Tra i movimenti della gioventù ce n'è uno che è particolarmente noto per il suo radicalismo antiborghese: la DJ.1.11. o la Deutsche Jungenschaft 1.11. (1 novembre, data della sua fondazione). Il radicalismo di questo movimento è dovuto essenzialmente alla personalità del suo capo e fondatore: Eberhard Koebel, detto "Tusk". Nato nel 1907 a Stoccarda, figlio di un alto funzionario, Eberhard aderirà molto giovane ai Wandervögel, più tardi passerà ai Freischar dei quali diverrà "Gaufuhrer" a Wurtember nel 1928. Questo piccolo uomo, nervoso ed energico non fu in alcun modo un teorico. Fu sopratutto un artista che rivoluzionò lo "stile" dei movimenti della gioventù dando un aspetto moderno alle sue riviste, conferendogli una grafica audace, moderna e pulita.
La sua notorietà nel movimento e in tutta la Germania si deve sopratutto alle sue innovazioni. E queste non sono state solo di ordine grafico. Infaticabile viaggiatore, Koebel aveva visitato e vissuto con i lapponi, attraversato il nord della Russia europea, sbarcato in Novaja Zemlja. Dai suoi viaggi inediti e originali riporta indietro, oltre al suo soprannome "Tusk" ("Il tedesco" in scandinavo, la Kohte (tenda lappone), la balalaika e il banjo. Questa tenda nera e questi strumenti musicali saranno adottati con entusiasmo dai giovani. "Vivendo con intensità" Koebel percorre il suo paese in moto (un altro tratto di modernismo) per reclutare nuovi membri. Gli antiborghesi di Tusk si scinderanno dalla Freischar l'1 novembre 1929 riunendosi sotto la bandiera della DJ.1.11. Tusk imprimerà al suo movimento uno stile originale e un'etica nuova. Il suo stile e la sua etica si imporranno nel campo che organizzerà nel 1931 (Sühlager).
Uno stile nasce: freddo e ieratico nei suoi aspetti esteriori, incandescente e folle nella sua dimensione interiore. Tusk elimina il romanticismo trasognante dei vecchi Wandervögel che idealizzava eccessivamente il Medioevo con il rischio di degenerare in inezie, nel kitsch alla Hollywood. Koebel è in questo contemporaneo dei futuristi italiani e di Ernst Jünger profeta che annunciava l'avvento dell'era dell'"acciaio". Parallelamente a questo culto dell'"homo metalicus", il gruppo animato da Tusk idealizza la figura del Samurai anticipando così la moda occidentale per Mishima. Koebel/Tusk, tedesco di Weimar, incarna anche le contraddizioni del suo tempo, che si trova politicamente a un bivio. Fino al 1932 la sua azione era appena politicizzata. Ma dopo questa data fatidica in cui la crisi ragiunge il suo apogeo su apogeo Koebel si lancerà nella sua avventura politica. Le sue posizioni fino a quel momento erano state abbastanza convenzionali, era un nazionalista tedesco non estremista che contestava sopratutto l'annessione della Posnania e del corridoio attraverso la Polonia. L'ideale del soldato in Tusk non è al servizio di una causa nazionale precisa, come in Jünger e Drieu, ma è sopratutto religioso ed etico.
Il nazionalismo di Tusk non è ostile alla Russia. Questo immenso paese, per lui come per Niekisch non è stato pervertito dalle luci che hanno invecchiato i popoli dell'occidente. Il romanticismo filorusso trionfa nelle file della DJ.1.11. Confusamente, senza presupposti ideologici a priori, i giovani di questo movimento cantano le gesta di Stalin e dell'Armata Rossa e le prodezze dei soldati bianchi di Koltchaak. Lanciano attraverso la Germania la moda delle canzoni cosacche. Nel Sühnelager del 1931 Tusk guida le sue truppe vestito con una pelliccia cosacca e un berretto di pelliccia.
Con questo stile, che implica una rottura totale con il mondo adulto e borghese, Tusk realizza radicalmente i propositi iniziali del movimento della gioventù. Un giorno dirá: "La gioventù è il valore e la maturità è a priori una cosa negativa". Per Tusk, platonico senza saperlo i giovani andrebbero separati dai compromessi che impone il mondo adulto. Andrebbero preservati dai miasmi dell'imborghesimento. Tusk lotterà in questa direzione contro i movimenti il cui stile non provoca questa rottura terapeutica. Gli ideologemi del popolo (Volk), della Patria (Heimat) e del Reich che mobilitano il mondo degli adulti devono cedere il passo al concetto radicale di Ordine. "L'Ordine scrive Tusk va concepito come una comunità libera da tutti i compromessi con le cose passate, dove il giovane trova la sede del suo essere".
Con la volontà di creare un ordine impermeabile alle influenze deteriori della società liberale, Tusk oppone due modelli antropologici antagonisti; uno constituisce l'ideale da realizzare, l'altro rappresenta la negazione del primo, il polo negativo. Quest'ultimo lo definisce il modello ripetitivo. "E' il modello dell'uomo parassita che vegeta nel massimo confort possibile, non è mai malato, vive il maggior tempo possibile, non soffre fisicamente, non esprime mai le sue idee, ama ripetere quello che è stato già detto, è felice quando la routine quotidiana si svolge senza grossi problemi. Di fronte alle pecore della ripetizione si erge l'uomo dell'Ordine libero da tutti i tipi di obbligazioni rispettose delle visioni del mondo obsolete, libero di non ripetere gli slogans conformisti, libero di adottare i suoi modi di vita e le sue idee". Simbolo di questa attitudine verso la vita è l'"Ersbrecher", il rompighiaccio.
Per "rompere il ghiaccio" che congela la società, le forme e le idee, l'Ordine deve creare una disciplina di ferro. Bisogna obbedire ai superiori, obbedendo senza discutere perché questa obbedienza dà alla luce la libertà, provoca la rottura. Gli abiti del membro dell'ordine devono essere impeccabili e il suo linguaggio depurato da volgarità e bestemmie.
Ma l'Ordine non resisterà intatto sotto la pressione delle passioni politiche. Tusk sceglierà prima il NSDAP, poi il Partito Comunista per poi infine abbandonare la pretesa di riuscire a trasporre i suoi ideali in una formazione politica. I comunisti non smetteranno mai di diffidare di lui. Tusk tenterà di creare cellule nella Hitler Jugend chiedendo ai suoi subordinati di occuparne posti di comando. Il fallimento non lascerà speranze. L'itinerario politico di Tusk conduce al di là della sinistra e della destra allo stesso modo di quello dei nazional-bolscevichi e dei nazional-rivoluzionari di Niekisch e Paetel.
Questa posizione tra due fuochi è difficile da mantenere. Nel gennaio del 1934 Tusk sarà arrestato dalla Gestapo, ma fugge e nella fuga si frattura il cranio. Rimesso in libertà si rifugia in Svezia dove porrà fine alla sua vita pubblica. La malattia si impadronisce di lui e non lo lascia più. A Londra, seconda tappa del suo esilio cercherà di guadagnarsi il pane come fotografo e professore di lingue orientali. Gli esiliati comunisti accetteranno di ascoltarlo ma non accetteranno la sua candidatura come membro. Tutti i suoi tentativi di riprendere la lotta falliranno. Dopo la guerra non uscirà più da Berlino Est. Morirá nel 1955 all'età di 48 anni.
Tusk: una figura da riscoprire. Una figura che riassume fino in fondo tutta la filosofia tedesca da Herder in poi. Una filosofia che privilegia nelle sue esplorazioni dell'avventura umana i balbettii primordiali alle produzioni dell'età matura. Una filosofia che si lancia a corpo morto nel mondo omerico e che respinge le prelibatezze ellenistiche... Il culto della Russia e del Samurai si riuniscono in questa vecchia opzione. Tusk: una figura al di là della destra e della sinistra e delle loro insufficienze politiche.
(trad. it. di Bertrand Eeckhout, Tusk: creador de un movimiento de juventud radicalmente antiburgues, in "Disidencias", http://www.arrakis.es/~fsln/ale-4.htm)
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martedì 26 gennaio 2010
sabato 23 gennaio 2010
Ernst Jünger, teorico del nichilismo attivo, di Ernst Niekisch
Questo nichilismo attivo è una sete inestinguibile di successo; il successo è il miglior carburante per riscaldarsi senza interrompere l'intero spettacolo. Se il successo si fa attendere e non arriva, allora tutto lo show annunciato crolla, tutta questa gigantesca attività febbrile vacilla. L'azione deve essere sempre l'azione armata, per poter volare di successo in successo; deve essere sempre più pesantemente armata di quella del nemico contro il quale l'azione è stata messa in scena. La prima azione è la corsa agli armamenti, la seconda, il loro impiego. Mai il nichilismo è stato più militante di quanto non lo sia oggi. Mai la mobilitazione è stata più totale. Mai si sono allineati così tanti combattenti. Finalmente, non vi è più nulla che dei "combattenti". Anche i giovani possono già essere designati come dei "vecchi combattenti". Ma questa lotta, manca di senso e di scopo. Essi combattono solo per combattere. Essi combattono, perché, altrimenti, se non passassero all'azione, apparirebbero ben presto come dei pigri, dei corrotti e dei buoni a nulla.
Ernst Jünger ha donato a questo nichilismo militante le formule e gli slogan che ci si aspettava. Il suo istinto nichilista ci aveva finito per convincere che più nulla valesse la pena di essere protetto, né valesse una mobilitazione; se l'azione della belligeranza si è scatenata, è necessario che tutti, senza eccezione, siano messi in moto. Ci sarà, tra i fenomeni, un punto fisso dove si potrà prendere rifugio. Essa stessa in movimento, fino all'ultimo respiro, non tollera più che ci sia una sola persona a riposo, né donna, né bambino, né vecchio. Essa comanda ai neonati di marciare al passo, invita le ragazze sotto le bandiere e consuma fino alle ultime riserve. Questo tipo di azione non lascia più nessuno indietro: essa compenetra gli angoli più segreti ed invia al fronte anche il più insignificante dei "bottoni". Essa è l'ultimo carico d'energia in cui il nichilismo s'è precipitato, dopo che è divenuto inevitabile per lui portare il suo sguardo sul suo proprio volto.
(trad. it. dell'omonimo frammento pubblicato da "Synergies Européennes", giugno 1995; poi riprodotto in "Centro Studi La Runa", http://www.centrostudilaruna.it/niekischjuenger.html)
Ernst Jünger ha donato a questo nichilismo militante le formule e gli slogan che ci si aspettava. Il suo istinto nichilista ci aveva finito per convincere che più nulla valesse la pena di essere protetto, né valesse una mobilitazione; se l'azione della belligeranza si è scatenata, è necessario che tutti, senza eccezione, siano messi in moto. Ci sarà, tra i fenomeni, un punto fisso dove si potrà prendere rifugio. Essa stessa in movimento, fino all'ultimo respiro, non tollera più che ci sia una sola persona a riposo, né donna, né bambino, né vecchio. Essa comanda ai neonati di marciare al passo, invita le ragazze sotto le bandiere e consuma fino alle ultime riserve. Questo tipo di azione non lascia più nessuno indietro: essa compenetra gli angoli più segreti ed invia al fronte anche il più insignificante dei "bottoni". Essa è l'ultimo carico d'energia in cui il nichilismo s'è precipitato, dopo che è divenuto inevitabile per lui portare il suo sguardo sul suo proprio volto.
(trad. it. dell'omonimo frammento pubblicato da "Synergies Européennes", giugno 1995; poi riprodotto in "Centro Studi La Runa", http://www.centrostudilaruna.it/niekischjuenger.html)
venerdì 22 gennaio 2010
Cellaris, di Zimisce
Strahlungen III.
Parigi, 6 marzo 1942
(...) A mezzogiorno da Prunier con Mossakowski, che a suo tempo è stato collaboratore di Cellaris. A quel che lui dice, nei grandi mattatoi istituiti nei paesi del confine orientale ci sono macellai, che hanno ammazzato con le proprie mani tanta gente quanti sono gli abitanti di una città di media grandezza. Basta una di queste notizie per smorzare la luce di un giorno. Si è tentati di chiudere gli occhi di fronte a esse. Invece è bene esaminare attentamente come un medico che osservi una ferita. Sono i sintomi dell'immenso focolaio che si dovrebbe guarire e io credo guaribile.
Se non avessi questa fiducia, andrei immediatamente ad patres, all'aria pura, fuori di questo mare di fango. Spesso la morte, in mezzo a questo formicolio di lèmuri e di anfibi, mi sembra una festa.
E' in questo passo del marzo '42, alle soglie dell'orrore della Soluzione Finale, che Jünger cita per la prima volta nei suoi diari il nome di Cellaris, ovvero Ernst Niekisch. Maestro di quella congrega di pazzi che si autodefinivano nazionalbolscevichi, Niekisch era proprio il tipo di Jünger. Di provenienza politica socialista rivoluzionaria, Cellaris fu presidente del Comitato centrale della repubblica sovietica di Monaco nel 1919. In seguito a quell'esperienza si allontanò dall'Spd per fondare la rivista Der Wiederstand (La Resistenza) dalla quale predicava idee singolari: secondo Niekisch l'unica possibilità di liberazione per la Germania consisteva nella creazione di un "socialismo prussiano", che fondesse in sé il militarismo teutonico degli Junker al totalitarismo collettivista della Russia bolscevica. Ed è proprio nell'Unione Sovietica che Niekisch identificava l'alleato ideale della Germania nazionalbolscevica, tanto che le due avrebbero dovuto formare un blocco germano-slavo eurasiatico che avrebbe dovuto preservare le genti d'Europa dalle nefaste conseguenze della visione economica del mondo, come il liberalismo e la democrazia. Questo, in sintesi, è il succo del nazionalbolscevismo.
Capirete anche voi che, con idee così, quello schizzato del giovane Jünger e il professor Niekisch non potevano che andare d'accordo. E non è un caso se furono praticamente soltanto i nazionalbolscevichi a plaudire la pubblicazione di Der Arbeiter, nel 1932. L'influenza del pensiero di Niekisch sull'opera jüngeriana del periodo non va sottovalutata, anche perché tra i due si sviluppò una forte amicizia. Un rapporto la cui intensità traspare nelle pagine di Irradiazioni, dove spesso lo scrittore ricorda il compagno di lotte, a quel tempo malato e incarcerato dagli aguzzini del Terzo Reich a causa della sua opposizione al regime hitleriano, considerato da Niekisch una rovina per la Germania.
Scrive Jünger il 14 aprile del '43:
Visita del pittore Hohly. Mi ha portato i saluti della moglie di Cellaris e mi ha detto che questi, nonostante la sua grave malattia, è assai vivo spiritualmente. Si può sperare, così, che possa, ancora, vedere la luce.
Una settimana più tardi è ancora una volta la visita di un vecchio amico, tale Toepfer, a riportare Jünger alla memoria dei tempi andati. Jünger abbozza, in due righe ma centrandolo perfettamente, il motivo del prevalere del nazionalsocialismo sugli altri movimenti rivoluzionari del tempo:
(...) Conversazione politica, poi ricordi di Cellaris e del vecchio tempo in cui militavamo tra i nazionalisti. Particolarmente rimane notevole il convegno segreto di Eichhof del 1929. La storia di questi anni con i suoi pensatori, con i suoi uomini di azione, i suoi martiri, le sue comparse deve ancora essere scritta; vivevamo allora nell'uovo del Leviatano. La scuola di Monaco, cioè la più superficiale, è poi riuscita; era, infatti, alla portata di tutti. Nelle mie lettere e nei miei appunti di allora compaiono una infinità di persone: avevano, inoltre, grandi vedute Niekisch, Hielscher, Ernst von Salomon, Kreitz e Albrecht Erich Günther, il quale è morto da poco. Gli altri o sono stati assassinati o sono emigrati o si sono disillusi; alcuni occupano oggi posti di responsabilità nell'esercito, nel controspionaggio, o nel partito. Tuttavia coloro che ancora restano sulla terra parleranno sempre volentieri di quei tempi; si viveva allora profondamente nell'"idea". Così mi immagino Robespierre ad Arras.
Dopo essersi soffermato, il 30 aprile, sul magnetismo demoniaco della figura di Niekisch, il 22 giugno 1943 Jünger torna a far visita al pittore Hohly. Argomento della discussione è, ancora una volta, il pensatore nazionalbolscevico: il passo è, secondo me, fondamentale per comprendere le aspirazioni politiche di Jünger nella sua fase totalitaria, sebbene nel momento in cui vergò queste parole egli l'avesse già superata.
Su Cellaris: il suo comportamento è considerato un potente esempio: dimostra come su questa terra la vera resistenza sia rara. Sembra che poco tempo prima del suo arresto lo avvolgesse già un'aura ammonitrice di quello che lo sovrastava. Hohly ha raccontato infatti come la sua vecchia mamma, morta proprio in quei giorni, nei vaneggiamenti dell'agonia, abbia più volte esclamato: "Ernesto, Ernesto, ma è terribile come ti perseguitano!" Così pure il dottor Strünkmann a Blankenburg, si dice, fu preso durante una conversazione con lui da una specie di crampo, durato alcuni secondi, in una specie di chiaroveggenza, e che, poi, divenuto mortalmente pallido, abbia detto: "Cellaris, io non la rivedo più. C'è qualcosa di spaventoso davanti a lei". Questo contrasta stranamente con il carattere di Cellaris del tutto pratico e legato al reale. Certo è almeno che questo uomo sarebbe potuto divenire qualcosa di significativo per la storia tedesca; avrebbe potuto incanalare le libere acque in un alveo, nel quale forza e spirito, ora separati, si sarebbero riuniti e in misura tale, che avrebbero dato luogo a una saldezza e a una inoppugnabilità infinitamente superiori. Però i demagoghi hanno promesso tutto questo molto più a buon mercato e nello stesso tempo hanno riconosciuto quanto egli fosse pericoloso. Certo è che sotto la sua egida la guerra con la Russia sarebbe stata evitata e inoltre non si sarebbe mai arrivati alle atrocità contro gli ebrei, che ci pongono contro tutto l'universo. Sarebbe venuta a mancare tutta la parte volgare, falsa, pretenziosa della faccenda, l'assurdo panoptico dei falsi idoli non avrebbe mai acquistato un significato. E sarebbe mancato alle vele delle democrazie gran parte del cosiddetto "vento di giustizia".
Se questo non è stato possibile, è colpa delle forze conservatrici, che dovevano prevedere dove le cose sarebbero andate a finire. Ugualmente la gioventù tedesca ha tradito i suoi istinti. Così erano i giovani: "forti come l'acciaio Krupp, resistenti come cuoio, veloci come levrieri"; così erano i giovani che Kniébolo (il soprannome demoniaco di Hitler ndZ) a ragione arringava come il seguito adatto a lui: cioè la stirpe che in caso di bisogno si sarebbe potuta produrre anche nella siderurgia e nelle concerie con l'aiuto dello sperma animale. Così si doveva per forza giungere all'americanizzazione, ma senza il loro "valore planetario", alla soluzione ametafisica, a una esecuzione puramente tecnica della "mobilitazione totale".
Si può osservare con un brivido come la pecca principale che Jünger attribuisce alle atrocità contro gli ebrei sia l'aver messo il mondo contro la Germania. Va anche detto, però, che in altri punti del diario lo scrittore identifica con chiarezza nell'accanimento antisemita il punto di frattura che porta la realtà alla deriva nel mare del nichilismo.
Il 2 luglio Jünger torna ancora su Cellaris, del quale giungono nuove preoccupanti:
Come sento da Kraus, Cellaris corre ora un grande pericolo. E' in atto lo "sfollamento" del carcere nel quale è detenuto e, al primo tentativo di impadronirsi di lui, si dice, gli si sarebbero posti dinanzi il direttore, il cappellano e anche i secondini. Tuttavia la protezione che questa gente può offrire a lui, vittima malata e indifesa, contro chi è così spaventosamente potente, è purtroppo minima. Il figlio dello stesso Cellaris, del resto, è in Russia, al fronte.
L'8 giugno il nostro incontra nuovamente Kraus, un esperto di balistica, e parla nuovamente di Niekisch. Il passo è interessante:
Abbiamo parlato (...) di Cellaris, che si trova ancora in carcere, per il quale però, come per moltissimi altri suoi compagni di sventura, forse suonerà presto l'ora della liberazione.
E' allo sbarco in Normandia, avvenuto due giorni prima, che Jünger si riferisce? O piuttosto alla congiura antihitleriana degli ufficiali della Wehrmacht, che il 20 luglio avrebbe portato all'attentato al Führer e per la quale Jünger stava scrivendo il manifesto politico La Pace?
La fine del conflitto vede Jünger tornare in Germania, espulso dalla Wehrmacht e affranto per la perdita del figlio Ernstel. Nell'ultima parte del diario lo scrittore parla nuovamente del vecchio amico Cellaris, il cui destino, nelle mani del regime in piena Götterdämmerung, sembra ormai segnato.
Kirchhorst, 7 gennaio 1945
Tristitia. Prima di svegliarmi ho sognato Cellaris. Penso a lui ogni giorno; che cosa non darei perché egli rivedesse ancora una volta la luce, libero spiritualmente e fisicamente, anche se la sua salute è minata per sempre.
Kirchhorst, 5 aprile 1945
L'accresciuto movimento delle strade porta di conseguenza il passaggio di diversi conoscenti: per esempio oggi un certo tenente Wollny, in cammino per il Weser. Aveva notizie di Niekisch. Si dice che sia nei piani una "liquidazione" degli ergastoli. Niekisch è riuscito a far pervenire a sua moglie una lettera nella quale le ha scritto che questa sarebbe una logica conclusione del suo destino. Tutte le sue profezie, particolarmente quella del suo scritto Hitler, una fatalità tedesca si sarebbero avverate. Tuttavia sua moglie spera ancora che non giungerà a trucidarli. Io rifletto a questo destino sempre con un particolare senso di amarezza.
Niekisch non fu trucidato, alla fin fine. Tornò libero alla caduta del regime, ormai quasi cieco e con la salute irrimediabilmente compromessa. Partecipò con entusiasmo ai primi anni della DDR, sperando di riuscire in essa a coronare il suo sogno di un "socialismo prussiano". Fu un sogno che durò ben poco: deluso dal carattere oppressivo del regime e dalla sua sudditanza ai voleri sovietici, scappò a ovest nel 1955, dove morì dodici anni più tardi.
(ripreso dal blog Il libro di Urizen)
Parigi, 6 marzo 1942
(...) A mezzogiorno da Prunier con Mossakowski, che a suo tempo è stato collaboratore di Cellaris. A quel che lui dice, nei grandi mattatoi istituiti nei paesi del confine orientale ci sono macellai, che hanno ammazzato con le proprie mani tanta gente quanti sono gli abitanti di una città di media grandezza. Basta una di queste notizie per smorzare la luce di un giorno. Si è tentati di chiudere gli occhi di fronte a esse. Invece è bene esaminare attentamente come un medico che osservi una ferita. Sono i sintomi dell'immenso focolaio che si dovrebbe guarire e io credo guaribile.
Se non avessi questa fiducia, andrei immediatamente ad patres, all'aria pura, fuori di questo mare di fango. Spesso la morte, in mezzo a questo formicolio di lèmuri e di anfibi, mi sembra una festa.
E' in questo passo del marzo '42, alle soglie dell'orrore della Soluzione Finale, che Jünger cita per la prima volta nei suoi diari il nome di Cellaris, ovvero Ernst Niekisch. Maestro di quella congrega di pazzi che si autodefinivano nazionalbolscevichi, Niekisch era proprio il tipo di Jünger. Di provenienza politica socialista rivoluzionaria, Cellaris fu presidente del Comitato centrale della repubblica sovietica di Monaco nel 1919. In seguito a quell'esperienza si allontanò dall'Spd per fondare la rivista Der Wiederstand (La Resistenza) dalla quale predicava idee singolari: secondo Niekisch l'unica possibilità di liberazione per la Germania consisteva nella creazione di un "socialismo prussiano", che fondesse in sé il militarismo teutonico degli Junker al totalitarismo collettivista della Russia bolscevica. Ed è proprio nell'Unione Sovietica che Niekisch identificava l'alleato ideale della Germania nazionalbolscevica, tanto che le due avrebbero dovuto formare un blocco germano-slavo eurasiatico che avrebbe dovuto preservare le genti d'Europa dalle nefaste conseguenze della visione economica del mondo, come il liberalismo e la democrazia. Questo, in sintesi, è il succo del nazionalbolscevismo.
