai ceti piccolo e medio borghesi.
A fronte di questo universo, che rappresenta l'universo della resistenza attiva al nazismo giorno per giorno e strada per strada, l'azione e la politica delle organizzazioni socialdemocratiche ebbe un carattere per lo più dimostrativo e imbelle. Ciononostante centinaia di quadri del sindacato e del partito socialdemocratico furono trascinati dalla solidarietà di classe e parteciparono anch'essi in varie forme alla resistenza attiva contro l'invadenza delle squadre naziste. Ma il giudizio sul comportamento dei vertici e dell'apparato del partito socialdemocratico, che ancora alla fine del 1932 si ostinavano a considerare il bolscevismo il pericolo numero uno per la cosiddetta democrazia weimariana, non può che essere di condanna e di disprezzo per il loro profondo settarismo antiproletario, per la loro spaventosa miopia politica e per la loro profonda viltà nei confronti del nazismo.
Per quanto riguarda l'azione del partito comunista mi sembrava importante mettere in luce come esso, malgrado certi ondeggiamenti e molti errori, si sia battuto con determinazione per impedire l'avanzata nazionalsocialista. Nei libri di storia si trova invece troppo spesso la tesi che nazisti e comunisti siano andati a braccetto per combattere le istituzioni weimariane e si citano sempre i due episodi in cui si trovarono sullo stesso fronte contro la SPD: il referendum contro il governo prussiano retto da Otto Braun e lo sciopero dei trasporti pubblici di Berlino nel novembre 1932; non si parla quasi mai degli scontri che hanno opposto anche sul piano fisico proletari organizzati dalla KPD e le squadre naziste. Un altro testimone di quei giorni, il giornalista e aspirante-storico americano William Shirer, liquida la resistenza del proletariato berlinese in questi termini: "Le squadre di assalto (le SA) percorrevano le vie desiderose di battersi e di spargere sangue, e spesso le loro provocazioni furono raccolte, specie dai comunisti" (Storia del Terzo Reich, vol. I, Tascabili Einaudi 1990, p. 257).
Voglio anche precisare che riconoscere il ruolo centrale svolto in quegli anni a Berlino da Walter Ulbricht, il grande avversario di Joseph Goebbels, non significa esaltare il ruolo che lo stesso Ulbricht ebbe come capo della SED e primo ministro della DDR per lunghi anni. Va semmai rilevato come, una volta giunto al potere, Ulbricht abbia preferito sorvolare sui suoi eroici trascorsi weimariani perché, a ricordarli come essi furono veramente, si rischiava di mettere in crisi i rapporti con i socialdemocratici e si rischiava di contraddire l'immagine perbenista e legalitaria che il comunismo postbellico intendeva dare di sé.

(ripreso da Sergio Bologna, Nazismo e classe operaia 1933-1993, Manifestolibri, Roma, 1996, pp. 125-137)

Tusk: creatore di un movimento della gioventù drasticamente antiborghese, di Bertrand Eeckhout

Tra i movimenti della gioventù ce n'è uno che è particolarmente noto per il suo radicalismo antiborghese: la DJ.1.11. o la Deutsche Jungenschaft 1.11. (1 novembre, data della sua fondazione). Il radicalismo di questo movimento è dovuto essenzialmente alla personalità del suo capo e fondatore: Eberhard Koebel, detto "Tusk". Nato nel 1907 a Stoccarda, figlio di un alto funzionario, Eberhard aderirà molto giovane ai Wandervögel, più tardi passerà ai Freischar dei quali diverrà "Gaufuhrer" a Wurtember nel 1928. Questo piccolo uomo, nervoso ed energico non fu in alcun modo un teorico. Fu sopratutto un artista che rivoluzionò lo "stile" dei movimenti della gioventù dando un aspetto moderno alle sue riviste, conferendogli una grafica audace, moderna e pulita.
La sua notorietà nel movimento e in tutta la Germania si deve sopratutto alle sue innovazioni. E queste non sono state solo di ordine grafico. Infaticabile viaggiatore, Koebel aveva visitato e vissuto con i lapponi, attraversato il nord della Russia europea, sbarcato in Novaja Zemlja. Dai suoi viaggi inediti e originali riporta indietro, oltre al suo soprannome "Tusk" ("Il tedesco" in scandinavo, la Kohte (tenda lappone), la balalaika e il banjo. Questa tenda nera e questi strumenti musicali saranno adottati con entusiasmo dai giovani. "Vivendo con intensità" Koebel percorre il suo paese in moto (un altro tratto di modernismo) per reclutare nuovi membri. Gli antiborghesi di Tusk si scinderanno dalla Freischar l'1 novembre 1929 riunendosi sotto la bandiera della DJ.1.11. Tusk imprimerà al suo movimento uno stile originale e un'etica nuova. Il suo stile e la sua etica si imporranno nel campo che organizzerà nel 1931 (Sühlager).
Uno stile nasce: freddo e ieratico nei suoi aspetti esteriori, incandescente e folle nella sua dimensione interiore. Tusk elimina il romanticismo trasognante dei vecchi Wandervögel che idealizzava eccessivamente il Medioevo con il rischio di degenerare in inezie, nel kitsch alla Hollywood. Koebel è in questo contemporaneo dei futuristi italiani e di Ernst Jünger profeta che annunciava l'avvento dell'era dell'"acciaio". Parallelamente a questo culto dell'"homo metalicus", il gruppo animato da Tusk idealizza la figura del Samurai anticipando così la moda occidentale per Mishima. Koebel/Tusk, tedesco di Weimar, incarna anche le contraddizioni del suo tempo, che si trova politicamente a un bivio. Fino al 1932 la sua azione era appena politicizzata. Ma dopo questa data fatidica in cui la crisi ragiunge il suo apogeo su apogeo Koebel si lancerà nella sua avventura politica. Le sue posizioni fino a quel momento erano state abbastanza convenzionali, era un nazionalista tedesco non estremista che contestava sopratutto l'annessione della Posnania e del corridoio attraverso la Polonia. L'ideale del soldato in Tusk non è al servizio di una causa nazionale precisa, come in Jünger e Drieu, ma è sopratutto religioso ed etico.
Il nazionalismo di Tusk non è ostile alla Russia. Questo immenso paese, per lui come per Niekisch non è stato pervertito dalle luci che hanno invecchiato i popoli dell'occidente. Il romanticismo filorusso trionfa nelle file della DJ.1.11. Confusamente, senza presupposti ideologici a priori, i giovani di questo movimento cantano le gesta di Stalin e dell'Armata Rossa e le prodezze dei soldati bianchi di Koltchaak. Lanciano attraverso la Germania la moda delle canzoni cosacche. Nel Sühnelager del 1931 Tusk guida le sue truppe vestito con una pelliccia cosacca e un berretto di pelliccia.
Con questo stile, che implica una rottura totale con il mondo adulto e borghese, Tusk realizza radicalmente i propositi iniziali del movimento della gioventù. Un giorno dirá: "La gioventù è il valore e la maturità è a priori una cosa negativa". Per Tusk, platonico senza saperlo i giovani andrebbero separati dai compromessi che impone il mondo adulto. Andrebbero preservati dai miasmi dell'imborghesimento. Tusk lotterà in questa direzione contro i movimenti il cui stile non provoca questa rottura terapeutica. Gli ideologemi del popolo (Volk), della Patria (Heimat) e del Reich che mobilitano il mondo degli adulti devono cedere il passo al concetto radicale di Ordine. "L'Ordine scrive Tusk va concepito come una comunità libera da tutti i compromessi con le cose passate, dove il giovane trova la sede del suo essere".
Con la volontà di creare un ordine impermeabile alle influenze deteriori della società liberale, Tusk oppone due modelli antropologici antagonisti; uno constituisce l'ideale da realizzare, l'altro rappresenta la negazione del primo, il polo negativo. Quest'ultimo lo definisce il modello ripetitivo. "E' il modello dell'uomo parassita che vegeta nel massimo confort possibile, non è mai malato, vive il maggior tempo possibile, non soffre fisicamente, non esprime mai le sue idee, ama ripetere quello che è stato già detto, è felice quando la routine quotidiana si svolge senza grossi problemi. Di fronte alle pecore della ripetizione si erge l'uomo dell'Ordine libero da tutti i tipi di obbligazioni rispettose delle visioni del mondo obsolete, libero di non ripetere gli slogans conformisti, libero di adottare i suoi modi di vita e le sue idee". Simbolo di questa attitudine verso la vita è l'"Ersbrecher", il rompighiaccio.
Per "rompere il ghiaccio" che congela la società, le forme e le idee, l'Ordine deve creare una disciplina di ferro. Bisogna obbedire ai superiori, obbedendo senza discutere perché questa obbedienza dà alla luce la libertà, provoca la rottura. Gli abiti del membro dell'ordine devono essere impeccabili e il suo linguaggio depurato da volgarità e bestemmie.
Ma l'Ordine non resisterà intatto sotto la pressione delle passioni politiche. Tusk sceglierà prima il NSDAP, poi il Partito Comunista per poi infine abbandonare la pretesa di riuscire a trasporre i suoi ideali in una formazione politica. I comunisti non smetteranno mai di diffidare di lui. Tusk tenterà di creare cellule nella Hitler Jugend chiedendo ai suoi subordinati di occuparne posti di comando. Il fallimento non lascerà speranze. L'itinerario politico di Tusk conduce al di là della sinistra e della destra allo stesso modo di quello dei nazional-bolscevichi e dei nazional-rivoluzionari di Niekisch e Paetel.
Questa posizione tra due fuochi è difficile da mantenere. Nel gennaio del 1934 Tusk sarà arrestato dalla Gestapo, ma fugge e nella fuga si frattura il cranio. Rimesso in libertà si rifugia in Svezia dove porrà fine alla sua vita pubblica. La malattia si impadronisce di lui e non lo lascia più. A Londra, seconda tappa del suo esilio cercherà di guadagnarsi il pane come fotografo e professore di lingue orientali. Gli esiliati comunisti accetteranno di ascoltarlo ma non accetteranno la sua candidatura come membro. Tutti i suoi tentativi di riprendere la lotta falliranno. Dopo la guerra non uscirà più da Berlino Est. Morirá nel 1955 all'età di 48 anni.
Tusk: una figura da riscoprire. Una figura che riassume fino in fondo tutta la filosofia tedesca da Herder in poi. Una filosofia che privilegia nelle sue esplorazioni dell'avventura umana i balbettii primordiali alle produzioni dell'età matura. Una filosofia che si lancia a corpo morto nel mondo omerico e che respinge le prelibatezze ellenistiche... Il culto della Russia e del Samurai si riuniscono in questa vecchia opzione. Tusk: una figura al di là della destra e della sinistra e delle loro insufficienze politiche.

