martedì 26 gennaio 2010

Azioni esemplari e lotta di massa nella campagna per il controllo delle osterie (Kneipen-Kampagne), di Sergio Bologna

Che tattica utilizza il partito nazista per penetrare nei quartieri proletari? Della "battaglia per Berlino", uno dei momenti più significativi fu la cosiddetta campagna per il controllo delle Kneipen, cioè le osterie. I quartieri operai berlinesi erano allora abitati soprattutto da famiglie di disoccupati (in taluni quartieri c'era un tasso di disoccupazione del 75%). Questi disoccupati non sapevano dove andare durante il giorno e stazionavano nelle osterie. Le osterie hanno sempre avuto una funzione importante in tutta la storia del proletariato in quanto punti centrali della socializzazione proletaria e finirono per diventare anche allora sedi d'incontro e di scambio politico, crocevia di circuiti di informazione, punti dove si organizzavano azioni e iniziative. Le osterie dei quartieri popolari purtroppo avevano allora una clientela che consumava poco e quel poco che consumava talvolta non riusciva a pagarlo. Gli osti rischiavano il fallimento, abbandonavano la gestione ad altri che magari non avevano le stesse simpatie politiche o non avevano vissuto assieme a una parte dei loro clienti gli stessi momenti di lotta.
I nazisti adottarono la tattica di convincere i gestori delle osterie che se si mettevano dalla loro parte potevano contare su dei guadagni sicuri. In molti casi questa tattica ebbe successo e l'osteria divenne, da sede d'incontro di simpatizzanti comunisti, a ritrovo di attivisti nazionalsocialisti.
Quando questo tipo di penetrazione sistematica delle squadre naziste cominciò ad assumere un'estensione preoccupante e molte osterie proletarie divennero la base di partenza di azioni terroristiche condotte dai mercenari nazisti; il partito comunista decise di lanciare una campagna per riguadagnare terreno sul controllo dei locali, la cosiddetta Kneipen-Kampagne, e cominciò a condurre una serie di azioni sistematiche di attacco alle osterie ormai frequentate dai nazisti. La nuova linea del partito raccomandava di inserire sempre l'azione armata dentro una lotta di massa per evitare il rischio di praticare un controterrorismo puro e semplice. Ma, come vedremo nell'episodio che illustreremo tra breve nella ricostruzione fattane da Eva Rosenhaft, la pratica della lotta di massa era resa estremamente difficile dalle condizioni materiali in cui si venivano a trovare i proletari di quell'epoca.
E' un episodio che fece molto scalpore. Le SA erano riuscite a comperare un oste in una delle strade di Neukölln, roccaforte della Sinistra.
"Il caseggiato di Richardstrasse 35 a Neukölln rappresentava da più punti di vita un vero spaccato della società. Costruito nel 1905, era infatti uno dei maggiori complessi della zona, con sei cortili e cinque corpi di fabbrica arretrati, con complessivi 144 appartamenti, per quattro quinti tipici alloggi operai, formati da cucina, soggiorno e servizi in comune. Ospitavano circa 500 persone. Vi erano una dozzina di bottegai e artigiani, nove impiegati, qualche commesso, dei domestici, due artisti, ventun pensionati e una novantina di operai specializzati e comuni, che rappresentavano complessivamente una tipologia dei principali mestieri diffusi nella città. Tra i capi del movimento degli inquilini contro le SA c'erano un tipografo, un lattoniere, un sarto, un metalmeccanico, due operai edili, due operai comuni e un invalido di guerra. L'osteria, che era al pianterreno sul fronte strada del caseggiato, era stata acquistata nell'ottobre 1929 da Heinrich Böwe, un ex imprenditore che era fallito nella sua città di Magdeburgo ed aveva deciso di investire in quel locale i soldi che gli restavano. L'osteria era stata un punto di incontro prima di un gruppo religioso giovanile e poi, nel dopoguerra, di gruppi di sinistra, caratteristica che mantenne anche dopo che fu acquistata da Böwe. Con l'aggravarsi della crisi economica i clienti di Böwe non riuscivano però a trovare lavoro e continuavano a passare giornate e serate all'osteria; ma il magro assegno dell'Ufficio della disoccupazione o dell'assistenza comunale non consentiva loro di mangiare, bere e spendere come in passato. Quando le SA offrirono di garantire un consumo minimo di un barile di birra al giorno se Böwe avesse messo a loro disposizione il locale, l'oste considerò l'offerta come la via più breve per evitare il tracollo finanziario. Si consultò con il comando di polizia locale, che gli garantì che non ci sarebbero stati seri problemi, e poi accettò la proposta delle SA. I gruppi che erano clienti abituali dell'osteria si allontanarono, anche se Böwe sarebbe stato contento che restassero, specie quelli che amavano giocare a bocce. E poco dopo lo stesso Böwe aderì alla NSDAP, "per motivi economici". Il 26 agosto lo Sturm 21 di Neukölln si insediò in Richardstrasse 35 e le aspettative di Böwe si concretizzarono, con più di 100 persone che si riunivano regolarmente nella sala per riunioni posta sul retro del locale e una trentina di SA che tutti i giorni si fermavano a mangiare.
