"La definizione che abbiamo dato del fascismo come rivoluzione di destra resta in sostanza comune a tutte le sue varianti" (George L. Mosse)(1)
Il termine "nazionalbolscevismo" comparve per la prima volta in un opuscolo dal titolo omonimo, pubblicato dopo la Prima Guerra Mondiale in Germania, scritto da un accademico di destra, tale Eltzbacher, che di fronte alle sanzioni economiche e all'occupazione militare degli Alleati vittoriosi auspicava una Germania bolscevizzata. Nel biennio 1919-'20, i comunisti Wolffheim e Laufenberg ripresero queste teorizzazioni, richiamandosi alle tesi di W. Rathenau per la "resistenza armata" di tutto il popolo contro l'imperialismo e, implicitamente, alle classiche tesi fichtiane sullo "Stato corporativo chiuso", battendosi per la collaborazione tra "nazionalisti rivoluzionari" e Partito comunista, sia contro i capitalisti che contro la socialdemocrazia.(2)
Secondo numerosi storici, soprattutto di scuola liberale, tale convergenza tra "opposti estremismi" contro la democrazia non solo vide in seguito la luce ma fu la causa della morte della Repubblica di Weimar e, a supporto di tale tesi si citano come prove il referendum contro il governo prussiano retto dal socialdemocratico Otto Braun e lo sciopero dei trasporti pubblici di Berlino con la strana intesa tra le "camicie brune" delle SA (Sturmabteilung) e la Lega dei combattenti del Fronte Rosso; in realtà però tale visione non tiene conto della guerra civile combattuta strada per strada dai militanti comunisti del KPD, assieme agli anarcosindacalisti della FAU (Freie Arbeiter Union) e a settori operai socialdemocratici, contro le squadre naziste. Le responsabilità della sinistra social-comunista tedesca furono semmai altre, a partire dal fallimentare progetto di costruzione di un socialismo di Stato, in grado di eliminare le contraddizioni tra Capitale e Lavoro, fatto proprio dai nazisti e poi usato da Hitler nella costruzione del suo Stato totalitario; inoltre rimane un'ombra inquietante la connivenza di buona parte della sinistra tedesca di fronte al montante antisemitismo.
La questione centrale resta però in gran parte da indagare e riguarda l'identità "anticapitalista" e "antiborghese" che la propaganda nazionalsocialista seppe costruire attorno al suo effettivo ruolo reazionario e antiproletario, affermandosi anche in settori decisamente popolari; sovente infatti si tende a dimenticare che le prime SA fondate nel '21 erano composte da operai, disoccupati e sottoproletari, e che i veri artefici dell'affermazione nazista nelle roccaforti operaie di Amburgo, Berlino e Lipsia furono dei "filosovietici" come i fratelli Strasser(3) assieme all'organizzazione delle cellule di fabbrica nazionalsocialiste (NSBO) di Reinhold Muchow.(4)
Se si considerano le ricerche statistiche riguardanti la composizione sociale degli elettori del Partito Nazista, dei suoi iscritti e dei membri delle SA c'è di che rimanere allibiti; bastino solo alcune cifre: gli operai dequalificati costituivano tra il '25 e il '33 la categoria sociale più numerosa tra i membri del NSDAP (ossia del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori) e il 62% circa degli squadristi SA erano lavoratori industriali e agricoli.(5)
L'estrazione popolare e proletaria di buona parte delle SA, assieme all'estremismo socialista di alcuni suoi comandanti legati a Gregor Strasser, tra l'altro determinarono tra il dicembre `32 e il gennaio '33 autentici casi di rivolta contro la direzione politica imposta da Hitler; nella Franconia Centrale buona parte delle 6-7.000 "camicie brune" sotto la guida del loro comandante Wilhelm Stegmann costituirono un'organizzazione paramilitare indipendente affermando che le SA dovevano smettere di essere soltanto i "vigili del fuoco" o le "guardie di palazzo". Analoga sedizione si registrò in Assia e a Berlino vi furono scontri tra SA e SS. Inoltre "in diverse parti del paese membri delle SA delusi passarono ai comunisti, che li arruolarono prontamente nei propri reparti paramilitari".(6)
La corrente "anticapitalista" del nazismo fu molto forte sino ai primi anni Trenta e, oltre che all'interno di ampi settori delle SA, la sua influenza era avvertibile a diversi livelli della società tedesca.
Nel '33 il presidente dell'Alta Slesia, Bruckner, attaccò con forza i grandi industriali "la cui vita è una continua provocazione". A Berlino, tale Koeler, della Federazione operaia nazista, ebbe a dichiarare: "Il capitalismo si arroga il diritto esclusivo di dare lavoro alle condizioni da lui medesimo stabilite. Questo dominio è immorale e dobbiamo spezzarlo", mentre Kube, capo del gruppo nazista al Landtag prussiano, se la prendeva con i latifondisti ed il governo sollecitando la riforma agraria mediante la confisca prevista dal programma del partito.
Da tempo ormai però il führer aveva deciso altrimenti incaricando il principale capitalista tedesco, Krupp von Bohlen, della riorganizzazione dell'industria tedesca, mentre il Consiglio generale dell'economia risultava composto da 17 membri, comprendenti tutti i maggiori industriali e i più importanti banchieri della nazione che avevano appoggiato la controrivoluzione nazista.
Dopo la conquista del potere Hitler, ormai Cancelliere del Reich, avviò pertanto un'opera di spietata normalizzazione interna al fine di "mantenere l'ordine nelle strutture economiche (...) secondo le leggi originarie radicate nell'umana natura"; l'apice di tale stabilizzazione venne raggiunto il 30 giugno 1934 durante "La Notte dei Lunghi Coltelli", quando vennero sterminati un certo numero di politici conservatori scomodi, personalità cattoliche e militari dissidenti, assieme alla "sinistra" del nazionalsocialismo facente capo al capi delle SA di Röhm, e a settori di destra, capeggiati dall'ex-cancelliere generale von Schleicher, che tramavano contro Hitler utilizzando tatticamente anche la corrente "rossa" del Partito nazista che si riconosceva in Gregor Strasser; ma il senso principale del massacro fu quello descritto con precisione da Julius Evola: "Fra le SA, le Camicie Brune, il cui capo era Ernst Röhm, si era fatta largo l'idea di una 'seconda rivoluzione' o di un secondo tempo della rivoluzione; si denunciava il sussistere nel Reich di gruppi 'reazionari', che erano quelli della Destra, e una combutta di Hitler coi 'baroni dell'esercito e dell'industria' (...) Ebbene, il 30 giugno 1934 valse essenzialmente come lo stroncamento di questa corrente radicalista del partito e di un suo supposto complotto".(7)
D'altra parte fu lo stesso Hitler, durante il discorso pronunciato al Reichstag il 13 luglio seguente, ad assumersi la responsabilità di "giustiziere supremo del popolo tedesco" e a rivendicare la legittimità delle centinaia di assassini compiuti dalle SS e dalla Gestapo che in questo modo avevano sventato una "rivoluzione nazionalbolscevica".(8)
Sul finire del `34 e ai primi del `35 circa centocinquanta comandanti delle SS furono trovati uccisi; sui loro cadaveri un cartoncino con le lettere R.R. per Röhms Rächer (Vendicatori di Röhm) farebbe pensare ad un'estrema vendetta dei nazisti ormai nemici di Hitler; ma ormai per il Fronte Nero, per Opposizione e per gli altri gruppi della Rivoluzione Conservatrice, su posizioni diverse ma accomunati dalla visione secondo cui Germania e Unione Sovietica avrebbero dovuto dare vita ad un'alleanza anticapitalista in funzione anti-Occidente, non rimaneva che scomparire in attesa di momenti più propizi che si sarebbero presentati sul finire della Seconda Guerra Mondiale.
Interessante peraltro notare che anche una parte del fascismo russo avrebbe maturato simili convinzioni, giungendo ad affermare che "le aspirazioni nazionali della Russia si sono espresse nell'azione del Partito comunista e dei suoi dirigenti" e ritenendo che lo stalinismo avesse finito per riflettere le loro idee.(9)
Il destino dei sospetti nazionalbolscevichi tedeschi, schedati e perseguitati dalla Gestapo (10), fu in alcuni casi quello dell'eliminazione fisica o della deportazione nei lager,(11) tanto che sono stati definiti come i "trotzkisti" del nazionalsocialismo; ma così come difficilmente si può negare che Trotzky sia stato un comunista per il fatto che venne fatto assassinare da Stalin, altrettanto difficilmente si può negare che i nazionalbolscevichi siano stati solo la "sinistra" del movimento nazista e, paradossalmente, lo stesso Hitler fu a modo suo "nazionalbolscevico" quando nel '39 Ribbentrop e Molotov firmarono l'infame patto di non-aggressione tra Germania ed URSS.
(ripreso da Archivio Antifascista Venezia, Quando il fascismo si tinge di rosso, "Intermarx", http://www.intermarx.com/ossto/archivio.html)
Note
(1) Cfr. George Mosse, Intervista sul nazismo, Laterza, Bari 1977, p. 106.
(2) Cfr. Giancarlo Buonfino, "Teatro Totale: Massenspiel e Chorspiel", in Aa.Vv., Avanguardia Dada Weimar, Arsenale Cooperativa Editrice, Venezia 1978, pp. 36-37.
(3) Seguaci di Hitler fin dall'inizio, i fratelli Strasser ottennero ottimi risultati politici nella Germania Settentrionale, svolgendo un'opera di agitazione e propaganda da posizioni che rivendicavano il carattere völkisch (nazionalpatriottico) dell'esperienza bolscevica, posizioni alla fine degli anni Venti condivise anche da Joseph Goebbels, futuro ministro della propaganda, che nel '25 affermava di credere nel "socialismo del proletariato". Gregor, la cui popolarità all'interno del movimenti era seconda soltanto a quella di Hitler, verso la metà degli anni Venti divenne responsabile del complesso apparato organizzativo ed anche capo amministrativo del Partito nazista; ma sia lui che il fratello Otto, seppur seguendo percorsi diversi, entrarono in contrasto con la direzione hitleriana. Gregor divenne capo dell'ala "socialista" del partito, ma nel '32 si dimise da ogni incarico e se ne andò in Italia sia per divergenze politiche e ideologiche sia per le macchinazioni di Goering e di Himmler che pure era stato suo segretario. Il cancelliere Kurt von Schleicher a quel punto cercò di assicurarsi la collaborazione di Hitler sfruttando una possibile scissione all'interno del Partito nazista capeggiata da Gregor Strasser, ma questi non volle prendersi una simile responsabilità e si ritirò dalla politica occupandosi soltanto della direzione della casa farmaceutica Schering-Kahlbaum; ma ciò nonostante durante la Notte dei Lunghi Coltelli venne catturato ed ucciso. Suo fratello Otto ruppe con Hitler fin dal '28 e nel '30, accusandolo di aver tradito gli ideali socialisti del movimento, dette vita ad una vera scissione dal partito nazista, formando il Fronte Nero (Schwarze Front) che rappresentò senza dubbio, la principale organizzazione dei nazionalboscevichi, che ben presto furono costretti a svolgere attività clandestina o ad espatriare come fece lo stesso Otto nel '33 (Sul Fronte Nero si veda Armin Mohler, La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932, Akropolis/La Roccia di Erec, Firenze 1990; Luciano Picciafuochi, Chi sono i nazisti "di sinistra", in "Praxis", luglio-agosto 1998).
(4) Reinhold Muchow, leader della Nationalsozialistiche Betriebszellen-Organisation, venne eliminato in circostanze misteriose nel settembre del '33.
(5) 9 Cfr. P. Ortoleva e Marco Revelli, La società contemporanea, Edizioni Bruno Mondadori, Milano 1986, pp. 408-409; vedi anche Sergio Bologna, Nazismo e Classe Operaia 1933-1993, Cox 18-Calusca City Lights, Milano 1994.
(6) Cfr. Henry Ashby Turner Jr., I trenta giorni di Hitler. Come il nazismo arrivò al potere, Mondadori, Milano 1997, p. 89.
(7) Cfr. Julius Evola, Note sul III Reich, in appendice a Aa.Vv., Il fascismo visto dalla Destra, Volpe, Roma 1979, pp.160-161.
(8) Cfr. Jacques Delarue, Storia della Gestapo, Dall'Oglio Editore, Varese 1964, p. 178.
(9) Cfr. Sergej Kulesov e Vittorio Strada, Il fascismo russo, Marsilio, Venezia 1998, pag. 25.
(10) Il principale compito della Gestapo era la "repressione dei sovversivi" ma questa dizione generica comprendeva varie categorie; in una pubblicazione interna della Gestapo, destinata agli aspiranti agenti e redatta dal commissario Wendzio si precisava che "in particolare noi, sotto tale denominazione, intendiamo comunismo, marxismo, ebrei, religioni politicizzate, massoneria, scontenti della politica (mormoratori), opposizione nazionale, reazione, Fronte Nero (Strasser), sabotatori dell'economia, delinquenti abituali, rei di pratiche abortive e omosessuali (...), traditori e spie" ed era la sezione IV-A-3, diretta da Litzenberg, ad occuparsi dei "nazionalbolscevichi" (Cfr. articolo di Giuseppe Mayda, "Gestapo, il braccio violento del nazismo", in "Storia Illustrata", n. 207, Milano, febbraio 1975).
(11) Tra questi vanno citati Reck-Malleczewen, Albrecht Haushofer e in particolare il percorso di Ernst Niekish, già consiliarista e quindi fondatore del giornale "Widerstand" e del gruppo Widerstand-bewegung, rinchiuso in un lager dal '34 al '45; i nazionalcomunitaristi attuali inseriscono in tale elenco anche Harro Schultze-Boysen impiccato però in quanto "agente di una potenza nemica" (Cfr. A. Mohler, op. cit., p. 12).
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lunedì 25 gennaio 2010
giovedì 21 gennaio 2010
Ernst Niekisch. Un rivoluzionario tedesco (1889-1967), di Josè Cuadrado Costa
Ernst Niekisch è la figura più rappresentativa del complesso e multiforme panorama che offre il movimento nazional-bolscevico tedesco degli anni 1918-1933. In lui si incarnano con chiarezza le caratteristiche - e le contraddizioni - evocate dal termine nazional-bolscevico e che rispondono molto più ad uno stato d'animo, ad una disposizione attivista, che ad una ideologia dai contorni precisi o ad una unità organizzativa, poiché questo movimento era composto da una infinità di piccoli circoli, gruppi, riviste ecc. senza che ci fosse mai stato un partito che si fosse qualificato nazional-bolscevico. E' curioso constatare come nessuno di questi gruppi o persone usò questo appellativo (se escludiamo la rivista di Karl Otto Paetel, "Die Sozialistische Nation") bensì che l'aggettivo fu impiegato in modo dispregiativo, non scevro di sensazionalismo, dalla stampa e dai partiti sostenitori della Repubblica di Weimar, dei quali tutti i nazional-bolscevichi furono feroci nemici non essendoci sotto questo punto di vista differenze fra gruppi d'origine comunista che assimilarono l'idea nazionale ed i gruppi nazionalisti disposti a perseguire scambi economici radicali e l'alleanza con l'URSS per distruggere l'odiato sistema nato dal Diktat di Versailles. Ernst Niekisch nacque il 23 maggio 1889 a Trebnitz (Slesia). Era figlio di un limatore che si trasferì a Nordlingen im Reis (Baviera-Svevia) nel 1891. Niekisch frequenta gli studi di magistero, che termina nel 1907, esercitando poi a Ries e Augsburg. Non era frequente nella Germania guglielmina - quello Stato in cui si era realizzata la vittoria del borghese sul soldato secondo Carl Schmitt - che il figlio di un operaio studiasse, per cui Niekisch dovette soffrire le burle e l'ostilità dei suoi compagni di scuola. Già in quel periodo era avido di sapere ("Una vita da nullità è insopportabile", dirà) e divorato da un interiore fuoco rivoluzionario; legge Hauptmann, Ibsen, Nietzsche, Schopenhauer, Kant, Hegel e Macchiavelli, alla cui influenza si aggiungerà quella di Marx, a partire dal 1915. Arruolato nell'esercito nel 1914, seri problemi alla vista gli impediscono di giungere al fronte, per cui eserciterà, sino al febbraio del 1917, funzioni di istruttore di reclute ad Augsburg. Nell'ottobre del 1917 entra nel Partito Socialdemocratico (SPD) e si sente fortemente attratto dalla rivoluzione bolscevica. E' di quell'epoca il suo primo scritto politico, oggi perso, intitolato significativamente Licht aus dem osten (Luce dall'Est), nel quale già formulava ciò che sarà una costante della sua azione politica: l'idea della "Ostorientierung". La diffusione di questo foglio sarà sabotata dallo stesso SPD al cui periodico di Augsburg "Schwabischen Volkszeitung" collaborava Niekisch. Il 7 novembre 1918 Eisner, a Monaco, proclama la Repubblica. Niekisch fonda il Consiglio degli Operai e Soldati di Augsburg e ne diviene il presidente, dopo esserlo già stato del Consiglio Centrale degli Operai, Contadini e Soldati di Monaco nel febbraio e nel marzo del 1919. Egli è l'unico membro del Comitato Centrale che vota contro la proclamazione della prima Repubblica sovietica in Baviera, poiché considera che questa, in ragione del suo carattere agrario, sia la provincia tedesca meno idonea a realizzare l'esperimento. Malgrado ciò, con l'entrata dei Freikorps a Monaco, Niekisch viene arrestato il 5 maggio - giorno in cui passa dal SPD al Partito Socialdemocratico Indipendente (USPD). lI 22 giugno viene condannato a due anni di fortezza per la sua attività nel Consiglio degli Operai e Soldati, per quanto non abbia avuto nulla a che vedere con i crimini della Repubblica sovietica bavarese. Niekisch sconta integralmente la sua pena, e nonostante l'elezione al parlamento bavarese nelle liste della USPD non sarà liberato fino all'agosto del 1921. Frattanto, si ritrova nel SPD per effetto della riunificazione dello stesso con la USPD (la scissione si era determinata durante la guerra mondiale). Niekisch non è assolutamente d'accordo con la politica condiscendente dell'SPD - per temperamento era incapace di sopportare le mezze tinte o i compromessi - ed a questa situazione di sdegno si aggiungevano le minacce contro di lui e la sua famiglia (si era sposato nel 1915 ed aveva un figlio); così rinuncia al suo mandato parlamentare e si trasferisce a Berlino, dove entra nella direzione della segreteria giovanile del grande sindacato dei tessili, un lavoro burocratico che non troverà di suo gradimento. I suoi rapporti con L'SPD si deteriorano progressivamente, per il fatto che Niekisch si oppone al pagamento dei danni di guerra alla Francia e al Belgio e appoggia la resistenza nazionale quando la Francia occupa il bacino della Ruhr, nel gennaio del 1923. Dal 1924 si oppone anche al Piano Dawes, che regola il pagamento dei danni di guerra imposto alla Germania a Versailles. Niekisch attaccò frontalmente la posizione dell'SPD di accettazione del Piano Dawes in una conferenza di sindacalisti e socialdemocratici scontrandosi con Franz Hilferding, principale rappresentante della linea ufficiale.