(trad. it. di Bertrand Eeckhout, Tusk: creador de un movimiento de juventud radicalmente antiburgues, in "Disidencias", http://www.arrakis.es/~fsln/ale-4.htm)

Le quattro fasi della storia del movimento della gioventù tedesca, di Michael Froissard

"E' incontestabilmente la migliore storia del movimento della gioventù tedesca". Quasi tutti sono unanimi nell'accettare questo giudizio sopra il piccolo libro di Fritz Borinski e Werner Milch. Entrambi gli autori abbandoneranno la Germania nazionalsocialista rispettivamente nel 1934 e nel 1938. Borinski, militante socialista, fuggirà in Inghilterra da dove salperà per l'Australia nel 1940. Nel 1941 ritorna a Londra e partecipa ai lavori di una commissione incaricata di "rieducare" i tedeschi a guerra finita. Werner Milch è liberato nel 1938 da un campo di concentramento e sceglie anche lui l'Inghilterra come terra d'esilio. Durante la Battaglia di Inghilterra sarà internato per sei mesi ad Exeter.
Il loro libro si inscrive quindi in un progetto di rieducazione forzata. Generalmente questo genere di opera non brilla per la sua oggettività. La propaganda ha spesso risposto con la propaganda a dispetto della verità storica e dell'onestà intellettuale. Per quello che concerne il movimento della gioventù, tutte le idee e tutti i temi che ne derivano sono stati assimilati alla sua traduzione nazionalsocialista. Questo tipo di amalgama per fortuna non si incontra nell'opera di Borinski e Milch. Il suo fine non è quello di condannare il fenomeno della Jugendbewegung ma al contrario quello di resuscitarlo, dandole vigore e restaurandone la sua pluralità, la sua diversità, la sua abbondanza di prospettive anteriori al 1933. Nella breve prefazione alla prima edizione inglese del 1944 dicono chiaramente che desiderano il ritorno della libertà spirituale propria dei Wandervögel e dei loro eredi. Per loro il fenomeno è indissociabile dalla storia tedesca e non può essere cancellato per decreto.
L'interesse storico della loro opera risiede principalmente nella classificazione che offre. Quattro periodi marcano la storia del movimento: 1) la fase dei Wandervögel; 2) la fase della Freideutsche Jugend; 3) la fase della Bündische Jugend; 4) la fase di dissoluzione a causa della repressione nazionalsocialista. Questo schema è tuttora valido. L'evoluzione del movimento della gioventù si sviluppa in queste quattro fasi. La storia, dopo il 1945 non ha permesso l'emergere di una quinta fase; la "rieducazione" ha schiacciato la matrice di umanesimo con il pretesto che questa matrice aveva al tempo stesso generato il nazismo. Borinski e Milch non hanno visto il loro sogno realizzato.
La prima fase inaugurata da Karl Fischer essenzialmente è una reazione contro la rigidità borghese, contro l'atteggiamento arrogante della "Belle Epoque", lo snobismo materialista, ecc. Il Wandervögel di Fischer istituisce una "nuova scuola", più vicina alla naturalezza, più emancipata in relazione alle convenzioni e alle istituzioni scolastiche, vettori di un sapere schematico. Il Wandervögel è la contestazione antecedente al 1914. Il movimento crea contro-istituzioni come gli ostelli della gioventù, ritorna alla terra e abbandona i deserti di asfalto che sono le città, scopre il campeggio e le escursioni nei boschi e nelle selve. Il Wandervögel respinge le frivolezze del borghese, il ballo, la moda, ecc. così come condanna l'alcolismo e l'abuso di tabacco.
La seconda fase, quella della Freideutsche Jugend è di fatto una fase di transizione tra quel movimento degli studenti che erano i Wandervögel e quello più politicizzato della fase bündisch. Questa fase è ancora in gran parte apolitica. La comunità Freideutsche sarà la prima ad essere assorbita in una formazione politica adulta adulta. Con questa divisione si da il primo segno di politicizzazione generale della società tedesca. La politicizzazione sarà innescata della contestazione dei tragici avvenimenti che conoscerà la Germania: inflazione, carestia, reparazioni imposte dal Trattato di Versalles, agitazioni sociali, ecc. Il grande sociologo Max Weber parlerà a questo proposito de "la notte polare della realtà politica e della pauperizzazione economica che ucciderà l'estasi della rivoluzione e annegherà la primavera di una gioventù esuberante e fiorente". Il volo fuori dalla realtà, l'amata marginalizzazione secondo Fischer si scontrano con le frustrazioni della realtà sociale, frustrazioni dovute alla constatazione che non è possibile con una economia così vacillante e una nazione così subordinata creare l'uomo nuovo. Per rimuovere gli ostacoli della miseria socio-politica è necessario, evidentemente, agire su un terreno politico... I capi dei diversi movimenti non possono coltivare indefinitamente le loro idee filosofiche né continuare i loro sogni romantici di libertà. Dal magma degli ideali idilliaci o fugaci, sublimi o eccentrici nascerà la terza fase, la fase bündisch.
L'anarchismo evapora. Le leghe che di seguito si costituiranno accettano i principi guida e le gerarchie organizzative. Nelle masse appariranno le uniformi che rimpiazzano a poco a poco il corredo ornamentale, le camicie colorate e i cappelli con fiori. Lo "stile" succede così all'affascinante fantasia. L'accento è posto in seguito sul Bünd in quanto comunità, in quanto istanza sovrapersonale ("Le persone muoiono come mosche ma quello che è oggettivo non muore mai"). Il Bünd recluta i migliori giovani e in questo è sentito come élitario, ma i suoi capi sono eletti come tra gli antichi germani. Il Bünd funziona democraticamente: i capi eletti discutono piani e progetti con tutti i membri.
Permane il principio di autonomia nonostante il cambiamento delle forme. Ma quando la politicizzazione della società tedesca raggiunge il suo apice dopo le campagne elettorali che hanno portato Hitler al potere, questo principio di autonomia si mostra terribilmente debole di fronte alle truppe della gioventù politicizzata e fanatizzata. Hitler aveva sempre mostrato il suo disprezzo per i "marginali" del movimento della gioventù e farà tutto il possibile in modo che essi si uniscano alle fila del suo partito o scompaiano. Nonostante un ultimo tentativo di raggruppamento sotto l'egida del vecchio ammiraglio Von Trotha, i Bünd finiranno per essere proibiti o disciolti. I recalcitranti saranno perseguiti inesorabilmente. Il nuovo totalitarismo tedesco come il totalitarismo morbido che noi soffriamo oggi non tollererà alcuna area di autonomia. Quando tornerà ad esistere qualcosa di così sublime, efficace e sanamente educatrice come sono stati i Bünd?. Alla brutalità delle SA hanno fatto seguito le bolle di sapone dei giornalisti inquisitori, degli psicanalisti viziosi, dei piccoli borghesi ripugnanti, dei consumatori di sguardi fissi nel vuoto, dei soggetti silenziosi e tristi del Big Brother.

(trad. it. di Michael Froissard, Las cuatro fases de la historia del movimiento de juventud aleman, in "Disidencias", http://www.arrakis.es/~fsln/ale-1.htm)

lunedì 25 gennaio 2010

Otto Strasser, "Die Schwarze Front" e la via tedesca al socialismo, di Luigi Carlo Schiavone

"Dalla destra prenderemo il nazionalismo che per sua disgrazia ha sposato il capitalismo, dalla sinistra prenderemo il socialismo, la cui unione con l'internazionalismo è disastrosa. Così formeremo questo socialismo nazionale forza motrice di una nuova Germania e di una nuova Europa".