L'arrivo dello Sturm 21 a Richardstrasse fu molto simile ad altre prese di possesso di osterie da parte delle SA in quei mesi. Esse erano il riflesso della crescita delle SA a Berlino, il cui sviluppo era alimentato dalla grande fiducia che esse nutrivano in se stesse e che portava a sempre nuove adesioni. I nazi erano degli outsiders solo perché proclamavano di esserlo ma le SA avevano già una lunga storia a Neukölln. La NSDAP era presente dal 1926 e il capo dello Sturm 21 - un commesso di 25 anni nato e cresciuto a Neukölln - faceva parte dell'organizzazione fin dalle origini. Dalla metà del 1931 vi erano a Neukölln ben tre Sturm delle SA e, secondo il servizio di informazioni comunista, sin dalla fine di agosto la NSDAP poteva contare su 1.300 aderenti e 9 osterie con funzione di quartier generale. Quindi i comunisti e gli uomini delle SA ebbero modo di conoscersi bene lungo questi anni. Da parte comunista le SA furono considerate e trattate come un pericolo fisico a partire dall'ottobre del 1929, quando il primo gruppo di SA contava già su 70 membri; il capo delle SA faceva risalire l'accrescersi delle ostilità tra i due gruppi a un incidente scoppiato durante la campagna elettorale del 1930. Nel 1931 i rapporti crescenti tra i due partiti avevano determinato un primo caso di passaggio da un'organizzazione all'altra, dalle SA al Kampfbund. Nel corso degli avvenimenti successivi all'assalto contro l'osteria di Böwe, un'attivista comunista di primo piano passò alle SA.
Il fatto che le SA fossero ben conosciute a Neukölln non vuol dire che venissero accolte con piacere a Richardstrasse. Quando si insediò lo Sturm 21, l'attenzione pubblica era focalizzata sui crimini delle SA di Berlino per via dei resoconti giornalistici sul processo per omicidio ai membri dello Sturm 33, la famigerata squadra di Charlottenburg. Data la storia e il genere di caseggiato da un lato, e l'accrescersi dell'influenza politica comunista come reazione alla presenza nazionalsocialista a Neukölln dall'altro, la tensione tra gli abitanti e gli ospiti di Böwe era destinata ad aumentare. Subito dopo l'insediamento dello Sturm 21, si diceva in giro che le SA orinavano nei corridoi, agitavano le loro pistole contro i bambini che giocavano in cortile e minacciavano di sparare contro le finestre della casa.
Il 28 agosto il funzionario del KPD a cui faceva capo la cellula di Richardstrasse 35 organizzò una riunione di inquilini e in quell'occasione gli oratori comunisti avanzarono la proposta di uno sciopero degli affitti. La proposta fu accolta e pochi giorni dopo il quotidiano comunista "Die Rote Fahne" riferiva di un successo su tutta la linea: erano state vendute 300 copie in più del giornale, i socialdemocratici stavano dimostrando interesse, una squadra di difesa del caseggiato contava già sessanta membri e gli inquilini avevano formato un comitato d'azione. Se le SA non se ne fossero andate, l'inizio dello sciopero era stato fissato per il primo settembre. Si disse che Goebbels avesse dato ordine che Richardstrasse 35 non doveva essere abbandonata a qualunque costo. In realtà lo sciopero dell'affitto stentava a concretizzarsi. Nelle settimane seguenti la tensione crebbe ulteriormente e sia la stampa comunista che quella nazionalsocialista concentrarono la loro attenzione su quel conflitto. Il 3 settembre, "Der Angriff", il giornale nazionalsocialista, proclamava: "Le cose sono arrivate al punto che un membro delle SA non può passare da solo in Richardstrasse senza correre dei rischi". L'ufficio centrale del KPD a Berlino ricevette anche da Neukölln la notizia che le ragazze del quartiere correvano pericolo se giravano per strada di notte. Nel cortile dietro l'osteria di Böwe fecero la loro comparsa dei gruppi che scandivano "Schlagt die Faschisten" e "Appoggiate lo sciopero". Le finestre della sala delle riunioni che davano sul cortile furono fracassate e dalla metà di ottobre una pattuglia speciale della polizia ebbe l'incarico di impedire assembramenti di fronte al caseggiato.