NeI 1925 Niekisch, che è redattore capo della rivista socialista Firn (Il nevaio), pubblica i due primi lavori giunti fino a noi: Der Weg der deutschen Arbeiterschaft zum Staat e Grundfragen deutscher Aussenpolitik. Entrambe le opere testimoniano una influenza di Lassalle molto maggiore di quella di Marx-Engels, un aspetto che fa somigliare queste prime prese di posizione di Niekisch a quelle assunte nell'immediato dopoguerra dai comunisti di Amburgo, che si separarono dal Partito Comunista Tedesco (KPD) per fondare il Partito Comunista Operaio Tedesco (KAPD), guidato da Laufenberg e Wolffheim, che era un accanito partigiano della lotta di liberazione contro Versailles (questo partito, che giunse a disporre di una base abbastanza ampia, occupa un posto importante nella storia del nazionalbolscevismo). Nei suoi scritti del 1925, Niekisch propone che l'SPD si faccia portavoce dello spirito di resistenza del popolo tedesco contro l'imperialismo capitalista delle potenze dell'Intesa, ed allo stesso tempo sostiene che la liberazione sociale delle masse proletarie ha come presupposto inevitabile la liberazione nazionale. Queste idee, unite alla sua opposizione alla politica estera filofrancese dell'SPD ed alla sua lotta contro il Piano Dawes, gli attirano la sfiducia dei vertici socialdemocratici. Il celebre Eduard Bernstein lo attaccherà per suoi atteggiamenti nazionalistici sulla rivista "Glocke". In realtà, Niekisch non fu mai marxista nel senso ortodosso della parola: concedeva al marxismo valore di critica sociale, ma non di Weltanschauung, ed immaginava lo Stato socialista al di sopra di qualsiasi interesse di classe, come esecutore testamentario di Weimar e Königsberg (cioè di Goethe e Kant). Si comprende facilmente come questo genere di idee non fossero gradite all'imborghesita direzione dell'SPD... Ma Niekisch non era isolato in seno al movimento socialista, poiché manteneva stretti rapporti con il Circolo Hofgeismar della Gioventù Socialista, che ne rappresentava l'ala nazionalista fortemente influenzata dalla Rivoluzione conservatrice. Niekisch scrisse spesso su "Rundbrief", la rivista di questo circolo, dal quale usciranno fedeli collaboratori quando avrà inizio l'epoca di "Widerstand": fra essi Benedikt Obermayr, che lavorerà con Darré nel Reichsmährstand. Poco a poco l'SPD comincia a disfarsi di Niekisch: per le pressioni del suo primo presidente, Niekisch fu escluso dal suo posto nel sindacato dei tessili, e nel luglio del 1925 anticipò con le dimissioni dall'SPD il provvedimento di espulsione avviato contro di lui, ed il cui risultato non dava adito a dubbi. Inizia ora il periodo che riserverà a Niekisch un posto nella storia delle idee rivoluzionarie del XX secolo: considerando molto problematico lo schema "destra-centro-sinistra", egli si sforza di raggruppare le migliori forze della destra e della sinistra (conformemente alla celebre immagine del ferro di cavallo, in cui gli estremi si trovano più vicini fra loro di quanto non lo siano con il centro) per la lotta contro un nemico che definisce chiaramente: all'esterno l'Occidente liberale ed il Trattato di Versailles; all'interno il liberalismo di Weimar. Nel luglio del 1926 pubblica il primo numero della rivista Widerstand ("Resistenza"), e riesce ad attirare frazioni importanti - per numero ed attivismo - dell'antico Freikorps "Bund Oberland" mentre aderisce all'Altsozialdemokratische Partei (ASP) della Sassonia, cercando di utilizzarlo come piattaforma per i suoi programmi di unificazione delle forze rivoluzionarie. Per questa ragione si trasferisce a Dresda, dove dirige il periodico dell'ASP ("Der Volkstaat"), conducendo una dura lotta contro la politica filo-occidentale di Stresemann, opponendo al trattato di Locarno, con il quale la Germania riconosceva come definitive le sue frontiere occidentali ed il suo impegno a pagare i danni di guerra, lo spirito del trattato di Rapallo (1922), con il quale la Russia sovietica e la Germania sconfitta - i due paria d'Europa - strinsero le loro relazioni solidarizzando contro le potenze vincitrici. L'esperienza con l'ASP termina quando questo partito è sconfitto nelle elezioni del 1928, e ridotto ad entità insignificante. Questo insuccesso non significa assolutamente che Niekisch abbandoni la lotta scoraggiato. Al contrario, è in questo periodo che scriverà le sue opere fondamentali: Gedanken über deutsche Politik, Politik und idee (entrambe del 1929), Entscheidung (1930: il suo capolavoro), Der Politische Raum deutschen Widerstandes (1931) e Politik deutschen Widerstandes (1932). Parallelamente a questa attività pubblicistica, continua a pubblicare la rivista "Widerstand", fonda la casa editrice che porta lo stesso nome nel 1928 e viaggia in tutti gli angoli della Germania come conferenziere. Il solo elenco delle personalità con le quali ha rapporti è impressionante (dal maggio 1929 si trasferisce definitivamente a Berlino): il filosofo Alfred Baeumler gli presenta Ernst e Georg Jünger, con i quali avvia una stretta collaborazione; mantiene rapporti con la sinistra del NSDAP. il conte Ernst zu Reventlow, Gregor Strasser (che gli offrirà di diventare redattore capo dei "Voelkischer Beobachter") e Goebbels, che è uno dei più convinti ammiratori del suo libro Entscheidung (Decisione). E' pure determinante la sua amicizia con Carl Schmitt. Nell'ottobre del 1929, Niekisch è l'animatore dell'azione giovanile contro il Piano Young (un altro piano di "riparazioni"), pubblicando sul periodico "Die Kommenden", il 28 febbraio del 1930, un ardente appello contro questo piano, sottoscritto da quasi tutte le associazioni giovanili tedesche - fra le quali la Lega degli Studenti Nazionalsocialisti e la Gioventù Hitleriana -, e che fu appoggiato da manifestazioni di massa. I simpatizzanti della sua rivista furono organizzati in "Circoli Widerstand" che celebrarono tre congressi nazionali negli anni 1930-1932. Nell'autunno del '32 Niekisch va in URSS, partecipando ad un viaggio organizzato dalla ARPLAN (Associazione per lo studio del Piano Quinquennale sovietico, fondata dal professor Friedrich Lenz, altra figura di spicco del nazional-bolscevismo). Questi dati biografici erano indispensabili per presentare un uomo come Niekisch, che è praticamente uno sconosciuto; e per poter comprendere le sue idee, idee che, d'altra parte, egli non espose mai sistematicamente - era un rivoluzionario ed uno scrittore da battaglia -, ne tenteremo una ricostruzione. Dal 1919 Niekisch era un attento lettore di Spengler (cosa che non deve sorprendere in un socialista di quell'epoca, nella quale esisteva a livello intellettuale e politico una compenetrazione tra destra e sinistra, quasi una osmosi, impensabile nelle attuali circostanze), del quale assimilerà soprattutto la famosa opposizione fra "Kultur" e "Zivilisation". Ma la sua concezione politica fu notevolmente segnata dalla lettura di un articolo di Dostoevskij che ebbe una grande influenza nella Rivoluzione conservatrice tramite il Thomas Mann delle Considerazioni di un apolitico, e di Moeller van den Bruck con Germania, potenza protestante (dal Diario di uno scrittore, maggio-giugno 1877, cap. III). Il termine "protestante" non ha nessuna connotazione religiosa, ma allude al fatto che la Germania, da Arminio ad oggi, ha sempre "protestato" contro le pretese romane di dominio universale, riprese dalla Chiesa cattolica e dalle idee della Rivoluzione francese, prolungandosi, come segnalerà Thomas Mann, sino agli obiettivi dell'Intesa che lottò contro la Germania nella Prima Guerra Mondiale. Da questo momento, l'odio verso il mondo romano diventa un aspetto essenziale del pensiero di Niekisch, e le idee espresse in questo articolo di Dostoevskij rafforzano le sue concezioni. Niekisch fa risalire la decadenza del germanesimo ai tempi in cui Carlomagno compì il massacro della nobiltà sassone ed obbligò i sopravvissuti a convertirsi al cristianesimo: cristianesimo che per i popoli germanici fu un veleno mortale, il cui scopo è stato quello di addomesticare il germanesimo eroico al fine di renderlo maturo per la schiavitù romana. Niekisch non esita a proclamare che tutti i popoli che dovevano difendere la propria libertà contro l'imperialismo occidentale erano obbligati a rompere con il cristianesimo per sopravvivere. Il disprezzo per il cattolicesimo si univa in Niekisch all'esaltazione del protestantesimo tedesco, non in quanto confessione religiosa (Niekisch censurava aspramente il protestantesimo ufficiale, che accusava di riconciliarsi con Roma nella comune lotta antirivoluzionaria), ma in quanto presa di coscienza orgogliosa dell'essere tedesco e attitudine aristocratica opposta agli stati d'animo delle masse cattoliche: una posizione molto simile a quella di Rosenberg, visto che difendevano entrambi la libertà di coscienza contro l'oscurantismo dogmatico (Niekisch commentò sulla sua rivista lo scritto di Rosenberg "Il mito del XX secolo"). Questa attitudine ostile dell'imperialismo romano verso la Germania è continuata attraverso i secoli, poiché "ebrei", gesuiti e massoni sono da secoli coloro che hanno voluto schiavizzare ed addomesticare i barbari germanici. L'accordo del mondo intero contro la Germania che si manifesta soprattutto quando questa si è dotata di uno Stato forte, si rivelò con particolare chiarezza durante la Prima Guerra Mondiale, dopo la quale le potenze vincitrici imposero alla Germania la democrazia (vista da Niekisch come un fenomeno di infiltrazione straniera) per distruggerla definitivamente. Il Primato del politico sull'economico fu sempre un principio fondamentale del pensiero di Niekisch. Fortemente influenzato da Carl Schmitt, e partendo da questa base, Niekisch doveva vedere come nemico irriducibile il liberalismo borghese, che valorizza soprattutto i principi economici e considera l'uomo soltanto isolatamente, come unità alla ricerca del suo esclusivo profitto. L'individualismo borghese (con i conseguenti Stato liberale di diritto, libertà individuali, considerazioni dello Stato come un male) e materialismo nel pensiero di Niekisch appaiono come caratteristiche essenziali della democrazia borghese. Nello stesso tempo, Niekisch sviluppa una critica non originale, ma efficace e sincera, del sistema capitalista come sistema il cui motore è l'utile privato e non il soddisfacimento delle necessità individuali e collettive; e che, per di più, genera continuamente disoccupazione. In questo modo la borghesia viene qualificata come nemico interno che collabora con gli Stati occidentali borghesi all'oppressione della Germania. Il sistema di Weimar (incarnato da democratici, socialisti e clericali) rappresentava l'opposto dello spirito e della volontà statale dei tedeschi, ed era il nemico contro il quale si doveva organizzare la “Resistenza". Quello di "Resistenza" è un'altro concetto fondamentale dell'opera di Niekisch. La rivista dallo stesso nome recava, oltre al sottotitolo (prima "Blätter für sozialistische und nationalrevolutionäre Politik", quindi "Zeitschrift für nationalrevolutionäre Politik") una significativa frase di Clausewitz: "La resistenza è un'attività mediante la quale devono essere distrutte tante forze del nemico da indurlo a rinunciare ai suoi propositi". Se Niekisch considerava possibile questa attitudine di resistenza è perché credeva che la situazione di decadenza della Germania fosse passeggera, non irreversibile; e per quanto a volte sottolineasse che il suo pessimismo era "illimitato", si devono considerare le sue dichiarazioni in questo senso come semplici espedienti retorici, poiché la sua continua attività rivoluzionaria è la prova migliore che in nessun momento cedette al pessimismo ed allo sconforto. Abbiamo visto qual era il nemico contro cui dover organizzare la resistenza: "La democrazia parlamentare ed il liberalismo, il modo di vivere francese e l'americanismo". Con la stessa esattezza Niekisch definisce gli obiettivi della resistenza: l'indipendenza e la libertà della Germania, la più alta valorizzazione dello Stato, il recupero di tutti i tedeschi che si trovavano sotto il dominio straniero. Coerente col suo rifiuto dei valori economici, Niekisch non contrappone a questo nemico una forma migliore di distribuzione dei beni materiali, né il conseguimento di una società del benessere: ciò che Niekisch cercava era il superamento del mondo borghese, i cui beni si devono "detestare asceticamente". Il programma di "Resistenza" dell'aprile del 1930 non lascia dubbi da questo punto di vista: nello stesso si chiede il rifiuto deciso di tutti i beni che l'Europa vagheggia (punto 7a), il ritiro dall'economia internazionale (punto 7b), la riduzione della popolazione urbana e la ricostituzione delle possibilità di vita contadina (7c-d), la volontà di povertà ed un modo di vita semplice che deve opporsi orgogliosamente alla vita raffinata delle potenze imperialiste occidentali (7f) e, finalmente, la rinuncia al principio della proprietà privata nel senso del diritto romano, poiché "agli occhi dell'opposizione nazionale, la proprietà non ha senso né diritto al di fuori del servizio al popolo ed allo Stato". Per realizzare i suoi obiettivi, che Uwe Sauermann definisce con precisione identici a quelli dei nazionalisti, anche se le strade e gli strumenti per conseguirli sono nuovi, Niekisch cerca le forze rivoluzionarie adeguate. Non può sorprendere che un uomo proveniente dalla sinistra come lui si diriga in primo luogo al movimento operaio. Niekisch constata che l'abuso che la borghesia ha fatto del concetto "nazionale", impiegato come copertura dei suoi interessi economici e di classe, ha provocato nel lavoratore l'identificazione fra "nazionale" e "socialreazionario", fatto che ha portato il proletariato a separarsi troppo dai legami nazionali per crearsi un proprio Stato. E per quanto questo atteggiamento dell'insieme del movimento operaio sia parzialmente giustificato, non sfugge a Niekisch il fatto che il lavoratore in quanto tale è solo appena diverso da un "borghese frustrato" senz'altra aspirazione che quella di conseguire un benessere economico ed un modo di vivere identico a quello della borghesia. Questa era una conseguenza necessaria al fatto che il marxismo è un ideologia borghese, nata nello stesso terreno del liberalismo e tale da condividere con questo una valorizzazione della vita in termini esclusivamente economici. La responsabilità di questa situazione ricade in gran parte sulla socialdemocrazia che "è soltanto liberalismo popolarizzato e che ha spinto il lavoratore nel suo egoismo di classe, cercando di farne un borghese". Questa attitudine del SPD è quella che ha portato, dopo il 1918, non alla realizzazione della indispensabile rivoluzione nazionale e sociale, bensì "alla ricerca di cariche per i suoi dirigenti” ed alla conversione in una opposizione all'interno del sistema capitalista, anziché in un partito rivoluzionario: l'SPD è un partito liberale e capitalista che impiega una terminologia socialrivoluzionaria per ingannare i lavoratori. Questa analisi è quella che porta Niekisch a dire che tutte le forme di socialismo basate su considerazioni umanitarie sono "tendenze corruttrici che dissolvono la sostanza della volontà guerriera del popolo tedesco". Influenzata molto dal "decisionismo" di Carl Schmitt, l'attitudine di Niekisch verso il KPD è molto più sfumata. Prima di tutto, ed in opposizione al SPD, fermamente basato su concezioni borghesi, il comunismo si regge "su istinti elementari". Del KPD Niekisch apprezza in modo particolare la "struttura autocratica", la "approvazione a voce alta della dittatura". Queste caratteristiche renderebbero possibile utilizzare il comunismo come "mezzo" ed il percorrere insieme una parte della strada. Niekisch accolse con speranza il "Programma di Liberazione Nazionale e Sociale" del KPD (24 agosto 1930) in cui si dichiarava la lotta totale contro le riparazioni di guerra e l'ordine di Versailles, ma quando ciò si rivelò solo una tattica - diretta a frenare i crescenti successi del NSDAP, così come lo era stata la "linea Schlageter" nei 1923, Niekisch denunciò la malafede dei comunisti sul problema nazionale e li qualificò come incapaci di realizzare il compito al quale lui aspirava poiché erano "solo socialrivoluzionari" e per di più poco rivoluzionari. Il ruolo dirigente nel partito rivoluzionario avrebbe quindi dovuto essere ricoperto da un "nazionalista" di nuovo stampo, senza legami con il vecchio nazionalismo (è significativo che Niekisch considerasse il partito tradizionale dei nazionalisti, il DNVP, incapace di conseguire la resurrezione tedesca perché orientato verso l'epoca guglielmina, definitivamente scomparsa). Il nuovo nazionalismo doveva essere socialrivoluzionario, non condizionato, disposto a distruggere tutto quanto potesse ostacolare l'indipendenza tedesca, ed il nuovo nazionalista, fra i cui compiti c'era quello di utilizzare l'operaio comunista rivoluzionario, doveva avere la caratteristica fondamentale di volersi sacrificare e voler servire. Secondo una bella immagine di Niekisch, il comunismo non sarebbe altro che "il fumo che inevitabilmente sale dove un mondo comincia a bruciare". Si è vista l'immagine offerta da Niekisch della secolare decadenza tedesca, ma nel passato tedesco non tutto è oscuro; c'è un modello al quale Niekisch guarderà costantemente: la vecchia Prussia o, come egli dice, l'idea di Potsdam, una Prussia che con l'apporto di sangue slavo possa essere l'antidoto contro la Germania romanizzata. E così che esigerà, fin dai primi numeri di "Widerstand", la resurrezione di "una Germania prussiana, disciplinata e barbara, più preoccupata del potere che delle cose dello spirito". Cosa significa esattamente la Prussia per Niekisch? O.E. Schüddekopf lo ha indicato esattamente quando dice che nella "idea di Potsdam" Niekisch vedeva tutte le premesse del suo nazional-bolscevismo: "Lo Stato totale, l'economia pianificata, l'alleanza con la Russia, una condizione spirituale antiromana, la difesa contro l'Ovest, contro l'Occidente, l'incondizionato Stato guerriero, la povertà...". Nell'idea prussiana di sovranità Niekisch riconosce l'idea di cui hanno bisogno i tedeschi: quella dello "Stato totale", necessario in quanto la Germania, minacciata dall'ostilità dei vicini per la sua condizione geografica, ha bisogno di diventare uno Stato militare. Questo Stato totale deve essere lo strumento di lotta cui deve essere tutto subordinato - l'economia come la cultura e la scienza - affinchè il popolo tedesco possa ottenere la sua libertà. E' evidente, per Niekisch - ed in questo occorre ricercare una delle ragioni più profonde del suo nazional-bolscevismo -, che lo Stato non può dipendere da un'economia capitalista in cui offerta e domanda determinino il mercato; al contrario, l'economia deve essere subordinata allo Stato ed alle sue necessità. Per qualche tempo, Niekisch ebbe fiducia in determinati settori della Reichswehr (pronunciò molte delle sue conferenze in questo ambiente militare) per realizzare l'"idea di Potsdam", ma agli inizi del 1933 si allontanò dalla concezione di una "dittatura della Reichswehr" perché essa non gli appariva sufficientemente "pura" e "prussiana" tanto da farsi portatrice della "dittatura nazionale", e ciò era dovuto, sicuramente, ai suoi legami con le potenze economiche. Un'altro degli aspetti chiave del pensiero di Niekisch è il primato riconosciuto alla politica estera (l'unica vera politica per Spengler) su quella interna. Le sue concezioni al riguardo sono marcatamente influenzate da Macchiavelli (del quale Niekisch era grande ammiratore, tanto da firmare alcuni suoi articoli con lo pseudonimo di Niccolò) e dal suo amico Karl Haushofer. Del primo, Niekisch conserverà sempre la Realpolitik, la sua convinzione che la vera essenza della politica è sempre la lotta fra Stati per il potere e la supremazia, dal secondo apprenderà a pensare secondo dimensioni geopolitiche, considerando che nella situazione di allora - ed a maggior ragione in quella attuale - hanno un peso nella politica mondiale solamente gli Stati costruiti su grandi spazi, e siccome nel 1930 l'Europa centrale di per sè non avrebbe potuto essere altro che una colonia americana, sottomessa non solo allo sfruttamento economico, ma "alla banalità, alla nullità, al deserto, alla vacuità della spiritualità americana", Niekisch propone un grande stato "da Vladivostok sino a Vlessingen", cioè un blocco germano-slavo dominato dallo spirito prussiano con l'imperio dell'unico collettivismo che possa sopportare l'orgoglio umano: quello militare. Accettando con decisione il