Questa tesi, esposta da Gregor Strasser in una riunione tenutasi nell'ottobre del 1920 e riassumente i principi d'azione del neonato NSDAP, può essere considerata la giusta sintesi del pensiero del fratello di quest'ultimo, l'ideologo Otto Strasser.
Presente alla citata riunione del 20 ottobre su invito del fratello, Otto Strasser, tuttavia, non era all'epoca membro del partito nazionalsocialista; iscritto al partito socialdemocratico tedesco (SPD) s'era da poco contraddistinto, lui giovane ufficiale reduce della "Grande Guerra", come capo delle "centurie rosse" che difesero la Repubblica di Weimar dal tentativo di putsch di estrema destra posto in essere dall'ex governatore della Prussia orientale, Kapp. Disinnescata la minaccia insurrezionale, tuttavia, l'ex ufficiale Strasser, che non aveva accolto positivamente la parte avuta dall'SPD nella violazione degli accordi di Biefeld con cui si penalizzavano gli operai della Ruhr, decise di abbandonare tale compagine. Nauseato e disorientato dalla situazione tedesca, Otto Strasser, all'epoca giovane studente di diritto ed economia nonché leader degli studenti di sinistra e capo degli universitari ex combattenti, decise, nonostante i propri travagli interiori, di seguire il fratello Gregor e, invece di iscriversi allo NSDAP, verso la fine del 1920 divenne uno dei maggiori fautori della costituzione del Partito Socialdemocratico Indipendente.
La situazione, tuttavia, mutò all'indomani del fallimentare putsch di Monaco del 1923, allorché Hitler, intenzionato a risollevare le sorti del partito nazionalsocialista, incaricò Gregor Strasser di rigettarne le basi nel nord della Germania. In tale impresa quest'ultimo cercò nuovamente la collaborazione del fratello che accettò con entusiasmo l'incarico di elaborare, mentre Gregor s'occupava di rianimare l'organizzazione e la propaganda, una nuova teoria rivoluzionaria che avrebbe dovuto fungere come trampolino di lancio per il NSDAP.
Riconoscendosi in pieno con il termine "nazionalsocialista", Otto Strasser, infatti, decise che era giunto il momento di far corrispondere al nazionalsocialismo la dottrina che egli aveva nel tempo definito come "Socialismo Tedesco", ispirata ai processi descritti da Montesquieu nell'Esprit des Lois e capace di evolversi e svilupparsi adattandosi al mutar di situazioni e di epoche.
Partendo dalla considerazione che la storia d'Europa sia da vedersi come un susseguirsi di epoche ricorrenti che completa il suo ciclo ogni cento o centocinquant'anni, Strasser, infatti, descrive come il pendolo della storia europea sia di fatto passato dall'affermazione dello spirito collettivo dell'epoca di Cromwell al regno dell'individualismo sorto all'ombra della ghigliottina. Considerati superati e logori gli "immortali principi dell'89", quindi, il mondo era pronto ad accogliere il suo "Socialismo tedesco" caratterizzato dal "Sehnsucht", o aspirazione sociale che, da sempre presente nel popolo tedesco, chiedeva ormai di essere soddisfatto. Tale richiesta, infatti, era già nell'aria prima del 1914 e solo il timore del Kaiser, di fronte ad un Reichstag in cui un terzo dei seggi era stato occupato dai socialisti nel 1913, non ne permise l'adempimento deviandone gli impulsi positivi nell'imperialismo e nella guerra.
Dalla sconfitta, tuttavia, la "Sehnsucht" era risorta più forte di prima grazie anche al risveglio di un sentimento rivoluzionario dalla cui affermazione sarebbe scaturito un nuovo ordine. Perno di questo rinnovamento sarebbe stato, secondo Strasser, un nuovo modello di Stato plasmato da un vasto pacchetto di riforme incentrate sul feudo e l'enfiteusi.
Partendo dall'assunto che la proprietà individuale non dovesse essere considerata come un diritto intangibile, Strasser giunge a sostenere che sia per quel che riguarda l'industria che per ciò che concerne l'agricoltura, lo Stato doveva, in veste di rappresentante della comunità nazionale, assumere il ruolo di "feudatario" trasformandosi così in proprietario della terra, delle risorse minerarie e dei mezzi di produzione. Differentemente dal collettivismo marxista, che auspica la scomparsa della classe capitalistica, nel dettame strasseriano assistiamo al sorgere un super-capitalista, rappresentato dallo Stato, gestore della proprietà che, non venendo più meno, evita il venir meno dello stimolo dato dall'interesse individuale. Gli imprenditori come gli operai, i proprietari terrieri e i contadini, infatti, risulterebbero, tramite questo processo come "investiti" dalla comunità e lo Stato, in qualità di feudatario, concederebbe, dietro il versamento di un canone, in enfiteusi ereditaria, la terra così come gli altri beni.
Dal punto di vista del sistema industriale, invece, Strasser ipotizza il perfezionamento del sistema attraverso la teorizzazione di un possesso comune seguito da un'equa ripartizione dei profitti tra i soggetti agenti, ossia lo Stato, l'imprenditore e i lavoratori. Solo seguendo tali dettami è possibile, secondo Strasser, raggiungere la completa realizzazione della "Sehnsucht" evitando che essa sfoghi in nuove guerre, ed è solo seguendo questo schema che è possibile arginare le falle della teoria marxista, che, a causa del suo carattere internazionalista, non riusciva a soddisfare le aspirazioni delle singole nazioni.
Pienamente esaustivo per ciò che concerne la riorganizzazione interna dello Stato tedesco il pensiero strasseriano si mostra più blando in merito alle linee da seguire in politica estera. Per Strasser, infatti, l'unico obiettivo da perseguire è il bene della Germania e per far ciò condizione preliminare era denunciare il Trattato di Versailles; sebbene si dichiarasse poco attratto sia dal fascismo che dal bolscevismo, egli vedeva solo nell'Italia e nell'Unione Sovietica le uniche alleate plausibili per la Germania.
Caratterizzato da un grande impianto rivoluzionario mirante a rifondare lo Stato dalla base, il pensiero strasseriano fu accolto positivamente da interi settori del partito nazionalsocialista trovando anche in Joseph Goebbels uno dei suoi più entusiasti sostenitori. Fu proprio grazie all'interessamento di quest'ultimo, infatti, che Strasser poté illustrare le sue tesi su "National-Sozialistiche Briefe", un quindicinale del partito destinato perlopiù ai funzionari dello stesso. Tali pubblicazioni, inoltre, furono all'origine dell'allineamento dell'apparato dello NSDAP della Germania del Nord sulle posizioni di sinistra e di intransigentismo radicale espresse da Strasser. Queste ultime furono anche ispiratrici, nel settembre del 1925, della realizzazione delle Comunità di lavoro dei Gau dell'Ovest e Nord della Germania la cui direzione fu affidata, oltre che ai fratelli Strasser, a Victor Lutze, futuro capo delle SA, e Joseph Goebbels. La costituzione di queste comunità suggellava la vittoria ottenuta dalla componente di "sinistra" del partito nel congresso tenutosi ad Hagen in Westfalia in cui aveva invocato una maggiore autonomia rispetto all'impostazione centralista data al partito dal gruppo di Monaco. Questo successo indispettì non poco Adolf Hitler che guardava con malcelato rancore l'espandersi della linea strasseriana; un'ascesa che sembrava non esser destinata a fermarsi neanche al congresso del 1926 quando Gregor Strasser, ripresentando il programma elaborato dal fratello, lo implementò in materia di politica estera presentando come fondamentale per la Germania l'alleanza in campo internazionale con l'Unione Sovietica. Di fronte all'evolversi di simili scenari Adolf Hitler decise di correre ai ripari e, adottando una teoria "di usi e gratificazioni" mirante ad isolare Otto Strasser, il Führer nominò Goebbels capo del partito a Berlino e Gregor Strasser responsabile della propaganda. Trovatosi circondato solo dal calore di pochi accoliti, Otto Strasser assunse una posizione molto critica nei confronti della linea che Hitler andava imponendo al partito nazionalsocialista, ravvisando in essa un allontanamento dall’originaria vocazione rivoluzionaria.
La separazione andava lentamente maturando, divenendo imminente in seguito al radicalizzarsi delle posizioni fra le due ali del partito all'indomani della crisi economica del 1929. Il capolinea fu rappresentato dagli incontri avuti tra Hitler e Strasser il 21 e 22 maggio del 1930. Fu allora, infatti, che Otto Strasser, prendendo spunto dall'opposizione mostrata dal Führer nei confronti dell'impostazione socialista rivoluzionaria data agli scritti editi dalle "Kampf Verlag", comprese pienamente che difficilmente Hitler si sarebbe posto contro gli interessi della grande industria tedesca per permettere l'attuazione integrale del suo programma. Fedele all'idea nazionalsocialista, Strasser non mancò di presentare le proprie obiezioni in merito al crescere del culto totemico del Führer in quanto: "le idee sono di natura divina, esse sono eterne. Gli uomini al contrario, non sono che corpi nei quali l'idea s’incarna". Al tempo stesso non mancò di fare le proprie rimostranze circa le posizioni razziste assunte dal partito dovute, secondo Strasser, alla nefasta influenza di Rosenberg e delle sue tesi accolte nel libro Il mito del XX secolo. Strasser era infatti convinto che una simile impostazione avrebbe finito per distruggere il partito nazionalsocialista anziché rafforzarlo.
Il distacco, avvenuto formalmente il 4 luglio 1930, tuttavia non minò Otto Strasser nella volontà di darsi da fare per risollevare le sorti della Germania; fondò il KGRNS (Comunità Nazionalsocialista Rivoluzionaria), a cui associò la rivista "Die Deutsche Revolution", il cui titolo riecheggiava la convinzione, rimasta intatta, che l'unica speranza di salvezza e rigenerazione per il popolo tedesco consisteva nel dar vita ad una rivoluzione nazionale e sociale. Circa seimila membri provenienti dal partito nazionalsocialista aderirono, in un primo tempo, a questa nuova formazione. Un flusso che, tuttavia, non era destinato ad arrestarsi; nel 1931, infatti, in seguito alla crisi scoppiata tra la dirigenza del partito e diversi settori delle SA, circa diecimila SA del Nord, seguendo le volontà del loro capo Stennes, decisero di fondersi con l'organizzazione di Strasser dando vita alla "Comunità di Combattimento Nazionalsocialista di Germania".
Il sorgere di questa nuova formazione, insieme all'emergere di una linea "nazionalsocialista" nel programma del partito comunista tedesco (KPD) votato alla "liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco", furono i motivi scatenanti che convinsero Otto Strasser della bontà di far convergere le diverse anime della sua "comunità" in una nuova formazione con programma e linee d'azione ben delineate. È in questo particolare contesto che nacque Die Schwarze Front (Fronte Nero) a cui, oltre ai suddetti membri, aderiscono parti del Movimento Contadino, aderenti ai gruppi paramilitari Werwolf nonché i gruppi Oberland e diversi movimenti antihitleriani.
Il Fronte Nero non può essere considerato una creatura politica "canonica"; l'impostazione di base datagli da Strasser, infatti, ricalca, per sua stessa ammissione, quella tipica delle società segrete. Nella fase iniziale della sua esistenza '’appartenenza a quest'Ordine era riservata esclusivamente a coloro che avevano rotto i ponti con lo NSDAP e non precludeva la possibilità di aderire ad altre formazioni politiche. Come afferma lo stesso Strasser Die Schwarze Front poteva essere considerato: "come una specie di massoneria che aveva ramificazioni in tutte le classi, in tutte le caste, in tutte le parti del popolo tedesco"; sempre dalla Massoneria, inoltre, veniva mutuata l'usanza di dividere i propri membri secondo vari gradi di appartenenza. Contraddistinti dall'indossare una spilla di cravatta formata da un martello e un gladio, gli aderenti del Fronte Nero ne erano anche, grazie alle donazioni, i principali sostenitori economici; altri proventi giungevano all'Ordine dalla vendita del periodico "Die Deutsche Revolution" poi ribattezzato "Die Schwarze Front".
Considerato dal suo fondatore come la "scuola degli ufficiali e dei sottoufficiali della rivoluzione tedesca", il Fronte Nero poteva contare su molti "Ring" ossia centri, presenti nelle città in cui erano stanziate guarnigioni importanti e in tutti centri industriali, in cui avvenivano le riunioni segrete a cui era dato il medesimo nome in codice. Al saluto nazionalsocialista Heil Hitler! gli aderenti del Fronte Nero sostituirono l'Heil Deutschland!. Particolarmente interessante, inoltre, è il motivo per cui Strasser decise di utilizzare l'aggettivo "Nero" nel nome di suddetta formazione: secondo la spiegazione da egli fornitaci, infatti, tale scelta era stata dovuta al fatto che tale colore risulta, in lingua tedesca, esser sinonimo di ciò che si sottrae alla vista e che non può essere preso.
In seguito alla presa del potere di Adolf Hitler, la permanenza in Germania divenne pericolosa per Otto Strasser, che, braccato dalla Gestapo fu costretto alla fuga. Giunse così prima in Austria e successivamente in Cecoslovacchia dove diede vita con Rudolf Formis, nel 1934, all'emittente antinazista "Schwarze Sender". Distrutto dalla morte del fratello Gregor, falciato nella "Notte dei lunghi Coltelli" del giugno 1934, Otto Strasser accolse con uguale dolore la sorte di molti strasseriani internati nei capi di concentramento in seguito alla purga hitleriana. Rifugiatosi in Svizzera nel corso della seconda guerra mondiale giunse in Francia nel 1941 per poi recarsi in Canada dove soggiornò fino al 1954. Capo di un movimento considerato come una quinta colonna avant-lettres per il numero di aderenti inquadrati nelle principali organizzazioni nazionalsocialiste con il compito di sabotare i piani hitleriani, Otto Strasser non riuscì tuttavia a fuggire alla qualifica di "criminale nazista" da parte degli alleati, che, inoltre, si prodigarono affinché il governo tedesco gli revocasse la nazionalità, impedendogli per lunghi anni il ritorno a casa, nonostante Robert Schuman, allora Presidente del Consiglio francese, si fosse espresso in sua difesa. Spentosi a Monaco, il 27 agosto 1974, Otto Strasser spese gli ultimi anni della sua vita in favore dell'unificazione europea.
"Per noi il nazionalsocialismo è sempre stato un movimento antimperialista e il cui spirito doveva limitarsi a conservare e ad assicurare la vita e lo sviluppo della nazione tedesca senza nessuna tendenza a dominare altri popoli e altri paesi". Questa era l'essenza del pensiero nazionalsocialista per Otto Strasser. La storia ce ne ha consegnata un'altra versione, la stessa che Strasser ha combattuto e cercato di osteggiare in tutti i modi. La stessa da cui altri traggono oggi giustificazioni per i loro massacri.