Capirete anche voi che, con idee così, quello schizzato del giovane Jünger e il professor Niekisch non potevano che andare d'accordo. E non è un caso se furono praticamente soltanto i nazionalbolscevichi a plaudire la pubblicazione di Der Arbeiter, nel 1932. L'influenza del pensiero di Niekisch sull'opera jüngeriana del periodo non va sottovalutata, anche perché tra i due si sviluppò una forte amicizia. Un rapporto la cui intensità traspare nelle pagine di Irradiazioni, dove spesso lo scrittore ricorda il compagno di lotte, a quel tempo malato e incarcerato dagli aguzzini del Terzo Reich a causa della sua opposizione al regime hitleriano, considerato da Niekisch una rovina per la Germania.
Scrive Jünger il 14 aprile del '43:
Visita del pittore Hohly. Mi ha portato i saluti della moglie di Cellaris e mi ha detto che questi, nonostante la sua grave malattia, è assai vivo spiritualmente. Si può sperare, così, che possa, ancora, vedere la luce.
Una settimana più tardi è ancora una volta la visita di un vecchio amico, tale Toepfer, a riportare Jünger alla memoria dei tempi andati. Jünger abbozza, in due righe ma centrandolo perfettamente, il motivo del prevalere del nazionalsocialismo sugli altri movimenti rivoluzionari del tempo:
(...) Conversazione politica, poi ricordi di Cellaris e del vecchio tempo in cui militavamo tra i nazionalisti. Particolarmente rimane notevole il convegno segreto di Eichhof del 1929. La storia di questi anni con i suoi pensatori, con i suoi uomini di azione, i suoi martiri, le sue comparse deve ancora essere scritta; vivevamo allora nell'uovo del Leviatano. La scuola di Monaco, cioè la più superficiale, è poi riuscita; era, infatti, alla portata di tutti. Nelle mie lettere e nei miei appunti di allora compaiono una infinità di persone: avevano, inoltre, grandi vedute Niekisch, Hielscher, Ernst von Salomon, Kreitz e Albrecht Erich Günther, il quale è morto da poco. Gli altri o sono stati assassinati o sono emigrati o si sono disillusi; alcuni occupano oggi posti di responsabilità nell'esercito, nel controspionaggio, o nel partito. Tuttavia coloro che ancora restano sulla terra parleranno sempre volentieri di quei tempi; si viveva allora profondamente nell'"idea". Così mi immagino Robespierre ad Arras.
Dopo essersi soffermato, il 30 aprile, sul magnetismo demoniaco della figura di Niekisch, il 22 giugno 1943 Jünger torna a far visita al pittore Hohly. Argomento della discussione è, ancora una volta, il pensatore nazionalbolscevico: il passo è, secondo me, fondamentale per comprendere le aspirazioni politiche di Jünger nella sua fase totalitaria, sebbene nel momento in cui vergò queste parole egli l'avesse già superata.
Su Cellaris: il suo comportamento è considerato un potente esempio: dimostra come su questa terra la vera resistenza sia rara. Sembra che poco tempo prima del suo arresto lo avvolgesse già un'aura ammonitrice di quello che lo sovrastava. Hohly ha raccontato infatti come la sua vecchia mamma, morta proprio in quei giorni, nei vaneggiamenti dell'agonia, abbia più volte esclamato: "Ernesto, Ernesto, ma è terribile come ti perseguitano!" Così pure il dottor Strünkmann a Blankenburg, si dice, fu preso durante una conversazione con lui da una specie di crampo, durato alcuni secondi, in una specie di chiaroveggenza, e che, poi, divenuto mortalmente pallido, abbia detto: "Cellaris, io non la rivedo più. C'è qualcosa di spaventoso davanti a lei". Questo contrasta stranamente con il carattere di Cellaris del tutto pratico e legato al reale. Certo è almeno che questo uomo sarebbe potuto divenire qualcosa di significativo per la storia tedesca; avrebbe potuto incanalare le libere acque in un alveo, nel quale forza e spirito, ora separati, si sarebbero riuniti e in misura tale, che avrebbero dato luogo a una saldezza e a una inoppugnabilità infinitamente superiori. Però i demagoghi hanno promesso tutto questo molto più a buon mercato e nello stesso tempo hanno riconosciuto quanto egli fosse pericoloso. Certo è che sotto la sua egida la guerra con la Russia sarebbe stata evitata e inoltre non si sarebbe mai arrivati alle atrocità contro gli ebrei, che ci pongono contro tutto l'universo. Sarebbe venuta a mancare tutta la parte volgare, falsa, pretenziosa della faccenda, l'assurdo panoptico dei falsi idoli non avrebbe mai acquistato un significato. E sarebbe mancato alle vele delle democrazie gran parte del cosiddetto "vento di giustizia".
Se questo non è stato possibile, è colpa delle forze conservatrici, che dovevano prevedere dove le cose sarebbero andate a finire. Ugualmente la gioventù tedesca ha tradito i suoi istinti. Così erano i giovani: "forti come l'acciaio Krupp, resistenti come cuoio, veloci come levrieri"; così erano i giovani che Kniébolo (il soprannome demoniaco di Hitler ndZ) a ragione arringava come il seguito adatto a lui: cioè la stirpe che in caso di bisogno si sarebbe potuta produrre anche nella siderurgia e nelle concerie con l'aiuto dello sperma animale. Così si doveva per forza giungere all'americanizzazione, ma senza il loro "valore planetario", alla soluzione ametafisica, a una esecuzione puramente tecnica della "mobilitazione totale".
Si può osservare con un brivido come la pecca principale che Jünger attribuisce alle atrocità contro gli ebrei sia l'aver messo il mondo contro la Germania. Va anche detto, però, che in altri punti del diario lo scrittore identifica con chiarezza nell'accanimento antisemita il punto di frattura che porta la realtà alla deriva nel mare del nichilismo.
Il 2 luglio Jünger torna ancora su Cellaris, del quale giungono nuove preoccupanti:
Come sento da Kraus, Cellaris corre ora un grande pericolo. E' in atto lo "sfollamento" del carcere nel quale è detenuto e, al primo tentativo di impadronirsi di lui, si dice, gli si sarebbero posti dinanzi il direttore, il cappellano e anche i secondini. Tuttavia la protezione che questa gente può offrire a lui, vittima malata e indifesa, contro chi è così spaventosamente potente, è purtroppo minima. Il figlio dello stesso Cellaris, del resto, è in Russia, al fronte.
L'8 giugno il nostro incontra nuovamente Kraus, un esperto di balistica, e parla nuovamente di Niekisch. Il passo è interessante:
Abbiamo parlato (...) di Cellaris, che si trova ancora in carcere, per il quale però, come per moltissimi altri suoi compagni di sventura, forse suonerà presto l'ora della liberazione.
E' allo sbarco in Normandia, avvenuto due giorni prima, che Jünger si riferisce? O piuttosto alla congiura antihitleriana degli ufficiali della Wehrmacht, che il 20 luglio avrebbe portato all'attentato al Führer e per la quale Jünger stava scrivendo il manifesto politico La Pace?
La fine del conflitto vede Jünger tornare in Germania, espulso dalla Wehrmacht e affranto per la perdita del figlio Ernstel. Nell'ultima parte del diario lo scrittore parla nuovamente del vecchio amico Cellaris, il cui destino, nelle mani del regime in piena Götterdämmerung, sembra ormai segnato.
Kirchhorst, 7 gennaio 1945
Tristitia. Prima di svegliarmi ho sognato Cellaris. Penso a lui ogni giorno; che cosa non darei perché egli rivedesse ancora una volta la luce, libero spiritualmente e fisicamente, anche se la sua salute è minata per sempre.
Kirchhorst, 5 aprile 1945
L'accresciuto movimento delle strade porta di conseguenza il passaggio di diversi conoscenti: per esempio oggi un certo tenente Wollny, in cammino per il Weser. Aveva notizie di Niekisch. Si dice che sia nei piani una "liquidazione" degli ergastoli. Niekisch è riuscito a far pervenire a sua moglie una lettera nella quale le ha scritto che questa sarebbe una logica conclusione del suo destino. Tutte le sue profezie, particolarmente quella del suo scritto Hitler, una fatalità tedesca si sarebbero avverate. Tuttavia sua moglie spera ancora che non giungerà a trucidarli. Io rifletto a questo destino sempre con un particolare senso di amarezza.
Niekisch non fu trucidato, alla fin fine. Tornò libero alla caduta del regime, ormai quasi cieco e con la salute irrimediabilmente compromessa. Partecipò con entusiasmo ai primi anni della DDR, sperando di riuscire in essa a coronare il suo sogno di un "socialismo prussiano". Fu un sogno che durò ben poco: deluso dal carattere oppressivo del regime e dalla sua sudditanza ai voleri sovietici, scappò a ovest nel 1955, dove morì dodici anni più tardi.
(ripreso dal blog Il libro di Urizen)
Niekisch dopo il 1945, di Alain De Benoist
La carriera politica di Niekisch non si conclude nel 1945. Ma l'uomo che i russi hanno liberato della sua cella non è ovviamente la stesso di quello che più di dieci anni prima profetizzò l'avvento della Terza figura imperiale. Si definisce democratico e progressista. Resta, tuttavia, convinto di molte sue intuizioni e forse l'occupazione sovietica della Germania orientale lo porta a credere che la sintesi "prussiano-bolscevica" che ha sognato è, almeno in parte, in procinto di essere realizzata. Dal mese di agosto 1945, entrò a far parte del Partito Comunista Tedesco (KPD) e, contemporaneamente, prende la direzione della Volkshochschule Wilmersdorf, situata nel settore britannico, dove continua a vivere. In autunno, lo troviamo come direttore dell'Ufficio della Lega per i Beni Culturali per il Rinnovamento democratico della Germania (Kulturbund zur demokratischen Erneuerung Deutechlands) e della Società di amicizia tedesco-sovietica. Diventò membro della SED nel mese di aprile 1946. Nel gennaio 1946, maliziosamente Jünger scrisse: "Sembra che Niekisch sia completamente orientato verso est!". L'interessato rispose non semplificando le cose...
Nel 1947, grazie al sostegno dello storico Alfred Meusel, Niekisch divenne professore incaricato di questioni politiche e sociali contemporanee presso l'Università Humboldt di Berlino. Divenne professore di ruolo l'anno successivo. Nel 1949, è membro del Presidium del Consiglio nazionale del Fronte Nazionale, direttore del Centro di Ricerche sull’Imperialismo, ottiene un seggio nella Casa del Popolo (Volkskammer) ed è, quindi, strettamente legato alla nascita della DDR. Ma a causa del suo spirito indipendente si procura subito delle inimicizie, e a partire dalla fine del 1949, sembra iniziare a incontrare le prime difficoltà ad esprimersi. Nel 1951, l'Istituto per la ricerca contro l'imperialismo è improvvisamente chiuso. L'anno successivo, per la pubblicazione del suo libro intitolato Europaische Bilanz, mentalmente composto durante la sua detenzione e scritto subito dopo la sua liberazione ("Ho scritto in quattro mesi quello aveva maturato lentamente in otto anni"), si attira gli attacchi violenti di Wilhelm Girnus, uno degli ideologi del partito, che lo accusa di usare una terminologia marxista per far passare idee "non scientifiche", idealistiche, irrazionali e pessimiste, e sostiene che il libro è una sorta di "edizione americana di Spengler"!
All'inizio del 1953, Niekisch accusa pubblicamente la leadership della DDR di aver perso il contatto con la gente. Dopo la sollevazione del 17 giugno, interviene a fianco dei sovietici contro Walter Ulbricht, dà le dimissioni dalla SED e fa ritorno definitivamente ad ovest. Nelle sue memorie, egli dice: "La libertà, che si era nuovamente aperta a me, si è rivelata un impenetrabile groviglio di nuovi afosi assoggettamenti".
Nello stesso anno, Niekisch pubblica Das Reich der niederen Dämonen, nel quale sosteneva il fallimento della classe media e della resistenza morale di fronte all'hitlerismo: "La borghesia ebbe il governo che si meritava". Messo in vendita nella DDR nel 1958, il libro verrà ritirato dalle librerie, dopo poche settimane.
Ma Niekisch non si è convertito all'Occidente! In un suo articolo, denuncia la giovane Repubblica federale come una "plutocrazia", prende posizione a favore del neutralismo e qualifica le idee di Adenauer come "degno successore occidentale di Hitler". Nel 1956, scrive un testo sulla figura del "cancelliere" (Der Clerk), in cui lo descrive come un moderno fellah - un termine apparentemente preso in prestito da Spengler - al servizio della tecno-burocrazia, facendo un certo rumore. Nel frattempo, nelle sue opere, da Deutsche Daseinsverfehlung (1946) fino al primo volume delle sue memorie, Niekisch riscrive la propria storia e sostiene che ha frequentato, solo per questioni tattiche, gli ambienti nazionalisti prima della guerra. Infine, inizia contro le autorità della RFT una battaglia legale che non durerà meno di tredici anni, a causa del rifiuto ostinato di pagare una pensione, di cui aveva diritto, come vittima del nazismo, con il pretesto delle sue simpatie per l'Oriente. In questo contenzioso, che oscura gli suoi ultimi anni di vita, Niekisch è sostenuto da avvocati, come Fabian von
Schlabrendorff, e soprattutto dal suo amico Joseph Drexel, che è riuscito fin dal 1945 a prendere la testa di un impero editoriale di giornali in Franconia (è stato in particolare il fondatore della Nürnberger Nachrichten). Solo nel 1966, mesi prima della sua morte, e dopo l'intervento della Commissione europea dei diritti dell'uomo, Niekisch finirà per ottenere 30.000 marchi di riparazione e una pensione mensile di 1.500 marchi!
Ernst Niekisch moure a Berlino, solitario, il giorno del suo sessantottesimo compleanno, il 23 maggio 1967. I suoi resti sono stati cremati in presenza di Drexel, A. Paul Weber, Schlabrendorff, e Jünger, che dopo dichiarò: "Ho partecipato al suo funerale. Vi erano vecchi attivisti in scarpe da ginnastica, che sembravano usciti da un romanzo di Joseph Conrad, L’agente segreto, e alcuni vecchi amici. E' stato un funerale triste".
(ripreso dalla "Prefazione" di Alain de Benoist al libro Ernst Niekisch, Hitler. Une fatalità allemande et autres ecrits nationaux-bolcheviks, a cura di Alain de Benoist, Pardes, Parigi, 1991; poi riprodotto in "Patria", n. 22, gennaio-febbraio 2010)
Nel 1947, grazie al sostegno dello storico Alfred Meusel, Niekisch divenne professore incaricato di questioni politiche e sociali contemporanee presso l'Università Humboldt di Berlino. Divenne professore di ruolo l'anno successivo. Nel 1949, è membro del Presidium del Consiglio nazionale del Fronte Nazionale, direttore del Centro di Ricerche sull’Imperialismo, ottiene un seggio nella Casa del Popolo (Volkskammer) ed è, quindi, strettamente legato alla nascita della DDR. Ma a causa del suo spirito indipendente si procura subito delle inimicizie, e a partire dalla fine del 1949, sembra iniziare a incontrare le prime difficoltà ad esprimersi. Nel 1951, l'Istituto per la ricerca contro l'imperialismo è improvvisamente chiuso. L'anno successivo, per la pubblicazione del suo libro intitolato Europaische Bilanz, mentalmente composto durante la sua detenzione e scritto subito dopo la sua liberazione ("Ho scritto in quattro mesi quello aveva maturato lentamente in otto anni"), si attira gli attacchi violenti di Wilhelm Girnus, uno degli ideologi del partito, che lo accusa di usare una terminologia marxista per far passare idee "non scientifiche", idealistiche, irrazionali e pessimiste, e sostiene che il libro è una sorta di "edizione americana di Spengler"!
All'inizio del 1953, Niekisch accusa pubblicamente la leadership della DDR di aver perso il contatto con la gente. Dopo la sollevazione del 17 giugno, interviene a fianco dei sovietici contro Walter Ulbricht, dà le dimissioni dalla SED e fa ritorno definitivamente ad ovest. Nelle sue memorie, egli dice: "La libertà, che si era nuovamente aperta a me, si è rivelata un impenetrabile groviglio di nuovi afosi assoggettamenti".
Nello stesso anno, Niekisch pubblica Das Reich der niederen Dämonen, nel quale sosteneva il fallimento della classe media e della resistenza morale di fronte all'hitlerismo: "La borghesia ebbe il governo che si meritava". Messo in vendita nella DDR nel 1958, il libro verrà ritirato dalle librerie, dopo poche settimane.
Ma Niekisch non si è convertito all'Occidente! In un suo articolo, denuncia la giovane Repubblica federale come una "plutocrazia", prende posizione a favore del neutralismo e qualifica le idee di Adenauer come "degno successore occidentale di Hitler". Nel 1956, scrive un testo sulla figura del "cancelliere" (Der Clerk), in cui lo descrive come un moderno fellah - un termine apparentemente preso in prestito da Spengler - al servizio della tecno-burocrazia, facendo un certo rumore. Nel frattempo, nelle sue opere, da Deutsche Daseinsverfehlung (1946) fino al primo volume delle sue memorie, Niekisch riscrive la propria storia e sostiene che ha frequentato, solo per questioni tattiche, gli ambienti nazionalisti prima della guerra. Infine, inizia contro le autorità della RFT una battaglia legale che non durerà meno di tredici anni, a causa del rifiuto ostinato di pagare una pensione, di cui aveva diritto, come vittima del nazismo, con il pretesto delle sue simpatie per l'Oriente. In questo contenzioso, che oscura gli suoi ultimi anni di vita, Niekisch è sostenuto da avvocati, come Fabian von
Schlabrendorff, e soprattutto dal suo amico Joseph Drexel, che è riuscito fin dal 1945 a prendere la testa di un impero editoriale di giornali in Franconia (è stato in particolare il fondatore della Nürnberger Nachrichten). Solo nel 1966, mesi prima della sua morte, e dopo l'intervento della Commissione europea dei diritti dell'uomo, Niekisch finirà per ottenere 30.000 marchi di riparazione e una pensione mensile di 1.500 marchi!
Ernst Niekisch moure a Berlino, solitario, il giorno del suo sessantottesimo compleanno, il 23 maggio 1967. I suoi resti sono stati cremati in presenza di Drexel, A. Paul Weber, Schlabrendorff, e Jünger, che dopo dichiarò: "Ho partecipato al suo funerale. Vi erano vecchi attivisti in scarpe da ginnastica, che sembravano usciti da un romanzo di Joseph Conrad, L’agente segreto, e alcuni vecchi amici. E' stato un funerale triste".
(ripreso dalla "Prefazione" di Alain de Benoist al libro Ernst Niekisch, Hitler. Une fatalità allemande et autres ecrits nationaux-bolcheviks, a cura di Alain de Benoist, Pardes, Parigi, 1991; poi riprodotto in "Patria", n. 22, gennaio-febbraio 2010)
Il nazionalbolscevico nemico del Reich, di Ernst Nolte
Ernst Niekisch, nato nel 1889 in una piccola località della Slesia, trascorse la sua infanzia e la sua gioventù in Baviera dopo che suo padre ebbe acquistato un piccolo negozio nella città di Nördlingen. (...)
Egli sentiva una forte avversione contro l'haute volée della città, i commercianti ricchi e agiati; lo infastidivano il domenicale andare in chiesa e, in base a quanto egli stesso affermava, il dover obbedire agli ordini altrui. (...)
L'influsso decisivo dei russi
La rivoluzione russa ebbe su di lui un'influenza decisiva e positiva, tanto che gli fu chiaro che l'inquietudine interiore che aveva provato fino ad allora era da indirizzarsi principalmente contro la dominante condizione politico-borghese. Poco dopo la fine della guerra divenne presidente del consiglio dei militari e degli operai di Augsburg e, all'inizio del 1919, fu per diverse settimane presidente dei consigli degli operai, dei contadini e dei soldati di Baviera, ma non aderì alla Repubblica dei consigli comunista. Nonostante ciò, nel 1919, fu condannato a due anni di detenzione per concorso in alto tradimento. (...)
A poco più di trent'anni, si ritrovò ad aver già alle sue spalle una considerevole carriera politica e, dopo ulteriori e alterne vicende, trovò la sua reale collocazione come fondatore ed editore della rivista "Widerstand" (cui deve la sua fama di figura rappresentativa del nazionalbolscevismo tedesco) a cui parteciparono per un certo periodo August Winnig, come coeditore, ed Ernst Jünger come collaboratore. Niekisch e la sua rivista furono tollerati dal regime nazionalsocialista fino al 1936. Poi venne arrestato e per scontare la sua pena detentiva venne trasferito nel penitenziario di Brandenburg, dove venne liberato dalle truppe sovietiche nel 1945, quasi cieco e con gravi danni alla salute.
Nonostante vivesse a Berlino ovest entrò a far parte della Camera del popolo della DDR e pubblicò in Germania occidentale alcuni libri che ebbero un discreto successo, tra i quali Il regno dei demoni, una sorta di resa dei conti con Hitler, e l'autobiografia Gewagtes Leben.
In queste opere arrivò ad esprimere giudizi severissimi su Hitler e sul regime nazionalsocialista, diventati i nemici per eccellenza dell'umanità, una marmaglia che aveva compiuto continui delitti come "l'assassinio degli ebrei (...) i forni a gas" oltre che le aggressioni a Polonia, Norvegia, Belgio, Olanda e Unione Sovietica.
Il disprezzo per i borghesi
Tuttavia, chi ebbe occasione di leggere gli scritti che Niekisch aveva redatto alla fine degli anni Venti e all'inizio degli anni Trenta come protagonista della corrente di sinistra nell'ambito della rivoluzione conservatrice, ne ricavò anche un'altra impressione, cioè quella di un autore che certamente, da uomo di sinistra, disprezzava e odiava la borghesia ma che in quanto a estremismo nazionalista non era inferiore a nessuno dei rivoluzionari conservatori. Lo spirito del democraticismo distruggeva ogni cosa attorno a sé come un flagello, e il suo obiettivo era annientare, di comune accordo con le potenze occidentali e con la Curia, lo statalismo tedesco.
La Germania era uno "Stato che inevitabilmente sarebbe stato portato alla rovina dal liberalismo", poiché "poteva affermarsi in assoluta indipendenza solo come sistema politico modellato dal rigore, blindato, e guidato con fermezza" (...). Se necessario, sarebbero state invocate la "notte di san Bartolomeo e i vespri siciliani contro tutto quanto è occidentale".
Niekisch esalta il bolscevismo perché rifiuta radicalmente l'Occidente e approva tutto quello che l'Occidente detesta, cioè l'antiliberalismo, l'anti-individualismo e l'aperto riconoscimento della violenza. Allo stesso tempo propone però un'interpretazione che nessun bolscevico russo avrebbe mai potuto sottoscrivere: l'ideale comunista sarebbe stato il mantello di cui si sarebbe ricoperto l'impulso vitale nazionale russo nel suo estremo bisogno di affermarsi.
Non mancano neanche delle considerazioni antisemite. (...) Se simili affermazioni, invece di essere liquidate come frutto di pura retorica, vengono invece prese sul serio, allora non vi è dubbio che, a paragone di Niekisch, Hitler fosse misurato nelle sue dichiarazioni, fosse addirittura un "politico rinunciatario" pronto a sacrificare Sudtirolo, Alsazia-Lorena e il corridoio polacco.
E non sarebbe del tutto peregrina la supposizione che alcuni suoi discorsi sul dominio mondiale della Germania e sul primato dei tedeschi fossero legati alla necessità di non rimanere troppo indietro rispetto a Niekisch e ad alcuni altri esponenti della rivoluzione conservatrice.
Un concorrente pericoloso
In ogni caso, in alcuni ambienti tutt'altro che marginali, si ipotizzava con timore che Niekisch e l'ala nazionalrivoluzionaria o nazionalbolscevica della rivoluzione conservatrice potessero essere un concorrente credibile di Hitler nella lotta per il potere.
La premessa perché ciò avvenisse era uno sviluppo determinato dagli eventi che veniva ritenuto possibile e suscitava non poche preoccupazioni; cioè che la corrente di sinistra, quella più marcatamente socialista all'interno del partito nazionalsocialista, si unisse al raggruppamento nazionalbolscevico, di modo che Niekisch ottenesse quel sostegno di massa con il quale poter aspirare con pari forza al potere.
(ripreso da "Libero", 29.12.2009)
Egli sentiva una forte avversione contro l'haute volée della città, i commercianti ricchi e agiati; lo infastidivano il domenicale andare in chiesa e, in base a quanto egli stesso affermava, il dover obbedire agli ordini altrui. (...)
L'influsso decisivo dei russi
La rivoluzione russa ebbe su di lui un'influenza decisiva e positiva, tanto che gli fu chiaro che l'inquietudine interiore che aveva provato fino ad allora era da indirizzarsi principalmente contro la dominante condizione politico-borghese. Poco dopo la fine della guerra divenne presidente del consiglio dei militari e degli operai di Augsburg e, all'inizio del 1919, fu per diverse settimane presidente dei consigli degli operai, dei contadini e dei soldati di Baviera, ma non aderì alla Repubblica dei consigli comunista. Nonostante ciò, nel 1919, fu condannato a due anni di detenzione per concorso in alto tradimento. (...)