concetto di "popoli proletari" (come avrebbero fatto i fascisti di sinistra), il nazionalismo di Niekisch era un nazionalismo di liberazione, privo di sciovinismo, i cui obbiettivi dovevano essere la distruzione dell'ordine europeo sorto da Versailles e la liquidazione della Società delle Nazioni, strumento delle potenze vincitrici. Agli inizi del suo pensiero, Niekisch sognava un "gioco in comune" della Germania con i due Paesi che avevano saputo respingere la "struttura intellettuale" occidentale: la Russia bolscevica e l'Italia fascista (è un'altra coincidenza, tra le molte, fra il pensiero di Niekisch e quello di Ramiro Ledesma). Nel suo programma dell'aprile del 1930, Niekisch chiedeva "relazioni pubbliche o segrete con tutti i popoli che soffrono, come il popolo tedesco, sotto l'oppressione delle potenze imperialiste occidentali". Fra questi popoli annoverava l'URSS ed i popoli coloniali dell'Asia e dell'Africa. Più avanti vedremo la sua evoluzione in relazione al Fascismo, mentre ci occuperemo dell'immagine che Niekisch aveva della Russia sovietica. Prima di tutto dobbiamo dire che quest'immagine non era esclusiva di Niekisch, ma che era patrimonio comune di quasi tutti gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice e del nazional-bolscevismo, a partire da Moeller van den Bruck, e lo saranno anche i più lucidi fascisti di sinistra: Ramiro Ledesma Ramos e Drieu la Rochelle. Perchè, in effetti, Niekisch considerava la rivoluzione russa del 1917 prima di tutto come una rivoluzione nazionale, più che come una rivoluzione sociale. La Russia, che si trovava in pericolo di morte a causa dell'infiltrazione dei valori occidentali estranei alla sua essenza, "incendiò di nuovo Mosca" per farla finita con i suoi invasori, impiegando il marxismo come combustibile. Con parole dello stesso Niekisch: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia, in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo Stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c'è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Kerenski era stato solo una testa di legno dell'Occidente che voleva introdurre la democrazia borghese in Russia (Kerenski era, chiaramente, l'uomo nel quale avevano fiducia le potenze dell'Intesa perché la Russia continuasse al loro fianco la guerra contro la Germania); la rivoluzione bolscevica era stata diretta contro gli Stati imperialisti dell'Occidente e contro la borghesia interna favorevole allo straniero ed antinazionale. Coerente con questa interpretazione, Niekisch definirà il leninismo come "ciò che rimane del marxismo quando un uomo di Stato geniale lo utilizza per finalità di politica nazionale", e citerà con frequenza la celebre frase di Lenin che sarebbe diventata il leit-motiv di tutti i nazional-bolscevichi: "Fate della causa del popolo la causa della Nazione e la causa della Nazione diventerà la causa del popolo". Nelle lotte per il potere che ebbero luogo ai vertici sovietici dopo la morte di Lenin, le simpatie di Niekisch erano dirette a Stalin, e la sua ostilità verso Trotzskij (atteggiamento condiviso, fra molti altri, anche da Ernst Jünger e dagli Strasser). Trotzskij ed i suoi seguaci, incarnavano, agli occhi di Niekisch, le forze occidentali, il veleno dell'Ovest, le forze di una decomposizione ostile a un ordine nazionale in Russia. Per questo motivo Niekisch accolse con soddisfazione la vittoria di Stalin e dette al suo regime la qualifica di "organizzazione della difesa nazionale che libera gli istinti virili e combattenti". Il Primo Piano Quinquennale, in corso quando Niekisch scriveva, era "un prodigioso sforzo morale e nazionale destinato a conseguire l'autarchia". Era quindi l'aspetto politico-militare della pianificazione ciò che affascinava Niekisch, gli aspetti socio-economici (come nel caso della sua valutazione del KDP) lo interessavano appena. Fu in questo modo che poté coniare la formula: "collettivismo + pianificazione = militarizzazione del popolo". Quanto Niekisch apprezzava della Russia è esattamente il contrario di quanto ha attratto gli intellettuali marxisti degenerati: "La violenta volontà di produzione per rendere forte e difendere lo Stato, l'imbarbarimento cosciente dell'esistenza... l'attitudine guerriera, autocratica, dell'élite dirigente che governa dittatorialmente, l'esercizio per praticare l'ascesi di un popolo...". Era logico che Niekisch vedesse nell'Unione Sovietica il compagno ideale di un'alleanza con la Germania, poiché incarnava i valori antioccidentali cui Niekisch aspirava. Inoltre, occorre tener presente che in quell'epoca l'URSS era uno Stato isolato, visto con sospetto dai paesi occidentali ed escluso da ogni tipo di alleanza, per non dire circondato da Stati ostili che erano praticamente satelliti della Francia e dell'Inghilterra (Stati baltici, Polonia, Romania); a questo bisogna poi aggiungere che fino a ben oltre gli inizi degli anni '30, l'URSS non faceva parte della Società delle Nazioni né aveva rapporti diplomatici con gli USA. Niekisch riteneva che un'alleanza Russia-Germania fosse necessaria anche per la prima, poiché "la Russia deve temere l'Asia", e solo un blocco dall'Atlantico al Pacifico poteva contenere "la marea gialla", allo stesso modo in cui solo con la collaborazione tedesca la Russia avrebbe potuto sfruttare le immense risorse della Siberia. Abbiamo visto per quali ragioni la Russia appariva a Niekisch come un modello. Ma per la Germania non si trattava di copiare l'idea bolscevica, di accettarla in quanto tale. La Germania - e su questo punto Niekisch condivide l'opinione di tutti i nazionalisti - deve cercare le sue proprie idee e forme, e se la Russia veniva portata ad esempio, la ragione era che aveva organizzato uno Stato seguendo la "legge di Potsdam" che avrebbe dovuto ispirare anche la Germania. Organizzando uno Stato assolutamente antioccidentale, la Germania non avrebbe imitato la Russia, ma avrebbe recuperato la propria specificità, alienata nel corso di tutti quegli anni di sottomissione allo straniero e che si era incarnata nello Stato russo. Per quanto gli accordi con la Polonia e la Francia sondati dalla Russia saranno osservati con inquietudine da Niekisch, che difenderà appassionatamente l'Unione Sovietica contro le minacce di intervento e contro le campagne condotte a sue discapito dalle confessioni religiose. Inoltre, per Niekisch "una partecipazione della Germania alla crociata contro la Russia significherebbe... un suicidio". Questo sarà il rimprovero più importante - e convincente - di Niekisch al nazionalsocialismo, e con ciò giungiamo ad un punto che non cessa di provocare una certa perplessità: l'atteggiamento di Niekisch verso il nazionalsocialismo. Questa perplessità non è solo nostra; durante l'epoca che studiamo, Niekisch era visto dai suoi contemporanei più o meno come un "nazi". Certamente, la rivista paracomunista "Aufbruch" lo accomunava a Hitler nel 1932; più specifica, la rivista sovietica "Moskauer Rundschau" (30 novembre 1930), qualificava il suo "Entscheidung" come "l'opera di un romantico che ha ripreso da Nietzsche la sua scala di valori". Per dei critici moderni come Armin Mohler "molto di quanto Niekisch aveva chiesto per anni sarà realizzato da Hitler", e Faye segnala che la polemica contro i nazionalsocialisti, per il linguaggio che usa "lo colloca nel campo degli stessi". Cosa fu dunque ciò che portò Niekisch ad opporsi al nazionalsocialismo? Da un'ottica retrospettiva, Niekisch considera il NSDAP fino al 1923 come un "movimento nazional-rivoluzionario genuinamente tedesco", ma dalla rifondazione del Partito, nel 1925, pronuncia un'altro giudizio, nello stesso modo in cui modificherà il suo precedente giudizio sul fascismo italiano. Troviamo l'essenziale delle critiche di Niekisch al nazionalsocialismo in un opuscolo del 1932: "Hitler - ein deutsches Verhängnis" (Hitler, una fatalità tedesca) che apparve illustrato con impressionanti disegni di un artista di valore: A. Paul Weber. Dupeux segnala con esattezza che queste critiche non sono fatte dal punto di vista dell'umanitarismo e della democrazia, com'è usuale ai nostri giorni, e Sauermann lo qualifica come un "avversario in fondo essenzialmente rassomigliante". Niekisch considerava "cattolico", "romano" e "fascista" il fatto di dirigersi alle masse e giunse ad esprimere "l'assurdo" (Dupeux) che: "chi è nazista, presto sarà cattolico". In questa critica occorre vedere, per cercare di comprenderla, la manifestazione di un atteggiamento molto comune fra tutti gli autori della Rivoluzione conservatrice, che disprezzavano come "demagogia" qualsiasi lavoro fra le masse, ed occorre ricordare, anche, che Niekisch non fu mai un tattico né un "politico pratico". Allo stesso tempo occorre mettere in relazione la sfiducia verso il nazionalsocialismo con le origini austriache e bavaresi dello stesso, poiché abbiamo già visto che Niekisch guardava con diffidenza ai tedeschi del sud e dell'ovest, come influenzati dalla romanizzazione. D'altra parte, Niekisch rimprovera al nazionalsocialismo la sua "democraticità" alla Rousseau e la sua fede nel popolo. Per Niekisch l'essenziale è lo Stato: egli sviluppò sempre un vero "culto dello Stato", perfino nella sua epoca socialdemocratica, per cui risulta per lo meno grottesco qualificarlo come un "sindacalista anarchico" (sic). Niekisch commise gravi errori nella sua valutazione del nazionalsocialismo, come il prendere sul serio il "giuramento di legalità" pronunciato da Hitler nel corso del processo al tenente Scheringer, senza sospettare che si trattava di mera tattica (con parole di Lenin, un rivoluzionario deve saper utilizzare tutte le risorse, legali ed illegali, servirsi di tutti i mezzi secondo la situazione, e questo Hitler lo realizzò alla perfezione), e ritenere che Hitler si trovasse molto lontano dal potere... nel gennaio del 1933. Questi errori possono spiegarsi facilmente, come ha fatto Sauermann, con il fatto che Niekisch giudicava il NSDAP più basandosi sulla propaganda elettorale che sullo studio della vera essenza di questo movimento. Tuttavia, il rimprovero fondamentale concerne la politica estera. Per Niekisch, la disponibilità - espressa nel "Mein Kampf" - di Hitler ad un'intesa con Italia ed Inghilterra e l'ostilità verso la Russia erano gli errori fondamentali del nazionalsocialismo, poiché questo orientamento avrebbe fatto della Germania un "gendarme dell'Occidente". Questa critica è molto più coerente delle anteriori. L'assurda fiducia di Hitler di poter giungere ad un accordo con l'Inghilterra gli avrebbe fatto commettere gravi errori (Dunkerque, per citarne uno); sulla sua alleanza con l'Italia, determinata dal sentimento e non dagli interessi - ciò che è funesto in politica - egli stesso si sarebbe espresso ripetutamente e con amarezza. Per quanto riguarda l'URSS, fra i collaboratori di Hitler Goebbels fu sempre del parere che si dovesse giungere ad un intesa, e perfino ad un'alleanza con essa, e ciò non solo nel periodo della sua collaborazione con gli Otto Strasser, ma sino alla fine del III Reich, come ha dimostrato inequivocabilmente il suo ultimo addetto stampa Wilfred von Owen nel suo diario ("Finale furioso. Con Goebbels sino alla fine"), edito per la prima volta - in tedesco - a Buenos Aires (1950) e proibito in Germania sino al 1974, data in cui fu pubblicato dalla prestigiosa Grabert-Verlag di Tübingen, alla faccia degli antisovietici e filo-occidentali di professione. La denuncia, sostenuta da Niekisch, di qualsiasi crociata contro la Russia, assunse toni profetici quando evocò in un'immagine angosciosa "le ombre del momento in cui le forze... della Germania diretta verso l'Est, sperperate, eccessivamente tese, esploderanno... Resterà un popolo esausto, senza speranza, e l'ordine di Versailles sarà più forte che mai". Indubbiamente Ernst Niekisch esercitò, negli anni dal 1926 al 1933, una influenza reale nella politica tedesca, mediante la diffusione e l'accettazione dei suoi scritti negli ambienti nazional-rivoluzionari che lottavano contro il sistema di Weimar. Questa influenza non deve essere valutata, certamente in termini quantitativi: l'attività di Niekisch non si orientò mai verso la conquista delle masse, né il carattere delle sue idee era il più adeguato a questo fine. Per fornire alcune cifre, diremo che la sua rivista "Widerstand" aveva una tiratura che oscillava fra le 3.000 e le 4.500 copie, fatto che è lungi dall'essere disprezzabile per l'epoca, ed in più trattandosi di una rivista ben presentata e di alto livello intellettuale; i circoli "Resistenza" raggruppavano circa 5.000 simpatizzanti, dei quali circa 500 erano politicamente attivi. Non è molto a paragone dei grandi partiti di massa, ma l'influenza delle idee di Niekisch dev'essere valutata considerando le sue conferenze, il giro delle sue amicizie (di cui abbiamo già parlato), i suoi rapporti con gli ambienti militari, la sua attività editoriale, e soprattutto, la speciale atmosfera della Germania in quegli anni, in cui le idee trasmesse da "Widerstand" trovavano un ambiente molto ricettivo nelle Leghe paramilitari, nel Movimento Giovanile, fra le innumerevoli riviste affini ed anche in grandi raggruppamenti come il NSDAP, lo Stahlhelm, ed un certo settore di militanti del KPD (come si sa, il passaggio di militanti del KPD nel NSDAP, e viceversa, fu un fenomeno molto comune negli ultimi anni della Repubblica di Weimar, anche se gli storici moderni ammettono che vi fu una percentuale maggiore di rivoluzionari che percorsero il primo tipo di tragitto, ancor prima dell'arrivo di Hitler al potere). Queste brevi osservazioni possono a ragione far ritenere che l'influenza di Niekisch fu molto più ampia di quanto potrebbe far pensare il numero dei suoi simpatizzanti. Il 9 marzo del 1933 Niekisch è arrestato da un gruppo di SA ed il suo domicilio perquisito. Viene posto in libertà immediatamente, ma la rivista "Entscheidung", fondata nell'autunno del 1932, viene sospesa. "Widerstand", al contrario, continuerà ad apparire sino al dicembre del 1934, e la casa editrice dallo stesso nome pubblica libri sino al 1936 inoltrato. Dal 1934 Niekisch viaggia per quasi tutti i paesi d'Europa, nei quali sembra abbia avuto contatti con i circoli dell'emigrazione. Nel 1935, nel corso di una visita a Roma, viene ricevuto da Mussolini. Non si può fare a meno di commuoversi nell'immaginare questo incontro, disteso e cordiale, fra due grandi uomini che avevano iniziato la loro carriera politica nelle file del socialismo rivoluzionario. Alla domanda di Mussolini su che cosa aveva contro Hitler, Niekisch rispose: "Faccio mie le vostre parole sui popoli proletari". Mussolini rispose. "E' quanto dico sempre a Hitler". (Va ricordato che questi scrisse una lettera a Mussolini - il 6 marzo 1940 - in cui gli spiegava il suo accordo con la Russia, perché "ciò che ha portato il nazionalsocialismo all'ostilità contro il comunismo è solo la posizione - unilaterale - giudaico-internazionale, e non, al contrario, l'ideologia dello Stato stalinista-russo-nazionalista". Durante la guerra, Hitler esprimerà ripetutamente la sua ammirazione per Stalin, in contrasto con l'assoluto disprezzo che provava per Roosevelt e Churchill). Nel marzo del 1937 Niekisch è arrestato con 70 dei suoi militanti (un gran numero di membri dei circoli "Resistenza" aveva cessato la propria attività, significativamente, nel constatare che Hitler stava portando avanti realmente la demolizione del Diktat di Versailles che anch'essi avevano tanto combattuto). Nel gennaio del 1939 è processato davanti al Tribunale Popolare, accusato di alto tradimento ed infrazione sulla legge sulla fondazione di nuovi partiti, e condannato all'ergastolo. Sembra che le accuse che più pesarono contro di lui furono i manoscritti trovati nella sua casa, nei quali criticava Hitler ed altri dirigenti del III Reich. Fu incarcerato nella prigione di Brandenburg sino al 27 aprile del 1945, giorno in cui viene liberato dalle truppe sovietiche, quasi completamente cieco e semiparalitico. Nell'estate del 1945 entra nel KPD che, dopo la fusione nella zona sovietica con l'SPD, nel 1946 si denominerà Partito Socialista Unificato di Germania (SED) e viene eletto al Congresso Popolare come delegato della Lega Culturale. Da questo posto difende una via tedesca al socialismo e si oppone dal 1948 alle tendenze di una divisione permanete della Germania. Nel 1947 viene nominato professore all'Università Humboldt di Berlino, e nel 1949 è direttore dell'"Istituto di Ricerche sull'Imperialismo"; in quell'anno pubblica uno studio sul problema delle élites in Ortega y Gasset. Niekisch non era, ovviamente, un "collaborazionista" servile: dal 1950 si rende conto che i russi non vogliono un "via tedesca" al socialismo, ma solo avere un satellite docile (come gli americani nella Germania federale). Coerentemente con il suo modo di essere, fa apertamente le sue critiche e lentamente cade in disgrazia; nel 1951 il suo corso è sospeso e l'Istituto chiuso. Nel 1952 ha luogo la sua scomunica definitiva, effettuata dall'organo ufficiale del Comitato Centrale del SED a proposito del suo libro del 1952 "Europäische Bilanz". Niekisch è accusato di "...giungere a erronee conclusioni pessimistiche perché, malgrado l'occasionale impiego della terminologia marxista, non impiega il metodo marxista...la sua concezione della storia è essenzialmente idealista...". Il colpo finale è dato dagli avvenimenti del 17 giugno del 1953 a Berlino, che Niekisch considera come una legittima rivolta popolare. La conseguente repressione distrugge le sue ultime speranze nella Germania democratica e lo induce a ritirarsi dalla politica. Da questo momento Niekisch, vecchio e malato, si dedica a scrivere le sue memorie cercando di dare al suo antico atteggiamento di "Resistenza" un significato di opposizione a Hitler, nel tentativo di cancellare le orme della sua opposizione al liberalismo. In ciò fu aiutato dalla ristretta cerchia dei vecchi amici sopravvissuti. Il più influente fra loro fu il suo antico luogotenente, Josef Drexel, vecchio membro del Bund Oberland e divenuto, nel secondo dopoguerra, magnate della stampa in Franconia. Questo tentativo può spiegarsi, oltre che con il già menzionato stato di salute di Niekisch, con la sua richiesta di ottenere dalla Repubblica Federale (viveva a Berlino Ovest) una pensione per i suoi anni di carcere. Questa pensione gli fu sempre negata, attraverso una interminabile serie di processi. I tribunali basarono il rifiuto su due punti: Niekisch aveva fatto parte di una setta nazionalsocialista (sic) ed aveva collaborato in seguito al consolidamento di un'altro totalitarismo: quello della Germania democratica. Cosa bisogna pensare di questi tentativi di rendere innocuo Niekisch si deduce da quanto fin qui esposto. La storiografia più recente li ha smentiti del tutto. Il 23 maggio del 1967, praticamente dimenticato, Niekisch moriva a Berlino. Malgrado sia quasi impossibile trovare le sue opere anteriori al 1933, in parte perché non ripubblicate ed in parte perché scomparse dalle biblioteche, A. Mohler ha segnalato che Niekisch torna farsi virulento, e fotocopie dei suoi scritti circolano di mano in mano fra i giovani tedeschi disillusi dal neo-marxismo (Marcuse, Scuola di Frankfurt). La critica storica gli riconosce sempre maggiore importanza. Di quest'uomo, che si oppone a tutti i regimi presenti nella Germania del XX secolo, bisogna dire che mai operò mosso dall'opportunismo. I suoi cambi di orientamento furono sempre il prodotto della sua incessante ricerca di uno Stato che potesse garantire la liberazione della Germania e dello strumento idoneo a raggiungere questo obiettivo. Le sue sofferenze - reali - meritano il rispetto dovuto a quanti mantengono coerentemente le proprie idee. Niekisch avrebbe potuto seguire una carriera burocratica nell'SPD, accettare lo splendido posto offertogli da Gregor Strasser, esiliarsi nel 1933, tacere nella Germania democratica... Ma sempre fu fedele al suo ideale ed operò come credeva di dover fare senza tener conto delle conseguenze personali che avrebbero potuto derivargli. La sua collaborazione con il SED è comprensibile, ed ancor più il modo in cui si concluse. Oggi che l'Europa è sottomessa agli pseudovalori dell'Occidente americanizzato, le sue idee e la sua lotta continuano ad avere un valore esemplare. E' quanto compresero i nazional-rivoluzionari di "Sache del Volches" quando, nel 1976, apposero una targa sulla vecchia casa di Niekisch, con la frase: "O siamo un popolo rivoluzionario o cessiamo definitivamente di essere un popolo libero".