Un gruppo di funzionari del KPD che una sera andò a ispezionare la strada, di solito animata, la trovò completamente deserta, ciò che era insolito in quel sobborgo operaio ed era quindi un chiaro segnale che c'era qualcosa che non andava. Intanto lo sciopero degli affitti era nuovamente ripartito e il 29 settembre gli inquilini si erano incontrati e avevano deciso di cominciarlo il primo ottobre. Questa volta il tentativo era stato preparato e propagandato meglio. Il "Vorwärts" (quotidiano socialdemocratico) ne parlò con simpatia, facendo notare che nella strada erano già stati attaccati dei membri dell'organizzazione paramilitare socialdemocratica, i "Reichsbanner", oltre che dei comunisti.
Furono stampati dei manifesti con l'annuncio dello sciopero e vennero diffusi dei fogli volanti ciclostilati che spiegavano come esso fosse stato rimandato in un primo tempo perché l'amministratore del caseggiato aveva ceduto alla pressione e promesso di sfrattare le SA. In seguito costui negò di avere mai fatto promesse del genere. Comunque le SA restarono nell'osteria e gli inquilini fecero notare come neanche la polizia fosse stata di qualche aiuto. Anzi, secondo la risoluzione della loro assemblea, certi ufficiali di polizia erano stati sentiti dire che la casa avrebbe dovuto essere "bruciata", dato che metà degli affittuari erano dei criminali. Non era rimasta come via d'uscita che l'organizzazione di autodifesa; gli inquilini che volevano continuare a pagare l'affitto sarebbero stati considerati come dei crumiri e alleati dei mestatori, mentre fu nominato un notaio a cui potessero essere versati gli affitti per tutta la durata dello sciopero.
Tuttavia lo sciopero degli affitti di ottobre fallì, nonostante le settimane di rabbia accumulata e l'aiuto tecnico e materiale ricevuto dal KPD durante il suo svolgimento. Fu infatti impossibile mobilitare un potere inesistente, e gli inquilini si resero conto di essere praticamente impotenti contro i proprietari. La paura dello sfratto minacciato dall'amministratore del caseggiato al primo accenno d'azione da parte degli inquilini, aveva di per sé un potere deterrente. Ma ciò che alla fine spezzò la lotta fu il fatto che gli inquilini che dipendevano dall'assistenza sociale non erano in grado di trattenere il proprio affitto perché l'ufficio dell'assistenza lo versava direttamente all'amministratore. Dopo due settimane di sciopero l'amministratore fece sapere che l'80% degli affitti era stato pagato e quindi venne avanzata formalmente la proposta di interrompere l'azione. Il 18 ottobre, la risposta compatta degli operai di Braunschweig alla violenza delle SA [dove, a conclusione di un convegno delle SA, i nazisti avevano dato l'assalto ai quartieri operai e il giorno dopo c'era stato un grande sciopero in risposta] determinò una forte carica d'ottimismo che fece riconsiderare la situazione ai comunisti. Ma l'assemblea degli inquilini del 21 ottobre in cui si doveva discutere di quel fatto fu l'ultima in cui si parlò dello sciopero degli affitti. Infatti il 18 Böwe era morto in seguito alle ferite riportate nel corso di un assalto alla sua osteria e la polizia disperse l'assemblea degli inquilini e arrestò trenta dei partecipanti."
Fin qui la ricostruzione di Eva Rosenhaft. L'assalto all'osteria di Böwe era stato condotto il 15 ottobre da una trentina di dimostranti che spararono numerosi colpi d'arma da fuoco contro il locale, ferendo alcuni avventori e colpendo a morte il proprietario.
Come si vede, il tentativo di unire azione di massa e rappresaglia armata fallì anche perché lo sciopero dell'affitto era stato reso impossibile a causa di uno di quei micidiali meccanismi di controllo propri del sistema assistenziale comunale di cui abbiamo ampiamente parlato. La maggioranza degli inquilini si trovava in regime di assistenza comunale, dove le erogazioni venivano fatte anche in natura; per di più in questo caso l'Ufficio di assistenza anticipava il pagamento di tutto o di una parte dell'affitto e trasferiva direttamente la somma all'amministrazione dell'immobile; anche volendo, gli inquilini non avrebbero potuto praticare lo sciopero dell'affitto. L'azione di rappresaglia non fu difficile da organizzare e da eseguire, ma la sua non saldatura con l'azione di massa determinò la piena vittoria dei nazisti, perché da quel momento essi non incontrarono altre resistenze in quel caseggiato, mentre per il gruppo degli inquilini più attivi nel tentativo di organizzazione dello sciopero si aprì un periodo di paura di essere sospettati e incriminati di complicità nell'assassinio del gestore del locale.