A poco più di trent'anni, si ritrovò ad aver già alle sue spalle una considerevole carriera politica e, dopo ulteriori e alterne vicende, trovò la sua reale collocazione come fondatore ed editore della rivista "Widerstand" (cui deve la sua fama di figura rappresentativa del nazionalbolscevismo tedesco) a cui parteciparono per un certo periodo August Winnig, come coeditore, ed Ernst Jünger come collaboratore. Niekisch e la sua rivista furono tollerati dal regime nazionalsocialista fino al 1936. Poi venne arrestato e per scontare la sua pena detentiva venne trasferito nel penitenziario di Brandenburg, dove venne liberato dalle truppe sovietiche nel 1945, quasi cieco e con gravi danni alla salute.
Nonostante vivesse a Berlino ovest entrò a far parte della Camera del popolo della DDR e pubblicò in Germania occidentale alcuni libri che ebbero un discreto successo, tra i quali Il regno dei demoni, una sorta di resa dei conti con Hitler, e l'autobiografia Gewagtes Leben.
In queste opere arrivò ad esprimere giudizi severissimi su Hitler e sul regime nazionalsocialista, diventati i nemici per eccellenza dell'umanità, una marmaglia che aveva compiuto continui delitti come "l'assassinio degli ebrei (...) i forni a gas" oltre che le aggressioni a Polonia, Norvegia, Belgio, Olanda e Unione Sovietica.
Il disprezzo per i borghesi
Tuttavia, chi ebbe occasione di leggere gli scritti che Niekisch aveva redatto alla fine degli anni Venti e all'inizio degli anni Trenta come protagonista della corrente di sinistra nell'ambito della rivoluzione conservatrice, ne ricavò anche un'altra impressione, cioè quella di un autore che certamente, da uomo di sinistra, disprezzava e odiava la borghesia ma che in quanto a estremismo nazionalista non era inferiore a nessuno dei rivoluzionari conservatori. Lo spirito del democraticismo distruggeva ogni cosa attorno a sé come un flagello, e il suo obiettivo era annientare, di comune accordo con le potenze occidentali e con la Curia, lo statalismo tedesco.
La Germania era uno "Stato che inevitabilmente sarebbe stato portato alla rovina dal liberalismo", poiché "poteva affermarsi in assoluta indipendenza solo come sistema politico modellato dal rigore, blindato, e guidato con fermezza" (...). Se necessario, sarebbero state invocate la "notte di san Bartolomeo e i vespri siciliani contro tutto quanto è occidentale".
Niekisch esalta il bolscevismo perché rifiuta radicalmente l'Occidente e approva tutto quello che l'Occidente detesta, cioè l'antiliberalismo, l'anti-individualismo e l'aperto riconoscimento della violenza. Allo stesso tempo propone però un'interpretazione che nessun bolscevico russo avrebbe mai potuto sottoscrivere: l'ideale comunista sarebbe stato il mantello di cui si sarebbe ricoperto l'impulso vitale nazionale russo nel suo estremo bisogno di affermarsi.
Non mancano neanche delle considerazioni antisemite. (...) Se simili affermazioni, invece di essere liquidate come frutto di pura retorica, vengono invece prese sul serio, allora non vi è dubbio che, a paragone di Niekisch, Hitler fosse misurato nelle sue dichiarazioni, fosse addirittura un "politico rinunciatario" pronto a sacrificare Sudtirolo, Alsazia-Lorena e il corridoio polacco.
E non sarebbe del tutto peregrina la supposizione che alcuni suoi discorsi sul dominio mondiale della Germania e sul primato dei tedeschi fossero legati alla necessità di non rimanere troppo indietro rispetto a Niekisch e ad alcuni altri esponenti della rivoluzione conservatrice.
Un concorrente pericoloso
In ogni caso, in alcuni ambienti tutt'altro che marginali, si ipotizzava con timore che Niekisch e l'ala nazionalrivoluzionaria o nazionalbolscevica della rivoluzione conservatrice potessero essere un concorrente credibile di Hitler nella lotta per il potere.
La premessa perché ciò avvenisse era uno sviluppo determinato dagli eventi che veniva ritenuto possibile e suscitava non poche preoccupazioni; cioè che la corrente di sinistra, quella più marcatamente socialista all'interno del partito nazionalsocialista, si unisse al raggruppamento nazionalbolscevico, di modo che Niekisch ottenesse quel sostegno di massa con il quale poter aspirare con pari forza al potere.
(ripreso da "Libero", 29.12.2009)
giovedì 21 gennaio 2010
Ernst Niekisch. Un rivoluzionario tedesco (1889-1967), di Josè Cuadrado Costa
Ernst Niekisch è la figura più rappresentativa del complesso e multiforme panorama che offre il movimento nazional-bolscevico tedesco degli anni 1918-1933. In lui si incarnano con chiarezza le caratteristiche - e le contraddizioni - evocate dal termine nazional-bolscevico e che rispondono molto più ad uno stato d'animo, ad una disposizione attivista, che ad una ideologia dai contorni precisi o ad una unità organizzativa, poiché questo movimento era composto da una infinità di piccoli circoli, gruppi, riviste ecc. senza che ci fosse mai stato un partito che si fosse qualificato nazional-bolscevico. E' curioso constatare come nessuno di questi gruppi o persone usò questo appellativo (se escludiamo la rivista di Karl Otto Paetel, "Die Sozialistische Nation") bensì che l'aggettivo fu impiegato in modo dispregiativo, non scevro di sensazionalismo, dalla stampa e dai partiti sostenitori della Repubblica di Weimar, dei quali tutti i nazional-bolscevichi furono feroci nemici non essendoci sotto questo punto di vista differenze fra gruppi d'origine comunista che assimilarono l'idea nazionale ed i gruppi nazionalisti disposti a perseguire scambi economici radicali e l'alleanza con l'URSS per distruggere l'odiato sistema nato dal Diktat di Versailles. Ernst Niekisch nacque il 23 maggio 1889 a Trebnitz (Slesia). Era figlio di un limatore che si trasferì a Nordlingen im Reis (Baviera-Svevia) nel 1891. Niekisch frequenta gli studi di magistero, che termina nel 1907, esercitando poi a Ries e Augsburg. Non era frequente nella Germania guglielmina - quello Stato in cui si era realizzata la vittoria del borghese sul soldato secondo Carl Schmitt - che il figlio di un operaio studiasse, per cui Niekisch dovette soffrire le burle e l'ostilità dei suoi compagni di scuola. Già in quel periodo era avido di sapere ("Una vita da nullità è insopportabile", dirà) e divorato da un interiore fuoco rivoluzionario; legge Hauptmann, Ibsen, Nietzsche, Schopenhauer, Kant, Hegel e Macchiavelli, alla cui influenza si aggiungerà quella di Marx, a partire dal 1915. Arruolato nell'esercito nel 1914, seri problemi alla vista gli impediscono di giungere al fronte, per cui eserciterà, sino al febbraio del 1917, funzioni di istruttore di reclute ad Augsburg. Nell'ottobre del 1917 entra nel Partito Socialdemocratico (SPD) e si sente fortemente attratto dalla rivoluzione bolscevica. E' di quell'epoca il suo primo scritto politico, oggi perso, intitolato significativamente Licht aus dem osten (Luce dall'Est), nel quale già formulava ciò che sarà una costante della sua azione politica: l'idea della "Ostorientierung". La diffusione di questo foglio sarà sabotata dallo stesso SPD al cui periodico di Augsburg "Schwabischen Volkszeitung" collaborava Niekisch. Il 7 novembre 1918 Eisner, a Monaco, proclama la Repubblica. Niekisch fonda il Consiglio degli Operai e Soldati di Augsburg e ne diviene il presidente, dopo esserlo già stato del Consiglio Centrale degli Operai, Contadini e Soldati di Monaco nel febbraio e nel marzo del 1919. Egli è l'unico membro del Comitato Centrale che vota contro la proclamazione della prima Repubblica sovietica in Baviera, poiché considera che questa, in ragione del suo carattere agrario, sia la provincia tedesca meno idonea a realizzare l'esperimento. Malgrado ciò, con l'entrata dei Freikorps a Monaco, Niekisch viene arrestato il 5 maggio - giorno in cui passa dal SPD al Partito Socialdemocratico Indipendente (USPD). lI 22 giugno viene condannato a due anni di fortezza per la sua attività nel Consiglio degli Operai e Soldati, per quanto non abbia avuto nulla a che vedere con i crimini della Repubblica sovietica bavarese. Niekisch sconta integralmente la sua pena, e nonostante l'elezione al parlamento bavarese nelle liste della USPD non sarà liberato fino all'agosto del 1921. Frattanto, si ritrova nel SPD per effetto della riunificazione dello stesso con la USPD (la scissione si era determinata durante la guerra mondiale). Niekisch non è assolutamente d'accordo con la politica condiscendente dell'SPD - per temperamento era incapace di sopportare le mezze tinte o i compromessi - ed a questa situazione di sdegno si aggiungevano le minacce contro di lui e la sua famiglia (si era sposato nel 1915 ed aveva un figlio); così rinuncia al suo mandato parlamentare e si trasferisce a Berlino, dove entra nella direzione della segreteria giovanile del grande sindacato dei tessili, un lavoro burocratico che non troverà di suo gradimento. I suoi rapporti con L'SPD si deteriorano progressivamente, per il fatto che Niekisch si oppone al pagamento dei danni di guerra alla Francia e al Belgio e appoggia la resistenza nazionale quando la Francia occupa il bacino della Ruhr, nel gennaio del 1923. Dal 1924 si oppone anche al Piano Dawes, che regola il pagamento dei danni di guerra imposto alla Germania a Versailles. Niekisch attaccò frontalmente la posizione dell'SPD di accettazione del Piano Dawes in una conferenza di sindacalisti e socialdemocratici scontrandosi con Franz Hilferding, principale rappresentante della linea ufficiale.
NeI 1925 Niekisch, che è redattore capo della rivista socialista Firn (Il nevaio), pubblica i due primi lavori giunti fino a noi: Der Weg der deutschen Arbeiterschaft zum Staat e Grundfragen deutscher Aussenpolitik. Entrambe le opere testimoniano una influenza di Lassalle molto maggiore di quella di Marx-Engels, un aspetto che fa somigliare queste prime prese di posizione di Niekisch a quelle assunte nell'immediato dopoguerra dai comunisti di Amburgo, che si separarono dal Partito Comunista Tedesco (KPD) per fondare il Partito Comunista Operaio Tedesco (KAPD), guidato da Laufenberg e Wolffheim, che era un accanito partigiano della lotta di liberazione contro Versailles (questo partito, che giunse a disporre di una base abbastanza ampia, occupa un posto importante nella storia del nazionalbolscevismo). Nei suoi scritti del 1925, Niekisch propone che l'SPD si faccia portavoce dello spirito di resistenza del popolo tedesco contro l'imperialismo capitalista delle potenze dell'Intesa, ed allo stesso tempo sostiene che la liberazione sociale delle masse proletarie ha come presupposto inevitabile la liberazione nazionale. Queste idee, unite alla sua opposizione alla politica estera filofrancese dell'SPD ed alla sua lotta contro il Piano Dawes, gli attirano la sfiducia dei vertici socialdemocratici. Il celebre Eduard Bernstein lo attaccherà per suoi atteggiamenti nazionalistici sulla rivista "Glocke". In realtà, Niekisch non fu mai marxista nel senso ortodosso della parola: concedeva al marxismo valore di critica sociale, ma non di Weltanschauung, ed immaginava lo Stato socialista al di sopra di qualsiasi interesse di classe, come esecutore testamentario di Weimar e Königsberg (cioè di Goethe e Kant). Si comprende facilmente come questo genere di idee non fossero gradite all'imborghesita direzione dell'SPD... Ma Niekisch non era isolato in seno al movimento socialista, poiché manteneva stretti rapporti con il Circolo Hofgeismar della Gioventù Socialista, che ne rappresentava l'ala nazionalista fortemente influenzata dalla Rivoluzione conservatrice. Niekisch scrisse spesso su "Rundbrief", la rivista di questo circolo, dal quale usciranno fedeli collaboratori quando avrà inizio l'epoca di "Widerstand": fra essi Benedikt Obermayr, che lavorerà con Darré nel Reichsmährstand. Poco a poco l'SPD comincia a disfarsi di Niekisch: per le pressioni del suo primo presidente, Niekisch fu escluso dal suo posto nel sindacato dei tessili, e nel luglio del 1925 anticipò con le dimissioni dall'SPD il provvedimento di espulsione avviato contro di lui, ed il cui risultato non dava adito a dubbi. Inizia ora il periodo che riserverà a Niekisch un posto nella storia delle idee rivoluzionarie del XX secolo: considerando molto problematico lo schema "destra-centro-sinistra", egli si sforza di raggruppare le migliori forze della destra e della sinistra (conformemente alla celebre immagine del ferro di cavallo, in cui gli estremi si trovano più vicini fra loro di quanto non lo siano con il centro) per la lotta contro un nemico che definisce chiaramente: all'esterno l'Occidente liberale ed il Trattato di Versailles; all'interno il liberalismo di Weimar. Nel luglio del 1926 pubblica il primo numero della rivista Widerstand ("Resistenza"), e riesce ad attirare frazioni importanti - per numero ed attivismo - dell'antico Freikorps "Bund Oberland" mentre aderisce all'Altsozialdemokratische Partei (ASP) della Sassonia, cercando di utilizzarlo come piattaforma per i suoi programmi di unificazione delle forze rivoluzionarie. Per questa ragione si trasferisce a Dresda, dove dirige il periodico dell'ASP ("Der Volkstaat"), conducendo una dura lotta contro la politica filo-occidentale di Stresemann, opponendo al trattato di Locarno, con il quale la Germania riconosceva come definitive le sue frontiere occidentali ed il suo impegno a pagare i danni di guerra, lo spirito del trattato di Rapallo (1922), con il quale la Russia sovietica e la Germania sconfitta - i due paria d'Europa - strinsero le loro relazioni solidarizzando contro le potenze vincitrici. L'esperienza con l'ASP termina quando questo partito è sconfitto nelle elezioni del 1928, e ridotto ad entità insignificante. Questo insuccesso non significa assolutamente che Niekisch abbandoni la lotta scoraggiato. Al contrario, è in questo periodo che scriverà le sue opere fondamentali: Gedanken über deutsche Politik, Politik und idee (entrambe del 1929), Entscheidung (1930: il suo capolavoro), Der Politische Raum deutschen Widerstandes (1931) e Politik deutschen Widerstandes (1932). Parallelamente a questa attività pubblicistica, continua a pubblicare la rivista "Widerstand", fonda la casa editrice che porta lo stesso nome nel 1928 e viaggia in tutti gli angoli della Germania come conferenziere. Il solo elenco delle personalità con le quali ha rapporti è impressionante (dal maggio 1929 si trasferisce definitivamente a Berlino): il filosofo Alfred Baeumler gli presenta Ernst e Georg Jünger, con i quali avvia una stretta collaborazione; mantiene rapporti con la sinistra del NSDAP. il conte Ernst zu Reventlow, Gregor Strasser (che gli offrirà di diventare redattore capo dei "Voelkischer Beobachter") e Goebbels, che è uno dei più convinti ammiratori del suo libro Entscheidung (Decisione). E' pure determinante la sua amicizia con Carl Schmitt. Nell'ottobre del 1929, Niekisch è l'animatore dell'azione giovanile contro il Piano Young (un altro piano di "riparazioni"), pubblicando sul periodico "Die Kommenden", il 28 febbraio del 1930, un ardente appello contro questo piano, sottoscritto da quasi tutte le associazioni giovanili tedesche - fra le quali la Lega degli Studenti Nazionalsocialisti e la Gioventù Hitleriana -, e che fu appoggiato da manifestazioni di massa. I simpatizzanti della sua rivista furono organizzati in "Circoli Widerstand" che celebrarono tre congressi nazionali negli anni 1930-1932. Nell'autunno del '32 Niekisch va in URSS, partecipando ad un viaggio organizzato dalla ARPLAN (Associazione per lo studio del Piano Quinquennale sovietico, fondata dal professor Friedrich Lenz, altra figura di spicco del nazional-bolscevismo). Questi dati biografici erano indispensabili per presentare un uomo come Niekisch, che è praticamente uno sconosciuto; e per poter comprendere le sue idee, idee che, d'altra parte, egli non espose mai sistematicamente - era un rivoluzionario ed uno scrittore da battaglia -, ne tenteremo una ricostruzione. Dal 1919 Niekisch era un attento lettore di Spengler (cosa che non deve sorprendere in un socialista di quell'epoca, nella quale esisteva a livello intellettuale e politico una compenetrazione tra destra e sinistra, quasi una osmosi, impensabile nelle attuali circostanze), del quale assimilerà soprattutto la famosa opposizione fra "Kultur" e "Zivilisation". Ma la sua concezione politica fu notevolmente segnata dalla lettura di un articolo di Dostoevskij che ebbe una grande influenza nella Rivoluzione conservatrice tramite il Thomas Mann delle Considerazioni di un apolitico, e di Moeller van den Bruck con Germania, potenza protestante (dal Diario di uno scrittore, maggio-giugno 1877, cap. III). Il termine "protestante" non ha nessuna connotazione religiosa, ma allude al fatto che la Germania, da Arminio ad oggi, ha sempre "protestato" contro le pretese romane di dominio universale, riprese dalla Chiesa cattolica e dalle idee della Rivoluzione francese, prolungandosi, come segnalerà Thomas Mann, sino agli obiettivi dell'Intesa che lottò contro la Germania nella Prima Guerra Mondiale. Da questo momento, l'odio verso il mondo romano diventa un aspetto essenziale del pensiero di Niekisch, e le idee espresse in questo articolo di Dostoevskij rafforzano le sue concezioni. Niekisch fa risalire la decadenza del germanesimo ai tempi in cui Carlomagno compì il massacro della nobiltà sassone ed obbligò i sopravvissuti a convertirsi al cristianesimo: cristianesimo che per i popoli germanici fu un veleno mortale, il cui scopo è stato quello di addomesticare il germanesimo eroico al fine di renderlo maturo per la schiavitù romana. Niekisch non esita a proclamare che tutti i popoli che dovevano difendere la propria libertà contro l'imperialismo occidentale erano obbligati a rompere con il cristianesimo per sopravvivere. Il disprezzo per il cattolicesimo si univa in Niekisch all'esaltazione del protestantesimo tedesco, non in quanto confessione religiosa (Niekisch censurava aspramente il protestantesimo ufficiale, che accusava di riconciliarsi con Roma nella comune lotta antirivoluzionaria), ma in quanto presa di coscienza orgogliosa dell'essere tedesco e attitudine aristocratica opposta agli stati d'animo delle masse cattoliche: una posizione molto simile a quella di Rosenberg, visto che difendevano entrambi la libertà di coscienza contro l'oscurantismo dogmatico (Niekisch commentò sulla sua rivista lo scritto di Rosenberg "Il mito del XX secolo"). Questa attitudine ostile dell'imperialismo romano verso la Germania è continuata attraverso i secoli, poiché "ebrei", gesuiti e massoni sono da secoli coloro che hanno voluto schiavizzare ed addomesticare i barbari germanici. L'accordo del mondo intero contro la Germania che si manifesta soprattutto quando questa si è dotata di uno Stato forte, si rivelò con particolare chiarezza durante la Prima Guerra Mondiale, dopo la quale le potenze vincitrici imposero alla Germania la democrazia (vista da Niekisch come un fenomeno di infiltrazione straniera) per distruggerla definitivamente. Il Primato del politico sull'economico fu sempre un principio fondamentale del pensiero di Niekisch. Fortemente influenzato da Carl Schmitt, e partendo da questa base, Niekisch doveva vedere come nemico irriducibile il liberalismo borghese, che valorizza soprattutto i principi economici e considera l'uomo soltanto isolatamente, come unità alla ricerca del suo esclusivo profitto. L'individualismo borghese (con i conseguenti Stato liberale di diritto, libertà individuali, considerazioni dello Stato come un male) e materialismo nel pensiero di Niekisch appaiono come caratteristiche essenziali della democrazia borghese. Nello stesso tempo, Niekisch sviluppa una critica non originale, ma efficace e sincera, del sistema capitalista come sistema il cui motore è l'utile privato e non il soddisfacimento delle necessità individuali e collettive; e che, per di più, genera continuamente disoccupazione. In questo modo la borghesia viene qualificata come nemico interno che collabora con gli Stati occidentali borghesi all'oppressione della Germania. Il sistema di Weimar (incarnato da democratici, socialisti e clericali) rappresentava l'opposto dello spirito e della volontà statale dei tedeschi, ed era il nemico contro il quale si doveva organizzare la “Resistenza". Quello di "Resistenza" è un'altro concetto fondamentale dell'opera di Niekisch. La rivista dallo stesso nome recava, oltre al sottotitolo (prima "Blätter für sozialistische und nationalrevolutionäre Politik", quindi "Zeitschrift für nationalrevolutionäre Politik") una significativa frase di Clausewitz: "La resistenza è un'attività mediante la quale devono essere distrutte tante forze del nemico da indurlo a rinunciare ai suoi propositi". Se Niekisch considerava possibile questa attitudine di resistenza è perché credeva che la situazione di decadenza della Germania fosse passeggera, non irreversibile; e per quanto a volte sottolineasse che il suo pessimismo era "illimitato", si devono considerare le sue dichiarazioni in questo senso come semplici espedienti retorici, poiché la sua continua attività rivoluzionaria è la prova migliore che in nessun momento cedette al pessimismo ed allo sconforto. Abbiamo visto qual era il nemico contro cui dover organizzare la resistenza: "La democrazia parlamentare ed il liberalismo, il modo di vivere francese e l'americanismo". Con la stessa esattezza Niekisch definisce gli obiettivi della resistenza: l'indipendenza e la libertà della Germania, la più alta valorizzazione dello Stato, il recupero di tutti i tedeschi che si trovavano sotto il dominio straniero. Coerente col suo rifiuto dei valori economici, Niekisch non contrappone a questo nemico una forma migliore di distribuzione dei beni materiali, né il conseguimento di una società del benessere: ciò che Niekisch cercava era il superamento del mondo borghese, i cui beni si devono "detestare asceticamente". Il programma di "Resistenza" dell'aprile del 1930 non lascia dubbi da questo punto di vista: nello stesso si chiede il rifiuto deciso di tutti i beni che l'Europa vagheggia (punto 7a), il ritiro dall'economia internazionale (punto 7b), la riduzione della popolazione urbana e la ricostituzione delle possibilità di vita contadina (7c-d), la volontà di povertà ed un modo di vita semplice che deve opporsi orgogliosamente alla vita raffinata delle potenze imperialiste occidentali (7f) e, finalmente, la rinuncia al principio della proprietà privata nel senso del diritto romano, poiché "agli occhi dell'opposizione nazionale, la proprietà non ha senso né diritto al di fuori del servizio al popolo ed allo Stato". Per realizzare i suoi obiettivi, che Uwe Sauermann definisce con precisione identici a quelli dei nazionalisti, anche se le strade e gli strumenti per conseguirli sono nuovi, Niekisch cerca le forze rivoluzionarie adeguate. Non può sorprendere che un uomo proveniente dalla sinistra come lui si diriga in primo luogo al movimento operaio. Niekisch constata che l'abuso che la borghesia ha fatto del concetto "nazionale", impiegato come copertura dei suoi interessi economici e di classe, ha provocato nel lavoratore l'identificazione fra "nazionale" e "socialreazionario", fatto che ha portato il proletariato a separarsi troppo dai legami nazionali per crearsi un proprio Stato. E per quanto questo atteggiamento dell'insieme del movimento operaio sia parzialmente giustificato, non sfugge a Niekisch il fatto che il lavoratore in quanto tale è solo appena diverso da un "borghese frustrato" senz'altra aspirazione che quella di conseguire un benessere economico ed un modo di vivere identico a quello della borghesia. Questa era una conseguenza necessaria al fatto che il marxismo è un ideologia borghese, nata nello stesso terreno del liberalismo e tale da condividere con questo una valorizzazione della vita in termini esclusivamente economici. La responsabilità di questa situazione ricade in gran parte sulla socialdemocrazia che "è soltanto liberalismo popolarizzato e che ha spinto il lavoratore nel suo egoismo di classe, cercando di farne un borghese". Questa attitudine del SPD è quella che ha portato, dopo il 1918, non alla realizzazione della indispensabile rivoluzione nazionale e sociale, bensì "alla ricerca di cariche per i suoi dirigenti” ed alla conversione in una opposizione all'interno del sistema capitalista, anziché in un partito rivoluzionario: l'SPD è un partito liberale e capitalista che impiega una terminologia socialrivoluzionaria per ingannare i lavoratori. Questa analisi è quella che porta Niekisch a dire che tutte le forme di socialismo basate su considerazioni umanitarie sono "tendenze corruttrici che dissolvono la sostanza della volontà guerriera del popolo tedesco". Influenzata molto dal "decisionismo" di Carl Schmitt, l'attitudine di Niekisch verso il KPD è molto più sfumata. Prima di tutto, ed in opposizione al SPD, fermamente basato su concezioni borghesi, il comunismo si regge "su istinti elementari". Del KPD Niekisch apprezza in modo particolare la "struttura autocratica", la "approvazione a voce alta della dittatura". Queste caratteristiche renderebbero possibile utilizzare il comunismo come "mezzo" ed il percorrere insieme una parte della strada. Niekisch accolse con speranza il "Programma di Liberazione Nazionale e Sociale" del KPD (24 agosto 1930) in cui si dichiarava la lotta totale contro le riparazioni