(ripreso da SinistraNazionale)

Alla sinistra di Hitler, di Archivio Antifascista Venezia

"La definizione che abbiamo dato del fascismo come rivoluzione di destra resta in sostanza comune a tutte le sue varianti" (George L. Mosse)(1)

Il termine "nazionalbolscevismo" comparve per la prima volta in un opuscolo dal titolo omonimo, pubblicato dopo la Prima Guerra Mondiale in Germania, scritto da un accademico di destra, tale Eltzbacher, che di fronte alle sanzioni economiche e all'occupazione militare degli Alleati vittoriosi auspicava una Germania bolscevizzata. Nel biennio 1919-'20, i comunisti Wolffheim e Laufenberg ripresero queste teorizzazioni, richiamandosi alle tesi di W. Rathenau per la "resistenza armata" di tutto il popolo contro l'imperialismo e, implicitamente, alle classiche tesi fichtiane sullo "Stato corporativo chiuso", battendosi per la collaborazione tra "nazionalisti rivoluzionari" e Partito comunista, sia contro i capitalisti che contro la socialdemocrazia.(2)
Secondo numerosi storici, soprattutto di scuola liberale, tale convergenza tra "opposti estremismi" contro la democrazia non solo vide in seguito la luce ma fu la causa della morte della Repubblica di Weimar e, a supporto di tale tesi si citano come prove il referendum contro il governo prussiano retto dal socialdemocratico Otto Braun e lo sciopero dei trasporti pubblici di Berlino con la strana intesa tra le "camicie brune" delle SA (Sturmabteilung) e la Lega dei combattenti del Fronte Rosso; in realtà però tale visione non tiene conto della guerra civile combattuta strada per strada dai militanti comunisti del KPD, assieme agli anarcosindacalisti della FAU (Freie Arbeiter Union) e a settori operai socialdemocratici, contro le squadre naziste. Le responsabilità della sinistra social-comunista tedesca furono semmai altre, a partire dal fallimentare progetto di costruzione di un socialismo di Stato, in grado di eliminare le contraddizioni tra Capitale e Lavoro, fatto proprio dai nazisti e poi usato da Hitler nella costruzione del suo Stato totalitario; inoltre rimane un'ombra inquietante la connivenza di buona parte della sinistra tedesca di fronte al montante antisemitismo.
La questione centrale resta però in gran parte da indagare e riguarda l'identità "anticapitalista" e "antiborghese" che la propaganda nazionalsocialista seppe costruire attorno al suo effettivo ruolo reazionario e antiproletario, affermandosi anche in settori decisamente popolari; sovente infatti si tende a dimenticare che le prime SA fondate nel '21 erano composte da operai, disoccupati e sottoproletari, e che i veri artefici dell'affermazione nazista nelle roccaforti operaie di Amburgo, Berlino e Lipsia furono dei "filosovietici" come i fratelli Strasser(3) assieme all'organizzazione delle cellule di fabbrica nazionalsocialiste (NSBO) di Reinhold Muchow.(4)
Se si considerano le ricerche statistiche riguardanti la composizione sociale degli elettori del Partito Nazista, dei suoi iscritti e dei membri delle SA c'è di che rimanere allibiti; bastino solo alcune cifre: gli operai dequalificati costituivano tra il '25 e il '33 la categoria sociale più numerosa tra i membri del NSDAP (ossia del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori) e il 62% circa degli squadristi SA erano lavoratori industriali e agricoli.(5)
L'estrazione popolare e proletaria di buona parte delle SA, assieme all'estremismo socialista di alcuni suoi comandanti legati a Gregor Strasser, tra l'altro determinarono tra il dicembre `32 e il gennaio '33 autentici casi di rivolta contro la direzione politica imposta da Hitler; nella Franconia Centrale buona parte delle 6-7.000 "camicie brune" sotto la guida del loro comandante Wilhelm Stegmann costituirono un'organizzazione paramilitare indipendente affermando che le SA dovevano smettere di essere soltanto i "vigili del fuoco" o le "guardie di palazzo". Analoga sedizione si registrò in Assia e a Berlino vi furono scontri tra SA e SS. Inoltre "in diverse parti del paese membri delle SA delusi passarono ai comunisti, che li arruolarono prontamente nei propri reparti paramilitari".(6)
La corrente "anticapitalista" del nazismo fu molto forte sino ai primi anni Trenta e, oltre che all'interno di ampi settori delle SA, la sua influenza era avvertibile a diversi livelli della società tedesca.
Nel '33 il presidente dell'Alta Slesia, Bruckner, attaccò con forza i grandi industriali "la cui vita è una continua provocazione". A Berlino, tale Koeler, della Federazione operaia nazista, ebbe a dichiarare: "Il capitalismo si arroga il diritto esclusivo di dare lavoro alle condizioni da lui medesimo stabilite. Questo dominio è immorale e dobbiamo spezzarlo", mentre Kube, capo del gruppo nazista al Landtag prussiano, se la prendeva con i latifondisti ed il governo sollecitando la riforma agraria mediante la confisca prevista dal programma del partito.
Da tempo ormai però il führer aveva deciso altrimenti incaricando il principale capitalista tedesco, Krupp von Bohlen, della riorganizzazione dell'industria tedesca, mentre il Consiglio generale dell'economia risultava composto da 17 membri, comprendenti tutti i maggiori industriali e i più importanti banchieri della nazione che avevano appoggiato la controrivoluzione nazista.
Dopo la conquista del potere Hitler, ormai Cancelliere del Reich, avviò pertanto un'opera di spietata normalizzazione interna al fine di "mantenere l'ordine nelle strutture economiche (...) secondo le leggi originarie radicate nell'umana natura"; l'apice di tale stabilizzazione venne raggiunto il 30 giugno 1934 durante "La Notte dei Lunghi Coltelli", quando vennero sterminati un certo numero di politici conservatori scomodi, personalità cattoliche e militari dissidenti, assieme alla "sinistra" del nazionalsocialismo facente capo al capi delle SA di Röhm, e a settori di destra, capeggiati dall'ex-cancelliere generale von Schleicher, che tramavano contro Hitler utilizzando tatticamente anche la corrente "rossa" del Partito nazista che si riconosceva in Gregor Strasser; ma il senso principale del massacro fu quello descritto con precisione da Julius Evola: "Fra le SA, le Camicie Brune, il cui capo era Ernst Röhm, si era fatta largo l'idea di una 'seconda rivoluzione' o di un secondo tempo della rivoluzione; si denunciava il sussistere nel Reich di gruppi 'reazionari', che erano quelli della Destra, e una combutta di Hitler coi 'baroni dell'esercito e dell'industria' (...) Ebbene, il 30 giugno 1934 valse essenzialmente come lo stroncamento di questa corrente radicalista del partito e di un suo supposto complotto".(7)
D'altra parte fu lo stesso Hitler, durante il discorso pronunciato al Reichstag il 13 luglio seguente, ad assumersi la responsabilità di "giustiziere supremo del popolo tedesco" e a rivendicare la legittimità delle centinaia di assassini compiuti dalle SS e dalla Gestapo che in questo modo avevano sventato una "rivoluzione nazionalbolscevica".(8)
Sul finire del `34 e ai primi del `35 circa centocinquanta comandanti delle SS furono trovati uccisi; sui loro cadaveri un cartoncino con le lettere R.R. per Röhms Rächer (Vendicatori di Röhm) farebbe pensare ad un'estrema vendetta dei nazisti ormai nemici di Hitler; ma ormai per il Fronte Nero, per Opposizione e per gli altri gruppi della Rivoluzione Conservatrice, su posizioni diverse ma accomunati dalla visione secondo cui Germania e Unione Sovietica avrebbero dovuto dare vita ad un'alleanza anticapitalista in funzione anti-Occidente, non rimaneva che scomparire in attesa di momenti più propizi che si sarebbero presentati sul finire della Seconda Guerra Mondiale.
Interessante peraltro notare che anche una parte del fascismo russo avrebbe maturato simili convinzioni, giungendo ad affermare che "le aspirazioni nazionali della Russia si sono espresse nell'azione del Partito comunista e dei suoi dirigenti" e ritenendo che lo stalinismo avesse finito per riflettere le loro idee.(9)
Il destino dei sospetti nazionalbolscevichi tedeschi, schedati e perseguitati dalla Gestapo (10), fu in alcuni casi quello dell'eliminazione fisica o della deportazione nei lager,(11) tanto che sono stati definiti come i "trotzkisti" del nazionalsocialismo; ma così come difficilmente si può negare che Trotzky sia stato un comunista per il fatto che venne fatto assassinare da Stalin, altrettanto difficilmente si può negare che i nazionalbolscevichi siano stati solo la "sinistra" del movimento nazista e, paradossalmente, lo stesso Hitler fu a modo suo "nazionalbolscevico" quando nel '39 Ribbentrop e Molotov firmarono l'infame patto di non-aggressione tra Germania ed URSS.

(ripreso da Archivio Antifascista Venezia, Quando il fascismo si tinge di rosso, "Intermarx", http://www.intermarx.com/ossto/archivio.html)