(ripreso da "Orion", nn. 56 e 57, 1989; poi riprodotto nel sito internet del Fronte Patriottico, in http://xoomer.virgilio.it/controvoce/idee-niekisch.htm)
NeI 1925 Niekisch, che è redattore capo della rivista socialista Firn (Il nevaio), pubblica i due primi lavori giunti fino a noi: Der Weg der deutschen Arbeiterschaft zum Staat e Grundfragen deutscher Aussenpolitik. Entrambe le opere testimoniano una influenza di Lassalle molto maggiore di quella di Marx-Engels, un aspetto che fa somigliare queste prime prese di posizione di Niekisch a quelle assunte nell'immediato dopoguerra dai comunisti di Amburgo, che si separarono dal Partito Comunista Tedesco (KPD) per fondare il Partito Comunista Operaio Tedesco (KAPD), guidato da Laufenberg e Wolffheim, che era un accanito partigiano della lotta di liberazione contro Versailles (questo partito, che giunse a disporre di una base abbastanza ampia, occupa un posto importante nella storia del nazionalbolscevismo). Nei suoi scritti del 1925, Niekisch propone che l'SPD si faccia portavoce dello spirito di resistenza del popolo tedesco contro l'imperialismo capitalista delle potenze dell'Intesa, ed allo stesso tempo sostiene che la liberazione sociale delle masse proletarie ha come presupposto inevitabile la liberazione nazionale. Queste idee, unite alla sua opposizione alla politica estera filofrancese dell'SPD ed alla sua lotta contro il Piano Dawes, gli attirano la sfiducia dei vertici socialdemocratici. Il celebre Eduard Bernstein lo attaccherà per suoi atteggiamenti nazionalistici sulla rivista "Glocke". In realtà, Niekisch non fu mai marxista nel senso ortodosso della parola: concedeva al marxismo valore di critica sociale, ma non di Weltanschauung, ed immaginava lo Stato socialista al di sopra di qualsiasi interesse di classe, come esecutore testamentario di Weimar e Königsberg (cioè di Goethe e Kant). Si comprende facilmente come questo genere di idee non fossero gradite all'imborghesita direzione dell'SPD... Ma Niekisch non era isolato in seno al movimento socialista, poiché manteneva stretti rapporti con il Circolo Hofgeismar della Gioventù Socialista, che ne rappresentava l'ala nazionalista fortemente influenzata dalla Rivoluzione conservatrice. Niekisch scrisse spesso su "Rundbrief", la rivista di questo circolo, dal quale usciranno fedeli collaboratori quando avrà inizio l'epoca di "Widerstand": fra essi Benedikt Obermayr, che lavorerà con Darré nel Reichsmährstand. Poco a poco l'SPD comincia a disfarsi di Niekisch: per le pressioni del suo primo presidente, Niekisch fu escluso dal suo posto nel sindacato dei tessili, e nel luglio del 1925 anticipò con le dimissioni dall'SPD il provvedimento di espulsione avviato contro di lui, ed il cui risultato non dava adito a dubbi. Inizia ora il periodo che riserverà a Niekisch un posto nella storia delle idee rivoluzionarie del XX secolo: considerando molto problematico lo schema "destra-centro-sinistra", egli si sforza di raggruppare le migliori forze della destra e della sinistra (conformemente alla celebre immagine del ferro di cavallo, in cui gli estremi si trovano più vicini fra loro di quanto non lo siano con il centro) per la lotta contro un nemico che definisce chiaramente: all'esterno l'Occidente liberale ed il Trattato di Versailles; all'interno il liberalismo di Weimar. Nel luglio del 1926 pubblica il primo numero della rivista Widerstand ("Resistenza"), e riesce ad attirare frazioni importanti - per numero ed attivismo - dell'antico Freikorps "Bund Oberland" mentre aderisce all'Altsozialdemokratische Partei (ASP) della Sassonia, cercando di utilizzarlo come piattaforma per i suoi programmi di unificazione delle forze rivoluzionarie. Per questa ragione si trasferisce a Dresda, dove dirige il periodico dell'ASP ("Der Volkstaat"), conducendo una dura lotta contro la politica filo-occidentale di Stresemann, opponendo al trattato di Locarno, con il quale la Germania riconosceva come definitive le sue frontiere occidentali ed il suo impegno a pagare i danni di guerra, lo spirito del trattato di Rapallo (1922), con il quale la Russia sovietica e la Germania sconfitta - i due paria d'Europa - strinsero le loro relazioni solidarizzando contro le potenze vincitrici. L'esperienza con l'ASP termina quando questo partito è sconfitto nelle elezioni del 1928, e ridotto ad entità insignificante. Questo insuccesso non significa assolutamente che Niekisch abbandoni la lotta scoraggiato. Al contrario, è in questo periodo che scriverà le sue opere fondamentali: Gedanken über deutsche Politik, Politik und idee (entrambe del 1929), Entscheidung (1930: il suo capolavoro), Der Politische Raum deutschen Widerstandes (1931) e Politik deutschen Widerstandes (1932). Parallelamente a questa attività pubblicistica, continua a pubblicare la rivista "Widerstand", fonda la casa editrice che porta lo stesso nome nel 1928 e viaggia in tutti gli angoli della Germania come conferenziere. Il solo elenco delle personalità con le quali ha rapporti è impressionante (dal maggio 1929 si trasferisce definitivamente a Berlino): il filosofo Alfred Baeumler gli presenta Ernst e Georg Jünger, con i quali avvia una stretta collaborazione; mantiene rapporti con la sinistra del NSDAP. il conte Ernst zu Reventlow, Gregor Strasser (che gli offrirà di diventare redattore capo dei "Voelkischer Beobachter") e Goebbels, che è uno dei più convinti ammiratori del suo libro Entscheidung (Decisione). E' pure determinante la sua amicizia con Carl Schmitt. Nell'ottobre del 1929, Niekisch è l'animatore dell'azione giovanile contro il Piano Young (un altro piano di "riparazioni"), pubblicando sul periodico "Die Kommenden", il 28 febbraio del 1930, un ardente appello contro questo piano, sottoscritto da quasi tutte le associazioni giovanili tedesche - fra le quali la Lega degli Studenti Nazionalsocialisti e la Gioventù Hitleriana -, e che fu appoggiato da manifestazioni di massa. I simpatizzanti della sua rivista furono organizzati in "Circoli Widerstand" che celebrarono tre congressi nazionali negli anni 1930-1932. Nell'autunno del '32 Niekisch va in URSS, partecipando ad un viaggio organizzato dalla ARPLAN (Associazione per lo studio del Piano Quinquennale sovietico, fondata dal professor Friedrich Lenz, altra figura di spicco del nazional-bolscevismo). Questi dati biografici erano indispensabili per presentare un uomo come Niekisch, che è praticamente uno sconosciuto; e per poter comprendere le sue idee, idee che, d'altra parte, egli non espose mai sistematicamente - era un rivoluzionario ed uno scrittore da battaglia -, ne tenteremo una ricostruzione. Dal 1919 Niekisch era un attento lettore di Spengler (cosa che non deve sorprendere in un socialista di quell'epoca, nella quale esisteva a livello intellettuale e politico una compenetrazione tra destra e sinistra, quasi una osmosi, impensabile nelle attuali circostanze), del quale assimilerà soprattutto la famosa opposizione fra "Kultur" e "Zivilisation". Ma la sua concezione politica fu notevolmente segnata dalla lettura di un articolo di Dostoevskij che ebbe una grande influenza nella Rivoluzione conservatrice tramite il Thomas Mann delle Considerazioni di un apolitico, e di Moeller van den Bruck con Germania, potenza protestante (dal Diario di uno scrittore, maggio-giugno 1877, cap. III). Il termine "protestante" non ha nessuna connotazione religiosa, ma allude al fatto che la Germania, da Arminio ad oggi, ha sempre "protestato" contro le pretese romane di dominio universale, riprese dalla Chiesa cattolica e dalle idee della Rivoluzione francese, prolungandosi, come segnalerà Thomas Mann, sino agli obiettivi dell'Intesa che lottò contro la Germania nella Prima Guerra Mondiale. Da questo momento, l'odio verso il mondo romano diventa un aspetto essenziale del pensiero di Niekisch, e le idee espresse in questo articolo di Dostoevskij rafforzano le sue concezioni. Niekisch fa risalire la decadenza del germanesimo ai tempi in cui Carlomagno compì il massacro della nobiltà sassone ed obbligò i sopravvissuti a convertirsi al cristianesimo: cristianesimo che per i popoli germanici fu un veleno mortale, il cui scopo è stato quello di addomesticare il germanesimo eroico al fine di renderlo maturo per la schiavitù romana. Niekisch non esita a proclamare che tutti i popoli che dovevano difendere la propria libertà contro l'imperialismo occidentale erano obbligati a rompere con il cristianesimo per sopravvivere. Il disprezzo per il cattolicesimo si univa in Niekisch all'esaltazione del protestantesimo tedesco, non in quanto confessione religiosa (Niekisch censurava aspramente il protestantesimo ufficiale, che accusava di riconciliarsi con Roma nella comune lotta antirivoluzionaria), ma in quanto presa di coscienza orgogliosa dell'essere tedesco e attitudine aristocratica opposta agli stati d'animo delle masse cattoliche: una posizione molto simile a quella di Rosenberg, visto che difendevano entrambi la libertà di coscienza contro l'oscurantismo dogmatico (Niekisch commentò sulla sua rivista lo scritto di Rosenberg "Il mito del XX secolo"). Questa attitudine ostile dell'imperialismo romano verso la Germania è continuata attraverso i secoli, poiché "ebrei", gesuiti e massoni sono da secoli coloro che hanno voluto schiavizzare ed addomesticare i barbari germanici. L'accordo del mondo intero contro la Germania che si manifesta soprattutto quando questa si è dotata di uno Stato forte, si rivelò con particolare chiarezza durante la Prima Guerra Mondiale, dopo la quale le potenze vincitrici imposero alla Germania la democrazia (vista da Niekisch come un fenomeno di infiltrazione straniera) per distruggerla definitivamente. Il Primato del politico sull'economico fu sempre un principio fondamentale del pensiero di Niekisch. Fortemente influenzato da Carl Schmitt, e partendo da questa base, Niekisch doveva vedere come nemico irriducibile il liberalismo borghese, che valorizza soprattutto i principi economici e considera l'uomo soltanto isolatamente, come unità alla ricerca del suo esclusivo profitto. L'individualismo borghese (con i conseguenti Stato liberale di diritto, libertà individuali, considerazioni dello Stato come un male) e materialismo nel pensiero di Niekisch appaiono come caratteristiche essenziali della democrazia borghese. Nello stesso tempo, Niekisch sviluppa una critica non originale, ma efficace e sincera, del sistema capitalista come sistema il cui motore è l'utile privato e non il soddisfacimento delle necessità individuali e collettive; e che, per di più, genera continuamente disoccupazione. In questo modo la borghesia viene qualificata come nemico interno che collabora con gli Stati occidentali borghesi all'oppressione della Germania. Il sistema di Weimar (incarnato da democratici, socialisti e clericali) rappresentava l'opposto dello spirito e della volontà statale dei tedeschi, ed era il nemico contro il quale si doveva organizzare la “Resistenza". Quello di "Resistenza" è un'altro concetto fondamentale dell'opera di Niekisch. La rivista dallo stesso nome recava, oltre al sottotitolo (prima "Blätter für sozialistische und nationalrevolutionäre Politik", quindi "Zeitschrift für nationalrevolutionäre Politik") una significativa frase di Clausewitz: "La resistenza è un'attività mediante la quale devono essere distrutte tante forze del nemico da indurlo a rinunciare ai suoi propositi". Se Niekisch considerava possibile questa attitudine di resistenza è perché credeva che la situazione di decadenza della Germania fosse passeggera, non irreversibile; e per quanto a volte sottolineasse che il suo pessimismo era "illimitato", si devono considerare le sue dichiarazioni in questo senso come semplici espedienti retorici, poiché la sua continua attività rivoluzionaria è la prova migliore che in nessun momento cedette al pessimismo ed allo sconforto. Abbiamo visto qual era il nemico contro cui dover organizzare la resistenza: "La democrazia parlamentare ed il liberalismo, il modo di vivere francese e l'americanismo". Con la stessa esattezza Niekisch definisce gli obiettivi della resistenza: l'indipendenza e la libertà della Germania, la più alta valorizzazione dello Stato, il recupero di tutti i tedeschi che si trovavano sotto il dominio straniero. Coerente col suo rifiuto dei valori economici, Niekisch non contrappone a questo nemico una forma migliore di distribuzione dei beni materiali, né il conseguimento di una società del benessere: ciò che Niekisch cercava era il superamento del mondo borghese, i cui beni si devono "detestare asceticamente". Il programma di "Resistenza" dell'aprile del 1930 non lascia dubbi da questo punto di vista: nello stesso si chiede il rifiuto deciso di tutti i beni che l'Europa vagheggia (punto 7a), il ritiro dall'economia internazionale (punto 7b), la riduzione della popolazione urbana e la ricostituzione delle possibilità di vita contadina (7c-d), la volontà di povertà ed un modo di vita semplice che deve opporsi orgogliosamente alla vita raffinata delle potenze imperialiste occidentali (7f) e, finalmente, la rinuncia al principio della proprietà privata nel senso del diritto romano, poiché "agli occhi dell'opposizione nazionale, la proprietà non ha senso né diritto al di fuori del servizio al popolo ed allo Stato". Per realizzare i suoi obiettivi, che Uwe Sauermann definisce con precisione identici a quelli dei nazionalisti, anche se le strade e gli strumenti per conseguirli sono nuovi, Niekisch cerca le forze rivoluzionarie adeguate. Non può sorprendere che un uomo proveniente dalla sinistra come lui si diriga in primo luogo al movimento operaio. Niekisch constata che l'abuso che la borghesia ha fatto del concetto "nazionale", impiegato come copertura dei suoi interessi economici e di classe, ha provocato nel lavoratore l'identificazione fra "nazionale" e "socialreazionario", fatto che ha portato il proletariato a separarsi troppo dai legami nazionali per crearsi un proprio Stato. E per quanto questo atteggiamento dell'insieme del movimento operaio sia parzialmente giustificato, non sfugge a Niekisch il fatto che il lavoratore in quanto tale è solo appena diverso da un "borghese frustrato" senz'altra aspirazione che quella di conseguire un benessere economico ed un modo di vivere identico a quello della borghesia. Questa era una conseguenza necessaria al fatto che il marxismo è un ideologia borghese, nata nello stesso terreno del liberalismo e tale da condividere con questo una valorizzazione della vita in termini esclusivamente economici. La responsabilità di questa situazione ricade in gran parte sulla socialdemocrazia che "è soltanto liberalismo popolarizzato e che ha spinto il lavoratore nel suo egoismo di classe, cercando di farne un borghese". Questa attitudine del SPD è quella che ha portato, dopo il 1918, non alla realizzazione della indispensabile rivoluzione nazionale e sociale, bensì "alla ricerca di cariche per i suoi dirigenti” ed alla conversione in una opposizione all'interno del sistema capitalista, anziché in un partito rivoluzionario: l'SPD è un partito liberale e capitalista che impiega una terminologia socialrivoluzionaria per ingannare i lavoratori. Questa analisi è quella che porta Niekisch a dire che tutte le forme di socialismo basate su considerazioni umanitarie sono "tendenze corruttrici che dissolvono la sostanza della volontà guerriera del popolo tedesco". Influenzata molto dal "decisionismo" di Carl Schmitt, l'attitudine di Niekisch verso il KPD è molto più sfumata. Prima di tutto, ed in opposizione al SPD, fermamente basato su concezioni borghesi, il comunismo si regge "su istinti elementari". Del KPD Niekisch apprezza in modo particolare la "struttura autocratica", la "approvazione a voce alta della dittatura". Queste caratteristiche renderebbero possibile utilizzare il comunismo come "mezzo" ed il percorrere insieme una parte della strada. Niekisch accolse con speranza il "Programma di Liberazione Nazionale e Sociale" del KPD (24 agosto 1930) in cui si dichiarava la lotta totale contro le riparazioni di guerra e l'ordine di Versailles, ma quando ciò si rivelò solo una tattica - diretta a frenare i crescenti successi del NSDAP, così come lo era stata la "linea Schlageter" nei 1923, Niekisch denunciò la malafede dei comunisti sul problema nazionale e li qualificò come incapaci di realizzare il compito al quale lui aspirava poiché erano "solo socialrivoluzionari" e per di più poco rivoluzionari. Il ruolo dirigente nel partito rivoluzionario avrebbe quindi dovuto essere ricoperto da un "nazionalista" di nuovo stampo, senza legami con il vecchio nazionalismo (è significativo che Niekisch considerasse il partito tradizionale dei nazionalisti, il DNVP, incapace di conseguire la resurrezione tedesca perché orientato verso l'epoca guglielmina, definitivamente scomparsa). Il nuovo nazionalismo doveva essere socialrivoluzionario, non condizionato, disposto a distruggere tutto quanto potesse ostacolare l'indipendenza tedesca, ed il nuovo nazionalista, fra i cui compiti c'era quello di utilizzare l'operaio comunista rivoluzionario, doveva avere la caratteristica fondamentale di volersi sacrificare e voler servire. Secondo una bella immagine di Niekisch, il comunismo non sarebbe altro che "il fumo che inevitabilmente sale dove un mondo comincia a bruciare". Si è vista l'immagine offerta da Niekisch della secolare decadenza tedesca, ma nel passato tedesco non tutto è oscuro; c'è un modello al quale Niekisch guarderà costantemente: la vecchia Prussia o, come egli dice, l'idea di Potsdam, una Prussia che con l'apporto di sangue slavo possa essere l'antidoto contro la Germania romanizzata. E così che esigerà, fin dai primi numeri di "Widerstand", la resurrezione di "una Germania prussiana, disciplinata e barbara, più preoccupata del potere che delle cose dello spirito". Cosa significa esattamente la Prussia per Niekisch? O.E. Schüddekopf lo ha indicato esattamente quando dice che nella "idea di Potsdam" Niekisch vedeva tutte le premesse del suo nazional-bolscevismo: "Lo Stato totale, l'economia pianificata, l'alleanza con la Russia, una condizione spirituale antiromana, la difesa contro l'Ovest, contro l'Occidente, l'incondizionato Stato guerriero, la povertà...". Nell'idea prussiana di sovranità Niekisch riconosce l'idea di cui hanno bisogno i tedeschi: quella dello "Stato totale", necessario in quanto la Germania, minacciata dall'ostilità dei vicini per la sua condizione geografica, ha bisogno di diventare uno Stato militare. Questo Stato totale deve essere lo strumento di lotta cui deve essere tutto subordinato - l'economia come la cultura e la scienza - affinchè il popolo tedesco possa ottenere la sua libertà. E' evidente, per Niekisch - ed in questo occorre ricercare una delle ragioni più profonde del suo nazional-bolscevismo -, che lo Stato non può dipendere da un'economia capitalista in cui offerta e domanda determinino il mercato; al contrario, l'economia deve essere subordinata allo Stato ed alle sue necessità. Per qualche tempo, Niekisch ebbe fiducia in determinati settori della Reichswehr (pronunciò molte delle sue conferenze in questo ambiente militare) per realizzare l'"idea di Potsdam", ma agli inizi del 1933 si allontanò dalla concezione di una "dittatura della Reichswehr" perché essa non gli appariva sufficientemente "pura" e "prussiana" tanto da farsi portatrice della "dittatura nazionale", e ciò era dovuto, sicuramente, ai suoi legami con le potenze economiche. Un'altro degli aspetti chiave del pensiero di Niekisch è il primato riconosciuto alla politica estera (l'unica vera politica per Spengler) su quella interna. Le sue concezioni al riguardo sono marcatamente influenzate da Macchiavelli (del quale Niekisch era grande ammiratore, tanto da firmare alcuni suoi articoli con lo pseudonimo di Niccolò) e dal suo amico Karl Haushofer. Del primo, Niekisch conserverà sempre la Realpolitik, la sua convinzione che la vera essenza della politica è sempre la lotta fra Stati per il potere e la supremazia, dal secondo apprenderà a pensare secondo dimensioni geopolitiche, considerando che nella situazione di allora - ed a maggior ragione in quella attuale - hanno un peso nella politica mondiale solamente gli Stati costruiti su grandi spazi, e siccome nel 1930 l'Europa centrale di per sè non avrebbe potuto essere altro che una colonia americana, sottomessa non solo allo sfruttamento economico, ma "alla banalità, alla nullità, al deserto, alla vacuità della spiritualità americana", Niekisch propone un grande stato "da Vladivostok sino a Vlessingen", cioè un blocco germano-slavo dominato dallo spirito prussiano con l'imperio dell'unico collettivismo che