di guerra e l'ordine di Versailles, ma quando ciò si rivelò solo una tattica - diretta a frenare i crescenti successi del NSDAP, così come lo era stata la "linea Schlageter" nei 1923, Niekisch denunciò la malafede dei comunisti sul problema nazionale e li qualificò come incapaci di realizzare il compito al quale lui aspirava poiché erano "solo socialrivoluzionari" e per di più poco rivoluzionari. Il ruolo dirigente nel partito rivoluzionario avrebbe quindi dovuto essere ricoperto da un "nazionalista" di nuovo stampo, senza legami con il vecchio nazionalismo (è significativo che Niekisch considerasse il partito tradizionale dei nazionalisti, il DNVP, incapace di conseguire la resurrezione tedesca perché orientato verso l'epoca guglielmina, definitivamente scomparsa). Il nuovo nazionalismo doveva essere socialrivoluzionario, non condizionato, disposto a distruggere tutto quanto potesse ostacolare l'indipendenza tedesca, ed il nuovo nazionalista, fra i cui compiti c'era quello di utilizzare l'operaio comunista rivoluzionario, doveva avere la caratteristica fondamentale di volersi sacrificare e voler servire. Secondo una bella immagine di Niekisch, il comunismo non sarebbe altro che "il fumo che inevitabilmente sale dove un mondo comincia a bruciare". Si è vista l'immagine offerta da Niekisch della secolare decadenza tedesca, ma nel passato tedesco non tutto è oscuro; c'è un modello al quale Niekisch guarderà costantemente: la vecchia Prussia o, come egli dice, l'idea di Potsdam, una Prussia che con l'apporto di sangue slavo possa essere l'antidoto contro la Germania romanizzata. E così che esigerà, fin dai primi numeri di "Widerstand", la resurrezione di "una Germania prussiana, disciplinata e barbara, più preoccupata del potere che delle cose dello spirito". Cosa significa esattamente la Prussia per Niekisch? O.E. Schüddekopf lo ha indicato esattamente quando dice che nella "idea di Potsdam" Niekisch vedeva tutte le premesse del suo nazional-bolscevismo: "Lo Stato totale, l'economia pianificata, l'alleanza con la Russia, una condizione spirituale antiromana, la difesa contro l'Ovest, contro l'Occidente, l'incondizionato Stato guerriero, la povertà...". Nell'idea prussiana di sovranità Niekisch riconosce l'idea di cui hanno bisogno i tedeschi: quella dello "Stato totale", necessario in quanto la Germania, minacciata dall'ostilità dei vicini per la sua condizione geografica, ha bisogno di diventare uno Stato militare. Questo Stato totale deve essere lo strumento di lotta cui deve essere tutto subordinato - l'economia come la cultura e la scienza - affinchè il popolo tedesco possa ottenere la sua libertà. E' evidente, per Niekisch - ed in questo occorre ricercare una delle ragioni più profonde del suo nazional-bolscevismo -, che lo Stato non può dipendere da un'economia capitalista in cui offerta e domanda determinino il mercato; al contrario, l'economia deve essere subordinata allo Stato ed alle sue necessità. Per qualche tempo, Niekisch ebbe fiducia in determinati settori della Reichswehr (pronunciò molte delle sue conferenze in questo ambiente militare) per realizzare l'"idea di Potsdam", ma agli inizi del 1933 si allontanò dalla concezione di una "dittatura della Reichswehr" perché essa non gli appariva sufficientemente "pura" e "prussiana" tanto da farsi portatrice della "dittatura nazionale", e ciò era dovuto, sicuramente, ai suoi legami con le potenze economiche. Un'altro degli aspetti chiave del pensiero di Niekisch è il primato riconosciuto alla politica estera (l'unica vera politica per Spengler) su quella interna. Le sue concezioni al riguardo sono marcatamente influenzate da Macchiavelli (del quale Niekisch era grande ammiratore, tanto da firmare alcuni suoi articoli con lo pseudonimo di Niccolò) e dal suo amico Karl Haushofer. Del primo, Niekisch conserverà sempre la Realpolitik, la sua convinzione che la vera essenza della politica è sempre la lotta fra Stati per il potere e la supremazia, dal secondo apprenderà a pensare secondo dimensioni geopolitiche, considerando che nella situazione di allora - ed a maggior ragione in quella attuale - hanno un peso nella politica mondiale solamente gli Stati costruiti su grandi spazi, e siccome nel 1930 l'Europa centrale di per sè non avrebbe potuto essere altro che una colonia americana, sottomessa non solo allo sfruttamento economico, ma "alla banalità, alla nullità, al deserto, alla vacuità della spiritualità americana", Niekisch propone un grande stato "da Vladivostok sino a Vlessingen", cioè un blocco germano-slavo dominato dallo spirito prussiano con l'imperio dell'unico collettivismo che possa sopportare l'orgoglio umano: quello militare. Accettando con decisione il concetto di "popoli proletari" (come avrebbero fatto i fascisti di sinistra), il nazionalismo di Niekisch era un nazionalismo di liberazione, privo di sciovinismo, i cui obbiettivi dovevano essere la distruzione dell'ordine europeo sorto da Versailles e la liquidazione della Società delle Nazioni, strumento delle potenze vincitrici. Agli inizi del suo pensiero, Niekisch sognava un "gioco in comune" della Germania con i due Paesi che avevano saputo respingere la "struttura intellettuale" occidentale: la Russia bolscevica e l'Italia fascista (è un'altra coincidenza, tra le molte, fra il pensiero di Niekisch e quello di Ramiro Ledesma). Nel suo programma dell'aprile del 1930, Niekisch chiedeva "relazioni pubbliche o segrete con tutti i popoli che soffrono, come il popolo tedesco, sotto l'oppressione delle potenze imperialiste occidentali". Fra questi popoli annoverava l'URSS ed i popoli coloniali dell'Asia e dell'Africa. Più avanti vedremo la sua evoluzione in relazione al Fascismo, mentre ci occuperemo dell'immagine che Niekisch aveva della Russia sovietica. Prima di tutto dobbiamo dire che quest'immagine non era esclusiva di Niekisch, ma che era patrimonio comune di quasi tutti gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice e del nazional-bolscevismo, a partire da Moeller van den Bruck, e lo saranno anche i più lucidi fascisti di sinistra: Ramiro Ledesma Ramos e Drieu la Rochelle. Perchè, in effetti, Niekisch considerava la rivoluzione russa del 1917 prima di tutto come una rivoluzione nazionale, più che come una rivoluzione sociale. La Russia, che si trovava in pericolo di morte a causa dell'infiltrazione dei valori occidentali estranei alla sua essenza, "incendiò di nuovo Mosca" per farla finita con i suoi invasori, impiegando il marxismo come combustibile. Con parole dello stesso Niekisch: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia, in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo Stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c'è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Kerenski era stato solo una testa di legno dell'Occidente che voleva introdurre la democrazia borghese in Russia (Kerenski era, chiaramente, l'uomo nel quale avevano fiducia le potenze dell'Intesa perché la Russia continuasse al loro fianco la guerra contro la Germania); la rivoluzione bolscevica era stata diretta contro gli Stati imperialisti dell'Occidente e contro la borghesia interna favorevole allo straniero ed antinazionale. Coerente con questa interpretazione, Niekisch definirà il leninismo come "ciò che rimane del marxismo quando un uomo di Stato geniale lo utilizza per finalità di politica nazionale", e citerà con frequenza la celebre frase di Lenin che sarebbe diventata il leit-motiv di tutti i nazional-bolscevichi: "Fate della causa del popolo la causa della Nazione e la causa della Nazione diventerà la causa del popolo". Nelle lotte per il potere che ebbero luogo ai vertici sovietici dopo la morte di Lenin, le simpatie di Niekisch erano dirette a Stalin, e la sua ostilità verso Trotzskij (atteggiamento condiviso, fra molti altri, anche da Ernst Jünger e dagli Strasser). Trotzskij ed i suoi seguaci, incarnavano, agli occhi di Niekisch, le forze occidentali, il veleno dell'Ovest, le forze di una decomposizione ostile a un ordine nazionale in Russia. Per questo motivo Niekisch accolse con soddisfazione la vittoria di Stalin e dette al suo regime la qualifica di "organizzazione della difesa nazionale che libera gli istinti virili e combattenti". Il Primo Piano Quinquennale, in corso quando Niekisch scriveva, era "un prodigioso sforzo morale e nazionale destinato a conseguire l'autarchia". Era quindi l'aspetto politico-militare della pianificazione ciò che affascinava Niekisch, gli aspetti socio-economici (come nel caso della sua valutazione del KDP) lo interessavano appena. Fu in questo modo che poté coniare la formula: "collettivismo + pianificazione = militarizzazione del popolo". Quanto Niekisch apprezzava della Russia è esattamente il contrario di quanto ha attratto gli intellettuali marxisti degenerati: "La violenta volontà di produzione per rendere forte e difendere lo Stato, l'imbarbarimento cosciente dell'esistenza... l'attitudine guerriera, autocratica, dell'élite dirigente che governa dittatorialmente, l'esercizio per praticare l'ascesi di un popolo...". Era logico che Niekisch vedesse nell'Unione Sovietica il compagno ideale di un'alleanza con la Germania, poiché incarnava i valori antioccidentali cui Niekisch aspirava. Inoltre, occorre tener presente che in quell'epoca l'URSS era uno Stato isolato, visto con sospetto dai paesi occidentali ed escluso da ogni tipo di alleanza, per non dire circondato da Stati ostili che erano praticamente satelliti della Francia e dell'Inghilterra (Stati baltici, Polonia, Romania); a questo bisogna poi aggiungere che fino a ben oltre gli inizi degli anni '30, l'URSS non faceva parte della Società delle Nazioni né aveva rapporti diplomatici con gli USA. Niekisch riteneva che un'alleanza Russia-Germania fosse necessaria anche per la prima, poiché "la Russia deve temere l'Asia", e solo un blocco dall'Atlantico al Pacifico poteva contenere "la marea gialla", allo stesso modo in cui solo con la collaborazione tedesca la Russia avrebbe potuto sfruttare le immense risorse della Siberia. Abbiamo visto per quali ragioni la Russia appariva a Niekisch come un modello. Ma per la Germania non si trattava di copiare l'idea bolscevica, di accettarla in quanto tale. La Germania - e su questo punto Niekisch condivide l'opinione di tutti i nazionalisti - deve cercare le sue proprie idee e forme, e se la Russia veniva portata ad esempio, la ragione era che aveva organizzato uno Stato seguendo la "legge di Potsdam" che avrebbe dovuto ispirare anche la Germania. Organizzando uno Stato assolutamente antioccidentale, la Germania non avrebbe imitato la Russia, ma avrebbe recuperato la propria specificità, alienata nel corso di tutti quegli anni di sottomissione allo straniero e che si era incarnata nello Stato russo. Per quanto gli accordi con la Polonia e la Francia sondati dalla Russia saranno osservati con inquietudine da Niekisch, che difenderà appassionatamente l'Unione Sovietica contro le minacce di intervento e contro le campagne condotte a sue discapito dalle confessioni religiose. Inoltre, per Niekisch "una partecipazione della Germania alla crociata contro la Russia significherebbe... un suicidio". Questo sarà il rimprovero più importante - e convincente - di Niekisch al nazionalsocialismo, e con ciò giungiamo ad un punto che non cessa di provocare una certa perplessità: l'atteggiamento di Niekisch verso il nazionalsocialismo. Questa perplessità non è solo nostra; durante l'epoca che studiamo, Niekisch era visto dai suoi contemporanei più o meno come un "nazi". Certamente, la rivista paracomunista "Aufbruch" lo accomunava a Hitler nel 1932; più specifica, la rivista sovietica "Moskauer Rundschau" (30 novembre 1930), qualificava il suo "Entscheidung" come "l'opera di un romantico che ha ripreso da Nietzsche la sua scala di valori". Per dei critici moderni come Armin Mohler "molto di quanto Niekisch aveva chiesto per anni sarà realizzato da Hitler", e Faye segnala che la polemica contro i nazionalsocialisti, per il linguaggio che usa "lo colloca nel campo degli stessi". Cosa fu dunque ciò che portò Niekisch ad opporsi al nazionalsocialismo? Da un'ottica retrospettiva, Niekisch considera il NSDAP fino al 1923 come un "movimento nazional-rivoluzionario genuinamente tedesco", ma dalla rifondazione del Partito, nel 1925, pronuncia un'altro giudizio, nello stesso modo in cui modificherà il suo precedente giudizio sul fascismo italiano. Troviamo l'essenziale delle critiche di Niekisch al nazionalsocialismo in un opuscolo del 1932: "Hitler - ein deutsches Verhängnis" (Hitler, una fatalità tedesca) che apparve illustrato con impressionanti disegni di un artista di valore: A. Paul Weber. Dupeux segnala con esattezza che queste critiche non sono fatte dal punto di vista dell'umanitarismo e della democrazia, com'è usuale ai nostri giorni, e Sauermann lo qualifica come un "avversario in fondo essenzialmente rassomigliante". Niekisch considerava "cattolico", "romano" e "fascista" il fatto di dirigersi alle masse e giunse ad esprimere "l'assurdo" (Dupeux) che: "chi è nazista, presto sarà cattolico". In questa critica occorre vedere, per cercare di comprenderla, la manifestazione di un atteggiamento molto comune fra tutti gli autori della Rivoluzione conservatrice, che disprezzavano come "demagogia" qualsiasi lavoro fra le masse, ed occorre ricordare, anche, che Niekisch non fu mai un tattico né un "politico pratico". Allo stesso tempo occorre mettere in relazione la sfiducia verso il nazionalsocialismo con le origini austriache e bavaresi dello stesso, poiché abbiamo già visto che Niekisch guardava con diffidenza ai tedeschi del sud e dell'ovest, come influenzati dalla romanizzazione. D'altra parte, Niekisch rimprovera al nazionalsocialismo la sua "democraticità" alla Rousseau e la sua fede nel popolo. Per Niekisch l'essenziale è lo Stato: egli sviluppò sempre un vero "culto dello Stato", perfino nella sua epoca socialdemocratica, per cui risulta per lo meno grottesco qualificarlo come un "sindacalista anarchico" (sic). Niekisch commise gravi errori nella sua valutazione del nazionalsocialismo, come il prendere sul serio il "giuramento di legalità" pronunciato da Hitler nel corso del processo al tenente Scheringer, senza sospettare che si trattava di mera tattica (con parole di Lenin, un rivoluzionario deve saper utilizzare tutte le risorse, legali ed illegali, servirsi di tutti i mezzi secondo la situazione, e questo Hitler lo realizzò alla perfezione), e ritenere che Hitler si trovasse molto lontano dal potere... nel gennaio del 1933. Questi errori possono spiegarsi facilmente, come ha fatto Sauermann, con il fatto che Niekisch giudicava il NSDAP più basandosi sulla propaganda elettorale che sullo studio della vera essenza di questo movimento. Tuttavia, il rimprovero fondamentale concerne la politica estera. Per Niekisch, la disponibilità - espressa nel "Mein Kampf" - di Hitler ad un'intesa con Italia ed Inghilterra e l'ostilità verso la Russia erano gli errori fondamentali del nazionalsocialismo, poiché questo orientamento avrebbe fatto della Germania un "gendarme dell'Occidente". Questa critica è molto più coerente delle anteriori. L'assurda fiducia di Hitler di poter giungere ad un accordo con l'Inghilterra gli avrebbe fatto commettere gravi errori (Dunkerque, per citarne uno); sulla sua alleanza con l'Italia, determinata dal sentimento e non dagli interessi - ciò che è funesto in politica - egli stesso si sarebbe espresso ripetutamente e con amarezza. Per quanto riguarda l'URSS, fra i collaboratori di Hitler Goebbels fu sempre del parere che si dovesse giungere ad un intesa, e perfino ad un'alleanza con essa, e ciò non solo nel periodo della sua collaborazione con gli Otto Strasser, ma sino alla fine del III Reich, come ha dimostrato inequivocabilmente il suo ultimo addetto stampa Wilfred von Owen nel suo diario ("Finale furioso. Con Goebbels sino alla fine"), edito per la prima volta - in tedesco - a Buenos Aires (1950) e proibito in Germania sino al 1974, data in cui fu pubblicato dalla prestigiosa Grabert-Verlag di Tübingen, alla faccia degli antisovietici e filo-occidentali di professione. La denuncia, sostenuta da Niekisch, di qualsiasi crociata contro la Russia, assunse toni profetici quando evocò in un'immagine angosciosa "le ombre del momento in cui le forze... della Germania diretta verso l'Est, sperperate, eccessivamente tese, esploderanno... Resterà un popolo esausto, senza speranza, e l'ordine di Versailles sarà più forte che mai". Indubbiamente Ernst Niekisch esercitò, negli anni dal 1926 al 1933, una influenza reale nella politica tedesca, mediante la diffusione e l'accettazione dei suoi scritti negli ambienti nazional-rivoluzionari che lottavano contro il sistema di Weimar. Questa influenza non deve essere valutata, certamente in termini quantitativi: l'attività di Niekisch non si orientò mai verso la conquista delle masse, né il carattere delle sue idee era il più adeguato a questo fine. Per fornire alcune cifre, diremo che la sua rivista "Widerstand" aveva una tiratura che oscillava fra le 3.000 e le 4.500 copie, fatto che è lungi dall'essere disprezzabile per l'epoca, ed in più trattandosi di una rivista ben presentata e di alto livello intellettuale; i circoli "Resistenza" raggruppavano circa 5.000 simpatizzanti, dei quali circa 500 erano politicamente attivi. Non è molto a paragone dei grandi partiti di massa, ma l'influenza delle idee di Niekisch dev'essere valutata considerando le sue conferenze, il giro delle sue amicizie (di cui abbiamo già parlato), i suoi rapporti con gli ambienti militari, la sua attività editoriale, e soprattutto, la speciale atmosfera della Germania in quegli anni, in cui le idee trasmesse da "Widerstand" trovavano un ambiente molto ricettivo nelle Leghe paramilitari, nel Movimento Giovanile, fra le innumerevoli riviste affini ed anche in grandi raggruppamenti come il NSDAP, lo Stahlhelm, ed un certo settore di militanti del KPD (come si sa, il passaggio di militanti del KPD nel NSDAP, e viceversa, fu un fenomeno molto comune negli ultimi anni della Repubblica di Weimar, anche se gli storici moderni ammettono che vi fu una percentuale maggiore di rivoluzionari che percorsero il primo tipo di tragitto, ancor prima dell'arrivo di Hitler al potere). Queste brevi osservazioni possono a ragione far ritenere che l'influenza di Niekisch fu molto più ampia di quanto potrebbe far pensare il numero dei suoi simpatizzanti. Il 9 marzo del 1933 Niekisch è arrestato da un gruppo di SA ed il suo domicilio perquisito. Viene posto in libertà immediatamente, ma la rivista "Entscheidung", fondata nell'autunno del 1932, viene sospesa. "Widerstand", al contrario, continuerà ad apparire sino al dicembre del 1934, e la casa editrice dallo stesso nome pubblica libri sino al 1936 inoltrato. Dal 1934 Niekisch viaggia per quasi tutti i paesi d'Europa, nei quali sembra abbia avuto contatti con i circoli dell'emigrazione. Nel 1935, nel corso di una visita a Roma, viene ricevuto da Mussolini. Non si può fare a meno di commuoversi nell'immaginare questo incontro, disteso e cordiale, fra due grandi uomini che avevano iniziato la loro carriera politica nelle file del socialismo rivoluzionario. Alla domanda di Mussolini su che cosa aveva contro Hitler, Niekisch rispose: "Faccio mie le vostre parole sui popoli proletari". Mussolini rispose. "E' quanto dico sempre a Hitler". (Va ricordato che questi scrisse una lettera a Mussolini - il 6 marzo 1940 - in cui gli spiegava il suo accordo con la Russia, perché "ciò che ha portato il nazionalsocialismo all'ostilità contro il comunismo è solo la posizione - unilaterale - giudaico-internazionale, e non, al contrario, l'ideologia dello Stato stalinista-russo-nazionalista". Durante la guerra, Hitler esprimerà ripetutamente la sua ammirazione per Stalin, in contrasto con l'assoluto disprezzo che provava per Roosevelt e Churchill). Nel marzo del 1937 Niekisch è arrestato con 70 dei suoi militanti (un gran numero di membri dei circoli "Resistenza" aveva cessato la propria attività, significativamente, nel constatare che Hitler stava portando avanti realmente la demolizione del Diktat di Versailles che anch'essi avevano tanto combattuto). Nel gennaio del 1939 è processato davanti al Tribunale Popolare, accusato di alto tradimento ed infrazione sulla legge sulla fondazione di nuovi partiti, e condannato all'ergastolo. Sembra che le accuse che più pesarono contro di lui furono i manoscritti trovati nella sua casa, nei quali criticava Hitler ed altri dirigenti del III Reich. Fu incarcerato nella prigione di Brandenburg sino al 27 aprile del 1945, giorno in cui viene liberato dalle truppe sovietiche, quasi completamente cieco e semiparalitico. Nell'estate del 1945 entra nel KPD che, dopo la fusione nella zona sovietica con l'SPD, nel 1946 si denominerà Partito Socialista Unificato di Germania (SED) e viene eletto al Congresso Popolare come delegato della Lega Culturale. Da questo posto difende una via tedesca al socialismo e si oppone dal 1948 alle tendenze di una divisione permanete della Germania. Nel 1947 viene nominato professore all'Università Humboldt di Berlino, e nel 1949 è direttore dell'"Istituto di Ricerche sull'Imperialismo"; in quell'anno pubblica uno studio sul problema delle élites in Ortega y Gasset. Niekisch non era, ovviamente, un "collaborazionista" servile: dal 1950 si rende conto che i russi non vogliono un "via tedesca" al socialismo, ma solo avere un satellite docile (come gli americani nella Germania federale). Coerentemente con il suo modo di essere, fa apertamente le sue critiche e lentamente cade in disgrazia; nel 1951 il suo corso è sospeso e l'Istituto chiuso. Nel 1952 ha luogo la sua scomunica definitiva, effettuata dall'organo ufficiale del Comitato Centrale del SED a proposito del suo libro del 1952 "Europäische Bilanz". Niekisch è accusato di "...giungere a erronee conclusioni pessimistiche perché, malgrado l'occasionale impiego della terminologia marxista, non impiega il metodo marxista...la sua concezione della storia è essenzialmente idealista...". Il colpo finale è dato dagli avvenimenti del 17 giugno del 1953 a Berlino, che Niekisch considera come una legittima rivolta popolare. La conseguente repressione distrugge le sue ultime speranze nella Germania democratica e lo induce a ritirarsi dalla politica. Da questo momento Niekisch, vecchio e malato, si dedica a scrivere le sue memorie cercando di dare al suo antico atteggiamento di "Resistenza" un significato di opposizione a Hitler, nel tentativo di cancellare le orme della sua opposizione al liberalismo. In ciò fu aiutato dalla ristretta cerchia dei vecchi amici sopravvissuti. Il più influente fra loro fu il suo antico luogotenente, Josef Drexel, vecchio membro del Bund Oberland e divenuto, nel secondo dopoguerra, magnate della stampa in Franconia. Questo tentativo può spiegarsi, oltre che con il già menzionato stato di salute di Niekisch, con la sua richiesta di ottenere dalla Repubblica Federale (viveva a Berlino Ovest) una pensione per i suoi anni di carcere. Questa pensione gli fu sempre negata, attraverso una interminabile serie di processi. I tribunali basarono il rifiuto su due punti: Niekisch aveva fatto parte di una setta nazionalsocialista (sic) ed aveva collaborato in seguito al consolidamento di un'altro totalitarismo: quello della Germania democratica. Cosa bisogna pensare di questi tentativi di rendere innocuo Niekisch si deduce da quanto fin qui esposto. La storiografia più recente li ha smentiti del tutto. Il 23 maggio del 1967, praticamente dimenticato, Niekisch moriva a Berlino. Malgrado sia quasi impossibile trovare le sue opere anteriori al 1933, in parte perché non ripubblicate ed in parte perché scomparse dalle biblioteche, A. Mohler ha segnalato che Niekisch torna farsi virulento, e fotocopie dei suoi scritti circolano di mano in mano fra i giovani tedeschi disillusi dal neo-marxismo (Marcuse, Scuola di Frankfurt). La critica storica gli riconosce sempre maggiore importanza. Di quest'uomo, che si oppone a tutti i regimi presenti nella Germania del XX secolo, bisogna dire che mai operò mosso dall'opportunismo. I suoi cambi di orientamento furono sempre il prodotto della sua incessante ricerca di uno Stato che potesse garantire la liberazione della Germania e dello strumento idoneo a raggiungere questo obiettivo. Le sue sofferenze - reali - meritano il rispetto dovuto a quanti mantengono coerentemente le proprie idee. Niekisch avrebbe potuto seguire una carriera burocratica nell'SPD, accettare lo splendido posto offertogli da Gregor Strasser, esiliarsi nel 1933, tacere nella Germania democratica... Ma sempre fu fedele al suo ideale ed operò come credeva di dover fare senza tener conto delle conseguenze personali che avrebbero potuto derivargli. La sua collaborazione con il SED è comprensibile, ed ancor più il modo in cui si concluse. Oggi che l'Europa è sottomessa agli pseudovalori dell'Occidente americanizzato, le sue idee e la sua lotta continuano ad avere un valore esemplare. E' quanto compresero i nazional-rivoluzionari di "Sache del Volches" quando, nel 1976, apposero una targa sulla vecchia casa di Niekisch, con la frase: "O siamo un popolo rivoluzionario o cessiamo definitivamente di essere un popolo libero".