Note
(1) Cfr. George Mosse, Intervista sul nazismo, Laterza, Bari 1977, p. 106.
(2) Cfr. Giancarlo Buonfino, "Teatro Totale: Massenspiel e Chorspiel", in Aa.Vv., Avanguardia Dada Weimar, Arsenale Cooperativa Editrice, Venezia 1978, pp. 36-37.
(3) Seguaci di Hitler fin dall'inizio, i fratelli Strasser ottennero ottimi risultati politici nella Germania Settentrionale, svolgendo un'opera di agitazione e propaganda da posizioni che rivendicavano il carattere völkisch (nazionalpatriottico) dell'esperienza bolscevica, posizioni alla fine degli anni Venti condivise anche da Joseph Goebbels, futuro ministro della propaganda, che nel '25 affermava di credere nel "socialismo del proletariato". Gregor, la cui popolarità all'interno del movimenti era seconda soltanto a quella di Hitler, verso la metà degli anni Venti divenne responsabile del complesso apparato organizzativo ed anche capo amministrativo del Partito nazista; ma sia lui che il fratello Otto, seppur seguendo percorsi diversi, entrarono in contrasto con la direzione hitleriana. Gregor divenne capo dell'ala "socialista" del partito, ma nel '32 si dimise da ogni incarico e se ne andò in Italia sia per divergenze politiche e ideologiche sia per le macchinazioni di Goering e di Himmler che pure era stato suo segretario. Il cancelliere Kurt von Schleicher a quel punto cercò di assicurarsi la collaborazione di Hitler sfruttando una possibile scissione all'interno del Partito nazista capeggiata da Gregor Strasser, ma questi non volle prendersi una simile responsabilità e si ritirò dalla politica occupandosi soltanto della direzione della casa farmaceutica Schering-Kahlbaum; ma ciò nonostante durante la Notte dei Lunghi Coltelli venne catturato ed ucciso. Suo fratello Otto ruppe con Hitler fin dal '28 e nel '30, accusandolo di aver tradito gli ideali socialisti del movimento, dette vita ad una vera scissione dal partito nazista, formando il Fronte Nero (Schwarze Front) che rappresentò senza dubbio, la principale organizzazione dei nazionalboscevichi, che ben presto furono costretti a svolgere attività clandestina o ad espatriare come fece lo stesso Otto nel '33 (Sul Fronte Nero si veda Armin Mohler, La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932, Akropolis/La Roccia di Erec, Firenze 1990; Luciano Picciafuochi, Chi sono i nazisti "di sinistra", in "Praxis", luglio-agosto 1998).
(4) Reinhold Muchow, leader della Nationalsozialistiche Betriebszellen-Organisation, venne eliminato in circostanze misteriose nel settembre del '33.
(5) 9 Cfr. P. Ortoleva e Marco Revelli, La società contemporanea, Edizioni Bruno Mondadori, Milano 1986, pp. 408-409; vedi anche Sergio Bologna, Nazismo e Classe Operaia 1933-1993, Cox 18-Calusca City Lights, Milano 1994.
(6) Cfr. Henry Ashby Turner Jr., I trenta giorni di Hitler. Come il nazismo arrivò al potere, Mondadori, Milano 1997, p. 89.
(7) Cfr. Julius Evola, Note sul III Reich, in appendice a Aa.Vv., Il fascismo visto dalla Destra, Volpe, Roma 1979, pp.160-161.
(8) Cfr. Jacques Delarue, Storia della Gestapo, Dall'Oglio Editore, Varese 1964, p. 178.
(9) Cfr. Sergej Kulesov e Vittorio Strada, Il fascismo russo, Marsilio, Venezia 1998, pag. 25.
(10) Il principale compito della Gestapo era la "repressione dei sovversivi" ma questa dizione generica comprendeva varie categorie; in una pubblicazione interna della Gestapo, destinata agli aspiranti agenti e redatta dal commissario Wendzio si precisava che "in particolare noi, sotto tale denominazione, intendiamo comunismo, marxismo, ebrei, religioni politicizzate, massoneria, scontenti della politica (mormoratori), opposizione nazionale, reazione, Fronte Nero (Strasser), sabotatori dell'economia, delinquenti abituali, rei di pratiche abortive e omosessuali (...), traditori e spie" ed era la sezione IV-A-3, diretta da Litzenberg, ad occuparsi dei "nazionalbolscevichi" (Cfr. articolo di Giuseppe Mayda, "Gestapo, il braccio violento del nazismo", in "Storia Illustrata", n. 207, Milano, febbraio 1975).
(11) Tra questi vanno citati Reck-Malleczewen, Albrecht Haushofer e in particolare il percorso di Ernst Niekish, già consiliarista e quindi fondatore del giornale "Widerstand" e del gruppo Widerstand-bewegung, rinchiuso in un lager dal '34 al '45; i nazionalcomunitaristi attuali inseriscono in tale elenco anche Harro Schultze-Boysen impiccato però in quanto "agente di una potenza nemica" (Cfr. A. Mohler, op. cit., p. 12).

I fratelli Gregor ed Otto Strasser: "la seconda rivoluzione", di Antonio Rossiello

Gregor Strasser, originario del Landshut, nacque a Geisenfeld nel 1892, grosso e tarchiato, energico oratore, di natura bonaria e simpatica, ispiratore di fiducia, spirito e mente indipendente, organizzatore politico di eminenti personalità e della politica pratica giornaliera, non strisciò mai dinanzi ad Hitler, anche quando divenne un dittatore, morì a Berlino nel 1934. Otto Strasser, laureato in giurisprudenza, giornalista, invece era alquanto serio, temperamento forte, non talentuoso, socialista e lavoratore, aderiva agli scioperi dei sindacalisti socialisti, voleva la nazionalizzazione dell'industria; nacque a Windsheim nel 1897 e morì a Monaco nel 1974. Volontario bavarese nella I guerra mondiale, studiò economia politica, aderì alla socialdemocrazia nel 1920, consulente al ministero dell'alimentazione interna tra il '21-'23, nel '24 collaborò al "Volkischer Beobachter", nel '25 entrò nell'NSDAP, insoddisfatto della politica economica di Weimar. Impresse al movimento una svolta "social rivoluzionaria" e comunista nazionale, dirigendo con il fratello Gregor le Kampf-Verlag, per la nazionalizzazione delle banche e dell'industria pesante, mostrando la sua ostilità per le destre antioperaie e filo clericali che iniziavano ad influenzare i fascismi italiano e tedesco. Otto Strasser si dimise dall'NSDAP nel 1930. Otto influenzò le masse ed i nazional-socialisti rivoluzionari propugnando una linea socialista contraria al conservatorismo ed antireazionaria. Il suo nazionalismo fu definito da Ernst Jünger nazionalismo spirituale, nel senso che su un socialismo (prussiano) di pura fede si innestava una idea nazionale, idea che poi sfocerà nella tendenza nazional-bolscevica, attraversando il suo Fronte Nero, un Comitato del nazionalsocialismo rivoluzionario fondato con gruppi di nazionalbolscevichi e comunisti delusi.
I fratelli Strasser provenivano da una famiglia del ceto medio bavarese e seguirono con zelo fino al 1930 un percorso comune all'interno del movimento nazionalsocialista. La loro concezione ideologica era molto simile, con toni differenti, più radicali in Otto. L'ideologia di un socialismo nazionale, nell'accezione letterale della denominazione del partito rifondato da Hitler nel 1920; l'anticapitalismo, la realizzazione di un sistema sociale alternativo, fondato sulla collaborazione piena e leale fra le classi sociali. Gli Strasser – come Röhm - criticavano la rapacità del sistema bancario e l'iniquità della vigente distribuzione della ricchezza nazionale, proponendo un piano di nazionalizzazioni. Erano rappresentanti della versione del nazionalsocialismo che voleva costruire la Terza Via fra capitalismo e comunismo e che attribuiva alla classe operaia l'egemonia nella futura società, punto di vista comune a molti gruppi fascisti europei. In Francia ed in Belgio tale "Planismo", mirò a realizzare un piano di gestione globale del sistema economico da parte dello Stato. In Italia ed in Austria posizioni analoghe furono promosse dai corporativisti, come Ugo Spirito, che si richiamarono alla cultura cattolica. Le teorie anticapitalistiche (anche contro il capitale monopolistico) dei fratelli Strasser erano immesse in un contesto etnico teorico, nel quale l'anticapitalismo si associava ad un radicale antisemitismo.
Gli Strasser erano alternativi, dissidenti, anti-imperialisti, per l'unione tedesca e germanica e fautori di un'alleanza con l'est europeo, contrari alla democrazia disgregatrice e sovvertitrice dei valori, contrari alla monarchia ereditaria ed autoritario-repressiva, favorevoli all'annullamento del potere politico delle grosse aziende e dei capitali finanziari. Socialisti Nazionali, volevano "sborghesizzare" e "sproletarizzare" il popolo. Favorevoli all'organicità dello Stato, alla partecipazione della totalità dei produttori alla proprietà, alla gestione ed al profitto di una economia al servizio della nazione, per fondare il socialismo di volontà, autoresponsabile nella milizia del lavoro. Un idealismo che legava il popolo al suo ceto guida, un'unificazione federativa europea, contro gli stranieri, ma contrari alla supremazia etnica germanica perché favorevoli ad un solidarismo nazionalsocialista dei popoli d'Europa.

Gregor Strasser
Gregor, farmacista, era stato tenente e valoroso combattente nella I guerra mondiale, tanto da meritarsi la Croce di Ferro di primo grado, ed al termine del conflitto aveva aderito ai Corpi Franchi, gruppo paramilitare di volontari reduci dalla guerra, che si era battuto contro i comunisti della Lega di Spartaco di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Già nazista nell’aprile 1920, quando il DAP (Deutsche Arbeiter Partei) o Partito Operaio Tedesco, fondato il 5 gennaio 1919 dal fabbroferraio ed operaio delle ferrovie Anton Drexler, si era trasformato in NSDAP; pragmatico, già segretario generale, aveva avuto anche Himmler come suo segretario. Era divenuto capo regionale della bassa Baviera, guidò in seguito un reparto d'assalto delle SA (Sturm Abteilungen), costituite nell’agosto 1921 per la protezione armata e l'azione diretta e formate da operai disoccupati e volontari provenienti dai Corpi Franchi, sciolti nel 1919 dalla Repubblica di Weimar. Gregor aveva idee molto innovatrici, era all'avanguardia di comunismo e nazionalismo, un "antikapitalistische schnsucht" del popolo tedesco ovvero una nostalgia anticapitalista, che aveva i suoi punti di riferimento nella società marxista o nella vita solidaristica, che oggi definiremmo comunitaristica od almeno di comunità (laica). Era a capo del ROL (ReichsOrganisations - Leitung), direzione organizzativa centrale, che curava i problemi di partito come organo politico.
Protagonista del fallito putsch di Monaco del 1923, tornò in libertà grazie alla sua elezione al Landtag bavarese nelle consultazioni elettorali nazionali dal 7 dicembre 1924, che lo videro classificarsi al secondo posto, divenendo nel 1925 la guida ed il capogruppo del Movimento Nazionalsocialista della Libertà Tedesca, (nazionalisti radical-populisti), che aveva ottenuto 32 seggi al Reichstag con 2 milioni di voti, iniziando per lui un'improvvisa ascesa in parallelo a Hitler. Nel 1924 c'era stata una campagna di alleanza ultranazionale di Albrecht von Grafe ed il conte Ernst Zu von Reventlow, conservatori che sostenevano di voler fare un po' di strada assieme ai comunisti del KPD.