possa sopportare l'orgoglio umano: quello militare. Accettando con decisione il concetto di "popoli proletari" (come avrebbero fatto i fascisti di sinistra), il nazionalismo di Niekisch era un nazionalismo di liberazione, privo di sciovinismo, i cui obbiettivi dovevano essere la distruzione dell'ordine europeo sorto da Versailles e la liquidazione della Società delle Nazioni, strumento delle potenze vincitrici. Agli inizi del suo pensiero, Niekisch sognava un "gioco in comune" della Germania con i due Paesi che avevano saputo respingere la "struttura intellettuale" occidentale: la Russia bolscevica e l'Italia fascista (è un'altra coincidenza, tra le molte, fra il pensiero di Niekisch e quello di Ramiro Ledesma). Nel suo programma dell'aprile del 1930, Niekisch chiedeva "relazioni pubbliche o segrete con tutti i popoli che soffrono, come il popolo tedesco, sotto l'oppressione delle potenze imperialiste occidentali". Fra questi popoli annoverava l'URSS ed i popoli coloniali dell'Asia e dell'Africa. Più avanti vedremo la sua evoluzione in relazione al Fascismo, mentre ci occuperemo dell'immagine che Niekisch aveva della Russia sovietica. Prima di tutto dobbiamo dire che quest'immagine non era esclusiva di Niekisch, ma che era patrimonio comune di quasi tutti gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice e del nazional-bolscevismo, a partire da Moeller van den Bruck, e lo saranno anche i più lucidi fascisti di sinistra: Ramiro Ledesma Ramos e Drieu la Rochelle. Perchè, in effetti, Niekisch considerava la rivoluzione russa del 1917 prima di tutto come una rivoluzione nazionale, più che come una rivoluzione sociale. La Russia, che si trovava in pericolo di morte a causa dell'infiltrazione dei valori occidentali estranei alla sua essenza, "incendiò di nuovo Mosca" per farla finita con i suoi invasori, impiegando il marxismo come combustibile. Con parole dello stesso Niekisch: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia, in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo Stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c'è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Kerenski era stato solo una testa di legno dell'Occidente che voleva introdurre la democrazia borghese in Russia (Kerenski era, chiaramente, l'uomo nel quale avevano fiducia le potenze dell'Intesa perché la Russia continuasse al loro fianco la guerra contro la Germania); la rivoluzione bolscevica era stata diretta contro gli Stati imperialisti dell'Occidente e contro la borghesia interna favorevole allo straniero ed antinazionale. Coerente con questa interpretazione, Niekisch definirà il leninismo come "ciò che rimane del marxismo quando un uomo di Stato geniale lo utilizza per finalità di politica nazionale", e citerà con frequenza la celebre frase di Lenin che sarebbe diventata il leit-motiv di tutti i nazional-bolscevichi: "Fate della causa del popolo la causa della Nazione e la causa della Nazione diventerà la causa del popolo". Nelle lotte per il potere che ebbero luogo ai vertici sovietici dopo la morte di Lenin, le simpatie di Niekisch erano dirette a Stalin, e la sua ostilità verso Trotzskij (atteggiamento condiviso, fra molti altri, anche da Ernst Jünger e dagli Strasser). Trotzskij ed i suoi seguaci, incarnavano, agli occhi di Niekisch, le forze occidentali, il veleno dell'Ovest, le forze di una decomposizione ostile a un ordine nazionale in Russia. Per questo motivo Niekisch accolse con soddisfazione la vittoria di Stalin e dette al suo regime la qualifica di "organizzazione della difesa nazionale che libera gli istinti virili e combattenti". Il Primo Piano Quinquennale, in corso quando Niekisch scriveva, era "un prodigioso sforzo morale e nazionale destinato a conseguire l'autarchia". Era quindi l'aspetto politico-militare della pianificazione ciò che affascinava Niekisch, gli aspetti socio-economici (come nel caso della sua valutazione del KDP) lo interessavano appena. Fu in questo modo che poté coniare la formula: "collettivismo + pianificazione = militarizzazione del popolo". Quanto Niekisch apprezzava della Russia è esattamente il contrario di quanto ha attratto gli intellettuali marxisti degenerati: "La violenta volontà di produzione per rendere forte e difendere lo Stato, l'imbarbarimento cosciente dell'esistenza... l'attitudine guerriera, autocratica, dell'élite dirigente che governa dittatorialmente, l'esercizio per praticare l'ascesi di un popolo...". Era logico che Niekisch vedesse nell'Unione Sovietica il compagno ideale di un'alleanza con la Germania, poiché incarnava i valori antioccidentali cui Niekisch aspirava. Inoltre, occorre tener presente che in quell'epoca l'URSS era uno Stato isolato, visto con sospetto dai paesi occidentali ed escluso da ogni tipo di alleanza, per non dire circondato da Stati ostili che erano praticamente satelliti della Francia e dell'Inghilterra (Stati baltici, Polonia, Romania); a questo bisogna poi aggiungere che fino a ben oltre gli inizi degli anni '30, l'URSS non faceva parte della Società delle Nazioni né aveva rapporti diplomatici con gli USA. Niekisch riteneva che un'alleanza Russia-Germania fosse necessaria anche per la prima, poiché "la Russia deve temere l'Asia", e solo un blocco dall'Atlantico al Pacifico poteva contenere "la marea gialla", allo stesso modo in cui solo con la collaborazione tedesca la Russia avrebbe potuto sfruttare le immense risorse della Siberia. Abbiamo visto per quali ragioni la Russia appariva a Niekisch come un modello. Ma per la Germania non si trattava di copiare l'idea bolscevica, di accettarla in quanto tale. La Germania - e su questo punto Niekisch condivide l'opinione di tutti i nazionalisti - deve cercare le sue proprie idee e forme, e se la Russia veniva portata ad esempio, la ragione era che aveva organizzato uno Stato seguendo la "legge di Potsdam" che avrebbe dovuto ispirare anche la Germania. Organizzando uno Stato assolutamente antioccidentale, la Germania non avrebbe imitato la Russia, ma avrebbe recuperato la propria specificità, alienata nel corso di tutti quegli anni di sottomissione allo straniero e che si era incarnata nello Stato russo. Per quanto gli accordi con la Polonia e la Francia sondati dalla Russia saranno osservati con inquietudine da Niekisch, che difenderà appassionatamente l'Unione Sovietica contro le minacce di intervento e contro le campagne condotte a sue discapito dalle confessioni religiose. Inoltre, per Niekisch "una partecipazione della Germania alla crociata contro la Russia significherebbe... un suicidio". Questo sarà il rimprovero più importante - e convincente - di Niekisch al nazionalsocialismo, e con ciò giungiamo ad un punto che non cessa di provocare una certa perplessità: l'atteggiamento di Niekisch verso il nazionalsocialismo. Questa perplessità non è solo nostra; durante l'epoca che studiamo, Niekisch era visto dai suoi contemporanei più o meno come un "nazi". Certamente, la rivista paracomunista "Aufbruch" lo accomunava a Hitler nel 1932; più specifica, la rivista sovietica "Moskauer Rundschau" (30 novembre 1930), qualificava il suo "Entscheidung" come "l'opera di un romantico che ha ripreso da Nietzsche la sua scala di valori". Per dei critici moderni come Armin Mohler "molto di quanto Niekisch aveva chiesto per anni sarà realizzato da Hitler", e Faye segnala che la polemica contro i nazionalsocialisti, per il linguaggio che usa "lo colloca nel campo degli stessi". Cosa fu dunque ciò che portò Niekisch ad opporsi al nazionalsocialismo? Da un'ottica retrospettiva, Niekisch considera il NSDAP fino al 1923 come un "movimento nazional-rivoluzionario genuinamente tedesco", ma dalla rifondazione del Partito, nel 1925, pronuncia un'altro giudizio, nello stesso modo in cui modificherà il suo precedente giudizio sul fascismo italiano. Troviamo l'essenziale delle critiche di Niekisch al nazionalsocialismo in un opuscolo del 1932: "Hitler - ein deutsches Verhängnis" (Hitler, una fatalità tedesca) che apparve illustrato con impressionanti disegni di un artista di valore: A. Paul Weber. Dupeux segnala con esattezza che queste critiche non sono fatte dal punto di vista dell'umanitarismo e della democrazia, com'è usuale ai nostri giorni, e Sauermann lo qualifica come un "avversario in fondo essenzialmente rassomigliante". Niekisch considerava "cattolico", "romano" e "fascista" il fatto di dirigersi alle masse e giunse ad esprimere "l'assurdo" (Dupeux) che: "chi è nazista, presto sarà cattolico". In questa critica occorre vedere, per cercare di comprenderla, la manifestazione di un atteggiamento molto comune fra tutti gli autori della Rivoluzione conservatrice, che disprezzavano come "demagogia" qualsiasi lavoro fra le masse, ed occorre ricordare, anche, che Niekisch non fu mai un tattico né un "politico pratico". Allo stesso tempo occorre mettere in relazione la sfiducia verso il nazionalsocialismo con le origini austriache e bavaresi dello stesso, poiché abbiamo già visto che Niekisch guardava con diffidenza ai tedeschi del sud e dell'ovest, come influenzati dalla romanizzazione. D'altra parte, Niekisch rimprovera al nazionalsocialismo la sua "democraticità" alla Rousseau e la sua fede nel popolo. Per Niekisch l'essenziale è lo Stato: egli sviluppò sempre un vero "culto dello Stato", perfino nella sua epoca socialdemocratica, per cui risulta per lo meno grottesco qualificarlo come un "sindacalista anarchico" (sic). Niekisch commise gravi errori nella sua valutazione del nazionalsocialismo, come il prendere sul serio il "giuramento di legalità" pronunciato da Hitler nel corso del processo al tenente Scheringer, senza sospettare che si trattava di mera tattica (con parole di Lenin, un rivoluzionario deve saper utilizzare tutte le risorse, legali ed illegali, servirsi di tutti i mezzi secondo la situazione, e questo Hitler lo realizzò alla perfezione), e ritenere che Hitler si trovasse molto lontano dal potere... nel gennaio del 1933. Questi errori possono spiegarsi facilmente, come ha fatto Sauermann, con il fatto che Niekisch giudicava il NSDAP più basandosi sulla propaganda elettorale che sullo studio della vera essenza di questo movimento. Tuttavia, il rimprovero fondamentale concerne la politica estera. Per Niekisch, la disponibilità - espressa nel "Mein Kampf" - di Hitler ad un'intesa con Italia ed Inghilterra e l'ostilità verso la Russia erano gli errori fondamentali del nazionalsocialismo, poiché questo orientamento avrebbe fatto della Germania un "gendarme dell'Occidente". Questa critica è molto più coerente delle anteriori. L'assurda fiducia di Hitler di poter giungere ad un accordo con l'Inghilterra gli avrebbe fatto commettere gravi errori (Dunkerque, per citarne uno); sulla sua alleanza con l'Italia, determinata dal sentimento e non dagli interessi - ciò che è funesto in politica - egli stesso si sarebbe espresso ripetutamente e con amarezza. Per quanto riguarda l'URSS, fra i collaboratori di Hitler Goebbels fu sempre del parere che si dovesse giungere ad un intesa, e perfino ad un'alleanza con essa, e ciò non solo nel periodo della sua collaborazione con gli Otto Strasser, ma sino alla fine del III Reich, come ha dimostrato inequivocabilmente il suo ultimo addetto stampa Wilfred von Owen nel suo diario ("Finale furioso. Con Goebbels sino alla fine"), edito per la prima volta - in tedesco - a Buenos Aires (1950) e proibito in Germania sino al 1974, data in cui fu pubblicato dalla prestigiosa Grabert-Verlag di Tübingen, alla faccia degli antisovietici e filo-occidentali di professione. La denuncia, sostenuta da Niekisch, di qualsiasi crociata contro la Russia, assunse toni profetici quando evocò in un'immagine angosciosa "le ombre del momento in cui le forze... della Germania diretta verso l'Est, sperperate, eccessivamente tese, esploderanno... Resterà un popolo esausto, senza speranza, e l'ordine di Versailles sarà più forte che mai". Indubbiamente Ernst Niekisch esercitò, negli anni dal 1926 al 1933, una influenza reale nella politica tedesca, mediante la diffusione e l'accettazione dei suoi scritti negli ambienti nazional-rivoluzionari che lottavano contro il sistema di Weimar. Questa influenza non deve essere valutata, certamente in termini quantitativi: l'attività di Niekisch non si orientò mai verso la conquista delle masse, né il carattere delle sue idee era il più adeguato a questo fine. Per fornire alcune cifre, diremo che la sua rivista "Widerstand" aveva una tiratura che oscillava fra le 3.000 e le 4.500 copie, fatto che è lungi dall'essere disprezzabile per l'epoca, ed in più trattandosi di una rivista ben presentata e di alto livello intellettuale; i circoli "Resistenza" raggruppavano circa 5.000 simpatizzanti, dei quali circa 500 erano politicamente attivi. Non è molto a paragone dei grandi partiti di massa, ma l'influenza delle idee di Niekisch dev'essere valutata considerando le sue conferenze, il giro delle sue amicizie (di cui abbiamo già parlato), i suoi rapporti con gli ambienti militari, la sua attività editoriale, e soprattutto, la speciale atmosfera della Germania in quegli anni, in cui le idee trasmesse da "Widerstand" trovavano un ambiente molto ricettivo nelle Leghe paramilitari, nel Movimento Giovanile, fra le innumerevoli riviste affini ed anche in grandi raggruppamenti come il NSDAP, lo Stahlhelm, ed un certo settore di militanti del KPD (come si sa, il passaggio di militanti del KPD nel NSDAP, e viceversa, fu un fenomeno molto comune negli ultimi anni della Repubblica di Weimar, anche se gli storici moderni ammettono che vi fu una percentuale maggiore di rivoluzionari che percorsero il primo tipo di tragitto, ancor prima dell'arrivo di Hitler al potere). Queste brevi osservazioni possono a ragione far ritenere che l'influenza di Niekisch fu molto più ampia di quanto potrebbe far pensare il numero dei suoi simpatizzanti. Il 9 marzo del 1933 Niekisch è arrestato da un gruppo di SA ed il suo domicilio perquisito. Viene posto in libertà immediatamente, ma la rivista "Entscheidung", fondata nell'autunno del 1932, viene sospesa. "Widerstand", al contrario, continuerà ad apparire sino al dicembre del 1934, e la casa editrice dallo stesso nome pubblica libri sino al 1936 inoltrato. Dal 1934 Niekisch viaggia per quasi tutti i paesi d'Europa, nei quali sembra abbia avuto contatti con i circoli dell'emigrazione. Nel 1935, nel corso di una visita a Roma, viene ricevuto da Mussolini. Non si può fare a meno di commuoversi nell'immaginare questo incontro, disteso e cordiale, fra due grandi uomini che avevano iniziato la loro carriera politica nelle file del socialismo rivoluzionario. Alla domanda di Mussolini su che cosa aveva contro Hitler, Niekisch rispose: "Faccio mie le vostre parole sui popoli proletari". Mussolini rispose. "E' quanto dico sempre a Hitler". (Va ricordato che questi scrisse una lettera a Mussolini - il 6 marzo 1940 - in cui gli spiegava il suo accordo con la Russia, perché "ciò che ha portato il nazionalsocialismo all'ostilità contro il comunismo è solo la posizione - unilaterale - giudaico-internazionale, e non, al contrario, l'ideologia dello Stato stalinista-russo-nazionalista". Durante la guerra, Hitler esprimerà ripetutamente la sua ammirazione per Stalin, in contrasto con l'assoluto disprezzo che provava per Roosevelt e Churchill). Nel marzo del 1937 Niekisch è arrestato con 70 dei suoi militanti (un gran numero di membri dei circoli "Resistenza" aveva cessato la propria attività, significativamente, nel constatare che Hitler stava portando avanti realmente la demolizione del Diktat di Versailles che anch'essi avevano tanto combattuto). Nel gennaio del 1939 è processato davanti al Tribunale Popolare, accusato di alto tradimento ed infrazione sulla legge sulla fondazione di nuovi partiti, e condannato all'ergastolo. Sembra che le accuse che più pesarono contro di lui furono i manoscritti trovati nella sua casa, nei quali criticava Hitler ed altri dirigenti del III Reich. Fu incarcerato nella prigione di Brandenburg sino al 27 aprile del 1945, giorno in cui viene liberato dalle truppe sovietiche, quasi completamente cieco e semiparalitico. Nell'estate del 1945 entra nel KPD che, dopo la fusione nella zona sovietica con l'SPD, nel 1946 si denominerà Partito Socialista Unificato di Germania (SED) e viene eletto al Congresso Popolare come delegato della Lega Culturale. Da questo posto difende una via tedesca al socialismo e si oppone dal 1948 alle tendenze di una divisione permanete della Germania. Nel 1947 viene nominato professore all'Università Humboldt di Berlino, e nel 1949 è direttore dell'"Istituto di Ricerche sull'Imperialismo"; in quell'anno pubblica uno studio sul problema delle élites in Ortega y Gasset. Niekisch non era, ovviamente, un "collaborazionista" servile: dal 1950 si rende conto che i russi non vogliono un "via tedesca" al socialismo, ma solo avere un satellite docile (come gli americani nella Germania federale). Coerentemente con il suo modo di essere, fa apertamente le sue critiche e lentamente cade in disgrazia; nel 1951 il suo corso è sospeso e l'Istituto chiuso. Nel 1952 ha luogo la sua scomunica definitiva, effettuata dall'organo ufficiale del Comitato Centrale del SED a proposito del suo libro del 1952 "Europäische Bilanz". Niekisch è accusato di "...giungere a erronee conclusioni pessimistiche perché, malgrado l'occasionale impiego della terminologia marxista, non impiega il metodo marxista...la sua concezione della storia è essenzialmente idealista...". Il colpo finale è dato dagli avvenimenti del 17 giugno del 1953 a Berlino, che Niekisch considera come una legittima rivolta popolare. La conseguente repressione distrugge le sue ultime speranze nella Germania democratica e lo induce a ritirarsi dalla politica. Da questo momento Niekisch, vecchio e malato, si dedica a scrivere le sue memorie cercando di dare al suo antico atteggiamento di "Resistenza" un significato di opposizione a Hitler, nel tentativo di cancellare le orme della sua opposizione al liberalismo. In ciò fu aiutato dalla ristretta cerchia dei vecchi amici sopravvissuti. Il più influente fra loro fu il suo antico luogotenente, Josef Drexel, vecchio membro del Bund Oberland e divenuto, nel secondo dopoguerra, magnate della stampa in Franconia. Questo tentativo può spiegarsi, oltre che con il già menzionato stato di salute di Niekisch, con la sua richiesta di ottenere dalla Repubblica Federale (viveva a Berlino Ovest) una pensione per i suoi anni di carcere. Questa pensione gli fu sempre negata, attraverso una interminabile serie di processi. I tribunali basarono il rifiuto su due punti: Niekisch aveva fatto parte di una setta nazionalsocialista (sic) ed aveva collaborato in seguito al consolidamento di un'altro totalitarismo: quello della Germania democratica. Cosa bisogna pensare di questi tentativi di rendere innocuo Niekisch si deduce da quanto fin qui esposto. La storiografia più recente li ha smentiti del tutto. Il 23 maggio del 1967, praticamente dimenticato, Niekisch moriva a Berlino. Malgrado sia quasi impossibile trovare le sue opere anteriori al 1933, in parte perché non ripubblicate ed in parte perché scomparse dalle biblioteche, A. Mohler ha segnalato che Niekisch torna farsi virulento, e fotocopie dei suoi scritti circolano di mano in mano fra i giovani tedeschi disillusi dal neo-marxismo (Marcuse, Scuola di Frankfurt). La critica storica gli riconosce sempre maggiore importanza. Di quest'uomo, che si oppone a tutti i regimi presenti nella Germania del XX secolo, bisogna dire che mai operò mosso dall'opportunismo. I suoi cambi di orientamento furono sempre il prodotto della sua incessante ricerca di uno Stato che potesse garantire la liberazione della Germania e dello strumento idoneo a raggiungere questo obiettivo. Le sue sofferenze - reali - meritano il rispetto dovuto a quanti mantengono coerentemente le proprie idee. Niekisch avrebbe potuto seguire una carriera burocratica nell'SPD, accettare lo splendido posto offertogli da Gregor Strasser, esiliarsi nel 1933, tacere nella Germania democratica... Ma sempre fu fedele al suo ideale ed operò come credeva di dover fare senza tener conto delle conseguenze personali che avrebbero potuto derivargli. La sua collaborazione con il SED è comprensibile, ed ancor più il modo in cui si concluse. Oggi che l'Europa è sottomessa agli pseudovalori dell'Occidente americanizzato, le sue idee e la sua lotta continuano ad avere un valore esemplare. E' quanto compresero i nazional-rivoluzionari di "Sache del Volches" quando, nel 1976, apposero una targa sulla vecchia casa di Niekisch, con la frase: "O siamo un popolo rivoluzionario o cessiamo definitivamente di essere un popolo libero".