(ripreso da "Orion", nn. 56 e 57, 1989; poi riprodotto nel sito internet del Fronte Patriottico, in http://xoomer.virgilio.it/controvoce/idee-niekisch.htm)
NeI 1925 Niekisch, che è redattore capo della rivista socialista Firn (Il nevaio), pubblica i due primi lavori giunti fino a noi: Der Weg der deutschen Arbeiterschaft zum Staat e Grundfragen deutscher Aussenpolitik. Entrambe le opere testimoniano una influenza di Lassalle molto maggiore di quella di Marx-Engels, un aspetto che fa somigliare queste prime prese di posizione di Niekisch a quelle assunte nell'immediato dopoguerra dai comunisti di Amburgo, che si separarono dal Partito Comunista Tedesco (KPD) per fondare il Partito Comunista Operaio Tedesco (KAPD), guidato da Laufenberg e Wolffheim, che era un accanito partigiano della lotta di liberazione contro Versailles (questo partito, che giunse a disporre di una base abbastanza ampia, occupa un posto importante nella storia del nazionalbolscevismo). Nei suoi scritti del 1925, Niekisch propone che l'SPD si faccia portavoce dello spirito di resistenza del popolo tedesco contro l'imperialismo capitalista delle potenze dell'Intesa, ed allo stesso tempo sostiene che la liberazione sociale delle masse proletarie ha come presupposto inevitabile la liberazione nazionale. Queste idee, unite alla sua opposizione alla politica estera filofrancese dell'SPD ed alla sua lotta contro il Piano Dawes, gli attirano la sfiducia dei vertici socialdemocratici. Il celebre Eduard Bernstein lo attaccherà per suoi atteggiamenti nazionalistici sulla rivista "Glocke". In realtà, Niekisch non fu mai marxista nel senso ortodosso della parola: concedeva al marxismo valore di critica sociale, ma non di Weltanschauung, ed immaginava lo Stato socialista al di sopra di qualsiasi interesse di classe, come esecutore testamentario di Weimar e Königsberg (cioè di Goethe e Kant). Si comprende facilmente come questo genere di idee non fossero gradite all'imborghesita direzione dell'SPD... Ma Niekisch non era isolato in seno al movimento socialista, poiché manteneva stretti rapporti con il Circolo Hofgeismar della Gioventù Socialista, che ne rappresentava l'ala nazionalista fortemente influenzata dalla Rivoluzione conservatrice. Niekisch scrisse spesso su "Rundbrief", la rivista di questo circolo, dal quale usciranno fedeli collaboratori quando avrà inizio l'epoca di "Widerstand": fra essi Benedikt Obermayr, che lavorerà con Darré nel Reichsmährstand. Poco a poco l'SPD comincia a disfarsi di Niekisch: per le pressioni del suo primo presidente, Niekisch fu escluso dal suo posto nel sindacato dei tessili, e nel luglio del 1925 anticipò con le dimissioni dall'SPD il provvedimento di espulsione avviato contro di lui, ed il cui risultato non dava adito a dubbi. Inizia ora il periodo che riserverà a Niekisch un posto nella storia delle idee rivoluzionarie del XX secolo: considerando molto problematico lo schema "destra-centro-sinistra", egli si sforza di raggruppare le migliori forze della destra e della sinistra (conformemente alla celebre immagine del ferro di cavallo, in cui gli estremi si trovano più vicini fra loro di quanto non lo siano con il centro) per la lotta contro un nemico che definisce chiaramente: all'esterno l'Occidente liberale ed il Trattato di Versailles; all'interno il liberalismo di Weimar. Nel luglio del 1926 pubblica il primo numero della rivista Widerstand ("Resistenza"), e riesce ad attirare frazioni importanti - per numero ed attivismo - dell'antico Freikorps "Bund Oberland" mentre aderisce all'Altsozialdemokratische Partei (ASP) della Sassonia, cercando di utilizzarlo come piattaforma per i suoi programmi di unificazione delle forze rivoluzionarie. Per questa ragione si trasferisce a Dresda, dove dirige il periodico dell'ASP ("Der Volkstaat"), conducendo una dura lotta contro la politica filo-occidentale di Stresemann, opponendo al trattato di Locarno, con il quale la Germania riconosceva come definitive le sue frontiere occidentali ed il suo impegno a pagare i danni di guerra, lo spirito del trattato di Rapallo (1922), con il quale la Russia sovietica e la Germania sconfitta - i due paria d'Europa - strinsero le loro relazioni solidarizzando contro le potenze vincitrici. L'esperienza con l'ASP termina quando questo partito è sconfitto nelle elezioni del 1928, e ridotto ad entità insignificante. Questo insuccesso non significa assolutamente che Niekisch abbandoni la lotta scoraggiato. Al contrario, è in questo periodo che scriverà le sue opere fondamentali: Gedanken über deutsche Politik, Politik und idee (entrambe del 1929), Entscheidung (1930: il suo capolavoro), Der Politische Raum deutschen Widerstandes (1931) e Politik deutschen Widerstandes (1932). Parallelamente a questa attività pubblicistica, continua a pubblicare la rivista "Widerstand", fonda la casa editrice che porta lo stesso nome nel 1928 e viaggia in tutti gli angoli della Germania come conferenziere. Il solo elenco delle personalità con le quali ha rapporti è impressionante (dal maggio 1929 si trasferisce definitivamente a Berlino): il filosofo Alfred Baeumler gli presenta Ernst e Georg Jünger, con i quali avvia una stretta collaborazione; mantiene rapporti con la sinistra del NSDAP. il conte Ernst zu Reventlow, Gregor Strasser (che gli offrirà di diventare redattore capo dei "Voelkischer Beobachter") e Goebbels, che è uno dei più convinti ammiratori del suo libro Entscheidung (Decisione). E' pure determinante la sua amicizia con Carl Schmitt. Nell'ottobre del 1929, Niekisch è l'animatore dell'azione giovanile contro il Piano Young (un altro piano di "riparazioni"), pubblicando sul periodico "Die Kommenden", il 28 febbraio del 1930, un ardente appello contro questo piano, sottoscritto da quasi tutte le associazioni giovanili tedesche - fra le quali la Lega degli Studenti Nazionalsocialisti e la Gioventù Hitleriana -, e che fu appoggiato da manifestazioni di massa. I simpatizzanti della sua rivista furono organizzati in "Circoli Widerstand" che celebrarono tre congressi nazionali negli anni 1930-1932. Nell'autunno del '32 Niekisch va in URSS, partecipando ad un viaggio organizzato dalla ARPLAN (Associazione per lo studio del Piano Quinquennale sovietico, fondata dal professor Friedrich Lenz, altra figura di spicco del nazional-bolscevismo). Questi dati biografici erano indispensabili per presentare un uomo come Niekisch, che è praticamente uno sconosciuto; e per poter comprendere le sue idee, idee che, d'altra parte, egli non espose mai sistematicamente - era un rivoluzionario ed uno scrittore da battaglia -, ne tenteremo una ricostruzione. Dal 1919 Niekisch era un attento lettore di Spengler (cosa che non deve sorprendere in un socialista di quell'epoca, nella quale esisteva a livello intellettuale e politico una compenetrazione tra destra e sinistra, quasi una osmosi, impensabile nelle attuali circostanze), del quale assimilerà soprattutto la famosa opposizione fra "Kultur" e "Zivilisation". Ma la sua concezione politica fu notevolmente segnata dalla lettura di un articolo di Dostoevskij che ebbe una grande influenza nella Rivoluzione conservatrice tramite il Thomas Mann delle Considerazioni di un apolitico, e di Moeller van den Bruck con Germania, potenza protestante (dal Diario di uno scrittore, maggio-giugno 1877, cap. III). Il termine "protestante" non ha nessuna connotazione religiosa, ma allude al fatto che la Germania, da Arminio ad oggi, ha sempre "protestato" contro le pretese romane di dominio universale, riprese dalla Chiesa cattolica e dalle idee della Rivoluzione francese, prolungandosi, come segnalerà Thomas Mann, sino agli obiettivi dell'Intesa che lottò contro la Germania nella Prima Guerra Mondiale. Da questo momento, l'odio verso il mondo romano diventa un aspetto essenziale del pensiero di Niekisch, e le idee espresse in questo articolo di Dostoevskij rafforzano le sue concezioni. Niekisch fa risalire la decadenza del germanesimo ai tempi in cui Carlomagno compì il massacro della nobiltà sassone ed obbligò i sopravvissuti a convertirsi al cristianesimo: cristianesimo che per i popoli germanici fu un veleno mortale, il cui scopo è stato quello di addomesticare il germanesimo eroico al fine di renderlo maturo per la schiavitù romana. Niekisch non esita a proclamare che tutti i popoli che dovevano difendere la propria libertà contro l'imperialismo occidentale erano obbligati a rompere con il cristianesimo per sopravvivere. Il disprezzo per il cattolicesimo si univa in Niekisch all'esaltazione del protestantesimo tedesco, non in quanto confessione religiosa (Niekisch censurava aspramente il protestantesimo ufficiale, che accusava di riconciliarsi con Roma nella comune lotta antirivoluzionaria), ma in quanto presa di coscienza orgogliosa dell'essere tedesco e attitudine aristocratica opposta agli stati d'animo delle masse cattoliche: una posizione molto simile a quella di Rosenberg, visto che difendevano entrambi la libertà di coscienza contro l'oscurantismo dogmatico (Niekisch commentò sulla sua rivista lo scritto di Rosenberg "Il mito del XX secolo"). Questa attitudine ostile dell'imperialismo romano verso la Germania è continuata attraverso i secoli, poiché "ebrei", gesuiti e massoni sono da secoli coloro che hanno voluto schiavizzare ed addomesticare i barbari germanici. L'accordo del mondo intero contro la Germania che si manifesta soprattutto quando questa si è dotata di uno Stato forte, si rivelò con particolare chiarezza durante la Prima Guerra Mondiale, dopo la quale le potenze vincitrici imposero alla Germania la democrazia (vista da Niekisch come un fenomeno di infiltrazione straniera) per distruggerla definitivamente. Il Primato del politico sull'economico fu sempre un principio fondamentale del pensiero di Niekisch. Fortemente influenzato da Carl Schmitt, e partendo da questa base, Niekisch doveva vedere come nemico irriducibile il liberalismo borghese, che valorizza soprattutto i principi economici e considera l'uomo soltanto isolatamente, come unità alla ricerca del suo esclusivo profitto. L'individualismo borghese (con i conseguenti Stato liberale di diritto, libertà individuali, considerazioni dello Stato come un male) e materialismo nel pensiero di Niekisch appaiono come caratteristiche essenziali della democrazia borghese. Nello stesso tempo, Niekisch sviluppa una critica non originale, ma efficace e sincera, del sistema capitalista come sistema il cui motore è l'utile privato e non il soddisfacimento delle necessità individuali e collettive; e che, per di più, genera continuamente disoccupazione. In questo modo la borghesia viene qualificata come nemico interno che collabora con gli Stati occidentali borghesi all'oppressione della Germania. Il sistema di Weimar (incarnato da democratici, socialisti e clericali) rappresentava l'opposto dello spirito e della volontà statale dei tedeschi, ed era il nemico contro il quale si doveva organizzare la “Resistenza". Quello di "Resistenza" è un'altro concetto fondamentale dell'opera di Niekisch. La rivista dallo stesso nome recava, oltre al sottotitolo (prima "Blätter für sozialistische und nationalrevolutionäre Politik", quindi "Zeitschrift für nationalrevolutionäre Politik") una significativa frase di Clausewitz: "La resistenza è un'attività mediante la quale devono essere distrutte tante forze del nemico da indurlo a rinunciare ai suoi propositi". Se Niekisch considerava possibile questa attitudine di resistenza è perché credeva che la situazione di decadenza della Germania fosse passeggera, non irreversibile; e per quanto a volte sottolineasse che il suo pessimismo era "illimitato", si devono considerare le sue dichiarazioni in questo senso come semplici espedienti retorici, poiché la sua continua attività rivoluzionaria è la prova migliore che in nessun momento cedette al pessimismo ed allo sconforto. Abbiamo visto qual era il nemico contro cui dover organizzare la resistenza: "La democrazia parlamentare ed il liberalismo, il modo di vivere francese e l'americanismo". Con la stessa esattezza Niekisch definisce gli obiettivi della resistenza: l'indipendenza e la libertà della Germania, la più alta valorizzazione dello Stato, il recupero di tutti i tedeschi che si trovavano sotto il dominio straniero. Coerente col suo rifiuto dei valori economici, Niekisch non contrappone a questo nemico una forma migliore di distribuzione dei beni materiali, né il conseguimento di una società del benessere: ciò che Niekisch cercava era il superamento del mondo borghese, i cui beni si devono "detestare asceticamente". Il programma di "Resistenza" dell'aprile del 1930 non lascia dubbi da questo punto di vista: nello stesso si chiede il rifiuto deciso di tutti i beni che l'Europa vagheggia (punto 7a), il ritiro dall'economia internazionale (punto 7b), la riduzione della popolazione urbana e la ricostituzione delle possibilità di vita contadina (7c-d), la volontà di povertà ed un modo di vita semplice che deve opporsi orgogliosamente alla vita raffinata delle potenze imperialiste occidentali (7f) e, finalmente, la rinuncia al principio della proprietà privata nel senso del diritto romano, poiché "agli occhi dell'opposizione nazionale, la proprietà non ha senso né diritto al di fuori del servizio al popolo ed allo Stato". Per realizzare i suoi obiettivi, che Uwe Sauermann definisce con precisione identici a quelli dei nazionalisti, anche se le strade e gli strumenti per conseguirli sono nuovi, Niekisch cerca le forze rivoluzionarie adeguate. Non può sorprendere che un uomo proveniente dalla sinistra come lui si diriga in primo luogo al movimento operaio. Niekisch constata che l'abuso che la borghesia ha fatto del concetto "nazionale", impiegato come copertura dei suoi interessi economici e di classe, ha provocato nel lavoratore l'identificazione fra "nazionale" e "socialreazionario", fatto che ha portato il proletariato a separarsi troppo dai legami nazionali per crearsi un proprio Stato. E per quanto questo atteggiamento dell'insieme del movimento operaio sia parzialmente giustificato, non sfugge a Niekisch il fatto che il lavoratore in quanto tale è solo appena diverso da un "borghese frustrato" senz'altra aspirazione che quella di conseguire un benessere economico ed un modo di vivere identico a quello della borghesia. Questa era una conseguenza necessaria al fatto che il marxismo è un ideologia borghese, nata nello stesso terreno del liberalismo e tale da condividere con questo una valorizzazione della vita in termini esclusivamente economici. La responsabilità di questa situazione ricade in gran parte sulla socialdemocrazia che "è soltanto liberalismo popolarizzato e che ha spinto il lavoratore nel suo egoismo di classe, cercando di farne un borghese". Questa attitudine del SPD è quella che ha portato, dopo il 1918, non alla realizzazione della indispensabile rivoluzione nazionale e sociale, bensì "alla ricerca di cariche per i suoi dirigenti” ed alla conversione in una opposizione all'interno del sistema capitalista, anziché in un partito rivoluzionario: l'SPD è un partito liberale e capitalista che impiega una terminologia socialrivoluzionaria per ingannare i lavoratori. Questa analisi è quella che porta Niekisch a dire che tutte le forme di socialismo basate su considerazioni umanitarie sono "tendenze corruttrici che dissolvono la sostanza della volontà guerriera del popolo tedesco". Influenzata molto dal "decisionismo" di Carl Schmitt, l'attitudine di Niekisch verso il KPD è molto più sfumata. Prima di tutto, ed in opposizione al SPD, fermamente basato su concezioni borghesi, il comunismo si regge "su istinti elementari". Del KPD Niekisch apprezza in modo particolare la "struttura autocratica", la "approvazione a voce alta della dittatura". Queste caratteristiche renderebbero possibile utilizzare il comunismo come "mezzo" ed il percorrere insieme una parte della strada. Niekisch accolse con speranza il "Programma di Liberazione Nazionale e Sociale" del KPD (24 agosto 1930) in cui si dichiarava la lotta totale contro le riparazioni di guerra e l'ordine di Versailles, ma quando ciò si rivelò solo una tattica - diretta a frenare i crescenti successi del NSDAP, così come lo era stata la "linea Schlageter" nei 1923, Niekisch denunciò la malafede dei comunisti sul problema nazionale e li qualificò come incapaci di realizzare il compito al quale lui aspirava poiché erano "solo socialrivoluzionari" e per di più poco rivoluzionari. Il ruolo dirigente nel partito rivoluzionario avrebbe quindi dovuto essere ricoperto da un "nazionalista" di nuovo stampo, senza legami con il vecchio nazionalismo (è significativo che Niekisch considerasse il partito tradizionale dei nazionalisti, il DNVP, incapace di conseguire la resurrezione tedesca perché orientato verso l'epoca guglielmina, definitivamente scomparsa). Il nuovo nazionalismo doveva essere socialrivoluzionario, non condizionato, disposto a distruggere tutto quanto potesse ostacolare l'indipendenza tedesca, ed il nuovo nazionalista, fra i cui compiti c'era quello di utilizzare l'operaio comunista rivoluzionario, doveva avere la caratteristica fondamentale di volersi sacrificare e voler servire. Secondo una bella immagine di Niekisch, il comunismo non sarebbe altro che "il fumo che inevitabilmente sale dove un mondo comincia a bruciare". Si è vista l'immagine offerta da Niekisch della secolare decadenza tedesca, ma nel passato tedesco non tutto è oscuro; c'è un modello al quale Niekisch guarderà costantemente: la vecchia Prussia o, come egli dice, l'idea di Potsdam, una Prussia che con l'apporto di sangue slavo possa essere l'antidoto contro la Germania romanizzata. E così che esigerà, fin dai primi numeri di "Widerstand", la resurrezione di "una Germania prussiana, disciplinata e barbara, più preoccupata del potere che delle cose dello spirito". Cosa significa esattamente la Prussia per Niekisch? O.E. Schüddekopf lo ha indicato esattamente quando dice che nella "idea di Potsdam" Niekisch vedeva tutte le premesse del suo nazional-bolscevismo: "Lo Stato totale, l'economia pianificata, l'alleanza con la Russia, una condizione spirituale antiromana, la difesa contro l'Ovest, contro l'Occidente, l'incondizionato Stato guerriero, la povertà...". Nell'idea prussiana di sovranità Niekisch riconosce l'idea di cui hanno bisogno i tedeschi: quella dello "Stato totale", necessario in quanto la Germania, minacciata dall'ostilità dei vicini per la sua condizione geografica, ha bisogno di diventare uno Stato militare. Questo Stato totale deve essere lo strumento di lotta cui deve essere tutto subordinato - l'economia come la cultura e la scienza - affinchè il popolo tedesco possa ottenere la sua libertà. E' evidente, per Niekisch - ed in questo occorre ricercare una delle ragioni più profonde del suo nazional-bolscevismo -, che lo Stato non può dipendere da un'economia capitalista in cui offerta e domanda determinino il mercato; al contrario, l'economia deve essere subordinata allo Stato ed alle sue necessità. Per qualche tempo, Niekisch ebbe fiducia in determinati settori della Reichswehr (pronunciò molte delle sue conferenze in questo ambiente militare) per realizzare l'"idea di Potsdam", ma agli inizi del 1933 si allontanò dalla concezione di una "dittatura della Reichswehr" perché essa non gli appariva sufficientemente "pura" e "prussiana" tanto da farsi portatrice della "dittatura nazionale", e ciò era dovuto, sicuramente, ai suoi legami con le potenze economiche. Un'altro degli aspetti chiave del pensiero di Niekisch è il primato riconosciuto alla politica estera (l'unica vera politica per Spengler) su quella interna. Le sue concezioni al riguardo sono marcatamente influenzate da Macchiavelli (del quale Niekisch era grande ammiratore, tanto da firmare alcuni suoi articoli con lo pseudonimo di Niccolò) e dal suo amico Karl Haushofer. Del primo, Niekisch conserverà sempre la Realpolitik, la sua convinzione che la vera essenza della politica è sempre la lotta fra Stati per il potere e la supremazia, dal secondo apprenderà a pensare secondo dimensioni geopolitiche, considerando che nella situazione di allora - ed a maggior ragione in quella attuale - hanno un peso nella politica mondiale solamente gli Stati costruiti su grandi spazi, e siccome nel 1930 l'Europa centrale di per sè non avrebbe potuto essere altro che una colonia americana, sottomessa non solo allo sfruttamento economico, ma "alla banalità, alla nullità, al deserto, alla vacuità della spiritualità americana", Niekisch propone un grande stato "da Vladivostok sino a Vlessingen", cioè un blocco germano-slavo dominato dallo spirito prussiano con l'imperio dell'unico collettivismo che possa sopportare l'orgoglio umano: quello militare. Accettando con decisione il concetto di "popoli proletari" (come avrebbero fatto i fascisti di sinistra), il nazionalismo di Niekisch era un nazionalismo di liberazione, privo di sciovinismo, i cui obbiettivi dovevano essere la distruzione dell'ordine europeo sorto da Versailles e la liquidazione della Società delle Nazioni, strumento delle potenze vincitrici. Agli inizi del suo pensiero, Niekisch sognava un "gioco in comune" della Germania con i due Paesi che avevano saputo respingere la "struttura intellettuale" occidentale: la Russia bolscevica e l'Italia fascista (è un'altra coincidenza, tra le molte, fra il pensiero di Niekisch e quello di Ramiro Ledesma). Nel suo programma dell'aprile del 1930, Niekisch chiedeva "relazioni pubbliche o segrete con tutti i popoli che soffrono, come il popolo tedesco, sotto l'oppressione delle potenze imperialiste occidentali". Fra questi popoli annoverava l'URSS ed i popoli coloniali dell'Asia e dell'Africa. Più avanti vedremo la sua evoluzione in relazione al Fascismo, mentre ci occuperemo dell'immagine che Niekisch aveva della Russia sovietica. Prima di tutto dobbiamo dire che quest'immagine non era esclusiva di Niekisch, ma che era patrimonio comune di quasi tutti gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice e del nazional-bolscevismo, a partire da Moeller van den Bruck, e lo saranno anche i più lucidi fascisti di sinistra: Ramiro Ledesma Ramos e Drieu la Rochelle. Perchè, in effetti, Niekisch considerava la rivoluzione russa del 1917 prima di tutto come una rivoluzione nazionale, più che come una rivoluzione sociale. La Russia, che si trovava in pericolo di morte a causa dell'infiltrazione dei valori occidentali estranei alla sua essenza, "incendiò di nuovo Mosca" per farla finita con i suoi invasori, impiegando il marxismo come combustibile. Con parole dello stesso Niekisch: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia, in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo Stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c'è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Kerenski era stato solo una testa di legno dell'Occidente che voleva introdurre la democrazia borghese in Russia (Kerenski era, chiaramente, l'uomo nel quale avevano fiducia le potenze dell'Intesa perché la Russia continuasse al loro fianco la guerra contro la Germania); la rivoluzione bolscevica era stata diretta contro gli Stati imperialisti dell'Occidente e contro la borghesia interna favorevole allo straniero ed antinazionale. Coerente con questa interpretazione, Niekisch definirà il leninismo come "ciò che rimane del marxismo quando un uomo di Stato geniale lo utilizza per finalità di politica nazionale", e citerà con frequenza la celebre frase di Lenin che sarebbe diventata il leit-motiv di tutti i nazional-bolscevichi: "Fate