Otto Strasser
Otto Strasser era stato membro del Partito Socialdemocratico (SPD), poi del Juni Club (con Moeller van der Bruck) a Berlino in Motrestrasse, 22; nel 1925 seguì il fratello nelle fila della NSDAP, (NationalSozialistische Deutsche Arbeiter Partei).
Otto propugnava un socialismo piccolo borghese, una Camera delle Categorie e delle Corporazioni, la riruralizzazione delle campagne, i feudi ereditari, l'autarchia, la valuta interna, la guerra rivoluzionaria, la nobiltà guerriera, la spartizione della proprietà terriera, la partecipazione agli utili nelle grandi imprese, la libertà ed uno Stato popolare di democrazia germanica. A causa dell'incarcerazione di Adolf Hitler, dopo il putsch reazionario di Monaco del 1923, nel periodo 1924-'25 Gregor assunse le redini del malconcio partito, rifondandolo. Infaticabile organizzatore, attrasse nell'orbita NSDAP molti gruppi völkisch (Movimento per la Razza e la Nazione), di cui aveva fatto parte con Alfred Rosenberg e Erich Ludendorf, ed estremisti che pullulavano nella Germania postbellica.
Gli Strasser, da emigranti militanti politici ed organizzatori, diedero vita ad una loro fazione nelle regioni settentrionali dal 1925, nonché al quotidiano "Berliner Arbeiterzeitung", di cui era direttore Otto Strasser; al bollettino quindicinale di Berlino "Nationalsozialistische Briefe", di cui era direttore e caporedattore il giovane filosofo Joseph Goebbels, segretario del dinamico Gregor, ed alla casa editrice berlinese "Kampf - Verlag" (Edizioni Battaglia), che editava e stampava i giornali loro e della NSDAP al nord, diffusi in Prussia, Hannover, Sassonia, Renania. Quindi Gregor pose le basi perché Hitler potesse assumere la guida di questa costellazione, ma ritornato il medesimo sulla scena politica, l'attrito fu netto. Hitler fu appoggiato dagli industriali, (anche ebrei agli inizi), da latifondisti e capitalisti, come Alfred Hugenberg, imprenditore e politico del DNVP, partito conservatore ed antirepubblicano tradizionale. I capitalisti non consideravano lo NSDAP un partito pericoloso, anche dopo il crollo inflazionistico del paese. Vigeva la teoria dell'autoritarismo nordico-greco, considerato nazionale e socialista. Hitler incoraggiava le rivalità interne ai gruppi NSDAP per approfittarne e controllare le autonomie attraverso uomini, con tendenze nazionalistiche popolari fedeli a lui e contrari ai dissidenti.
Hitler si era alleato con Rosenberg, antigiudeo, leader della corrente pro-sovietica e distante dalle masse dei lavoratori inquadrate nello NSDAP. Se Gregor Strasser appoggiava le mozioni della SPD (socialdemocratici) e del KPD (comunisti) favorevoli alle espropriazioni delle case e delle ricchezze di reali e nobili, Hitler invece manovrava per ottenere sostegni dalla Destra economica e borghese. Nel 1925 ad Hannover Strasser partecipò ad una riunione dei dirigenti di partito dei distretti settentrionali, per eliminare le parti reazionarie dei 25 punti approvati il 24-2-1920 nella grande birreria di Monaco Hofbrauhaus ed affermare la nazionalizzazione dell'industria e delle grandi proprietà, e costituire la Camera Corporativa. Scoppiò una burrasca, scontri e scissioni, Goebbels chiese l'espulsione di Hitler, definito un borghesuccio. Feder e Ley si avventarono contro. Al Congresso di Bamberg del 1926, gli Strasser cercarono di imporre ad Hitler un cambiamento di rotta, spingendolo ad assumere una posizione politica ostile ai capitalisti, ma i rapporti di forze si invertirono. Gregor Strasser, abile politico, non poté spezzare il potere carismatico vincente di Hitler all'interno della NSDAP.
Da parte sua il dottor Paul Joseph Goebbels, nato in Renania nel 1897, figlio di un capo-operaio tessile, colpito dalla osteomielite ad un piede, dirigente distrettuale della struttura partitica creata al nord da Gregor Strasser, prima fu simpatizzante comunista, favorevole ad un'alleanza con l'Urss ed i popoli oppressi, e usava un linguaggio socialista contrario al liberalismo; elevando la forza creativa socialista del IV Stato dei lavoratori, del proletariato internazionalista, dacché in Germania non si risolvevano i problemi vitali.
Nel 1932 Goebbels non ebbe più fiducia in Strasser che teneva comizi violenti e stampava manifesti propagandistici, giornali, libri, opuscoli, film e dischi; indi appoggiò Hitler, che "acquistò" la sua fiducia, nominandolo gauleiter di Berlino.
Gregor Strasser si riteneva di sinistra, un nazionalrivoluzionario radicale, proletario, con simpatie comuniste, contrario alla schiavitù capitalistica; sosteneva che: "Socialismo è servire il tutto in maniera profondamente prussiana", "di un socialismo collettivista che si ricongiunge di nuovo con lo stato corporativo medioevale". Insomma camicie brune, stivali neri e bandiera rossa d'assalto. Per lui nazionalsocialisti e comunisti non dovevano combattersi né spaccarsi le teste, anzi il nazionalsocialismo era uno sviluppo "con i piedi per terra" del comunismo. Quindi un eretico della linea hitleriana nello NSDAP, per cui fu isolato da Hitler, oramai attorniato dalla cerchia di Goering, favorevole al capitalismo, alla proprietà privata ed al culto della propria personalità oltre che a quello del singolo individuo, nel contesto dello Stato.
La "sinistra nazionalsocialista" (NationalSozialistische Deutsche Linke) o nazionalsocialismo "del nord", era composto dai salariati non organizzati in zone industriali ed in grandi città, contrapposto a quello bavarese, più legato agli interessi ed alle frustrazioni dei ceti medi. La sinistra nazionalsocialista aveva una retorica sociale e fu l'ala operaia nel movimento. Utilizzò gruppi di sempre più numerosi di simpatizzanti, ebbe una linea specifica di propaganda, una demagogia anticapitalista, specie nello zelo che Goebbels mise per innescare il risentimento sociale in un movimento di giovani radicali delle grandi città, rudi, semplici, solidi, indocili, violenti sottoproletari. I disoccupati ottenevano vitto, alloggio, vestiario nei circoli delle SA. Un movimento popolare che era entrato nella NSDAP dopo una militanza all'estrema sinistra del KPD.
La NSDAP a Berlino aveva fama di partito socialista rivoluzionario e ciò rientrava nella politica della cosiddetta "seconda rivoluzione": prima nazionale e quindi socialista. Non tutelava gli interessi patrimoniali e sociali degli irresponsabili, ma garantiva l'altruismo sociale ed i sentimenti comunitari di abnegazione. Un attivismo politico nella prassi non irriflessivo. All'inizio il 30 o 40% dei disoccupati era iscritto al KPD, ma non era integrato in esso, tanto che vi furono clamorose defezioni di massa a favore della NSDAP. Labili erano i legami "comunisti", poiché vi era una disgregazione delle tradizioni politiche, un crollo dei valori sociali e familiari più che nelle città industriali medie. Gli occupati nel lavoro pubblico, come le ferrovie, le poste, le aziende municipali dei servizi e dei trasporti, erano organizzati nei Sindacati Liberi.
Il loro prestigio professionale o l'influenza politica erano superiori nelle amministrazioni, ove vi era un malcontento per le decurtazioni salariali da parte delle autorità cittadine e regionali, esponenti della SPD. Vi furono gravi conflitti. La provincia attivò l'operaio nazionalsocialista che seguiva l'ordine gerarchico della comunità locale. Alle elezioni dei Consigli di fabbrica del 1933 i nazionalsocialisti non ebbero inizialmente successo, tranne che nelle imprese e nelle zone di Chemnitz-Zwickau, città minerarie e tessili della Westfalia. La NSBO o NationalSocialistische Betriebszellen - Organisation era formata da nuclei sindacali nazionalsocialisti. Per l'inefficienza e la disuguaglianza del sistema capitalistico gli ex comunisti nel 1928, pattuglia di assalto politica nelle fabbriche, gli agit-prop, erano passati al nazionalsocialismo o a gruppi d'appoggio; come Johannes Engel, ex comunista del KPD, che aveva fondato la NSBO, non finanziata dalla NSDAP. Essa ebbe 100.000 aderenti fra impiegati ed artigiani egualitari per il socialismo di Stato.
La negazione categorica delle norme morali ed il disprezzo dei valori intellettuali e culturali borghesi erano comuni in Hitler e negli Strasser, contrari alla violenza ed alla propaganda manipolata dalla borghesia, codarda ed ipocrita. Il mito del lavoratore ed operaio, del movimento popolare formato da ogni classe di popolo (rudezza, durezza, irruenza per la propria difesa) delineava un nuovo antiborghesismo e addirittura instillava una sorta di culto borghese dell'operaio.
Una dinamica di popolo con la cui forza Gregor Strasser ed il primo Goebbels progettarono una democrazia popolare organica. La NSBO ebbe circa 300.000 operai iscritti, pochi rispetto ai 5.800.000 di operai ed impiegati esistenti, di cui 250.000 iscritti al KPD, 650.000 alla SPD, 1 milione al Reichsbanner (organizzazione difesa repubblicana). L'ordinamento sociale corporativo della NSBO si proiettò a sinistra (Schuman), mentre nel 1932 impiegati, tecnici, operai (triplicati), capisquadra, mastri minatori, artigiani salariati parteciparono in massa ai numerosi scioperi con un sindacato unitario. Hitler accusò la NSBO di essere infiltrata da marxisti ed opportunisti senza educazione politica e appoggiò la DAF di Robert Ley, che includeva anche i datori di lavoro. La NSDAP, del resto era formata dal 70% di stipendiati, élite di vecchi e nuovi ceti piccoli e medi, mentre gli operai erano sottorappresentati, sia come iscritti che come elettori. La sinistra della NSDAP era per una rinascita del popolo tedesco su una nuova convergenza di nuovi obiettivi nazionali. Una unione di chi produce ricchezza e potenza della nazione, conciliando lavoratori della mente e lavoratori del braccio in lotta contro i presunti nemici comuni: comunismo, capitale finanziario, ebraismo, entità internazionali.