(ripreso da "Orion", nn. 56 e 57, 1989; poi riprodotto nel sito internet del Fronte Patriottico, in http://xoomer.virgilio.it/controvoce/idee-niekisch.htm)
martedì 12 gennaio 2010
Gli inizi del nazional-bolscevismo in Germania, di Wikipédia Français
Il nazional-bolscevismo (spesso designato con l'espressione "rosso-bruno") è una variante della corrente nazional-rivoluzionaria. Esso ne costituisce la sua ala sinistra.
Il movimento è nato alla fine della Prima Guerra Mondiale, in una Germania in rovina, lacerata dai conflitti tra gli spartachisti marxisti e i corpi franchi nazionalisti. Sintesi tra le due nuove ideologie - il bolscevismo rivelato dalla Rivoluzione russa del 1917 e un nuovo nazionalismo modernizzato dalla grande guerra, sostenuto dalle masse e dal gusto per la tecnica - esso si andrà formando in Germania a partire da due principali elementi:
- una convergenza d'interessi tra la Germania e la Russia sovietica;
- alcuni punti in comune ideologici, di metodo e di stile, tra il bolscevismo e il nazionalismo.
La corrente nazional-bolscevica del comunismo
In senso stretto, la corrente nazional-bolscevica è stata una corrente estremamente minoritaria, limitata a un piccolo numero di pensatori e di gruppi politici. Alcune fonti fanno risalire la sua nascita, nell'aprile 1919, al pensiero di Paul Eltzbacher, un professore berlinese di diritto conosciuto per i suoi scritti sull'anarchismo, deputato nazionalista al Reichstag nel 1919. Fu lui a suggerire un'alleanza tra la Germania e la Russia comunista contro il Trattato di Versailles.
Nel 1919, una corrente nazional-bolscevica si sviluppa ad Amburgo ad opera di due leaders della rivoluzione comunista in questa città: Heinrich Laufenberg (1872-1932, presidente del Consiglio dei lavoratori e dei soldati di Amburgo nel novembre del 1918) e Friedrich o Fritz Wolffheim (1888-1942, ex sindacalista negli Stati Uniti e poi ad Amburgo. Ebreo, morto in campo di concentramento). Entrambi animeranno una tendenza nazional-bolscevica in Germania e in seno all'Internazionale comunista. Espulsi nell'ottobre 1919 dal partito comunista ufficiale, il KPD, entrano nel KAPD (Partito comunista operaio tedesco) che resta nell'Internazionale fino al 1922. A sua volta, anche il KAPD escluderà dai suoi ranghi i nazional-bolscevichi. Il nazional-bolscevismo resterà sempre un movimento di individualità e di piccoli gruppi.
Tra i gruppi nazional-bolscevichi, va menzionato quello di Friedrich Lenz e Hans Ebeling autori della rivista Der Vorkampfer (1930-1933), che tenta di realizzare una fusione ideologica nazional-comunista tra le idee di Karl Marx e quelle dell'economista tedesco Friedrich List. Secondo alcuni nazional-bolscevichi contemporanei, un "Cercle d’études de l’économie planifiée" (o "Arplan") sarebbe stato creato a margine della rivista e avrebbe avuto come segretario il grande oppositore antinazista Arvid Harnack.(1)
Dopo l'arrivo dei nazisti al potere, la maggior parte dei nazional-bolscevichi opta per la resistenza. Ciò nondimeno, alcuni gruppi nazional-bolscevichi collaboreranno con il regime, come il Fichte Bund (fondato ad Amburgo nell'area del KAPD), diretto dal professor Kessemaier (in collegamento anche con il belga Jean Thiriart, allora giovane rexista).
Ernst Niekisch e la rivista Widerstand
Durante la repubblica di Weimar, la personalità più conosciuta del nazional-bolscevismo è Ernst Niekisch (1889-1967). Insegnante social-democratico (1919-1922), espulso dall'SPD nel 1926 a causa del suo nazionalismo. Prima entrerà in rapporto con un piccolo partito socialista della Sassonia che si convertirà alle sue idee. Poi animerà la rivista Widerstand che avrà una grande influenza sulla gioventù di prima del 1933. Il movimento di Niekisch raggruppa persone provenienti tanto dalla sinistra che dalla destra nazionalista. Dopo il 1933, egli si oppone al nazismo e sarà deportato in un campo di concentramento (1937-1945). Dopo il 1945, torna ad insegnare nella DDR. Nel 1953, passerà all'Ovest.
L'effimera "linea Schlageter" (1923)
Nel corso del 1923, "anno terribile" per la Germania, il KPD adotterà per diversi mesi una strategia di seduzione degli ambienti nazionalisti, senza riuscire tuttavia a provocare lo sviluppo di una vera e propria corrente nazional-bolscevica, ma dando luogo all'ennesimo progetto incompiuto.
Nel maggio del 1923, l'Internazionale comunista adotta una linea favorevole al nazionalismo. Scrive il saggista Thierry Wolton: "A metà maggio 1923, dopo un incontro tra i dirigenti dell'IC (Zinov’ev, Bucharin, Trotsky, Radek) e i quadri del KPD, Die Rote Fahne annuncia la nuova linea: 'Il partito comunista deve dire molto chiaramente alle masse nazionaliste della piccola borghesia e agli intellettuali che solo la classe operaia, dopo la sua vittoria, potrà difendere la terra tedesca, i tesori della cultura tedesca e l'avvenire della nazione'" (13 maggio 1923).(2)
La nuova sintesi politica prende le mosse dalla questione dell'occupazione franco-belga della Ruhr. L'occupazione impedisce all'industria renana di lavorare a pieno regime a favore della Germania e, sia pure indirettamente, dell'URSS, di cui la Germania, dopo il trattato di Rapallo (1922), resta l'unico alleato. I comunisti, numerosi e ben organizzati in questa regione industriale, partecipano anche loro agli scioperi e ai boicottaggi contro la Francia. Il luogotenente Schlageter, un nazionalista di destra, organizza dei sabotaggi e degli attentati esplosivi. Viene fucilato dai francesi il 26 maggio 1923. La sua memoria sarà sfruttata tanto dai nazionalisti (compresi i nazisti) che dai comunisti (cfr. i tributi a lui dedicati da Radek, di fronte all'esecutivo dell'Internazionale comunista il 20 giugno 1923, Moeller van den Bruck e Heidegger).
In seguito si registreranno altri segni concreti di avvicinamento tra le parti. Così come quello di alcune personalità dell'estrema destra nazionalista che prenderanno la parola sulla stampa comunista (Die Rote Fahne).(3)
Nel mese di ottobre 1923, a Stuttgart, il deputato comunista Hermann Remmele (che più tardi diventerà presidente del KPD e membro del Presidium del Comintern fino al 1931) organizza un progetto di riconciliazione con il partito nazista. Spiega Thierry Wolton: "Hermann Remmele, deputato comunista al Reichstag, è acclamato a Stuttgart in una riunione di camicie brune".(4) Qualche giorno più tardi, in una riunione comunista a Stuttgart, Remmele invita a prendere la parola un nazista "venuto a invocare di fronte a migliaia di militanti una tregua tra il KPD e l'NSDAP di Hitler". Remmele "arrivò a dire che un'alleanza con i nazional-socialisti per abbattere il capitalismo a lui pareva meno biasimevole di una con i social-democratici".(5)
La linea nazionalista del KPD durerà tuttavia soltanto un certo tempo e non riuscirà ad oltrepassare l'autunno del 1923.(6)
La strategia seduttiva del KPD verso i nazionalisti (1930-1932)
Nel 1930-1932, si manifestano nuove convergenze tra il partito comunista tedesco KPD e il partito nazista NSDAP. Gli storici ritengono che si sia trattato essenzialmente degli esiti di una scelta strategica del KPD mirata a recuperare una parte dell'elettorato proletario sedotto dal nazismo (vedi in particolare Thierry Wolton e Timothy S. Brown). Se non altro, la convergenza di interessi dei due partiti "estremisti" all'affondamento della repubblica di Weimar a dominanza social-democratica è stata spesso sottolineata. In ogni caso, alcuni autori fanno notare che i tentativi di seduzione comunista nei confronti dell'elettorato nazista si sono appoggiati su una sintesi ideologica che si inscrive nella storia stessa del nazional-bolscevismo.(7)
Metà septembre 1930, il deputato comunista Maria Reese proclama al Reichstag: "Il partito nazional-socialista ha un compito storico, il compito di disaggregare ambienti che non ci riguardano più e che non sono ancora passati all’esercito rivoluzionario. Quelle persone alle quali esso distruggerà la fede nella capacità di sopravvivenza del sistema capitalista, nella sua necessità e nella sua legittimità, quelle persone non verranno mai a voi (nb: all'SPD), esse verranno a noi".(8)
La strategia comunista darà qualche frutto. Dei gruppi di nazisti di sinistra si distaccheranno dall'NSDAP e aderiranno al partito comunista. Ad esempio, "Durante l'inverno 1930-1931, la maggioranza di 5.000 membri di una organizzazione nazista di sinistra entrerà nel KPD".(9) La più celebre conversione al comunismo rimane quella di Richard Scheringer, eroe nazista e futuro dirigente comunista della Germania occidentale dopo il 1945.(10)
Thierry Wolton ritiene che, verso il 1932-'33, "si sia operata una sorta di simbiosi tra i comunisti e i nazisti con avvicinamenti e allontanamenti significativi da ambo le parti.(11) Questo nonostante il fatto che i militanti di entrambi i partiti abbiano continuato a scontrarsi violentemente nelle strade, provocando, nel 1931, 103 morti tra i comunisti e 79 tra i nazisti.
La collusione delle due parti porterà il colpo di grazia alla repubblica di Weimar: referendum comune contro il governo social-democratico della Prussia nell'anno 1931, mozione di sfiducia comune contro il governo social-democratico della Prussia nel mese di marzo 1932, mozione comune che provocherà lo scioglimento del parlamento tedesco nel mese di luglio 1932, sciopero comune dei trasporti Berlino nel mese di novembre 1932.
La collusione raggiungerà il suo apogeo alle legislative della fine del 1932: "In occasione di queste nuove elezioni, l’organo del KPD publicherà una 'Lettera aperta agli elettori operai del NSDAP'" (Die Rote Fahne del 1 novembre 1932). Walter Ulbricht (futuro dirigente della DDR) scrive: "I membri proletari dell'NSDAP sono entrati nei ranghi del fronte unico del proletariato.(12) Thälmann dichiara: "Noi abbiamo anche costituito un fronte di classe unico con i proletari nazisti.(13) E le parole si traducono in un atto spettacolare: "I comunisti hanno mobilitato i loro militanti a sostegno dello sciopero dei trasporti di Berlino organizzato di concerto con i nazisti, contro la centrale sindacale social-democratica, BVG. Giovani comunisti e Hitler Jugend scesi insieme nelle strade della capitalea sostegno degli scioperanti".(14)
Qualche settimana più tardi, Hitler stabilirà la sua dittatura con l'appoggio della destra e i comunisti saranno le prime vittime del regime nazista.
(trad. it. della prima parte della voce "Nazional-bolscevismo" di Wikipédia Français, http://fr.wikipedia.org/wiki/National_bolchevisme)
Bibliografia
Louis Dupeux, Stratégie communiste et dynamique conservatrice. Essai sur les différents sens de l'expression "National-bolchevisme" en Allemagne, sous la République de Weimar (1919-1933), Librairie Honoré Champion, Parigi, 1976. Tesi dell'autore, opera di riferimento sull'argomento.
Louis Dupeux, National bolchevisme: stratégie communiste et dynamique conservatrice, 2 voll., Librairie Honoré Champion, Parigi, 1979.
Thierry Wolton, Rouge-Brun. Le mal du siècle, Jean-Claude Lattes, Parigi, 1999.
Note e riferimenti
(1) Louis Dupeux, National bolchevisme: stratégie communiste et dynamique conservatrice, 2 voll., Librairie Honoré Champion, Parigi, 1979, pp. 486-492.
Thierry Wolton, Rouge-Brun. Le mal du siècle, Jean-Claude Lattes, Parigi, 1999, p. 91.
(3) Thierry Wolton, op. cit.
(4) Bulletin communiste, n. 41, 11 ottobre 1923, p. 625, citato da Thierry Wolton, op. cit., p. 93 e nel libro di Margarete Buber Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Il Mulino, Bologna, 2005
(5) Louis Dupeux, op. cit., p. 94.
(6) Ibid.
(7) Thierry Wolton, op. cit.
(8) Louis Dupeux, op. cit., p. 558; citato in Thierry Wolton, op. cit., p. 99.
(9) Thierry Wolton, op. cit., p. 99.
(10) Timothy S. Brown, studio sul caso Scheringer. Egli riporta anche alcuni esempi di falsi giornali delle SA pubblicati dal KPD, di reclutatori comunisti vestiti da SA, di una sezione di truppe del KPD vestite da SA, ecc.
(11) Thierry Wolton, op. cit. p. 99.
(12) Thierry Wolton, op. cit. p. 101.
(13) Die Rote Fahne del 10 novembre 1932, citato in Thierry Wolton, op. cit., pp. 101-102.
(14) Thierry Wolton, op. cit. p. 101.
Il movimento è nato alla fine della Prima Guerra Mondiale, in una Germania in rovina, lacerata dai conflitti tra gli spartachisti marxisti e i corpi franchi nazionalisti. Sintesi tra le due nuove ideologie - il bolscevismo rivelato dalla Rivoluzione russa del 1917 e un nuovo nazionalismo modernizzato dalla grande guerra, sostenuto dalle masse e dal gusto per la tecnica - esso si andrà formando in Germania a partire da due principali elementi:
- una convergenza d'interessi tra la Germania e la Russia sovietica;
- alcuni punti in comune ideologici, di metodo e di stile, tra il bolscevismo e il nazionalismo.
La corrente nazional-bolscevica del comunismo
In senso stretto, la corrente nazional-bolscevica è stata una corrente estremamente minoritaria, limitata a un piccolo numero di pensatori e di gruppi politici. Alcune fonti fanno risalire la sua nascita, nell'aprile 1919, al pensiero di Paul Eltzbacher, un professore berlinese di diritto conosciuto per i suoi scritti sull'anarchismo, deputato nazionalista al Reichstag nel 1919. Fu lui a suggerire un'alleanza tra la Germania e la Russia comunista contro il Trattato di Versailles.
Nel 1919, una corrente nazional-bolscevica si sviluppa ad Amburgo ad opera di due leaders della rivoluzione comunista in questa città: Heinrich Laufenberg (1872-1932, presidente del Consiglio dei lavoratori e dei soldati di Amburgo nel novembre del 1918) e Friedrich o Fritz Wolffheim (1888-1942, ex sindacalista negli Stati Uniti e poi ad Amburgo. Ebreo, morto in campo di concentramento). Entrambi animeranno una tendenza nazional-bolscevica in Germania e in seno all'Internazionale comunista. Espulsi nell'ottobre 1919 dal partito comunista ufficiale, il KPD, entrano nel KAPD (Partito comunista operaio tedesco) che resta nell'Internazionale fino al 1922. A sua volta, anche il KAPD escluderà dai suoi ranghi i nazional-bolscevichi. Il nazional-bolscevismo resterà sempre un movimento di individualità e di piccoli gruppi.
Tra i gruppi nazional-bolscevichi, va menzionato quello di Friedrich Lenz e Hans Ebeling autori della rivista Der Vorkampfer (1930-1933), che tenta di realizzare una fusione ideologica nazional-comunista tra le idee di Karl Marx e quelle dell'economista tedesco Friedrich List. Secondo alcuni nazional-bolscevichi contemporanei, un "Cercle d’études de l’économie planifiée" (o "Arplan") sarebbe stato creato a margine della rivista e avrebbe avuto come segretario il grande oppositore antinazista Arvid Harnack.(1)
Dopo l'arrivo dei nazisti al potere, la maggior parte dei nazional-bolscevichi opta per la resistenza. Ciò nondimeno, alcuni gruppi nazional-bolscevichi collaboreranno con il regime, come il Fichte Bund (fondato ad Amburgo nell'area del KAPD), diretto dal professor Kessemaier (in collegamento anche con il belga Jean Thiriart, allora giovane rexista).
Ernst Niekisch e la rivista Widerstand
Durante la repubblica di Weimar, la personalità più conosciuta del nazional-bolscevismo è Ernst Niekisch (1889-1967). Insegnante social-democratico (1919-1922), espulso dall'SPD nel 1926 a causa del suo nazionalismo. Prima entrerà in rapporto con un piccolo partito socialista della Sassonia che si convertirà alle sue idee. Poi animerà la rivista Widerstand che avrà una grande influenza sulla gioventù di prima del 1933. Il movimento di Niekisch raggruppa persone provenienti tanto dalla sinistra che dalla destra nazionalista. Dopo il 1933, egli si oppone al nazismo e sarà deportato in un campo di concentramento (1937-1945). Dopo il 1945, torna ad insegnare nella DDR. Nel 1953, passerà all'Ovest.