della causa del popolo la causa della Nazione e la causa della Nazione diventerà la causa del popolo". Nelle lotte per il potere che ebbero luogo ai vertici sovietici dopo la morte di Lenin, le simpatie di Niekisch erano dirette a Stalin, e la sua ostilità verso Trotzskij (atteggiamento condiviso, fra molti altri, anche da Ernst Jünger e dagli Strasser). Trotzskij ed i suoi seguaci, incarnavano, agli occhi di Niekisch, le forze occidentali, il veleno dell'Ovest, le forze di una decomposizione ostile a un ordine nazionale in Russia. Per questo motivo Niekisch accolse con soddisfazione la vittoria di Stalin e dette al suo regime la qualifica di "organizzazione della difesa nazionale che libera gli istinti virili e combattenti". Il Primo Piano Quinquennale, in corso quando Niekisch scriveva, era "un prodigioso sforzo morale e nazionale destinato a conseguire l'autarchia". Era quindi l'aspetto politico-militare della pianificazione ciò che affascinava Niekisch, gli aspetti socio-economici (come nel caso della sua valutazione del KDP) lo interessavano appena. Fu in questo modo che poté coniare la formula: "collettivismo + pianificazione = militarizzazione del popolo". Quanto Niekisch apprezzava della Russia è esattamente il contrario di quanto ha attratto gli intellettuali marxisti degenerati: "La violenta volontà di produzione per rendere forte e difendere lo Stato, l'imbarbarimento cosciente dell'esistenza... l'attitudine guerriera, autocratica, dell'élite dirigente che governa dittatorialmente, l'esercizio per praticare l'ascesi di un popolo...". Era logico che Niekisch vedesse nell'Unione Sovietica il compagno ideale di un'alleanza con la Germania, poiché incarnava i valori antioccidentali cui Niekisch aspirava. Inoltre, occorre tener presente che in quell'epoca l'URSS era uno Stato isolato, visto con sospetto dai paesi occidentali ed escluso da ogni tipo di alleanza, per non dire circondato da Stati ostili che erano praticamente satelliti della Francia e dell'Inghilterra (Stati baltici, Polonia, Romania); a questo bisogna poi aggiungere che fino a ben oltre gli inizi degli anni '30, l'URSS non faceva parte della Società delle Nazioni né aveva rapporti diplomatici con gli USA. Niekisch riteneva che un'alleanza Russia-Germania fosse necessaria anche per la prima, poiché "la Russia deve temere l'Asia", e solo un blocco dall'Atlantico al Pacifico poteva contenere "la marea gialla", allo stesso modo in cui solo con la collaborazione tedesca la Russia avrebbe potuto sfruttare le immense risorse della Siberia. Abbiamo visto per quali ragioni la Russia appariva a Niekisch come un modello. Ma per la Germania non si trattava di copiare l'idea bolscevica, di accettarla in quanto tale. La Germania - e su questo punto Niekisch condivide l'opinione di tutti i nazionalisti - deve cercare le sue proprie idee e forme, e se la Russia veniva portata ad esempio, la ragione era che aveva organizzato uno Stato seguendo la "legge di Potsdam" che avrebbe dovuto ispirare anche la Germania. Organizzando uno Stato assolutamente antioccidentale, la Germania non avrebbe imitato la Russia, ma avrebbe recuperato la propria specificità, alienata nel corso di tutti quegli anni di sottomissione allo straniero e che si era incarnata nello Stato russo. Per quanto gli accordi con la Polonia e la Francia sondati dalla Russia saranno osservati con inquietudine da Niekisch, che difenderà appassionatamente l'Unione Sovietica contro le minacce di intervento e contro le campagne condotte a sue discapito dalle confessioni religiose. Inoltre, per Niekisch "una partecipazione della Germania alla crociata contro la Russia significherebbe... un suicidio". Questo sarà il rimprovero più importante - e convincente - di Niekisch al nazionalsocialismo, e con ciò giungiamo ad un punto che non cessa di provocare una certa perplessità: l'atteggiamento di Niekisch verso il nazionalsocialismo. Questa perplessità non è solo nostra; durante l'epoca che studiamo, Niekisch era visto dai suoi contemporanei più o meno come un "nazi". Certamente, la rivista paracomunista "Aufbruch" lo accomunava a Hitler nel 1932; più specifica, la rivista sovietica "Moskauer Rundschau" (30 novembre 1930), qualificava il suo "Entscheidung" come "l'opera di un romantico che ha ripreso da Nietzsche la sua scala di valori". Per dei critici moderni come Armin Mohler "molto di quanto Niekisch aveva chiesto per anni sarà realizzato da Hitler", e Faye segnala che la polemica contro i nazionalsocialisti, per il linguaggio che usa "lo colloca nel campo degli stessi". Cosa fu dunque ciò che portò Niekisch ad opporsi al nazionalsocialismo? Da un'ottica retrospettiva, Niekisch considera il NSDAP fino al 1923 come un "movimento nazional-rivoluzionario genuinamente tedesco", ma dalla rifondazione del Partito, nel 1925, pronuncia un'altro giudizio, nello stesso modo in cui modificherà il suo precedente giudizio sul fascismo italiano. Troviamo l'essenziale delle critiche di Niekisch al nazionalsocialismo in un opuscolo del 1932: "Hitler - ein deutsches Verhängnis" (Hitler, una fatalità tedesca) che apparve illustrato con impressionanti disegni di un artista di valore: A. Paul Weber. Dupeux segnala con esattezza che queste critiche non sono fatte dal punto di vista dell'umanitarismo e della democrazia, com'è usuale ai nostri giorni, e Sauermann lo qualifica come un "avversario in fondo essenzialmente rassomigliante". Niekisch considerava "cattolico", "romano" e "fascista" il fatto di dirigersi alle masse e giunse ad esprimere "l'assurdo" (Dupeux) che: "chi è nazista, presto sarà cattolico". In questa critica occorre vedere, per cercare di comprenderla, la manifestazione di un atteggiamento molto comune fra tutti gli autori della Rivoluzione conservatrice, che disprezzavano come "demagogia" qualsiasi lavoro fra le masse, ed occorre ricordare, anche, che Niekisch non fu mai un tattico né un "politico pratico". Allo stesso tempo occorre mettere in relazione la sfiducia verso il nazionalsocialismo con le origini austriache e bavaresi dello stesso, poiché abbiamo già visto che Niekisch guardava con diffidenza ai tedeschi del sud e dell'ovest, come influenzati dalla romanizzazione. D'altra parte, Niekisch rimprovera al nazionalsocialismo la sua "democraticità" alla Rousseau e la sua fede nel popolo. Per Niekisch l'essenziale è lo Stato: egli sviluppò sempre un vero "culto dello Stato", perfino nella sua epoca socialdemocratica, per cui risulta per lo meno grottesco qualificarlo come un "sindacalista anarchico" (sic). Niekisch commise gravi errori nella sua valutazione del nazionalsocialismo, come il prendere sul serio il "giuramento di legalità" pronunciato da Hitler nel corso del processo al tenente Scheringer, senza sospettare che si trattava di mera tattica (con parole di Lenin, un rivoluzionario deve saper utilizzare tutte le risorse, legali ed illegali, servirsi di tutti i mezzi secondo la situazione, e questo Hitler lo realizzò alla perfezione), e ritenere che Hitler si trovasse molto lontano dal potere... nel gennaio del 1933. Questi errori possono spiegarsi facilmente, come ha fatto Sauermann, con il fatto che Niekisch giudicava il NSDAP più basandosi sulla propaganda elettorale che sullo studio della vera essenza di questo movimento. Tuttavia, il rimprovero fondamentale concerne la politica estera. Per Niekisch, la disponibilità - espressa nel "Mein Kampf" - di Hitler ad un'intesa con Italia ed Inghilterra e l'ostilità verso la Russia erano gli errori fondamentali del nazionalsocialismo, poiché questo orientamento avrebbe fatto della Germania un "gendarme dell'Occidente". Questa critica è molto più coerente delle anteriori. L'assurda fiducia di Hitler di poter giungere ad un accordo con l'Inghilterra gli avrebbe fatto commettere gravi errori (Dunkerque, per citarne uno); sulla sua alleanza con l'Italia, determinata dal sentimento e non dagli interessi - ciò che è funesto in politica - egli stesso si sarebbe espresso ripetutamente e con amarezza. Per quanto riguarda l'URSS, fra i collaboratori di Hitler Goebbels fu sempre del parere che si dovesse giungere ad un intesa, e perfino ad un'alleanza con essa, e ciò non solo nel periodo della sua collaborazione con gli Otto Strasser, ma sino alla fine del III Reich, come ha dimostrato inequivocabilmente il suo ultimo addetto stampa Wilfred von Owen nel suo diario ("Finale furioso. Con Goebbels sino alla fine"), edito per la prima volta - in tedesco - a Buenos Aires (1950) e proibito in Germania sino al 1974, data in cui fu pubblicato dalla prestigiosa Grabert-Verlag di Tübingen, alla faccia degli antisovietici e filo-occidentali di professione. La denuncia, sostenuta da Niekisch, di qualsiasi crociata contro la Russia, assunse toni profetici quando evocò in un'immagine angosciosa "le ombre del momento in cui le forze... della Germania diretta verso l'Est, sperperate, eccessivamente tese, esploderanno... Resterà un popolo esausto, senza speranza, e l'ordine di Versailles sarà più forte che mai". Indubbiamente Ernst Niekisch esercitò, negli anni dal 1926 al 1933, una influenza reale nella politica tedesca, mediante la diffusione e l'accettazione dei suoi scritti negli ambienti nazional-rivoluzionari che lottavano contro il sistema di Weimar. Questa influenza non deve essere valutata, certamente in termini quantitativi: l'attività di Niekisch non si orientò mai verso la conquista delle masse, né il carattere delle sue idee era il più adeguato a questo fine. Per fornire alcune cifre, diremo che la sua rivista "Widerstand" aveva una tiratura che oscillava fra le 3.000 e le 4.500 copie, fatto che è lungi dall'essere disprezzabile per l'epoca, ed in più trattandosi di una rivista ben presentata e di alto livello intellettuale; i circoli "Resistenza" raggruppavano circa 5.000 simpatizzanti, dei quali circa 500 erano politicamente attivi. Non è molto a paragone dei grandi partiti di massa, ma l'influenza delle idee di Niekisch dev'essere valutata considerando le sue conferenze, il giro delle sue amicizie (di cui abbiamo già parlato), i suoi rapporti con gli ambienti militari, la sua attività editoriale, e soprattutto, la speciale atmosfera della Germania in quegli anni, in cui le idee trasmesse da "Widerstand" trovavano un ambiente molto ricettivo nelle Leghe paramilitari, nel Movimento Giovanile, fra le innumerevoli riviste affini ed anche in grandi raggruppamenti come il NSDAP, lo Stahlhelm, ed un certo settore di militanti del KPD (come si sa, il passaggio di militanti del KPD nel NSDAP, e viceversa, fu un fenomeno molto comune negli ultimi anni della Repubblica di Weimar, anche se gli storici moderni ammettono che vi fu una percentuale maggiore di rivoluzionari che percorsero il primo tipo di tragitto, ancor prima dell'arrivo di Hitler al potere). Queste brevi osservazioni possono a ragione far ritenere che l'influenza di Niekisch fu molto più ampia di quanto potrebbe far pensare il numero dei suoi simpatizzanti. Il 9 marzo del 1933 Niekisch è arrestato da un gruppo di SA ed il suo domicilio perquisito. Viene posto in libertà immediatamente, ma la rivista "Entscheidung", fondata nell'autunno del 1932, viene sospesa. "Widerstand", al contrario, continuerà ad apparire sino al dicembre del 1934, e la casa editrice dallo stesso nome pubblica libri sino al 1936 inoltrato. Dal 1934 Niekisch viaggia per quasi tutti i paesi d'Europa, nei quali sembra abbia avuto contatti con i circoli dell'emigrazione. Nel 1935, nel corso di una visita a Roma, viene ricevuto da Mussolini. Non si può fare a meno di commuoversi nell'immaginare questo incontro, disteso e cordiale, fra due grandi uomini che avevano iniziato la loro carriera politica nelle file del socialismo rivoluzionario. Alla domanda di Mussolini su che cosa aveva contro Hitler, Niekisch rispose: "Faccio mie le vostre parole sui popoli proletari". Mussolini rispose. "E' quanto dico sempre a Hitler". (Va ricordato che questi scrisse una lettera a Mussolini - il 6 marzo 1940 - in cui gli spiegava il suo accordo con la Russia, perché "ciò che ha portato il nazionalsocialismo all'ostilità contro il comunismo è solo la posizione - unilaterale - giudaico-internazionale, e non, al contrario, l'ideologia dello Stato stalinista-russo-nazionalista". Durante la guerra, Hitler esprimerà ripetutamente la sua ammirazione per Stalin, in contrasto con l'assoluto disprezzo che provava per Roosevelt e Churchill). Nel marzo del 1937 Niekisch è arrestato con 70 dei suoi militanti (un gran numero di membri dei circoli "Resistenza" aveva cessato la propria attività, significativamente, nel constatare che Hitler stava portando avanti realmente la demolizione del Diktat di Versailles che anch'essi avevano tanto combattuto). Nel gennaio del 1939 è processato davanti al Tribunale Popolare, accusato di alto tradimento ed infrazione sulla legge sulla fondazione di nuovi partiti, e condannato all'ergastolo. Sembra che le accuse che più pesarono contro di lui furono i manoscritti trovati nella sua casa, nei quali criticava Hitler ed altri dirigenti del III Reich. Fu incarcerato nella prigione di Brandenburg sino al 27 aprile del 1945, giorno in cui viene liberato dalle truppe sovietiche, quasi completamente cieco e semiparalitico. Nell'estate del 1945 entra nel KPD che, dopo la fusione nella zona sovietica con l'SPD, nel 1946 si denominerà Partito Socialista Unificato di Germania (SED) e viene eletto al Congresso Popolare come delegato della Lega Culturale. Da questo posto difende una via tedesca al socialismo e si oppone dal 1948 alle tendenze di una divisione permanete della Germania. Nel 1947 viene nominato professore all'Università Humboldt di Berlino, e nel 1949 è direttore dell'"Istituto di Ricerche sull'Imperialismo"; in quell'anno pubblica uno studio sul problema delle élites in Ortega y Gasset. Niekisch non era, ovviamente, un "collaborazionista" servile: dal 1950 si rende conto che i russi non vogliono un "via tedesca" al socialismo, ma solo avere un satellite docile (come gli americani nella Germania federale). Coerentemente con il suo modo di essere, fa apertamente le sue critiche e lentamente cade in disgrazia; nel 1951 il suo corso è sospeso e l'Istituto chiuso. Nel 1952 ha luogo la sua scomunica definitiva, effettuata dall'organo ufficiale del Comitato Centrale del SED a proposito del suo libro del 1952 "Europäische Bilanz". Niekisch è accusato di "...giungere a erronee conclusioni pessimistiche perché, malgrado l'occasionale impiego della terminologia marxista, non impiega il metodo marxista...la sua concezione della storia è essenzialmente idealista...". Il colpo finale è dato dagli avvenimenti del 17 giugno del 1953 a Berlino, che Niekisch considera come una legittima rivolta popolare. La conseguente repressione distrugge le sue ultime speranze nella Germania democratica e lo induce a ritirarsi dalla politica. Da questo momento Niekisch, vecchio e malato, si dedica a scrivere le sue memorie cercando di dare al suo antico atteggiamento di "Resistenza" un significato di opposizione a Hitler, nel tentativo di cancellare le orme della sua opposizione al liberalismo. In ciò fu aiutato dalla ristretta cerchia dei vecchi amici sopravvissuti. Il più influente fra loro fu il suo antico luogotenente, Josef Drexel, vecchio membro del Bund Oberland e divenuto, nel secondo dopoguerra, magnate della stampa in Franconia. Questo tentativo può spiegarsi, oltre che con il già menzionato stato di salute di Niekisch, con la sua richiesta di ottenere dalla Repubblica Federale (viveva a Berlino Ovest) una pensione per i suoi anni di carcere. Questa pensione gli fu sempre negata, attraverso una interminabile serie di processi. I tribunali basarono il rifiuto su due punti: Niekisch aveva fatto parte di una setta nazionalsocialista (sic) ed aveva collaborato in seguito al consolidamento di un'altro totalitarismo: quello della Germania democratica. Cosa bisogna pensare di questi tentativi di rendere innocuo Niekisch si deduce da quanto fin qui esposto. La storiografia più recente li ha smentiti del tutto. Il 23 maggio del 1967, praticamente dimenticato, Niekisch moriva a Berlino. Malgrado sia quasi impossibile trovare le sue opere anteriori al 1933, in parte perché non ripubblicate ed in parte perché scomparse dalle biblioteche, A. Mohler ha segnalato che Niekisch torna farsi virulento, e fotocopie dei suoi scritti circolano di mano in mano fra i giovani tedeschi disillusi dal neo-marxismo (Marcuse, Scuola di Frankfurt). La critica storica gli riconosce sempre maggiore importanza. Di quest'uomo, che si oppone a tutti i regimi presenti nella Germania del XX secolo, bisogna dire che mai operò mosso dall'opportunismo. I suoi cambi di orientamento furono sempre il prodotto della sua incessante ricerca di uno Stato che potesse garantire la liberazione della Germania e dello strumento idoneo a raggiungere questo obiettivo. Le sue sofferenze - reali - meritano il rispetto dovuto a quanti mantengono coerentemente le proprie idee. Niekisch avrebbe potuto seguire una carriera burocratica nell'SPD, accettare lo splendido posto offertogli da Gregor Strasser, esiliarsi nel 1933, tacere nella Germania democratica... Ma sempre fu fedele al suo ideale ed operò come credeva di dover fare senza tener conto delle conseguenze personali che avrebbero potuto derivargli. La sua collaborazione con il SED è comprensibile, ed ancor più il modo in cui si concluse. Oggi che l'Europa è sottomessa agli pseudovalori dell'Occidente americanizzato, le sue idee e la sua lotta continuano ad avere un valore esemplare. E' quanto compresero i nazional-rivoluzionari di "Sache del Volches" quando, nel 1976, apposero una targa sulla vecchia casa di Niekisch, con la frase: "O siamo un popolo rivoluzionario o cessiamo definitivamente di essere un popolo libero".
(ripreso da "Orion", nn. 56 e 57, 1989; poi riprodotto nel sito internet del Fronte Patriottico, in http://xoomer.virgilio.it/controvoce/idee-niekisch.htm)
martedì 12 gennaio 2010
Gli inizi del nazional-bolscevismo in Germania, di Wikipédia Français
Il nazional-bolscevismo (spesso designato con l'espressione "rosso-bruno") è una variante della corrente nazional-rivoluzionaria. Esso ne costituisce la sua ala sinistra.
Il movimento è nato alla fine della Prima Guerra Mondiale, in una Germania in rovina, lacerata dai conflitti tra gli spartachisti marxisti e i corpi franchi nazionalisti. Sintesi tra le due nuove ideologie - il bolscevismo rivelato dalla Rivoluzione russa del 1917 e un nuovo nazionalismo modernizzato dalla grande guerra, sostenuto dalle masse e dal gusto per la tecnica - esso si andrà formando in Germania a partire da due principali elementi:
- una convergenza d'interessi tra la Germania e la Russia sovietica;
- alcuni punti in comune ideologici, di metodo e di stile, tra il bolscevismo e il nazionalismo.
La corrente nazional-bolscevica del comunismo
In senso stretto, la corrente nazional-bolscevica è stata una corrente estremamente minoritaria, limitata a un piccolo numero di pensatori e di gruppi politici. Alcune fonti fanno risalire la sua nascita, nell'aprile 1919, al pensiero di Paul Eltzbacher, un professore berlinese di diritto conosciuto per i suoi scritti sull'anarchismo, deputato nazionalista al Reichstag nel 1919. Fu lui a suggerire un'alleanza tra la Germania e la Russia comunista contro il Trattato di Versailles.
Nel 1919, una corrente nazional-bolscevica si sviluppa ad Amburgo ad opera di due leaders della rivoluzione comunista in questa città: Heinrich Laufenberg (1872-1932, presidente del Consiglio dei lavoratori e dei soldati di Amburgo nel novembre del 1918) e Friedrich o Fritz Wolffheim (1888-1942, ex sindacalista negli Stati Uniti e poi ad Amburgo. Ebreo, morto in campo di concentramento). Entrambi animeranno una tendenza nazional-bolscevica in Germania e in seno all'Internazionale comunista. Espulsi nell'ottobre 1919 dal partito comunista ufficiale, il KPD, entrano nel KAPD (Partito comunista operaio tedesco) che resta nell'Internazionale fino al 1922. A sua volta, anche il KAPD escluderà dai suoi ranghi i nazional-bolscevichi. Il nazional-bolscevismo resterà sempre un movimento di individualità e di piccoli gruppi.
Tra i gruppi nazional-bolscevichi, va menzionato quello di Friedrich Lenz e Hans Ebeling autori della rivista Der Vorkampfer (1930-1933), che tenta di realizzare una fusione ideologica nazional-comunista tra le idee di Karl Marx e quelle dell'economista tedesco Friedrich List. Secondo alcuni nazional-bolscevichi contemporanei, un "Cercle d’études de l’économie planifiée" (o "Arplan") sarebbe stato creato a margine della rivista e avrebbe avuto come segretario il grande oppositore antinazista Arvid Harnack.(1)
Dopo l'arrivo dei nazisti al potere, la maggior parte dei nazional-bolscevichi opta per la resistenza. Ciò nondimeno, alcuni gruppi nazional-bolscevichi collaboreranno con il regime, come il Fichte Bund (fondato ad Amburgo nell'area del KAPD), diretto dal professor Kessemaier (in collegamento anche con il belga Jean Thiriart, allora giovane rexista).
Ernst Niekisch e la rivista Widerstand
Durante la repubblica di Weimar, la personalità più conosciuta del nazional-bolscevismo è Ernst Niekisch (1889-1967). Insegnante social-democratico (1919-1922), espulso dall'SPD nel 1926 a causa del suo nazionalismo. Prima entrerà in rapporto con un piccolo partito socialista della Sassonia che si convertirà alle sue idee. Poi animerà la rivista Widerstand che avrà una grande influenza sulla gioventù di prima del 1933. Il movimento di Niekisch raggruppa persone provenienti tanto dalla sinistra che dalla destra nazionalista. Dopo il 1933, egli si oppone al nazismo e sarà deportato in un campo di concentramento (1937-1945). Dopo il 1945, torna ad insegnare nella DDR. Nel 1953, passerà all'Ovest.
L'effimera "linea Schlageter" (1923)
Nel corso del 1923, "anno terribile" per la Germania, il KPD adotterà per diversi mesi una strategia di seduzione degli ambienti nazionalisti, senza riuscire tuttavia a provocare lo sviluppo di una vera e propria corrente nazional-bolscevica, ma dando luogo all'ennesimo progetto incompiuto.
Nel maggio del 1923, l'Internazionale comunista adotta una linea favorevole al nazionalismo. Scrive il saggista Thierry Wolton: "A metà maggio 1923, dopo un incontro tra i dirigenti dell'IC (Zinov’ev, Bucharin, Trotsky, Radek) e i quadri del KPD, Die Rote Fahne annuncia la nuova linea: 'Il partito comunista deve dire molto chiaramente alle masse nazionaliste della piccola borghesia e agli intellettuali che solo la classe operaia, dopo la sua vittoria, potrà difendere la terra tedesca, i tesori della cultura tedesca e l'avvenire della nazione'" (13 maggio 1923).(2)
La nuova sintesi politica prende le mosse dalla questione dell'occupazione franco-belga della Ruhr. L'occupazione impedisce all'industria renana di lavorare a pieno regime a favore della Germania e, sia pure indirettamente, dell'URSS, di cui la Germania, dopo il trattato di Rapallo (1922), resta l'unico alleato. I comunisti, numerosi e ben organizzati in questa regione industriale, partecipano anche loro agli scioperi e ai boicottaggi contro la Francia. Il luogotenente Schlageter, un nazionalista di destra, organizza dei sabotaggi e degli attentati esplosivi. Viene fucilato dai francesi il 26 maggio 1923. La sua memoria sarà sfruttata tanto dai nazionalisti (compresi i nazisti) che dai comunisti (cfr. i tributi a lui dedicati da Radek, di fronte all'esecutivo dell'Internazionale comunista il 20 giugno 1923, Moeller van den Bruck e Heidegger).