Nell'altro campo, se il KPD respingeva i principi nazionali, la SPD capitolava di fronte agli interessi finanziari degli ebrei, con una politica di adempimento della Repubblica di Weimar; i reazionari, passatisti tedesco-nazionali non avevano obiettivi politici, erano esclusivisti in rappresentanza di interessi sociali. Le assemblee politiche della NSDAP erano disturbate dagli operai a Berlino, in città della Renania, Westfalia, Sassonia, Turingia.
Nazional-bolscevichi e nazional-sindacalisti non avevano comunque vita facile nello NSDAP che - ampliando i suoi consensi, inglobava ceti medi protestanti e contadini, spingendo la NSDAP ad una sorta di alleanza nazionale politica, ideologica, economica unitaria. La retorica radicale usata a Berlino, in Prussia orientale ed in Baviera fu presto abbandonata, dato che cittadini di ogni classe (studenti, medici, ingegneri, uomini d'affari autonomi, rappresentanti, insegnanti, impiegati statali, impiegati del commercio, ufficiali in pensione) si preoccupavano di far carriera, di ricoprire una posizione vantaggiosa nella nuova élite, pur coscienti della necessità di migliorare le condizioni di vita della classe operaia, frustrata e diffidente verso le vecchie élite di dirigenti.
Da piccolo gruppo putschista la NSDAP si era trasformata in un movimento di massa. Hitler era contrario ad un sindacato unitario della NSDAP, ma imponeva una tattica di appoggio pratico della politica al movimento sindacale, filo-operaio. Per Hitler in ogni caso il sindacato e l'economia non dovevano guidare il movimento ideologico politico ma viceversa. Il programma degli Strasser prevedeva un limite del 4% al tasso di sconto, l'esproprio delle proprietà azionarie dei banchieri e della borsa valori, l'esproprio senza risarcimento dei beni agli ebrei e nelle zone orientali, la nazionalizzazione delle banche.
Nel 1928 l'organizzazione direttiva della NSDAP aveva Strasser nella sezione d'attacco, presso l'Ufficio Centrale del Reich, sottosezione esteri, stampa, organizzazione.
Le aziende dovevano avere un capo imprenditore o Fuhrer, gli impiegati e gli operai ne erano il seguito. Al capo spettavano le decisioni, un Consiglio di uomini di fiducia, eletto fra i dipendenti, lo assisteva con il concorso del presidente della cellula nazista dell'azienda. Istituito il "Fronte del Lavoro", che abbracciava i datori di lavoro ed i lavoratori, per diffondere i principi nazisti in economia sociale; per ogni ramo principale dell'economia fu nominato dal governo "un fiduciario del lavoro". La linea degli Strasser era nazional-rivoluzionaria, russofila, di un acceso sovversivismo e populismo regressivo.
I fratelli Strasser, partecipi alla lotta interna allo NSDAP, portatori della corrente socialista nel nord, nella zona mineraria della Ruhr, si trovarono in contradditorio politico ed ideologico con Hitler. Inoltre vi era una fronda fra i federali (Gauleiter) che fondarono ad Hannover un'associazione di protestanti, critici del piano di Monaco e su Hitler, ma che approvava i primitivi punti sociali della carta fondatrice dello NSDAP ed il suo originario programma contro il capitalismo. Nel 1929 Hitler, fallito il Plebiscito, si staccò dalla tendenza socialista dei fratelli Strasser, che insisteva sull'abolizione dei redditi non di lavoro e dei prestiti ad interessi, ed era favorevole alla statizzazione dei trusts e contraria alla schiavitù dei partiti.
Nel maggio 1930 Gregor non seguì il fratello Otto, che espulso dal partito per le sue dure critiche rivolte alla linea hitleriana, aveva dichiarato: "i socialisti lasciano il partito" ed aveva costituito una Unione dei Nazionalsocialisti Rivoluzionari ovvero il Movimento Nazionalsocialista Rivoluzionario - Unione Socialista, un gruppo nazional-rivoluzionario detto Fronte Nero (Schwarze Front). Movimento che fu indipendente ed alleato dell'Urss, contrario alla schiavitù dei prestiti ad interesse, per l'abolizione dei redditi non di lavoro, per la nazionalizzazione dei trust, favorevole agli intellettuali liberi ed indipendenti. Otto stampò la rivista "Schwarze Front", promuovendo anche un Fronte Nazionale di Unione in Austria fra NSDAP ed Heimwehr.
Invece, fedele alle sue concezioni originarie, Gregor non trasgredì il legame con il Fuhrer. Hitler ebbe fiducia in Gregor Strasser fino al 1932, affidandogli incarichi di responsabilità nella gestione del partito, grazie alle sue capacità organizzative ed alle doti politiche che rispettava. Nell'inverno 1932 Gregor ebbe l'ultima occasione di recidere i legami col Fuhrer; infatti il nuovo cancelliere, l'ambizioso generale conservatore Kurt von Schleicher cercò di convincerlo a spaccare la NSDAP ed ad entrare nel suo gabinetto politico-sindacale, inclusivo dell'appoggio dei sindacati socialdemocratici, accettando la carica di ministro dell'economia (già era capo del Wirtschaftspolitische Abteilung o Sezione politico-economica), e proponendo al capitano dell'esercito e delle SA Röhm il ministero della difesa. Strasser elaborò un programma economico (Gereke - Plan) per la presa del potere politico. Inoltre sarebbe stato nominato vicecancelliere, realizzando un programma base di governo per la creazione di posti di lavoro; per questo voleva che Hitler rinunciasse alla Cancelleria a favore di Schleicher, di modo che sarebbero stati nominati ministri alcuni notabili della NSDAP; in cambio Schleicher si era impegnato a risanare finanziariamente ed economicamente la casa editrice Eher ed il quotidiano "Volkischer Beobachter", entrambi del partito, da consegnarsi nelle mani di Hitler, che sarebbe divenuto presidente onorario della NSDAP con ampi poteri.
Schleicher voleva consolidare il proprio potere, avviando una politica di riforme sociali. Nel 1932 i cittadini erano stanchi di quattro elezioni consecutive, per cui Schleicher si fece appoggiare dalla "linea" Strasser ed il socialismo nazionale ebbe 60 seggi. Strasser fu accusato di frazionismo e di voler prendere il potere con la violenza, per cui dopo vari litigi e posizioni inconciliabili con Hitler e Goebbels, contrari a Schleicher, si dimise l'8 dicembre 1932 ed uscì dal partito più tardi, ritirandosi dalla vita politica, senza tradire il giuramento di fedeltà al Fuhrer, per cui l'agognata spaccatura, istigata da Schleicher, per recuperare all'unità dello Stato la NSDAP non si realizzò. Purgato, Gregor si recò in Italia nel 1932 come privato cittadino ma organizzò un Congresso dissidente nel 1932 con le Associazioni Jungdo, Tannen Bergbund, Tatkreis, Widerstands Kreis. Successivamente divenne responsabile di un'officina di produzione della Schering, in quanto chimico farmaceutico, ma questo non lo risparmiò dalla vendetta di Hitler, Himmler, Goering e delle SS (Schutz Staffeln), le "staffette di difesa" costituite nel 1926.
Durante la Notte dei lunghi coltelli il 30 giugno 1934, nell'epurazione che spazzò via le forze dell'ala "sinistra" del movimento nazista, Gregor fu arrestato dalla Gestapo-SS.
Accusato di complotto contro Hitler, di tradimento con Schleicher ed i conservatori, di connivenza con una potenza straniera, la Francia, fu ucciso. Così pure nel 1934 furono uccisi von Schleicher ed il capitano dell'esercito Rohm, il capo di "sinistra" delle SA
Otto Strasser nel frattempo nel 1932 aveva scritto il libro: Costruzione del socialismo tedesco, in cui parlava di feudalità statale che concede beni immobili al contadino, fedele e legato alla terra, con l'impegno del lavoro diretto nel fondo, inalienabile o subaffittabile; qualcosa di astorico e tradizionalista, che si ispirava a Werner Sombart.
Quando nel 1933 Hitler salì al potere, Otto Strasser riparò in esilio volontario a Praga, poi in Svizzera, conducendo una battaglia antinazista, in Austria e Svizzera
('38), Portogallo ('40),Canada ('43), da dove attaccò il tradimento degli ideali nazionalsocialisti, come animatore nazional-rivoluzionario, contro Hitler e contro gli alleati.
Nel 1945 Otto estraneo, bruciato, deluso, vecchio, rientrò nella Repubblica Federale Tedesca, ove nel quartiere di Schwabing a Monaco si guadagnò il pane, stentando a vivere, pubblicando una guida politica: Per il rinnovamento della Germania, nonché libri, articoli, sempre isolato e politicamente impotente. Nel 1946 fu favorevole allo Stato corporativo nazionalsocialista ideale, ma fu visto con sospetto come un emigrante politico estraneo e non capito così come accadeva per la destra tedesca. Nel '55 ritornò in Germania, pubblicando Hitler und Ich del '48 e Exil del '58, costituendo l'Unione tedesco-sociale dal 1956.