Naturalmente questo è soltanto un episodio, ma illuminante sul tipo di condizioni in cui si trovarono a lottare i proletari tedeschi che tentarono di opporsi anche con la forza all'avanzata dei nazisti: la repressione della polizia socialdemocratica, la morsa della fame e dell'indigenza causate dalla disoccupazione, i meccanismi di controllo del sistema assistenziale, le contraddizioni e le incertezze della politica del partito comunista, la grande scarsità di mezzi nei confronti di un avversario meglio equipaggiato, assoldato e addestrato: tutti questi sono elementi che mettono in risalto ancora di più l'eroismo e l'abnegazione dei proletari tedeschi, che cercarono di difendere il territorio dei quartieri rossi dall'invadenza nazista.
La conclusione generale che si può trarre da questi frammenti di storia è che non è vero che il proletariato tedesco si sia arreso senza combattere. E' vero invece che le sue capacità di resistenza furono logorate e consumate nei terribili anni della crisi, quando la Repubblica di Weimar fu governata con metodi semidittatoriali da coloro che aprirono a Hitler la strada del potere e le forze di chi aveva cercato di contrastarlo erano giunte allo stremo. Gli anni che precedettero la presa del potere di Hitler sono anni di guerra civile strisciante. Nelle condizioni in cui gli avversari del nazismo furono costretti a condurre la loro resistenza, difficilmente qualcuno avrebbe potuto fare di più e di meglio. Quindi il giudizio degli storici, secondo i quali la classe operaia e il proletariato tedesco si piegarono davanti a Hitler senza opporre resistenza, è un giudizio ingiusto, che non rispetta minimamente la realtà e che riflette solo la tendenziosità e l'ignoranza di chi lo esprime.
Non sono molte le testimonianze dirette su quel periodo, accessibili ai lettori italiani; tra queste va ricordata quella di Simone Weil che nell'agosto 1932 scrive da Berlino: "Per le strade non ci sono più tafferugli. Niente denota una situazione particolare, se non questa calma stessa che è, in certo senso, tragica; per i lavoratori la questione in sospeso è l'Arbeitsdienst (sorta di campo di concentramento per disoccupati) che ora esiste già come servizio di lavoro volontario (dieci centesimi alla settimana) ma diverrebbe obbligatorio sotto un governo hitleriano. Per il momento ci vanno i più disperati (...) quanti sono disoccupati da due, tre, quattro, cinque anni, non hanno più l'energia richiesta per la rivoluzione; giovani che non hanno mai lavorato, stanchi dei rimproveri dei genitori, si uccidono o si danno al vagabondaggio, o si demoralizzano completamente; si vedono bambini orribilmente magri, individui che cantano pietosamente nei cortili ecc.; d'altra parte questa terribile questione dell'Arbeitsdienst non tocca gli operai che lavorano..." (in Sulla Germania totalitaria, Adelphi Edizioni 1990, pp. 26-28).
Nel riconoscere il valore morale e politico della lotta di resistenza del proletariato tedesco contro il terrorismo nazista va comunque ricordato che il partito comunista fu l'organizzazione che con maggiore determinazione e radicalità condusse la lotta contro l'avanzata del nazionalsocialismo, ricorrendo a tutti i mezzi possibili, anche ai mezzi illegali. Pur trovandomi personalmente molto più vicino alla formazione culturale di Simone Weil che a quella comunista (non sono mai stato iscritto al partito comunista e non ho mai messo piede nella DDR) e pur riconoscendo agli scritti dell'allora poco più che ventenne militante francese una straordinaria lucidità sugli avvenimenti in Germania, di cui fu testimone per alcune settimane, mi pare necessario affermare che il suo impietoso, feroce giudizio sulla condotta della KPD non trova molti riscontri nella ricostruzione dei fatti in base al materiale d'archivio.