In seguito si registreranno altri segni concreti di avvicinamento tra le parti. Così come quello di alcune personalità dell'estrema destra nazionalista che prenderanno la parola sulla stampa comunista (Die Rote Fahne).(3)
Nel mese di ottobre 1923, a Stuttgart, il deputato comunista Hermann Remmele (che più tardi diventerà presidente del KPD e membro del Presidium del Comintern fino al 1931) organizza un progetto di riconciliazione con il partito nazista. Spiega Thierry Wolton: "Hermann Remmele, deputato comunista al Reichstag, è acclamato a Stuttgart in una riunione di camicie brune".(4) Qualche giorno più tardi, in una riunione comunista a Stuttgart, Remmele invita a prendere la parola un nazista "venuto a invocare di fronte a migliaia di militanti una tregua tra il KPD e l'NSDAP di Hitler". Remmele "arrivò a dire che un'alleanza con i nazional-socialisti per abbattere il capitalismo a lui pareva meno biasimevole di una con i social-democratici".(5)
La linea nazionalista del KPD durerà tuttavia soltanto un certo tempo e non riuscirà ad oltrepassare l'autunno del 1923.(6)
La strategia seduttiva del KPD verso i nazionalisti (1930-1932)
Nel 1930-1932, si manifestano nuove convergenze tra il partito comunista tedesco KPD e il partito nazista NSDAP. Gli storici ritengono che si sia trattato essenzialmente degli esiti di una scelta strategica del KPD mirata a recuperare una parte dell'elettorato proletario sedotto dal nazismo (vedi in particolare Thierry Wolton e Timothy S. Brown). Se non altro, la convergenza di interessi dei due partiti "estremisti" all'affondamento della repubblica di Weimar a dominanza social-democratica è stata spesso sottolineata. In ogni caso, alcuni autori fanno notare che i tentativi di seduzione comunista nei confronti dell'elettorato nazista si sono appoggiati su una sintesi ideologica che si inscrive nella storia stessa del nazional-bolscevismo.(7)
Metà septembre 1930, il deputato comunista Maria Reese proclama al Reichstag: "Il partito nazional-socialista ha un compito storico, il compito di disaggregare ambienti che non ci riguardano più e che non sono ancora passati all’esercito rivoluzionario. Quelle persone alle quali esso distruggerà la fede nella capacità di sopravvivenza del sistema capitalista, nella sua necessità e nella sua legittimità, quelle persone non verranno mai a voi (nb: all'SPD), esse verranno a noi".(8)
La strategia comunista darà qualche frutto. Dei gruppi di nazisti di sinistra si distaccheranno dall'NSDAP e aderiranno al partito comunista. Ad esempio, "Durante l'inverno 1930-1931, la maggioranza di 5.000 membri di una organizzazione nazista di sinistra entrerà nel KPD".(9) La più celebre conversione al comunismo rimane quella di Richard Scheringer, eroe nazista e futuro dirigente comunista della Germania occidentale dopo il 1945.(10)
Thierry Wolton ritiene che, verso il 1932-'33, "si sia operata una sorta di simbiosi tra i comunisti e i nazisti con avvicinamenti e allontanamenti significativi da ambo le parti.(11) Questo nonostante il fatto che i militanti di entrambi i partiti abbiano continuato a scontrarsi violentemente nelle strade, provocando, nel 1931, 103 morti tra i comunisti e 79 tra i nazisti.
La collusione delle due parti porterà il colpo di grazia alla repubblica di Weimar: referendum comune contro il governo social-democratico della Prussia nell'anno 1931, mozione di sfiducia comune contro il governo social-democratico della Prussia nel mese di marzo 1932, mozione comune che provocherà lo scioglimento del parlamento tedesco nel mese di luglio 1932, sciopero comune dei trasporti Berlino nel mese di novembre 1932.
La collusione raggiungerà il suo apogeo alle legislative della fine del 1932: "In occasione di queste nuove elezioni, l’organo del KPD publicherà una 'Lettera aperta agli elettori operai del NSDAP'" (Die Rote Fahne del 1 novembre 1932). Walter Ulbricht (futuro dirigente della DDR) scrive: "I membri proletari dell'NSDAP sono entrati nei ranghi del fronte unico del proletariato.(12) Thälmann dichiara: "Noi abbiamo anche costituito un fronte di classe unico con i proletari nazisti.(13) E le parole si traducono in un atto spettacolare: "I comunisti hanno mobilitato i loro militanti a sostegno dello sciopero dei trasporti di Berlino organizzato di concerto con i nazisti, contro la centrale sindacale social-democratica, BVG. Giovani comunisti e Hitler Jugend scesi insieme nelle strade della capitalea sostegno degli scioperanti".(14)
Qualche settimana più tardi, Hitler stabilirà la sua dittatura con l'appoggio della destra e i comunisti saranno le prime vittime del regime nazista.
(trad. it. della prima parte della voce "Nazional-bolscevismo" di Wikipédia Français, http://fr.wikipedia.org/wiki/National_bolchevisme)
Bibliografia
Louis Dupeux, Stratégie communiste et dynamique conservatrice. Essai sur les différents sens de l'expression "National-bolchevisme" en Allemagne, sous la République de Weimar (1919-1933), Librairie Honoré Champion, Parigi, 1976. Tesi dell'autore, opera di riferimento sull'argomento.
Louis Dupeux, National bolchevisme: stratégie communiste et dynamique conservatrice, 2 voll., Librairie Honoré Champion, Parigi, 1979.
Thierry Wolton, Rouge-Brun. Le mal du siècle, Jean-Claude Lattes, Parigi, 1999.
Note e riferimenti
(1) Louis Dupeux, National bolchevisme: stratégie communiste et dynamique conservatrice, 2 voll., Librairie Honoré Champion, Parigi, 1979, pp. 486-492.
Thierry Wolton, Rouge-Brun. Le mal du siècle, Jean-Claude Lattes, Parigi, 1999, p. 91.
(3) Thierry Wolton, op. cit.
(4) Bulletin communiste, n. 41, 11 ottobre 1923, p. 625, citato da Thierry Wolton, op. cit., p. 93 e nel libro di Margarete Buber Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Il Mulino, Bologna, 2005
(5) Louis Dupeux, op. cit., p. 94.
(6) Ibid.
(7) Thierry Wolton, op. cit.
(8) Louis Dupeux, op. cit., p. 558; citato in Thierry Wolton, op. cit., p. 99.
(9) Thierry Wolton, op. cit., p. 99.
(10) Timothy S. Brown, studio sul caso Scheringer. Egli riporta anche alcuni esempi di falsi giornali delle SA pubblicati dal KPD, di reclutatori comunisti vestiti da SA, di una sezione di truppe del KPD vestite da SA, ecc.
(11) Thierry Wolton, op. cit. p. 99.
(12) Thierry Wolton, op. cit. p. 101.
(13) Die Rote Fahne del 10 novembre 1932, citato in Thierry Wolton, op. cit., pp. 101-102.
(14) Thierry Wolton, op. cit. p. 101.
Il movimento è nato alla fine della Prima Guerra Mondiale, in una Germania in rovina, lacerata dai conflitti tra gli spartachisti marxisti e i corpi franchi nazionalisti. Sintesi tra le due nuove ideologie - il bolscevismo rivelato dalla Rivoluzione russa del 1917 e un nuovo nazionalismo modernizzato dalla grande guerra, sostenuto dalle masse e dal gusto per la tecnica - esso si andrà formando in Germania a partire da due principali elementi:
- una convergenza d'interessi tra la Germania e la Russia sovietica;
- alcuni punti in comune ideologici, di metodo e di stile, tra il bolscevismo e il nazionalismo.
La corrente nazional-bolscevica del comunismo
In senso stretto, la corrente nazional-bolscevica è stata una corrente estremamente minoritaria, limitata a un piccolo numero di pensatori e di gruppi politici. Alcune fonti fanno risalire la sua nascita, nell'aprile 1919, al pensiero di Paul Eltzbacher, un professore berlinese di diritto conosciuto per i suoi scritti sull'anarchismo, deputato nazionalista al Reichstag nel 1919. Fu lui a suggerire un'alleanza tra la Germania e la Russia comunista contro il Trattato di Versailles.
Nel 1919, una corrente nazional-bolscevica si sviluppa ad Amburgo ad opera di due leaders della rivoluzione comunista in questa città: Heinrich Laufenberg (1872-1932, presidente del Consiglio dei lavoratori e dei soldati di Amburgo nel novembre del 1918) e Friedrich o Fritz Wolffheim (1888-1942, ex sindacalista negli Stati Uniti e poi ad Amburgo. Ebreo, morto in campo di concentramento). Entrambi animeranno una tendenza nazional-bolscevica in Germania e in seno all'Internazionale comunista. Espulsi nell'ottobre 1919 dal partito comunista ufficiale, il KPD, entrano nel KAPD (Partito comunista operaio tedesco) che resta nell'Internazionale fino al 1922. A sua volta, anche il KAPD escluderà dai suoi ranghi i nazional-bolscevichi. Il nazional-bolscevismo resterà sempre un movimento di individualità e di piccoli gruppi.
Tra i gruppi nazional-bolscevichi, va menzionato quello di Friedrich Lenz e Hans Ebeling autori della rivista Der Vorkampfer (1930-1933), che tenta di realizzare una fusione ideologica nazional-comunista tra le idee di Karl Marx e quelle dell'economista tedesco Friedrich List. Secondo alcuni nazional-bolscevichi contemporanei, un "Cercle d’études de l’économie planifiée" (o "Arplan") sarebbe stato creato a margine della rivista e avrebbe avuto come segretario il grande oppositore antinazista Arvid Harnack.(1)
Dopo l'arrivo dei nazisti al potere, la maggior parte dei nazional-bolscevichi opta per la resistenza. Ciò nondimeno, alcuni gruppi nazional-bolscevichi collaboreranno con il regime, come il Fichte Bund (fondato ad Amburgo nell'area del KAPD), diretto dal professor Kessemaier (in collegamento anche con il belga Jean Thiriart, allora giovane rexista).
Ernst Niekisch e la rivista Widerstand
Durante la repubblica di Weimar, la personalità più conosciuta del nazional-bolscevismo è Ernst Niekisch (1889-1967). Insegnante social-democratico (1919-1922), espulso dall'SPD nel 1926 a causa del suo nazionalismo. Prima entrerà in rapporto con un piccolo partito socialista della Sassonia che si convertirà alle sue idee. Poi animerà la rivista Widerstand che avrà una grande influenza sulla gioventù di prima del 1933. Il movimento di Niekisch raggruppa persone provenienti tanto dalla sinistra che dalla destra nazionalista. Dopo il 1933, egli si oppone al nazismo e sarà deportato in un campo di concentramento (1937-1945). Dopo il 1945, torna ad insegnare nella DDR. Nel 1953, passerà all'Ovest.
L'effimera "linea Schlageter" (1923)
Nel corso del 1923, "anno terribile" per la Germania, il KPD adotterà per diversi mesi una strategia di seduzione degli ambienti nazionalisti, senza riuscire tuttavia a provocare lo sviluppo di una vera e propria corrente nazional-bolscevica, ma dando luogo all'ennesimo progetto incompiuto.
Nel maggio del 1923, l'Internazionale comunista adotta una linea favorevole al nazionalismo. Scrive il saggista Thierry Wolton: "A metà maggio 1923, dopo un incontro tra i dirigenti dell'IC (Zinov’ev, Bucharin, Trotsky, Radek) e i quadri del KPD, Die Rote Fahne annuncia la nuova linea: 'Il partito comunista deve dire molto chiaramente alle masse nazionaliste della piccola borghesia e agli intellettuali che solo la classe operaia, dopo la sua vittoria, potrà difendere la terra tedesca, i tesori della cultura tedesca e l'avvenire della nazione'" (13 maggio 1923).(2)
La nuova sintesi politica prende le mosse dalla questione dell'occupazione franco-belga della Ruhr. L'occupazione impedisce all'industria renana di lavorare a pieno regime a favore della Germania e, sia pure indirettamente, dell'URSS, di cui la Germania, dopo il trattato di Rapallo (1922), resta l'unico alleato. I comunisti, numerosi e ben organizzati in questa regione industriale, partecipano anche loro agli scioperi e ai boicottaggi contro la Francia. Il luogotenente Schlageter, un nazionalista di destra, organizza dei sabotaggi e degli attentati esplosivi. Viene fucilato dai francesi il 26 maggio 1923. La sua memoria sarà sfruttata tanto dai nazionalisti (compresi i nazisti) che dai comunisti (cfr. i tributi a lui dedicati da Radek, di fronte all'esecutivo dell'Internazionale comunista il 20 giugno 1923, Moeller van den Bruck e Heidegger).
In seguito si registreranno altri segni concreti di avvicinamento tra le parti. Così come quello di alcune personalità dell'estrema destra nazionalista che prenderanno la parola sulla stampa comunista (Die Rote Fahne).(3)
Nel mese di ottobre 1923, a Stuttgart, il deputato comunista Hermann Remmele (che più tardi diventerà presidente del KPD e membro del Presidium del Comintern fino al 1931) organizza un progetto di riconciliazione con il partito nazista. Spiega Thierry Wolton: "Hermann Remmele, deputato comunista al Reichstag, è acclamato a Stuttgart in una riunione di camicie brune".(4) Qualche giorno più tardi, in una riunione comunista a Stuttgart, Remmele invita a prendere la parola un nazista "venuto a invocare di fronte a migliaia di militanti una tregua tra il KPD e l'NSDAP di Hitler". Remmele "arrivò a dire che un'alleanza con i nazional-socialisti per abbattere il capitalismo a lui pareva meno biasimevole di una con i social-democratici".(5)
La linea nazionalista del KPD durerà tuttavia soltanto un certo tempo e non riuscirà ad oltrepassare l'autunno del 1923.(6)
La strategia seduttiva del KPD verso i nazionalisti (1930-1932)
Nel 1930-1932, si manifestano nuove convergenze tra il partito comunista tedesco KPD e il partito nazista NSDAP. Gli storici ritengono che si sia trattato essenzialmente degli esiti di una scelta strategica del KPD mirata a recuperare una parte dell'elettorato proletario sedotto dal nazismo (vedi in particolare Thierry Wolton e Timothy S. Brown). Se non altro, la convergenza di interessi dei due partiti "estremisti" all'affondamento della repubblica di Weimar a dominanza social-democratica è stata spesso sottolineata. In ogni caso, alcuni autori fanno notare che i tentativi di seduzione comunista nei confronti dell'elettorato nazista si sono appoggiati su una sintesi ideologica che si inscrive nella storia stessa del nazional-bolscevismo.(7)
Metà septembre 1930, il deputato comunista Maria Reese proclama al Reichstag: "Il partito nazional-socialista ha un compito storico, il compito di disaggregare ambienti che non ci riguardano più e che non sono ancora passati all’esercito rivoluzionario. Quelle persone alle quali esso distruggerà la fede nella capacità di sopravvivenza del sistema capitalista, nella sua necessità e nella sua legittimità, quelle persone non verranno mai a voi (nb: all'SPD), esse verranno a noi".(8)
La strategia comunista darà qualche frutto. Dei gruppi di nazisti di sinistra si distaccheranno dall'NSDAP e aderiranno al partito comunista. Ad esempio, "Durante l'inverno 1930-1931, la maggioranza di 5.000 membri di una organizzazione nazista di sinistra entrerà nel KPD".(9) La più celebre conversione al comunismo rimane quella di Richard Scheringer, eroe nazista e futuro dirigente comunista della Germania occidentale dopo il 1945.(10)
Thierry Wolton ritiene che, verso il 1932-'33, "si sia operata una sorta di simbiosi tra i comunisti e i nazisti con avvicinamenti e allontanamenti significativi da ambo le parti.(11) Questo nonostante il fatto che i militanti di entrambi i partiti abbiano continuato a scontrarsi violentemente nelle strade, provocando, nel 1931, 103 morti tra i comunisti e 79 tra i nazisti.
La collusione delle due parti porterà il colpo di grazia alla repubblica di Weimar: referendum comune contro il governo social-democratico della Prussia nell'anno 1931, mozione di sfiducia comune contro il governo social-democratico della Prussia nel mese di marzo 1932, mozione comune che provocherà lo scioglimento del parlamento tedesco nel mese di luglio 1932, sciopero comune dei trasporti Berlino nel mese di novembre 1932.
La collusione raggiungerà il suo apogeo alle legislative della fine del 1932: "In occasione di queste nuove elezioni, l’organo del KPD publicherà una 'Lettera aperta agli elettori operai del NSDAP'" (Die Rote Fahne del 1 novembre 1932). Walter Ulbricht (futuro dirigente della DDR) scrive: "I membri proletari dell'NSDAP sono entrati nei ranghi del fronte unico del proletariato.(12) Thälmann dichiara: "Noi abbiamo anche costituito un fronte di classe unico con i proletari nazisti.(13) E le parole si traducono in un atto spettacolare: "I comunisti hanno mobilitato i loro militanti a sostegno dello sciopero dei trasporti di Berlino organizzato di concerto con i nazisti, contro la centrale sindacale social-democratica, BVG. Giovani comunisti e Hitler Jugend scesi insieme nelle strade della capitalea sostegno degli scioperanti".(14)
Qualche settimana più tardi, Hitler stabilirà la sua dittatura con l'appoggio della destra e i comunisti saranno le prime vittime del regime nazista.
(trad. it. della prima parte della voce "Nazional-bolscevismo" di Wikipédia Français, http://fr.wikipedia.org/wiki/National_bolchevisme)
Bibliografia
Louis Dupeux, Stratégie communiste et dynamique conservatrice. Essai sur les différents sens de l'expression "National-bolchevisme" en Allemagne, sous la République de Weimar (1919-1933), Librairie Honoré Champion, Parigi, 1976. Tesi dell'autore, opera di riferimento sull'argomento.
Louis Dupeux, National bolchevisme: stratégie communiste et dynamique conservatrice, 2 voll., Librairie Honoré Champion, Parigi, 1979.
Thierry Wolton, Rouge-Brun. Le mal du siècle, Jean-Claude Lattes, Parigi, 1999.
Note e riferimenti
(1) Louis Dupeux, National bolchevisme: stratégie communiste et dynamique conservatrice, 2 voll., Librairie Honoré Champion, Parigi, 1979, pp. 486-492.
Thierry Wolton, Rouge-Brun. Le mal du siècle, Jean-Claude Lattes, Parigi, 1999, p. 91.
(3) Thierry Wolton, op. cit.
(4) Bulletin communiste, n. 41, 11 ottobre 1923, p. 625, citato da Thierry Wolton, op. cit., p. 93 e nel libro di Margarete Buber Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Il Mulino, Bologna, 2005
(5) Louis Dupeux, op. cit., p. 94.
(6) Ibid.
(7) Thierry Wolton, op. cit.
(8) Louis Dupeux, op. cit., p. 558; citato in Thierry Wolton, op. cit., p. 99.
(9) Thierry Wolton, op. cit., p. 99.
(10) Timothy S. Brown, studio sul caso Scheringer. Egli riporta anche alcuni esempi di falsi giornali delle SA pubblicati dal KPD, di reclutatori comunisti vestiti da SA, di una sezione di truppe del KPD vestite da SA, ecc.
(11) Thierry Wolton, op. cit. p. 99.
(12) Thierry Wolton, op. cit. p. 101.
(13) Die Rote Fahne del 10 novembre 1932, citato in Thierry Wolton, op. cit., pp. 101-102.
(14) Thierry Wolton, op. cit. p. 101.
lunedì 11 gennaio 2010
Il nazional-bolscevismo nella Repubblica di Weimar: l’Utopia del popolo sconfitta dalle masse, di Marco Bagozzi
Parlando di utopie novecentesche non si può non fare accenno alla più radicale tra le forme rivoluzionarie, che si sono opposte al sistema liberal-capitalista: il nazional-bolscevismo, così come fu concepito durante il periodo della Repubblica di Weimar.
Perché il nazional-bolscevismo fu utopia e perché fu la più radicale tra le forme rivoluzionarie cercherò di spiegarlo in questo mio intervento.
Innanzitutto, cosa fu il nazional-bolscevismo? Fu un movimento culturale e politico (anche se non si può parlare di un partito nazional-bolscevico) che nella Germania sconfitta e umiliata della Repubblica weimariana, cercò di coniugare nella forma più radicale le tradizioni nazionalistiche e la rivoluzione socialista. Come detto, non si trovano partiti politici che si rifanno a questo ideale, ma solamente singoli intellettuali che giravano attorno ad alcune riviste e circoli politici.
"L'idea di una soluzione nazional-bolscevica si risveglia nella Repubblica di Weimar allorché l'esistenza sociale e nazionale vengono entrambe minacciate" (Mohler), questa è la sensazione dei nazional-bolscevichi, quella di una minaccia, evidente, terribile.
Ma perché questi intellettuali, alcuni di altissimo livello (come Niekisch, Schulze-Boysen, Ernst von Reventlow, Otto Strasser e per un certo periodo Ernst Jünger) cercano nel bolscevismo e nella sua soluzione nazionale la forma più opportuna per uscire dall'impasse in cui si trova la Germania?
Perché vedono nella Russia sovietica un esempio da seguire: è la Russia, mai morta, che si ribella alla pace di Versailles e all'(dis)ordine imposto dalle potenze vincitrici, che si ribella al liberalismo e al capitalismo, troppo occidentali per fare gli interessi della prussiana Germania e della slava Russia.
La visione che hanno della rivoluzione sovietica del 1917 è quella di un evento "profondamente nazionale", in cui il comunismo perde la sua carica internazionalista e riscopre l'anima profonda, messianica, tradizionale del popolo russo. Il bolscevismo, diceva Moeller Van Den Bruck, è "soltanto russo", "nazionale quasi conservatore".
La Germania, o meglio il popolo tedesco, dovevano fare come in Russia: spezzare le catene dell'oppressione capitalista, riscoprire attraverso l’impegno, la volontà, il volontarismo, la Rivoluzione il vero carattere dello "Spirito di Potsdam", quell'antico spirito prussiano, che Ernst Niekisch definisce cosi: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c’è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Toccava quindi alla Germania, resistere e liberarsi, unirsi alla Russia in questa enorme battaglia eterna tra Spirito e Materia, tra Oriente e Occidente.
I nazional-bolscevichi ammirano Lenin, colui che ha riscoperto lo "spirito asiatico e barbaro della Russia", ma ancora più Stalin, "l'uomo d’acciaio", l’uomo che ha liberato gli istinti virili e combattentistici del suo Popolo e che, attraverso i Piani quinquennali, ha messo in pratica quella Mobilitazione Totale, che è l'idea forte di un grande di quel tempo, Ernst Jünger. Il Piano quinquennale è un "prodigioso sforzo morale" per conquistare l’autarchia.
Il grande spazio continentale Russo-Tedesco, autarchico, totalitario, socialista è questo il sogno dei nazional-bolscevichi: un enorme stato da Vlessingen a Vladivostock.
"Si riaccenderebbe la passione per la politica e per il comando reale, e il disprezzo cadrebbe sulle forme americane ed occidentali di mercificazione della vita, che sono riuscite a trasformare persino la Chiesa in un'impresa commerciale (...). Solo una educazione prussiana della volontà, calata in un blocco slavo-germanico, potrà dargli l'elasticità dell'acciaio, la sola in grado di superare col suo ampio respiro l'educazione romana. Il suo stile di vita ordinato procederebbe all'unisono con quello russo: lo spirito dell'ordine soffierebbe dagli Urali all'Elba, per scacciare lo Spirito della democrazia al di là del Reno e delle Alpi" (Niekisch).
Durante la Repubblica di Weimar i nazional-bolscevichi chiamano alla Resistenza ed è proprio Resistenza (Wiederstand) il nome della più importante rivista a cui fanno riferimento.
Fondata nel 1926 da Ernst Niekisch il mensile uscirà fino al 1934, quando sarà chiuso dai nazisti, ma servirà da palestra di idee, da laboratorio ideale in cui si costruisce il nazional-bolscevismo tedesco. La rivista può avvalersi di collaborazioni di prestigio: i fratelli Ernst e Friedrich Georg Jünger, di August Winning, Arnolt Bronnen, Joseph E. Drexler, futuro redattore del Nürnberger Nacrichten, Gustav Sondermann, funzionario dell’associazione Alldeutscher Verband (Unione di tutti i Tedeschi), Benedikt Obermayr, che sarà collaboratore di Walther Darrè nel ministero dell’agricoltura nazionalsocialista, Hans Bäcker, Roderich von Bistram, Friedrich Gregorius, Wilfred Knöpke e gli scrittori, già appartenenti ai Corpi Franchi, Ernst Von Salomon e Franz Schauwecjer.