(ripreso da "Rinascita", 7/7/2009)

Il percorso ideologico di Otto Strasser, di Thierry Mudry

Otto Strasser nasce il 10 settembre 1897 in una famiglia di funzionari bavaresi. Suo fratello Gregor (che sarà uno dei capi del partito nazista ed un concorrente di Hitler) è maggiore di cinque anni. L'uno e l'altro beneficiano di solidi antecedenti familiari: il padre Peter, che si interessa di economia politica e di storia, pubblica sotto lo pseudonimo di Paaul Weger un opuscolo intitolato Das neue Wesen, nel quale si pronuncia per un socialismo cristiano e sociale. Secondo Paul Strasser, fratello di Gregor e Otto, "in questo opuscolo si trova già abbozzato l'insieme del programma culturale e politico di Gregor e Otto, cioè un socialismo cristiano sociale, che è indicato come la soluzione alle contraddizioni e alle mancanze nate
dalla malattia liberale, capitalista e internazionale dei nostri tempi". Quando scoppia la Grande Guerra, Otto Strasser interrompe i suoi studi di diritto e di economia per arruolarsi il 2 agosto 1914 (è il più giovane volontario di Baviera). Il suo brillante comportamento al fronte gli varrà la Croce di Ferro di prima classe e la proposta per l' Ordine Militare di Max-Joseph. Prima della smobilitazione nell'aprile-maggio 1919, partecipa con il fratello Gregor, nel Corpo Franco von Epp, all'assalto contro la Repubblica sovietica di Baviera. Ritornato alla vita civile Otto riprende i suoi studi a Berlino nel 1919 e fonda la Associazione universitaria dei veterani socialdemocratici. Nel 1920, alla testa di tre "centurie proletarie" resiste nel quartiere operaio berlinese di Steglitz al putsch Kapp (putsch d'estrema destra). Lascia poco dopo la SPD (Partito social-democratico) quando questa rifiuta di rispettare l'accordo di Bielefeld concluso con gli operai della Ruhr
(questo accordo prevedeva il non-intervento dell'esercito nella Ruhr, la repressione degli elementi contro-rivoluzionari e l'allontanamento di questi dall'apparato dello Stato, nonché la nazionalizzazione delle grandi imprese), spostandosi dunque a sinistra dell'SPD. Tornato in Baviera, Otto Strasser incontra Hitler e il generale Ludendorff presso il fratello, che lo invita a legarsi al nazionalsocialismo, ma Otto rifiuta. Corrispondente della stampa svizzera e olandese, Otto si occupa, il 12 ottobre 1920, del congresso dell'USPD (Partito social-democratico indipendente) ad Halle, dove incontra Zinovev. Scrive su "Das Gewissen", la rivista di Moeller van den Bruck e Heinrich von Gleichen, un lungo articolo sul suo incontro con Zinovev. E' così che fa la conoscenza di Moeller van den Bruck che lo farà avvicinare alle proprie idee. Otto Strasser entrerà poco dopo nel ministero per gli approvvigionamenti, prima di lavorare, a partire dalla primavera del 1923, in un consorzio di alcolici. Tra il 1920 e il 1925 si attua nello spirito di Strasser una lenta maturazione ideologica data da esperienze personali (esperienza del fronte e della guerra civile, incontro con Zinovev e Moeller, esperienza della burocrazia e del capitalismo privato) e di diverse influenze ideologiche. Dopo il mancato putsch del 1923, l'imprigionamento di Hitler e l'interdizione del NSDAP che l'hanno seguito, Gregor Strasser si è ritrovato nel 1924 con il generale Ludendorff e il politico völkisch von Graefe alla testa del ricostituito partito nazista. Appena uscito di prigione Hitler riorganizza il NSDAP (febbraio 1925) e incarica Gregor Strasser della direzione del partito nel Nord della Germania. Otto allora raggiunge il fratello che l'ha chiamato. Otto sarà l'ideologo, Gregor l'organizzatore del nazismo in Germania settentrionale. Nel 1925 è fondato un "Comitato di lavoro dei distretti settentrionali e occidentali tedeschi del NSDAP" sotto la direzione di Gregor Strasser; questi distretti manifestano così la loro volontà d'autonomia (e di democrazia interna) nei confronti di Monaco. Inoltre il NSDAP settentrionale prende un orientamento nettamente gauchiste sotto l'influenza di Otto Strasser e di Jospeh Goebbels che espongono le loro idee in un quindicinale destinato ai quadri del partito, il "National-sozialistische Briefe". Dall'ottobre 1925 Otto dà al NSDAP del Nord un programma radicale. Hitler reagisce dichiarando inalterabili i venticinque punti del programma nazista del 1920 e concentrando nelle sue mani tutti i poteri decisionali del Partito. Richiama Goebbels nel 1926, convince Gregor Strasser proponendogli il posto di capo della propaganda, poi quello di capo dell'organizzazione del Partito, espelle infine un certo numero di gauchistes (segnatamente i Gauleiter della Slesia, Pomerania e Sassonia). Otto Strasser, isolato e in totale opposizione con la politica sempre più apertamente conservatrice e capitalista di Hitler, si decide finalmente a lasciare il NSDAP il 4 luglio 1930. Fonda subito la KGRNS, Comunità di lotta nazional-socialista rivoluzionaria. Ma poco dopo la scissione strasseriana, due avvenimenti portarono alla marginalizzazione della KGRNS: anzitutto la "Dichiarazione-programma per la liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco" adottata dal Partito Comunista Tedesco. Questo programma esercita sugli elementi nazionalisti anti-hitleriani una considerevole attrazione che li distoglierà dallo strasserismo (peraltro già nell'autunno 1930 una prima crisi "nazional-bolscevica" aveva provocato l'uscita dalla KGRNS verso il Partito Comunista di tre responsabili: Korn, Rehm e Lorf); in seguito, anche il successo elettorale del Partito Nazista alle elezioni legislative del 14 settembre convinse molti naziona-socialisti della fondata validità della strategia hitleriana. La KGRNS è inoltre minata da dissensi interni che oppongono gli elementi più radicali (nazional-bolscevichi) alla direzione più moderata (Otto Strasser, Herbert Blank e il maggiore Buchrucker). Otto Strasser cerca di far uscire la KGRNS dall'isolamento avvicinando nel 1931 le SA del Nord della Germania che, sotto la guida di Walter Stennes, sono entrate in aperta ribellione contro Hitler (ma questo riavvicinamento, condotto sotto gli auspici del capitano Ehrhardt, le cui inclinazioni reazionarie sono conosciute, provoca l'uscita dei nazional-bolscevichi dalla KGRNS). Nell'ottobre 1931 Otto Strasser fonda il "Fronte Nero", destinato a raggruppare attorno alla KGRNS un certo numero di organizzazioni vicine, quali il gruppo paramilitare "Wehrwolf", i "Gruppi Oberland", le ex-SA di Stennes, una parte del Movimento Contadino, il circolo costituito attorno alla rivista "Die Tat" ecc. Nel 1933, decimata dalla repressione hitleriana, la KGRNS si sposta in Austria poi, nel 1934, in Cecoslovacchia. In Germania, gruppi strasseriani clandestini sopravvivono fino al 1937, data in cui vengono smantellati e i loro membri imprigionati o deportati (uno di questi, Karl-Ernst Naske, dirige oggi gli "Strasser-Archiv"). Le idee di Otto Strasser traspaiono dai programmi che ha elaborato, gli articoli, i libri e gli opuscoli che i suoi amici e lui stesso hanno scritto. Tra questi testi, i più importanti sono il programma del 1925, destinato a completare il programma del 1920 del Partito Nazista, la proclamazione del 4 luglio 1930 ("I socialisti lasciano il NSDAP"), le "Quattordici tesi della Rivoluzione tedesca", adottate al primo congresso della KGRNS nell'ottobre 1930, il Manifesto del Fronte Nero adottato al secondo congresso della KGRNS nell'ottobre 1931, e il libro Costruzione del socialismo tedesco, la cui prima edizione è del 1932. Da questi testi si trae un'ideologia coerente, composta di tre
elementi strettamente legati tra loro: il nazionalismo, l'"idealismo völkisch" e il "socialismo tedesco". 1) Il nazionalismo. Otto Strasser propone la costituzione di uno Stato pan-tedesco (federale e democratico) "da Memel a Strasburgo, da Eupen a Vienna" e la liberazione della nazione tedesca dal Trattato di
Versailles e dal Piano Young. Auspica una guerra di liberazione contro l'Occidente ("Salutiamo la Nuova Guerra"), l'alleanza con l'Unione Sovietica ed una solidarietà internazionale anti-imperialista tra tutte le Nazioni oppresse. Otto Strasser se la prende vigorosamente anche con gli ebrei, la Massoneria e l'Ultramontanismo (questa denuncia delle "potenze internazionali" sembra ispirarsi ai violenti pamphlets del gruppo Ludendorff). Ma le posizioni di Otto Strasser si evolvono. Durante il suo esilio in Cecoslovacchia appaiono due nuovi punti: un certo filosemitismo (Otto Strasser propone che sia conferito al popolo ebraico uno statuto protettore delle
minoranze nazionali in Europa e sostiene il progetto sionista - Patrick Moreau pensa che questo filosemitismo sia puramente tattico: Strasser cerca l'appoggio delle potenti organizzazioni anti-naziste americane) e un progetto di federalismo europeo che permetterebbe di evitare una nuova guerra. L'anti-occidentalismo e il filo-sovietismo di Strasser sfumano. 2) Al materialismo borghese e marxista Otto Strasser oppone un "idealismo völkisch" a fondamento religioso. Alla base di questo "idealismo völkisch" si trova il Volk concepito come un organismo di origine divina dalle caratteristiche fisiche (razziali), spirituali e mentali. La "Rivoluzione tedesca" deve, secondo Strasser, ri-creare le "forme" appropriate alla natura del popolo nel campo politico o economico così come in quello culturale. Queste forme sarebbero, in campo economico, il feudo (Erblehen); nel campo politico, l'auto-amministrazione del popolo tramite gli "Stande", cioè degli stati - stato operaio, stato contadino ecc. - e nel campo "culturale, una religiosità tedesca. Principale espressione dell' "idealismo völkisch", un principio d'amore in seno al Volk - riconoscendo ognuno negli altri le proprie caratteristiche razziali e culturali - che deve marcare ogni atto dell'individuo e dello Stato. Questo idealismo völkisch comporta il rifiuto da parte
di Otto Strasser dell'idea di lotta di classe in seno al Volk a profitto d'una "rivoluzione popolare" degli operai-contadini senza classi medie (solo una piccola minoranza di oppressori saranno eliminati), la condanna dello scontro politico tra tedeschi: Otto Strasser propone un Fronte unito della base dei partiti estremisti e dei sindacati contro le loro gerarchie e contro il sistema. Questo idealismo völkisch sottintende lo spirito di "socialismo tedesco" decantato da Strasser e ispira il programma socialista strasseriano. Questo programma comporta i seguenti punti: parziale nazionalizzazione delle terre e dei mezzi di produzione, partecipazione operaia, il piano, l'autarchia e il monopolio dello Stato sul commercio esterno. Il "socialismo tedesco" pretende di opporsi al liberalismo come al marxismo. L'opinione di Strasser sul marxismo è pertanto sfumata: Il marxismo non aveva per Strasser alcun carattere "ebraico" specifico come per Hitler, non era l'"invenzione dell'ebreo Marx", ma l'elaborazione di un metodo d'analisi delle contraddizioni sociali ed economiche della sua epoca (il periodo del capitalismo selvaggio) messo a punto da un filosofo dotato. Strasser riconosceva al pensiero marxista come all'analisi ell'imperialismo di Lenin, una verità oggettiva certa. Si allontanava dalla Weltanschauung marxista a livello di implicazioni filosofiche ed utopiche. Il marxismo era il prodotto dell'era del liberalismo e testimoniava nel suo metodo
analitico e nelle sue stesse strutture una mentalità la cui tradizione liberale risaliva al contratto sociale di Rousseau. L'errore di Marx e dei marxisti-leninisti stava, secondo Strasser, nel fatto che questi credevano di poter spiegare lo sviluppo storico tramite
i concetti di rapporto di produzione e di lotta di classe allorquando questi apparivano validi limitatamente al periodo del capitalismo. La dittatura del proletariato, l'internazionalismo, il comunismo utopico non erano più conformi ad una Germania nella quale era cominciato un processo di totale trasformazione delle strutture spirituali, sociali ed economiche, che portava alla sostituzione del capitalismo con il socialismo, della lotta di classe con le comunità di popolo e dell'internazionalismo con il nazionalismo. La teoria economica marxista rimaneva uno strumento necessario alla comprensione della storia. Il marxismo filosofico e il bolscevismo di partito, perdono significato nello stesso momento in cui il liberalismo entra in agonia. 3) Il "socialismo tedesco" rifiuta il modello proletario così come il modello borghese e propone di conciliare le responsabilità, l'indipendenza e la
creatività personali con il sentimento dell'appartenenza comunitaria ad una società di lavoratori di classi medie e, più particolarmente, di contadini. Strasser, come Jünger, sogna un nuovo "Lavoratore", ma di un tipo particolare, il tipo "contadino", che sia operaio-
contadino, intellettuale-contadino, soldato-contadino, altrettante facce di uno sconvolgimento sociale realizzato con la dislocazione della società industriale, lo smantellamento delle fabbriche, la riduzione delle popolazioni urbane e il trasferimento forzato dei cittadini verso il lavoro rigeneratore della terra. Per rendere in immagini contemporanee la volontà di rottura sociale della tendenza Strasser, si può pensare oggi alla Rivoluzione Culturale cinese o all'azione dei Khmer rossi in Cambogia. Otto Strasser vuole riorganizzare la società tedesca attorno al tipo contadino. Per fare questo, preconizza la spartizione delle terre, la colonizzazione delle regioni agricole dell'Est poco popolato e la dispersione dei grandi complessi industriali in piccole unità in tutto il paese - nascerebbe così un tipo misto operaio-contadino. Patrick Moreau non esita a qualificare Otto Strasser come "conservatore agrario estremista". Le conseguenze di questa riorganizzazione della Germania (e della socializzazione dell'economia che deve accompagnarla) sarebbero: una considerevole riduzione della produzione dei beni di consumo per il fatto dell'"adozione di un modo di vita spartano, in cui il consumo è ridotto alla soddisfazione quasi autarchica, a livello locale, dei bisogni primi", e "l'istituzione nazionale, poi internazionale, di una sorta di economia di baratto". Il socialismo tedesco rifiuta infine la burocrazia e il e il capitalismo privato (Strasser conosce i misfatti dei due sistemi) e propone la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e della terra che saranno in seguito ri-distribuite a degli imprenditori sotto forma di feudi. Questa soluzione
unirebbe, secondo Strasser, i vantaggi del possesso individuale e della proprietà collettiva.

(ripreso da "Origini", n. 2 - "L'opposizione nazional-rivoluzionaria al Terzo Reich"; poi riprodotto in "Patria - Bollettino Socialista", n. 12, marzo 2006)