Sarebbe semmai da chiedersi se la cultura e la preparazione dei cosiddetti "quadri militari" del partito, cioè di coloro che avevano seguito in Unione Sovietica corsi di formazione e addestramento alla guerra civile, alla clandestinità armata, all'insurrezione, fossero adatte a un tipo di tattica politico-militare nella quale i comportamenti illegali del proletariato e le sue forme di controllo del territorio metropolitano sembravano più conformi alle necessità di uno scontro che non era uno scontro preinsurrezionale o per la presa del potere ma piuttosto una lotta per la sopravvivenza della propria identità e dei propri spazi di autonomia. Grande importanza devono avere avuto le forme spontanee di lotta e di resistenza informali, i circuiti di informazione non partitici, le forme di aggregazione giovanile, insomma quel patrimonio di autonomia e di culture antagoniste che si era sedimentato nel proletariato metropolitano senza passare attraverso le scuole di partito. Non bisogna dimenticare inoltre che accanto alla cultura diffusa dalle organizzazioni comuniste c'era una vasta area influenzata da culture social-rivoluzionarie e anarchico-libertarie. Una componente importante del proletariato politicizzato si raccoglieva nella organizzazione anarco-sindacalista, la "Freie Arbeiter Union", che nel periodo di massima espansione aveva toccato centinaia di migliaia di iscritti, forte inizialmente tra gli edili e gli operai tessili e poi sempre più estesa tra i metalmeccanici delle piccole e medie fabbriche ed i minatori; era un'organizzazione nettamente proletaria, priva di intellettuali e di persone provenienti dai ceti piccolo e medio borghesi.
A fronte di questo universo, che rappresenta l'universo della resistenza attiva al nazismo giorno per giorno e strada per strada, l'azione e la politica delle organizzazioni socialdemocratiche ebbe un carattere per lo più dimostrativo e imbelle. Ciononostante centinaia di quadri del sindacato e del partito socialdemocratico furono trascinati dalla solidarietà di classe e parteciparono anch'essi in varie forme alla resistenza attiva contro l'invadenza delle squadre naziste. Ma il giudizio sul comportamento dei vertici e dell'apparato del partito socialdemocratico, che ancora alla fine del 1932 si ostinavano a considerare il bolscevismo il pericolo numero uno per la cosiddetta democrazia weimariana, non può che essere di condanna e di disprezzo per il loro profondo settarismo antiproletario, per la loro spaventosa miopia politica e per la loro profonda viltà nei confronti del nazismo.
Per quanto riguarda l'azione del partito comunista mi sembrava importante mettere in luce come esso, malgrado certi ondeggiamenti e molti errori, si sia battuto con determinazione per impedire l'avanzata nazionalsocialista. Nei libri di storia si trova invece troppo spesso la tesi che nazisti e comunisti siano andati a braccetto per combattere le istituzioni weimariane e si citano sempre i due episodi in cui si trovarono sullo stesso fronte contro la SPD: il referendum contro il governo prussiano retto da Otto Braun e lo sciopero dei trasporti pubblici di Berlino nel novembre 1932; non si parla quasi mai degli scontri che hanno opposto anche sul piano fisico proletari organizzati dalla KPD e le squadre naziste. Un altro testimone di quei giorni, il giornalista e aspirante-storico americano William Shirer, liquida la resistenza del proletariato berlinese in questi termini: "Le squadre di assalto (le SA) percorrevano le vie desiderose di battersi e di spargere sangue, e spesso le loro provocazioni furono raccolte, specie dai comunisti" (Storia del Terzo Reich, vol. I, Tascabili Einaudi 1990, p. 257).
Voglio anche precisare che riconoscere il ruolo centrale svolto in quegli anni a Berlino da Walter Ulbricht, il grande avversario di Joseph Goebbels, non significa esaltare il ruolo che lo stesso Ulbricht ebbe come capo della SED e primo ministro della DDR per lunghi anni. Va semmai rilevato come, una volta giunto al potere, Ulbricht abbia preferito sorvolare sui suoi eroici trascorsi weimariani perché, a ricordarli come essi furono veramente, si rischiava di mettere in crisi i rapporti con i socialdemocratici e si rischiava di contraddire l'immagine perbenista e legalitaria che il comunismo postbellico intendeva dare di sé.

(ripreso da Sergio Bologna, Nazismo e classe operaia 1933-1993, Manifestolibri, Roma, 1996, pp. 125-137)

1 commento:

  1. Sturmabteilung:
    http://en.wikipedia.org/wiki/Sturmabteilung
    http://es.wikipedia.org/wiki/Sturmabteilung

    Joseph Goebbels:
    http://en.wikipedia.org/wiki/Joseph_Goebbels
    http://fr.wikipedia.org/wiki/Goebbels
    http://es.wikipedia.org/wiki/Joseph_Goebbels

    Partito Comunista Tedesco (KPD):
    http://en.wikipedia.org/wiki/KPD
    http://fr.wikipedia.org/wiki/Kommunistische_Partei_Deutschlands
    http://es.wikipedia.org/wiki/Partido_Comunista_de_Alemania

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