Fin dal primo numero la linea del mensile è evidente: "O sapremo essere rivoluzionari, oppure sprofonderemo nella palude, rinunziando definitivamente ad essere un popolo libero", così si conclude l'editoriale del direttore Ernst Niekisch. L'obiettivo della rivista è la denuncia del Patto di Versailles, del Piano Young, della sudditanza della classe dirigente tedesca rispetto agli interessi occidentali e capitalisti.
Attraverso la rivista Niekisch inizia una vasta campagna politica nel tentativo i riunire le formazioni nazionaliste e comuniste in un vasto movimento popolare.
La sua azione non avrà però un grosso successo, ma aprirà la strada a numerosi episodi di collaborazione tra nazionalisti e comunisti, già visti nelle proteste contro l'invasione francese della Ruhr del 1923, in cui si registra anche una svolta nazionalista in seno al Partito Comunista Tedesco (KPD).
Gli storici identificano ben tre "ondate" nazional-bolsceviche all’interno del Partito Comunista Tedesco.
La prima è animata dai c.d. "nazional-comunisti amburghesi": Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim. Non avrà un grande peso all'interno del partito, ancora dominato da spartachisti di ortodossa militanza marxista. Si basa sull'idea che la rivoluzione socialista debba essere accompagnata da una guerra di liberazione nazionale e anti-imperialista. Si parla di un "nazionalismo proletario". Propongono la creazione di una "Wermacht rossa", un esercito popolare, con cui riprendere le armi e combattere le potenze vincitrici. Contro di loro, oltre alla quasi totalità del Comitato Centrale del KPD, si scaglierà addirittura Lenin. Schiacciati dal loro stesso partito, Wollfheim e Laufenberg uscirono dal KPD e creano alcuni movimenti minori.
La seconda ondata è la c.d. "Linea Schlageter" di cui abbiamo già fatto accenno. Leo Schlageter è un giovane militante nazionalista che i francesi fucilano dopo la condanna per un atto di sabotaggio durante l'invasione franco-belga della Ruhr. Lo choc causato dalla sua morte è fortissimo all'interno dei movimenti nazionalisti (anche nel nascente partito nazista), ma susciterà forti emozioni anche negli ambienti comunisti. Karl Radek, bolscevico russo inviato del Comintern in Germania, saprà cogliere l'attimo e davanti al CC del Comintern pronuncerà il celeberrimo discorso "Il viandante del nulla" in cui elogia Schlageter. Ricorda il "tragico destino" di questo "martire del nazionalismo" e "coraggioso soldato della controrivoluzione": "Faremo di tutto perchè uomini come Schlageter, pronti a morire per una causa comune, diventino, anziché vagabondi nel nulla, viandanti verso un futuro migliore dell'intera umanità, i quali non spargano il loro sangue, caldo e disinteressato, per i profitti dei banchieri del ferro e del carbone, ma per la causa del grande popolo lavoratore tedesco, membro della famiglia dei popoli in lotta per la libertà".
Il discorso di Radek è una chiara offerta di alleanza verso i nazionalisti. Il discorso susciterà un dibattito che coinvolgerà anche Moeller Van Der Bruck e il conte Ernst von Reventlow. Deriveranno da questo discorso anche numerose manifestazioni unitarie tra comunisti e nazionalisti, a cui il partito nazista cerca di porre fine. Nonostante l'alto livello della discussione la "linea Schlegeter" fallirà in breve tempo.
Ultima, ma forse più importante, in ordine di tempo è l'ondata con cui il KPD cerca di porre fine all'avanzata nazista, cavalcano il nazionalismo.
Nel 1930 il KPD pubblica la "Dichiarazione di liberazione sociale e nazionale del popolo tedesco", in seguito alla quale il nazional-comunismo diventa, di fatto la linea ufficiale del partito. Il KPD supera, se possibile, nel campo del nazionalismo il nazismo, tanto che giungono a proporre oltre all'unificazione di tutti i popoli tedeschi, anche l'annessione del Sud Tirolo, argomento tabù all'interno delle gerarchie naziste, a causa della vicinanza con il fascismo. Dal campo nazionalista non mancano le adesioni al KPD: da "Beppo" Römer, comandante dei Corpi Franchi, a Bruno Von Salomon, fratello dello scrittore Ernst, sino ai capi dei movimenti völkisch contadini.
La continua avanzata della NSDAP arroccherà di nuovo il KPD nell'ideologia dell'internazionalismo proletario e le tendenze nazional-bolsceviche rimarranno minoritarie e sconfitte nel partito.
Il KPD, troppo rigido sul piano dottrinale, mancherà sempre di quel pragmatismo presente a dosi massicce nel partito comunista bolscevico russo, grazie al quale giungerà al potere. Questa rigidità impedirà al KPD di coniugare l'anima social-comunista alla necessità popolare di difesa della Patria e non permette di conquistare l'anima del Popolo, in particolare dei contadini.
Diversa fu invece la sorte dei "socialisti rivoluzionari" che militavano nel partito nazional-socialista.
Il partito nazional-socialista difatti, tutt'altro dall'essere quel Leviatano totalizzante che ci viene presentato aveva al suo interno almeno tre correnti principali: quella völkisch, definibile come "decrescenista" (Darrè), quella "sviluppista" e sostanzialmente occidentalista o arianista, che vedeva di buon occhio un'alleanza con l'Inghilterra (Hitler, Göring, Himmler), e quella socialista, filo-sovietica (SA, Fratelli Strasser e fino al 1929 Goebbels).
Quest'ultima tendenza, schiacciata dopo la conquista del potere, con la "notte dei lunghi coltelli" rappresenta la più vicina al nazional-bolscevismo, in quanto si oppone alla dirigenza monacense filo-occidentale e non realmente rivoluzionaria. Questa corrente vuole dare alla parola nazional-socialismo un significato pieno: cioè Socialismo+Nazione, non fermandosi quindi al solo nazionalismo ariano pantedesco.
In particolare è Otto Strasser, fratello di Georg, uno dei più importanti dirigenti nazisti, ad animare questa corrente. Socialista fino al 1920 Otto aderisce al NSDAP in seguito al consiglio del fratello. Dirige la corrente socialista nord-tedesca, che si oppone alla deriva "latina e cristianizzante" della corrente di Monaco, creando enormi fastidi alla dirigenza nazista. Appoggia gli scioperi dei sindacati comunisti e scende in piazza con i suoi simpatizzanti e con i lavoratori che protestano. Alla sua corrente aderirà il giovane Joseph Goebbels che all'epoca scriveva: "Noi siamo socialisti, nemici, avversari giurati dell'attuale sistema economico capitalistico con il suo sfruttamento degli economicamente deboli, con la sua sperequazione dei compensi (...) Noi siamo decisi a distruggere a ogni costo questo sistema".
In seguito ad un duro contrasto con Hitler, Otto Strasser uscì dal NSDAP e fondò il Fronte Nero, movimento di opposizione alla Repubblica di Weimar, prima, e al regime nazista, poi. Il rimanente della corrente, schierato a fianco a Georg Strasser e in alcune cellule operaie delle SA e del sindacato nazional-socialista verrà schiacciato dopo la conquista del potere nella famosa Notte dei lunghi coltelli in cui ci fu la resa dei conti interna al partito.
Nonostante il nazional-bolscevismo trovò numerosi simpatizzanti fra le caste intellettuali e militari, non trovò terreno fertile presso la popolazione, ormai impegnata nella lotta "radicale" tra rossi e neri.
Il fallimento del nazional-bolscevismo è addebitabile all'incapacità di immedesimarsi nel Popolo, è mancato quello che il Presidente Mao spiegava cosi: "Prendere le idee delle masse (idee sparse e non sistematiche) e concentrarle (attraverso lo studio trasformarle in idee concentrate e sistematiche), per poi ritornare alle masse e propagandare e spiegare queste idee fino a quando le masse non le abbracceranno come proprie, le assumeranno fermamente e le trasformeranno in azione, provando in questa azione la correttezza di quelle idee". Lo spazio politico all'interno della massa popolare era ormai diviso fra KPD e NSDAP più abili nel propagandare i temi popolari e demagogici, strategici per la conquista del potere.
E quindi sta in questo passaggio l'utopia dei nazional-bolscevichi tedeschi: diventare massa, rimanendo élite. Il loro esempio era la nuova aristocrazia socialista sovietica, élite burocratica per eccellenza. Ma i nazional-bolscevichi non capirono che i capi dell'Unione Sovietica hanno percorso un lungo cammino rivoluzionario tra il popolo, tra le carceri, in esilio, prima di diventare i capi della seconda potenza industriale del mondo, non sono nati élite, sono diventati élite. I nazional-bolscevichi tedeschi si sentivano élite di "nascita", di "sangue".
Esponenti nazional-bolscevichi riconoscono esperienze simili in diversi paesi che hanno vissuto regimi comunisti o socialisti, a partire dalla Russia staliniana, secondo l'interpretazione del politologo sionista Mikhail Agursky.
Altri esempi classici sono la Cuba di Fidel Castro e la guerriglia di difesa nazionale del Vietnam, in cui si trovarono a combattere fianco a fianco il movimento comunista di Ho Chi Min e i movimenti nazionalisti. Ma più in generale si possono considerare nazional-bolscevichi la quasi totalità dei movimenti anti-colonialisti e socialisti della seconda metà del novecento. Il loro fu un nazional-bolscevico accidentale ma spontaneo, involontario ma automatico. Se rivoluzioni ci furono nel Terzo Mondo è perché le parole d'ordine non erano un vuoto internazionalismo, ma "Patria", "Difesa nazionale", legate indissolubilmente alla Giustizia sociale.
Lo storico tedesco Stefan Heffner che nel 1980 scrisse: "Per incredibile che possa sembrare il vero teorico della rivoluzione mondiale, che oggi sta in cammino, non è Marx, né tantomeno Lenin, ma Niekisch".
(Relazione al convegno: “Economia, Filosofia, Politologia ed Antropologia di fronte all’utopia del XXI secolo”, Ass. cult. Heliopolis, Trieste 19 marzo 2009)
Perché il nazional-bolscevismo fu utopia e perché fu la più radicale tra le forme rivoluzionarie cercherò di spiegarlo in questo mio intervento.
Innanzitutto, cosa fu il nazional-bolscevismo? Fu un movimento culturale e politico (anche se non si può parlare di un partito nazional-bolscevico) che nella Germania sconfitta e umiliata della Repubblica weimariana, cercò di coniugare nella forma più radicale le tradizioni nazionalistiche e la rivoluzione socialista. Come detto, non si trovano partiti politici che si rifanno a questo ideale, ma solamente singoli intellettuali che giravano attorno ad alcune riviste e circoli politici.
"L'idea di una soluzione nazional-bolscevica si risveglia nella Repubblica di Weimar allorché l'esistenza sociale e nazionale vengono entrambe minacciate" (Mohler), questa è la sensazione dei nazional-bolscevichi, quella di una minaccia, evidente, terribile.
Ma perché questi intellettuali, alcuni di altissimo livello (come Niekisch, Schulze-Boysen, Ernst von Reventlow, Otto Strasser e per un certo periodo Ernst Jünger) cercano nel bolscevismo e nella sua soluzione nazionale la forma più opportuna per uscire dall'impasse in cui si trova la Germania?
Perché vedono nella Russia sovietica un esempio da seguire: è la Russia, mai morta, che si ribella alla pace di Versailles e all'(dis)ordine imposto dalle potenze vincitrici, che si ribella al liberalismo e al capitalismo, troppo occidentali per fare gli interessi della prussiana Germania e della slava Russia.
La visione che hanno della rivoluzione sovietica del 1917 è quella di un evento "profondamente nazionale", in cui il comunismo perde la sua carica internazionalista e riscopre l'anima profonda, messianica, tradizionale del popolo russo. Il bolscevismo, diceva Moeller Van Den Bruck, è "soltanto russo", "nazionale quasi conservatore".
La Germania, o meglio il popolo tedesco, dovevano fare come in Russia: spezzare le catene dell'oppressione capitalista, riscoprire attraverso l’impegno, la volontà, il volontarismo, la Rivoluzione il vero carattere dello "Spirito di Potsdam", quell'antico spirito prussiano, che Ernst Niekisch definisce cosi: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c’è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Toccava quindi alla Germania, resistere e liberarsi, unirsi alla Russia in questa enorme battaglia eterna tra Spirito e Materia, tra Oriente e Occidente.
I nazional-bolscevichi ammirano Lenin, colui che ha riscoperto lo "spirito asiatico e barbaro della Russia", ma ancora più Stalin, "l'uomo d’acciaio", l’uomo che ha liberato gli istinti virili e combattentistici del suo Popolo e che, attraverso i Piani quinquennali, ha messo in pratica quella Mobilitazione Totale, che è l'idea forte di un grande di quel tempo, Ernst Jünger. Il Piano quinquennale è un "prodigioso sforzo morale" per conquistare l’autarchia.
Il grande spazio continentale Russo-Tedesco, autarchico, totalitario, socialista è questo il sogno dei nazional-bolscevichi: un enorme stato da Vlessingen a Vladivostock.
"Si riaccenderebbe la passione per la politica e per il comando reale, e il disprezzo cadrebbe sulle forme americane ed occidentali di mercificazione della vita, che sono riuscite a trasformare persino la Chiesa in un'impresa commerciale (...). Solo una educazione prussiana della volontà, calata in un blocco slavo-germanico, potrà dargli l'elasticità dell'acciaio, la sola in grado di superare col suo ampio respiro l'educazione romana. Il suo stile di vita ordinato procederebbe all'unisono con quello russo: lo spirito dell'ordine soffierebbe dagli Urali all'Elba, per scacciare lo Spirito della democrazia al di là del Reno e delle Alpi" (Niekisch).
Durante la Repubblica di Weimar i nazional-bolscevichi chiamano alla Resistenza ed è proprio Resistenza (Wiederstand) il nome della più importante rivista a cui fanno riferimento.
Fondata nel 1926 da Ernst Niekisch il mensile uscirà fino al 1934, quando sarà chiuso dai nazisti, ma servirà da palestra di idee, da laboratorio ideale in cui si costruisce il nazional-bolscevismo tedesco. La rivista può avvalersi di collaborazioni di prestigio: i fratelli Ernst e Friedrich Georg Jünger, di August Winning, Arnolt Bronnen, Joseph E. Drexler, futuro redattore del Nürnberger Nacrichten, Gustav Sondermann, funzionario dell’associazione Alldeutscher Verband (Unione di tutti i Tedeschi), Benedikt Obermayr, che sarà collaboratore di Walther Darrè nel ministero dell’agricoltura nazionalsocialista, Hans Bäcker, Roderich von Bistram, Friedrich Gregorius, Wilfred Knöpke e gli scrittori, già appartenenti ai Corpi Franchi, Ernst Von Salomon e Franz Schauwecjer.
Fin dal primo numero la linea del mensile è evidente: "O sapremo essere rivoluzionari, oppure sprofonderemo nella palude, rinunziando definitivamente ad essere un popolo libero", così si conclude l'editoriale del direttore Ernst Niekisch. L'obiettivo della rivista è la denuncia del Patto di Versailles, del Piano Young, della sudditanza della classe dirigente tedesca rispetto agli interessi occidentali e capitalisti.
Attraverso la rivista Niekisch inizia una vasta campagna politica nel tentativo i riunire le formazioni nazionaliste e comuniste in un vasto movimento popolare.
La sua azione non avrà però un grosso successo, ma aprirà la strada a numerosi episodi di collaborazione tra nazionalisti e comunisti, già visti nelle proteste contro l'invasione francese della Ruhr del 1923, in cui si registra anche una svolta nazionalista in seno al Partito Comunista Tedesco (KPD).
Gli storici identificano ben tre "ondate" nazional-bolsceviche all’interno del Partito Comunista Tedesco.
La prima è animata dai c.d. "nazional-comunisti amburghesi": Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim. Non avrà un grande peso all'interno del partito, ancora dominato da spartachisti di ortodossa militanza marxista. Si basa sull'idea che la rivoluzione socialista debba essere accompagnata da una guerra di liberazione nazionale e anti-imperialista. Si parla di un "nazionalismo proletario". Propongono la creazione di una "Wermacht rossa", un esercito popolare, con cui riprendere le armi e combattere le potenze vincitrici. Contro di loro, oltre alla quasi totalità del Comitato Centrale del KPD, si scaglierà addirittura Lenin. Schiacciati dal loro stesso partito, Wollfheim e Laufenberg uscirono dal KPD e creano alcuni movimenti minori.
La seconda ondata è la c.d. "Linea Schlageter" di cui abbiamo già fatto accenno. Leo Schlageter è un giovane militante nazionalista che i francesi fucilano dopo la condanna per un atto di sabotaggio durante l'invasione franco-belga della Ruhr. Lo choc causato dalla sua morte è fortissimo all'interno dei movimenti nazionalisti (anche nel nascente partito nazista), ma susciterà forti emozioni anche negli ambienti comunisti. Karl Radek, bolscevico russo inviato del Comintern in Germania, saprà cogliere l'attimo e davanti al CC del Comintern pronuncerà il celeberrimo discorso "Il viandante del nulla" in cui elogia Schlageter. Ricorda il "tragico destino" di questo "martire del nazionalismo" e "coraggioso soldato della controrivoluzione": "Faremo di tutto perchè uomini come Schlageter, pronti a morire per una causa comune, diventino, anziché vagabondi nel nulla, viandanti verso un futuro migliore dell'intera umanità, i quali non spargano il loro sangue, caldo e disinteressato, per i profitti dei banchieri del ferro e del carbone, ma per la causa del grande popolo lavoratore tedesco, membro della famiglia dei popoli in lotta per la libertà".
Il discorso di Radek è una chiara offerta di alleanza verso i nazionalisti. Il discorso susciterà un dibattito che coinvolgerà anche Moeller Van Der Bruck e il conte Ernst von Reventlow. Deriveranno da questo discorso anche numerose manifestazioni unitarie tra comunisti e nazionalisti, a cui il partito nazista cerca di porre fine. Nonostante l'alto livello della discussione la "linea Schlegeter" fallirà in breve tempo.
Ultima, ma forse più importante, in ordine di tempo è l'ondata con cui il KPD cerca di porre fine all'avanzata nazista, cavalcano il nazionalismo.
Nel 1930 il KPD pubblica la "Dichiarazione di liberazione sociale e nazionale del popolo tedesco", in seguito alla quale il nazional-comunismo diventa, di fatto la linea ufficiale del partito. Il KPD supera, se possibile, nel campo del nazionalismo il nazismo, tanto che giungono a proporre oltre all'unificazione di tutti i popoli tedeschi, anche l'annessione del Sud Tirolo, argomento tabù all'interno delle gerarchie naziste, a causa della vicinanza con il fascismo. Dal campo nazionalista non mancano le adesioni al KPD: da "Beppo" Römer, comandante dei Corpi Franchi, a Bruno Von Salomon, fratello dello scrittore Ernst, sino ai capi dei movimenti völkisch contadini.
La continua avanzata della NSDAP arroccherà di nuovo il KPD nell'ideologia dell'internazionalismo proletario e le tendenze nazional-bolsceviche rimarranno minoritarie e sconfitte nel partito.
Il KPD, troppo rigido sul piano dottrinale, mancherà sempre di quel pragmatismo presente a dosi massicce nel partito comunista bolscevico russo, grazie al quale giungerà al potere. Questa rigidità impedirà al KPD di coniugare l'anima social-comunista alla necessità popolare di difesa della Patria e non permette di conquistare l'anima del Popolo, in particolare dei contadini.
Diversa fu invece la sorte dei "socialisti rivoluzionari" che militavano nel partito nazional-socialista.
Il partito nazional-socialista difatti, tutt'altro dall'essere quel Leviatano totalizzante che ci viene presentato aveva al suo interno almeno tre correnti principali: quella völkisch, definibile come "decrescenista" (Darrè), quella "sviluppista" e sostanzialmente occidentalista o arianista, che vedeva di buon occhio un'alleanza con l'Inghilterra (Hitler, Göring, Himmler), e quella socialista, filo-sovietica (SA, Fratelli Strasser e fino al 1929 Goebbels).
Quest'ultima tendenza, schiacciata dopo la conquista del potere, con la "notte dei lunghi coltelli" rappresenta la più vicina al nazional-bolscevismo, in quanto si oppone alla dirigenza monacense filo-occidentale e non realmente rivoluzionaria. Questa corrente vuole dare alla parola nazional-socialismo un significato pieno: cioè Socialismo+Nazione, non fermandosi quindi al solo nazionalismo ariano pantedesco.
In particolare è Otto Strasser, fratello di Georg, uno dei più importanti dirigenti nazisti, ad animare questa corrente. Socialista fino al 1920 Otto aderisce al NSDAP in seguito al consiglio del fratello. Dirige la corrente socialista nord-tedesca, che si oppone alla deriva "latina e cristianizzante" della corrente di Monaco, creando enormi fastidi alla dirigenza nazista. Appoggia gli scioperi dei sindacati comunisti e scende in piazza con i suoi simpatizzanti e con i lavoratori che protestano. Alla sua corrente aderirà il giovane Joseph Goebbels che all'epoca scriveva: "Noi siamo socialisti, nemici, avversari giurati dell'attuale sistema economico capitalistico con il suo sfruttamento degli economicamente deboli, con la sua sperequazione dei compensi (...) Noi siamo decisi a distruggere a ogni costo questo sistema".
In seguito ad un duro contrasto con Hitler, Otto Strasser uscì dal NSDAP e fondò il Fronte Nero, movimento di opposizione alla Repubblica di Weimar, prima, e al regime nazista, poi. Il rimanente della corrente, schierato a fianco a Georg Strasser e in alcune cellule operaie delle SA e del sindacato nazional-socialista verrà schiacciato dopo la conquista del potere nella famosa Notte dei lunghi coltelli in cui ci fu la resa dei conti interna al partito.
Nonostante il nazional-bolscevismo trovò numerosi simpatizzanti fra le caste intellettuali e militari, non trovò terreno fertile presso la popolazione, ormai impegnata nella lotta "radicale" tra rossi e neri.
Il fallimento del nazional-bolscevismo è addebitabile all'incapacità di immedesimarsi nel Popolo, è mancato quello che il Presidente Mao spiegava cosi: "Prendere le idee delle masse (idee sparse e non sistematiche) e concentrarle (attraverso lo studio trasformarle in idee concentrate e sistematiche), per poi ritornare alle masse e propagandare e spiegare queste idee fino a quando le masse non le abbracceranno come proprie, le assumeranno fermamente e le trasformeranno in azione, provando in questa azione la correttezza di quelle idee". Lo spazio politico all'interno della massa popolare era ormai diviso fra KPD e NSDAP più abili nel propagandare i temi popolari e demagogici, strategici per la conquista del potere.
E quindi sta in questo passaggio l'utopia dei nazional-bolscevichi tedeschi: diventare massa, rimanendo élite. Il loro esempio era la nuova aristocrazia socialista sovietica, élite burocratica per eccellenza. Ma i nazional-bolscevichi non capirono che i capi dell'Unione Sovietica hanno percorso un lungo cammino rivoluzionario tra il popolo, tra le carceri, in esilio, prima di diventare i capi della seconda potenza industriale del mondo, non sono nati élite, sono diventati élite. I nazional-bolscevichi tedeschi si sentivano élite di "nascita", di "sangue".
Esponenti nazional-bolscevichi riconoscono esperienze simili in diversi paesi che hanno vissuto regimi comunisti o socialisti, a partire dalla Russia staliniana, secondo l'interpretazione del politologo sionista Mikhail Agursky.
Altri esempi classici sono la Cuba di Fidel Castro e la guerriglia di difesa nazionale del Vietnam, in cui si trovarono a combattere fianco a fianco il movimento comunista di Ho Chi Min e i movimenti nazionalisti. Ma più in generale si possono considerare nazional-bolscevichi la quasi totalità dei movimenti anti-colonialisti e socialisti della seconda metà del novecento. Il loro fu un nazional-bolscevico accidentale ma spontaneo, involontario ma automatico. Se rivoluzioni ci furono nel Terzo Mondo è perché le parole d'ordine non erano un vuoto internazionalismo, ma "Patria", "Difesa nazionale", legate indissolubilmente alla Giustizia sociale.
Lo storico tedesco Stefan Heffner che nel 1980 scrisse: "Per incredibile che possa sembrare il vero teorico della rivoluzione mondiale, che oggi sta in cammino, non è Marx, né tantomeno Lenin, ma Niekisch".
(Relazione al convegno: “Economia, Filosofia, Politologia ed Antropologia di fronte all’utopia del XXI secolo”, Ass. cult. Heliopolis, Trieste 19 marzo 2009)
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