L'effimera "linea Schlageter" (1923)
Nel corso del 1923, "anno terribile" per la Germania, il KPD adotterà per diversi mesi una strategia di seduzione degli ambienti nazionalisti, senza riuscire tuttavia a provocare lo sviluppo di una vera e propria corrente nazional-bolscevica, ma dando luogo all'ennesimo progetto incompiuto.
Nel maggio del 1923, l'Internazionale comunista adotta una linea favorevole al nazionalismo. Scrive il saggista Thierry Wolton: "A metà maggio 1923, dopo un incontro tra i dirigenti dell'IC (Zinov’ev, Bucharin, Trotsky, Radek) e i quadri del KPD, Die Rote Fahne annuncia la nuova linea: 'Il partito comunista deve dire molto chiaramente alle masse nazionaliste della piccola borghesia e agli intellettuali che solo la classe operaia, dopo la sua vittoria, potrà difendere la terra tedesca, i tesori della cultura tedesca e l'avvenire della nazione'" (13 maggio 1923).(2)
La nuova sintesi politica prende le mosse dalla questione dell'occupazione franco-belga della Ruhr. L'occupazione impedisce all'industria renana di lavorare a pieno regime a favore della Germania e, sia pure indirettamente, dell'URSS, di cui la Germania, dopo il trattato di Rapallo (1922), resta l'unico alleato. I comunisti, numerosi e ben organizzati in questa regione industriale, partecipano anche loro agli scioperi e ai boicottaggi contro la Francia. Il luogotenente Schlageter, un nazionalista di destra, organizza dei sabotaggi e degli attentati esplosivi. Viene fucilato dai francesi il 26 maggio 1923. La sua memoria sarà sfruttata tanto dai nazionalisti (compresi i nazisti) che dai comunisti (cfr. i tributi a lui dedicati da Radek, di fronte all'esecutivo dell'Internazionale comunista il 20 giugno 1923, Moeller van den Bruck e Heidegger).
In seguito si registreranno altri segni concreti di avvicinamento tra le parti. Così come quello di alcune personalità dell'estrema destra nazionalista che prenderanno la parola sulla stampa comunista (Die Rote Fahne).(3)
Nel mese di ottobre 1923, a Stuttgart, il deputato comunista Hermann Remmele (che più tardi diventerà presidente del KPD e membro del Presidium del Comintern fino al 1931) organizza un progetto di riconciliazione con il partito nazista. Spiega Thierry Wolton: "Hermann Remmele, deputato comunista al Reichstag, è acclamato a Stuttgart in una riunione di camicie brune".(4) Qualche giorno più tardi, in una riunione comunista a Stuttgart, Remmele invita a prendere la parola un nazista "venuto a invocare di fronte a migliaia di militanti una tregua tra il KPD e l'NSDAP di Hitler". Remmele "arrivò a dire che un'alleanza con i nazional-socialisti per abbattere il capitalismo a lui pareva meno biasimevole di una con i social-democratici".(5)
La linea nazionalista del KPD durerà tuttavia soltanto un certo tempo e non riuscirà ad oltrepassare l'autunno del 1923.(6)
La strategia seduttiva del KPD verso i nazionalisti (1930-1932)
Nel 1930-1932, si manifestano nuove convergenze tra il partito comunista tedesco KPD e il partito nazista NSDAP. Gli storici ritengono che si sia trattato essenzialmente degli esiti di una scelta strategica del KPD mirata a recuperare una parte dell'elettorato proletario sedotto dal nazismo (vedi in particolare Thierry Wolton e Timothy S. Brown). Se non altro, la convergenza di interessi dei due partiti "estremisti" all'affondamento della repubblica di Weimar a dominanza social-democratica è stata spesso sottolineata. In ogni caso, alcuni autori fanno notare che i tentativi di seduzione comunista nei confronti dell'elettorato nazista si sono appoggiati su una sintesi ideologica che si inscrive nella storia stessa del nazional-bolscevismo.(7)
Metà septembre 1930, il deputato comunista Maria Reese proclama al Reichstag: "Il partito nazional-socialista ha un compito storico, il compito di disaggregare ambienti che non ci riguardano più e che non sono ancora passati all’esercito rivoluzionario. Quelle persone alle quali esso distruggerà la fede nella capacità di sopravvivenza del sistema capitalista, nella sua necessità e nella sua legittimità, quelle persone non verranno mai a voi (nb: all'SPD), esse verranno a noi".(8)
La strategia comunista darà qualche frutto. Dei gruppi di nazisti di sinistra si distaccheranno dall'NSDAP e aderiranno al partito comunista. Ad esempio, "Durante l'inverno 1930-1931, la maggioranza di 5.000 membri di una organizzazione nazista di sinistra entrerà nel KPD".(9) La più celebre conversione al comunismo rimane quella di Richard Scheringer, eroe nazista e futuro dirigente comunista della Germania occidentale dopo il 1945.(10)
Thierry Wolton ritiene che, verso il 1932-'33, "si sia operata una sorta di simbiosi tra i comunisti e i nazisti con avvicinamenti e allontanamenti significativi da ambo le parti.(11) Questo nonostante il fatto che i militanti di entrambi i partiti abbiano continuato a scontrarsi violentemente nelle strade, provocando, nel 1931, 103 morti tra i comunisti e 79 tra i nazisti.
La collusione delle due parti porterà il colpo di grazia alla repubblica di Weimar: referendum comune contro il governo social-democratico della Prussia nell'anno 1931, mozione di sfiducia comune contro il governo social-democratico della Prussia nel mese di marzo 1932, mozione comune che provocherà lo scioglimento del parlamento tedesco nel mese di luglio 1932, sciopero comune dei trasporti Berlino nel mese di novembre 1932.
La collusione raggiungerà il suo apogeo alle legislative della fine del 1932: "In occasione di queste nuove elezioni, l’organo del KPD publicherà una 'Lettera aperta agli elettori operai del NSDAP'" (Die Rote Fahne del 1 novembre 1932). Walter Ulbricht (futuro dirigente della DDR) scrive: "I membri proletari dell'NSDAP sono entrati nei ranghi del fronte unico del proletariato.(12) Thälmann dichiara: "Noi abbiamo anche costituito un fronte di classe unico con i proletari nazisti.(13) E le parole si traducono in un atto spettacolare: "I comunisti hanno mobilitato i loro militanti a sostegno dello sciopero dei trasporti di Berlino organizzato di concerto con i nazisti, contro la centrale sindacale social-democratica, BVG. Giovani comunisti e Hitler Jugend scesi insieme nelle strade della capitalea sostegno degli scioperanti".(14)
Qualche settimana più tardi, Hitler stabilirà la sua dittatura con l'appoggio della destra e i comunisti saranno le prime vittime del regime nazista.
(trad. it. della prima parte della voce "Nazional-bolscevismo" di Wikipédia Français, http://fr.wikipedia.org/wiki/National_bolchevisme)
Bibliografia
Louis Dupeux, Stratégie communiste et dynamique conservatrice. Essai sur les différents sens de l'expression "National-bolchevisme" en Allemagne, sous la République de Weimar (1919-1933), Librairie Honoré Champion, Parigi, 1976. Tesi dell'autore, opera di riferimento sull'argomento.
Louis Dupeux, National bolchevisme: stratégie communiste et dynamique conservatrice, 2 voll., Librairie Honoré Champion, Parigi, 1979.
Thierry Wolton, Rouge-Brun. Le mal du siècle, Jean-Claude Lattes, Parigi, 1999.
Note e riferimenti
(1) Louis Dupeux, National bolchevisme: stratégie communiste et dynamique conservatrice, 2 voll., Librairie Honoré Champion, Parigi, 1979, pp. 486-492.
Thierry Wolton, Rouge-Brun. Le mal du siècle, Jean-Claude Lattes, Parigi, 1999, p. 91.
(3) Thierry Wolton, op. cit.
(4) Bulletin communiste, n. 41, 11 ottobre 1923, p. 625, citato da Thierry Wolton, op. cit., p. 93 e nel libro di Margarete Buber Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Il Mulino, Bologna, 2005
(5) Louis Dupeux, op. cit., p. 94.
(6) Ibid.
(7) Thierry Wolton, op. cit.
(8) Louis Dupeux, op. cit., p. 558; citato in Thierry Wolton, op. cit., p. 99.
(9) Thierry Wolton, op. cit., p. 99.
(10) Timothy S. Brown, studio sul caso Scheringer. Egli riporta anche alcuni esempi di falsi giornali delle SA pubblicati dal KPD, di reclutatori comunisti vestiti da SA, di una sezione di truppe del KPD vestite da SA, ecc.
(11) Thierry Wolton, op. cit. p. 99.
(12) Thierry Wolton, op. cit. p. 101.
(13) Die Rote Fahne del 10 novembre 1932, citato in Thierry Wolton, op. cit., pp. 101-102.
(14) Thierry Wolton, op. cit. p. 101.
lunedì 11 gennaio 2010
Il nazional-bolscevismo nella Repubblica di Weimar: l’Utopia del popolo sconfitta dalle masse, di Marco Bagozzi
Parlando di utopie novecentesche non si può non fare accenno alla più radicale tra le forme rivoluzionarie, che si sono opposte al sistema liberal-capitalista: il nazional-bolscevismo, così come fu concepito durante il periodo della Repubblica di Weimar.
Perché il nazional-bolscevismo fu utopia e perché fu la più radicale tra le forme rivoluzionarie cercherò di spiegarlo in questo mio intervento.
Innanzitutto, cosa fu il nazional-bolscevismo? Fu un movimento culturale e politico (anche se non si può parlare di un partito nazional-bolscevico) che nella Germania sconfitta e umiliata della Repubblica weimariana, cercò di coniugare nella forma più radicale le tradizioni nazionalistiche e la rivoluzione socialista. Come detto, non si trovano partiti politici che si rifanno a questo ideale, ma solamente singoli intellettuali che giravano attorno ad alcune riviste e circoli politici.
"L'idea di una soluzione nazional-bolscevica si risveglia nella Repubblica di Weimar allorché l'esistenza sociale e nazionale vengono entrambe minacciate" (Mohler), questa è la sensazione dei nazional-bolscevichi, quella di una minaccia, evidente, terribile.
Ma perché questi intellettuali, alcuni di altissimo livello (come Niekisch, Schulze-Boysen, Ernst von Reventlow, Otto Strasser e per un certo periodo Ernst Jünger) cercano nel bolscevismo e nella sua soluzione nazionale la forma più opportuna per uscire dall'impasse in cui si trova la Germania?
Perché vedono nella Russia sovietica un esempio da seguire: è la Russia, mai morta, che si ribella alla pace di Versailles e all'(dis)ordine imposto dalle potenze vincitrici, che si ribella al liberalismo e al capitalismo, troppo occidentali per fare gli interessi della prussiana Germania e della slava Russia.
La visione che hanno della rivoluzione sovietica del 1917 è quella di un evento "profondamente nazionale", in cui il comunismo perde la sua carica internazionalista e riscopre l'anima profonda, messianica, tradizionale del popolo russo. Il bolscevismo, diceva Moeller Van Den Bruck, è "soltanto russo", "nazionale quasi conservatore".
La Germania, o meglio il popolo tedesco, dovevano fare come in Russia: spezzare le catene dell'oppressione capitalista, riscoprire attraverso l’impegno, la volontà, il volontarismo, la Rivoluzione il vero carattere dello "Spirito di Potsdam", quell'antico spirito prussiano, che Ernst Niekisch definisce cosi: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c’è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Toccava quindi alla Germania, resistere e liberarsi, unirsi alla Russia in questa enorme battaglia eterna tra Spirito e Materia, tra Oriente e Occidente.
I nazional-bolscevichi ammirano Lenin, colui che ha riscoperto lo "spirito asiatico e barbaro della Russia", ma ancora più Stalin, "l'uomo d’acciaio", l’uomo che ha liberato gli istinti virili e combattentistici del suo Popolo e che, attraverso i Piani quinquennali, ha messo in pratica quella Mobilitazione Totale, che è l'idea forte di un grande di quel tempo, Ernst Jünger. Il Piano quinquennale è un "prodigioso sforzo morale" per conquistare l’autarchia.
Il grande spazio continentale Russo-Tedesco, autarchico, totalitario, socialista è questo il sogno dei nazional-bolscevichi: un enorme stato da Vlessingen a Vladivostock.
"Si riaccenderebbe la passione per la politica e per il comando reale, e il disprezzo cadrebbe sulle forme americane ed occidentali di mercificazione della vita, che sono riuscite a trasformare persino la Chiesa in un'impresa commerciale (...). Solo una educazione prussiana della volontà, calata in un blocco slavo-germanico, potrà dargli l'elasticità dell'acciaio, la sola in grado di superare col suo ampio respiro l'educazione romana. Il suo stile di vita ordinato procederebbe all'unisono con quello russo: lo spirito dell'ordine soffierebbe dagli Urali all'Elba, per scacciare lo Spirito della democrazia al di là del Reno e delle Alpi" (Niekisch).
Durante la Repubblica di Weimar i nazional-bolscevichi chiamano alla Resistenza ed è proprio Resistenza (Wiederstand) il nome della più importante rivista a cui fanno riferimento.
Fondata nel 1926 da Ernst Niekisch il mensile uscirà fino al 1934, quando sarà chiuso dai nazisti, ma servirà da palestra di idee, da laboratorio ideale in cui si costruisce il nazional-bolscevismo tedesco. La rivista può avvalersi di collaborazioni di prestigio: i fratelli Ernst e Friedrich Georg Jünger, di August Winning, Arnolt Bronnen, Joseph E. Drexler, futuro redattore del Nürnberger Nacrichten, Gustav Sondermann, funzionario dell’associazione Alldeutscher Verband (Unione di tutti i Tedeschi), Benedikt Obermayr, che sarà collaboratore di Walther Darrè nel ministero dell’agricoltura nazionalsocialista, Hans Bäcker, Roderich von Bistram, Friedrich Gregorius, Wilfred Knöpke e gli scrittori, già appartenenti ai Corpi Franchi, Ernst Von Salomon e Franz Schauwecjer.
Fin dal primo numero la linea del mensile è evidente: "O sapremo essere rivoluzionari, oppure sprofonderemo nella palude, rinunziando definitivamente ad essere un popolo libero", così si conclude l'editoriale del direttore Ernst Niekisch. L'obiettivo della rivista è la denuncia del Patto di Versailles, del Piano Young, della sudditanza della classe dirigente tedesca rispetto agli interessi occidentali e capitalisti.
Attraverso la rivista Niekisch inizia una vasta campagna politica nel tentativo i riunire le formazioni nazionaliste e comuniste in un vasto movimento popolare.
La sua azione non avrà però un grosso successo, ma aprirà la strada a numerosi episodi di collaborazione tra nazionalisti e comunisti, già visti nelle proteste contro l'invasione francese della Ruhr del 1923, in cui si registra anche una svolta nazionalista in seno al Partito Comunista Tedesco (KPD).
Gli storici identificano ben tre "ondate" nazional-bolsceviche all’interno del Partito Comunista Tedesco.
La prima è animata dai c.d. "nazional-comunisti amburghesi": Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim. Non avrà un grande peso all'interno del partito, ancora dominato da spartachisti di ortodossa militanza marxista. Si basa sull'idea che la rivoluzione socialista debba essere accompagnata da una guerra di liberazione nazionale e anti-imperialista. Si parla di un "nazionalismo proletario". Propongono la creazione di una "Wermacht rossa", un esercito popolare, con cui riprendere le armi e combattere le potenze vincitrici. Contro di loro, oltre alla quasi totalità del Comitato Centrale del KPD, si scaglierà addirittura Lenin. Schiacciati dal loro stesso partito, Wollfheim e Laufenberg uscirono dal KPD e creano alcuni movimenti minori.
La seconda ondata è la c.d. "Linea Schlageter" di cui abbiamo già fatto accenno. Leo Schlageter è un giovane militante nazionalista che i francesi fucilano dopo la condanna per un atto di sabotaggio durante l'invasione franco-belga della Ruhr. Lo choc causato dalla sua morte è fortissimo all'interno dei movimenti nazionalisti (anche nel nascente partito nazista), ma susciterà forti emozioni anche negli ambienti comunisti. Karl Radek, bolscevico russo inviato del Comintern in Germania, saprà cogliere l'attimo e davanti al CC del Comintern pronuncerà il celeberrimo discorso "Il viandante del nulla" in cui elogia Schlageter. Ricorda il "tragico destino" di questo "martire del nazionalismo" e "coraggioso soldato della controrivoluzione": "Faremo di tutto perchè uomini come Schlageter, pronti a morire per una causa comune, diventino, anziché vagabondi nel nulla, viandanti verso un futuro migliore dell'intera umanità, i quali non spargano il loro sangue, caldo e disinteressato, per i profitti dei banchieri del ferro e del carbone, ma per la causa del grande popolo lavoratore tedesco, membro della famiglia dei popoli in lotta per la libertà".
Il discorso di Radek è una chiara offerta di alleanza verso i nazionalisti. Il discorso susciterà un dibattito che coinvolgerà anche Moeller Van Der Bruck e il conte Ernst von Reventlow. Deriveranno da questo discorso anche numerose manifestazioni unitarie tra comunisti e nazionalisti, a cui il partito nazista cerca di porre fine. Nonostante l'alto livello della discussione la "linea Schlegeter" fallirà in breve tempo.
Ultima, ma forse più importante, in ordine di tempo è l'ondata con cui il KPD cerca di porre fine all'avanzata nazista, cavalcano il nazionalismo.
Nel 1930 il KPD pubblica la "Dichiarazione di liberazione sociale e nazionale del popolo tedesco", in seguito alla quale il nazional-comunismo diventa, di fatto la linea ufficiale del partito. Il KPD supera, se possibile, nel campo del nazionalismo il nazismo, tanto che giungono a proporre oltre all'unificazione di tutti i popoli tedeschi, anche l'annessione del Sud Tirolo, argomento tabù all'interno delle gerarchie naziste, a causa della vicinanza con il fascismo. Dal campo nazionalista non mancano le adesioni al KPD: da "Beppo" Römer, comandante dei Corpi Franchi, a Bruno Von Salomon, fratello dello scrittore Ernst, sino ai capi dei movimenti völkisch contadini.
La continua avanzata della NSDAP arroccherà di nuovo il KPD nell'ideologia dell'internazionalismo proletario e le tendenze nazional-bolsceviche rimarranno minoritarie e sconfitte nel partito.
Il KPD, troppo rigido sul piano dottrinale, mancherà sempre di quel pragmatismo presente a dosi massicce nel partito comunista bolscevico russo, grazie al quale giungerà al potere. Questa rigidità impedirà al KPD di coniugare l'anima social-comunista alla necessità popolare di difesa della Patria e non permette di conquistare l'anima del Popolo, in particolare dei contadini.
Diversa fu invece la sorte dei "socialisti rivoluzionari" che militavano nel partito nazional-socialista.
Il partito nazional-socialista difatti, tutt'altro dall'essere quel Leviatano totalizzante che ci viene presentato aveva al suo interno almeno tre correnti principali: quella völkisch, definibile come "decrescenista" (Darrè), quella "sviluppista" e sostanzialmente occidentalista o arianista, che vedeva di buon occhio un'alleanza con l'Inghilterra (Hitler, Göring, Himmler), e quella socialista, filo-sovietica (SA, Fratelli Strasser e fino al 1929 Goebbels).
Quest'ultima tendenza, schiacciata dopo la conquista del potere, con la "notte dei lunghi coltelli" rappresenta la più vicina al nazional-bolscevismo, in quanto si oppone alla dirigenza monacense filo-occidentale e non realmente rivoluzionaria. Questa corrente vuole dare alla parola nazional-socialismo un significato pieno: cioè Socialismo+Nazione, non fermandosi quindi al solo nazionalismo ariano pantedesco.
In particolare è Otto Strasser, fratello di Georg, uno dei più importanti dirigenti nazisti, ad animare questa corrente. Socialista fino al 1920 Otto aderisce al NSDAP in seguito al consiglio del fratello. Dirige la corrente socialista nord-tedesca, che si oppone alla deriva "latina e cristianizzante" della corrente di Monaco, creando enormi fastidi alla dirigenza nazista. Appoggia gli scioperi dei sindacati comunisti e scende in piazza con i suoi simpatizzanti e con i lavoratori che protestano. Alla sua corrente aderirà il giovane Joseph Goebbels che all'epoca scriveva: "Noi siamo socialisti, nemici, avversari giurati dell'attuale sistema economico capitalistico con il suo sfruttamento degli economicamente deboli, con la sua sperequazione dei compensi (...) Noi siamo decisi a distruggere a ogni costo questo sistema".
In seguito ad un duro contrasto con Hitler, Otto Strasser uscì dal NSDAP e fondò il Fronte Nero, movimento di opposizione alla Repubblica di Weimar, prima, e al regime nazista, poi. Il rimanente della corrente, schierato a fianco a Georg Strasser e in alcune cellule operaie delle SA e del sindacato nazional-socialista verrà schiacciato dopo la conquista del potere nella famosa Notte dei lunghi coltelli in cui ci fu la resa dei conti interna al partito.
Nonostante il nazional-bolscevismo trovò numerosi simpatizzanti fra le caste intellettuali e militari, non trovò terreno fertile presso la popolazione, ormai impegnata nella lotta "radicale" tra rossi e neri.
Il fallimento del nazional-bolscevismo è addebitabile all'incapacità di immedesimarsi nel Popolo, è mancato quello che il Presidente Mao spiegava cosi: "Prendere le idee delle masse (idee sparse e non sistematiche) e concentrarle (attraverso lo studio trasformarle in idee concentrate e sistematiche), per poi ritornare alle masse e propagandare e spiegare queste idee fino a quando le masse non le abbracceranno come proprie, le assumeranno fermamente e le trasformeranno in azione, provando in questa azione la correttezza di quelle idee". Lo spazio politico all'interno della massa popolare era ormai diviso fra KPD e NSDAP più abili nel propagandare i temi popolari e demagogici, strategici per la conquista del potere.
E quindi sta in questo passaggio l'utopia dei nazional-bolscevichi tedeschi: diventare massa, rimanendo élite. Il loro esempio era la nuova aristocrazia socialista sovietica, élite burocratica per eccellenza. Ma i nazional-bolscevichi non capirono che i capi dell'Unione Sovietica hanno percorso un lungo cammino rivoluzionario tra il popolo, tra le carceri, in esilio, prima di diventare i capi della seconda potenza industriale del mondo, non sono nati élite, sono diventati élite. I nazional-bolscevichi tedeschi si sentivano élite di "nascita", di "sangue".
Esponenti nazional-bolscevichi riconoscono esperienze simili in diversi paesi che hanno vissuto regimi comunisti o socialisti, a partire dalla Russia staliniana, secondo l'interpretazione del politologo sionista Mikhail Agursky.
Altri esempi classici sono la Cuba di Fidel Castro e la guerriglia di difesa nazionale del Vietnam, in cui si trovarono a combattere fianco a fianco il movimento comunista di Ho Chi Min e i movimenti nazionalisti. Ma più in generale si possono considerare nazional-bolscevichi la quasi totalità dei movimenti anti-colonialisti e socialisti della seconda metà del novecento. Il loro fu un nazional-bolscevico accidentale ma spontaneo, involontario ma automatico. Se rivoluzioni ci furono nel Terzo Mondo è perché le parole d'ordine non erano un vuoto internazionalismo, ma "Patria", "Difesa nazionale", legate indissolubilmente alla Giustizia sociale.
Lo storico tedesco Stefan Heffner che nel 1980 scrisse: "Per incredibile che possa sembrare il vero teorico della rivoluzione mondiale, che oggi sta in cammino, non è Marx, né tantomeno Lenin, ma Niekisch".
(Relazione al convegno: “Economia, Filosofia, Politologia ed Antropologia di fronte all’utopia del XXI secolo”, Ass. cult. Heliopolis, Trieste 19 marzo 2009)
Perché il nazional-bolscevismo fu utopia e perché fu la più radicale tra le forme rivoluzionarie cercherò di spiegarlo in questo mio intervento.
Innanzitutto, cosa fu il nazional-bolscevismo? Fu un movimento culturale e politico (anche se non si può parlare di un partito nazional-bolscevico) che nella Germania sconfitta e umiliata della Repubblica weimariana, cercò di coniugare nella forma più radicale le tradizioni nazionalistiche e la rivoluzione socialista. Come detto, non si trovano partiti politici che si rifanno a questo ideale, ma solamente singoli intellettuali che giravano attorno ad alcune riviste e circoli politici.
"L'idea di una soluzione nazional-bolscevica si risveglia nella Repubblica di Weimar allorché l'esistenza sociale e nazionale vengono entrambe minacciate" (Mohler), questa è la sensazione dei nazional-bolscevichi, quella di una minaccia, evidente, terribile.
Ma perché questi intellettuali, alcuni di altissimo livello (come Niekisch, Schulze-Boysen, Ernst von Reventlow, Otto Strasser e per un certo periodo Ernst Jünger) cercano nel bolscevismo e nella sua soluzione nazionale la forma più opportuna per uscire dall'impasse in cui si trova la Germania?
Perché vedono nella Russia sovietica un esempio da seguire: è la Russia, mai morta, che si ribella alla pace di Versailles e all'(dis)ordine imposto dalle potenze vincitrici, che si ribella al liberalismo e al capitalismo, troppo occidentali per fare gli interessi della prussiana Germania e della slava Russia.
La visione che hanno della rivoluzione sovietica del 1917 è quella di un evento "profondamente nazionale", in cui il comunismo perde la sua carica internazionalista e riscopre l'anima profonda, messianica, tradizionale del popolo russo. Il bolscevismo, diceva Moeller Van Den Bruck, è "soltanto russo", "nazionale quasi conservatore".
La Germania, o meglio il popolo tedesco, dovevano fare come in Russia: spezzare le catene dell'oppressione capitalista, riscoprire attraverso l’impegno, la volontà, il volontarismo, la Rivoluzione il vero carattere dello "Spirito di Potsdam", quell'antico spirito prussiano, che Ernst Niekisch definisce cosi: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c’è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Toccava quindi alla Germania, resistere e liberarsi, unirsi alla Russia in questa enorme battaglia eterna tra Spirito e Materia, tra Oriente e Occidente.
I nazional-bolscevichi ammirano Lenin, colui che ha riscoperto lo "spirito asiatico e barbaro della Russia", ma ancora più Stalin, "l'uomo d’acciaio", l’uomo che ha liberato gli istinti virili e combattentistici del suo Popolo e che, attraverso i Piani quinquennali, ha messo in pratica quella Mobilitazione Totale, che è l'idea forte di un grande di quel tempo, Ernst Jünger. Il Piano quinquennale è un "prodigioso sforzo morale" per conquistare l’autarchia.
Il grande spazio continentale Russo-Tedesco, autarchico, totalitario, socialista è questo il sogno dei nazional-bolscevichi: un enorme stato da Vlessingen a Vladivostock.
"Si riaccenderebbe la passione per la politica e per il comando reale, e il disprezzo cadrebbe sulle forme americane ed occidentali di mercificazione della vita, che sono riuscite a trasformare persino la Chiesa in un'impresa commerciale (...). Solo una educazione prussiana della volontà, calata in un blocco slavo-germanico, potrà dargli l'elasticità dell'acciaio, la sola in grado di superare col suo ampio respiro l'educazione romana. Il suo stile di vita ordinato procederebbe all'unisono con quello russo: lo spirito dell'ordine soffierebbe dagli Urali all'Elba, per scacciare lo Spirito della democrazia al di là del Reno e delle Alpi" (Niekisch).
Durante la Repubblica di Weimar i nazional-bolscevichi chiamano alla Resistenza ed è proprio Resistenza (Wiederstand) il nome della più importante rivista a cui fanno riferimento.
Fondata nel 1926 da Ernst Niekisch il mensile uscirà fino al 1934, quando sarà chiuso dai nazisti, ma servirà da palestra di idee, da laboratorio ideale in cui si costruisce il nazional-bolscevismo tedesco. La rivista può avvalersi di collaborazioni di prestigio: i fratelli Ernst e Friedrich Georg Jünger, di August Winning, Arnolt Bronnen, Joseph E. Drexler, futuro redattore del Nürnberger Nacrichten, Gustav Sondermann, funzionario dell’associazione Alldeutscher Verband (Unione di tutti i Tedeschi), Benedikt Obermayr, che sarà collaboratore di Walther Darrè nel ministero dell’agricoltura nazionalsocialista, Hans Bäcker, Roderich von Bistram, Friedrich Gregorius, Wilfred Knöpke e gli scrittori, già appartenenti ai Corpi Franchi, Ernst Von Salomon e Franz Schauwecjer.
Fin dal primo numero la linea del mensile è evidente: "O sapremo essere rivoluzionari, oppure sprofonderemo nella palude, rinunziando definitivamente ad essere un popolo libero", così si conclude l'editoriale del direttore Ernst Niekisch. L'obiettivo della rivista è la denuncia del Patto di Versailles, del Piano Young, della sudditanza della classe dirigente tedesca rispetto agli interessi occidentali e capitalisti.
Attraverso la rivista Niekisch inizia una vasta campagna politica nel tentativo i riunire le formazioni nazionaliste e comuniste in un vasto movimento popolare.
La sua azione non avrà però un grosso successo, ma aprirà la strada a numerosi episodi di collaborazione tra nazionalisti e comunisti, già visti nelle proteste contro l'invasione francese della Ruhr del 1923, in cui si registra anche una svolta nazionalista in seno al Partito Comunista Tedesco (KPD).
Gli storici identificano ben tre "ondate" nazional-bolsceviche all’interno del Partito Comunista Tedesco.
La prima è animata dai c.d. "nazional-comunisti amburghesi": Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim. Non avrà un grande peso all'interno del partito, ancora dominato da spartachisti di ortodossa militanza marxista. Si basa sull'idea che la rivoluzione socialista debba essere accompagnata da una guerra di liberazione nazionale e anti-imperialista. Si parla di un "nazionalismo proletario". Propongono la creazione di una "Wermacht rossa", un esercito popolare, con cui riprendere le armi e combattere le potenze vincitrici. Contro di loro, oltre alla quasi totalità del Comitato Centrale del KPD, si scaglierà addirittura Lenin. Schiacciati dal loro stesso partito, Wollfheim e Laufenberg uscirono dal KPD e creano alcuni movimenti minori.
La seconda ondata è la c.d. "Linea Schlageter" di cui abbiamo già fatto accenno. Leo Schlageter è un giovane militante nazionalista che i francesi fucilano dopo la condanna per un atto di sabotaggio durante l'invasione franco-belga della Ruhr. Lo choc causato dalla sua morte è fortissimo all'interno dei movimenti nazionalisti (anche nel nascente partito nazista), ma susciterà forti emozioni anche negli ambienti comunisti. Karl Radek, bolscevico russo inviato del Comintern in Germania, saprà cogliere l'attimo e davanti al CC del Comintern pronuncerà il celeberrimo discorso "Il viandante del nulla" in cui elogia Schlageter. Ricorda il "tragico destino" di questo "martire del nazionalismo" e "coraggioso soldato della controrivoluzione": "Faremo di tutto perchè uomini come Schlageter, pronti a morire per una causa comune, diventino, anziché vagabondi nel nulla, viandanti verso un futuro migliore dell'intera umanità, i quali non spargano il loro sangue, caldo e disinteressato, per i profitti dei banchieri del ferro e del carbone, ma per la causa del grande popolo lavoratore tedesco, membro della famiglia dei popoli in lotta per la libertà".
Il discorso di Radek è una chiara offerta di alleanza verso i nazionalisti. Il discorso susciterà un dibattito che coinvolgerà anche Moeller Van Der Bruck e il conte Ernst von Reventlow. Deriveranno da questo discorso anche numerose manifestazioni unitarie tra comunisti e nazionalisti, a cui il partito nazista cerca di porre fine. Nonostante l'alto livello della discussione la "linea Schlegeter" fallirà in breve tempo.
Ultima, ma forse più importante, in ordine di tempo è l'ondata con cui il KPD cerca di porre fine all'avanzata nazista, cavalcano il nazionalismo.
Nel 1930 il KPD pubblica la "Dichiarazione di liberazione sociale e nazionale del popolo tedesco", in seguito alla quale il nazional-comunismo diventa, di fatto la linea ufficiale del partito. Il KPD supera, se possibile, nel campo del nazionalismo il nazismo, tanto che giungono a proporre oltre all'unificazione di tutti i popoli tedeschi, anche l'annessione del Sud Tirolo, argomento tabù all'interno delle gerarchie naziste, a causa della vicinanza con il fascismo. Dal campo nazionalista non mancano le adesioni al KPD: da "Beppo" Römer, comandante dei Corpi Franchi, a Bruno Von Salomon, fratello dello scrittore Ernst, sino ai capi dei movimenti völkisch contadini.
La continua avanzata della NSDAP arroccherà di nuovo il KPD nell'ideologia dell'internazionalismo proletario e le tendenze nazional-bolsceviche rimarranno minoritarie e sconfitte nel partito.
Il KPD, troppo rigido sul piano dottrinale, mancherà sempre di quel pragmatismo presente a dosi massicce nel partito comunista bolscevico russo, grazie al quale giungerà al potere. Questa rigidità impedirà al KPD di coniugare l'anima social-comunista alla necessità popolare di difesa della Patria e non permette di conquistare l'anima del Popolo, in particolare dei contadini.
Diversa fu invece la sorte dei "socialisti rivoluzionari" che militavano nel partito nazional-socialista.
Il partito nazional-socialista difatti, tutt'altro dall'essere quel Leviatano totalizzante che ci viene presentato aveva al suo interno almeno tre correnti principali: quella völkisch, definibile come "decrescenista" (Darrè), quella "sviluppista" e sostanzialmente occidentalista o arianista, che vedeva di buon occhio un'alleanza con l'Inghilterra (Hitler, Göring, Himmler), e quella socialista, filo-sovietica (SA, Fratelli Strasser e fino al 1929 Goebbels).
Quest'ultima tendenza, schiacciata dopo la conquista del potere, con la "notte dei lunghi coltelli" rappresenta la più vicina al nazional-bolscevismo, in quanto si oppone alla dirigenza monacense filo-occidentale e non realmente rivoluzionaria. Questa corrente vuole dare alla parola nazional-socialismo un significato pieno: cioè Socialismo+Nazione, non fermandosi quindi al solo nazionalismo ariano pantedesco.
In particolare è Otto Strasser, fratello di Georg, uno dei più importanti dirigenti nazisti, ad animare questa corrente. Socialista fino al 1920 Otto aderisce al NSDAP in seguito al consiglio del fratello. Dirige la corrente socialista nord-tedesca, che si oppone alla deriva "latina e cristianizzante" della corrente di Monaco, creando enormi fastidi alla dirigenza nazista. Appoggia gli scioperi dei sindacati comunisti e scende in piazza con i suoi simpatizzanti e con i lavoratori che protestano. Alla sua corrente aderirà il giovane Joseph Goebbels che all'epoca scriveva: "Noi siamo socialisti, nemici, avversari giurati dell'attuale sistema economico capitalistico con il suo sfruttamento degli economicamente deboli, con la sua sperequazione dei compensi (...) Noi siamo decisi a distruggere a ogni costo questo sistema".
In seguito ad un duro contrasto con Hitler, Otto Strasser uscì dal NSDAP e fondò il Fronte Nero, movimento di opposizione alla Repubblica di Weimar, prima, e al regime nazista, poi. Il rimanente della corrente, schierato a fianco a Georg Strasser e in alcune cellule operaie delle SA e del sindacato nazional-socialista verrà schiacciato dopo la conquista del potere nella famosa Notte dei lunghi coltelli in cui ci fu la resa dei conti interna al partito.
Nonostante il nazional-bolscevismo trovò numerosi simpatizzanti fra le caste intellettuali e militari, non trovò terreno fertile presso la popolazione, ormai impegnata nella lotta "radicale" tra rossi e neri.
Il fallimento del nazional-bolscevismo è addebitabile all'incapacità di immedesimarsi nel Popolo, è mancato quello che il Presidente Mao spiegava cosi: "Prendere le idee delle masse (idee sparse e non sistematiche) e concentrarle (attraverso lo studio trasformarle in idee concentrate e sistematiche), per poi ritornare alle masse e propagandare e spiegare queste idee fino a quando le masse non le abbracceranno come proprie, le assumeranno fermamente e le trasformeranno in azione, provando in questa azione la correttezza di quelle idee". Lo spazio politico all'interno della massa popolare era ormai diviso fra KPD e NSDAP più abili nel propagandare i temi popolari e demagogici, strategici per la conquista del potere.
E quindi sta in questo passaggio l'utopia dei nazional-bolscevichi tedeschi: diventare massa, rimanendo élite. Il loro esempio era la nuova aristocrazia socialista sovietica, élite burocratica per eccellenza. Ma i nazional-bolscevichi non capirono che i capi dell'Unione Sovietica hanno percorso un lungo cammino rivoluzionario tra il popolo, tra le carceri, in esilio, prima di diventare i capi della seconda potenza industriale del mondo, non sono nati élite, sono diventati élite. I nazional-bolscevichi tedeschi si sentivano élite di "nascita", di "sangue".
Esponenti nazional-bolscevichi riconoscono esperienze simili in diversi paesi che hanno vissuto regimi comunisti o socialisti, a partire dalla Russia staliniana, secondo l'interpretazione del politologo sionista Mikhail Agursky.
Altri esempi classici sono la Cuba di Fidel Castro e la guerriglia di difesa nazionale del Vietnam, in cui si trovarono a combattere fianco a fianco il movimento comunista di Ho Chi Min e i movimenti nazionalisti. Ma più in generale si possono considerare nazional-bolscevichi la quasi totalità dei movimenti anti-colonialisti e socialisti della seconda metà del novecento. Il loro fu un nazional-bolscevico accidentale ma spontaneo, involontario ma automatico. Se rivoluzioni ci furono nel Terzo Mondo è perché le parole d'ordine non erano un vuoto internazionalismo, ma "Patria", "Difesa nazionale", legate indissolubilmente alla Giustizia sociale.
Lo storico tedesco Stefan Heffner che nel 1980 scrisse: "Per incredibile che possa sembrare il vero teorico della rivoluzione mondiale, che oggi sta in cammino, non è Marx, né tantomeno Lenin, ma Niekisch".
(Relazione al convegno: “Economia, Filosofia, Politologia ed Antropologia di fronte all’utopia del XXI secolo”, Ass. cult. Heliopolis, Trieste 19 marzo 2009)
domenica 10 gennaio 2010
La Resistenza nazional-bolscevica al nazismo (Prima parte), di Luc Michel
"Nazionalismo di liberazione ed anti-fascismo non possono né devono essere contrapposti" (Wolfgang Venohr)
La storia della Resistenza tedesca contro il III Reich ed il nazismo è poco conosciuta. Un libro tuttavia le è stato interamente dedicato da Gérard Sandoz: Ces Allemands qui ont défié Hitler. 1933-1943,(1) libro preceduto da una testimonianza di Willy Brandt, presidente dell'Internazionale Socialista e grande oppositore del III Reich. L'autore inizia questo libro con la seguente dedica: "Io dedico questo libro alla memoria dei miei amici tedeschi che hanno trovato la morte nella lotta contro la bestia hitleriana". La terza parte del libro è intitolata: "Quelli che non bisogna dimenticare" e comprende un capitolo intitolato: "Il nazional-bolscevismo". Gérard Sandoz rende così omaggio alla corrente politica che, per prima, fin dal 1932-'33, ha resistito al nazismo e ha contato tra i suoi membri i più risoluti degli avversari dell’hitlerismo, compresi coloro che animarono la celebre rete conosciuta sotto il nome di Orchestra Rossa.
L'avventura del nazional-bolscevismo comincia nel 1919
L'avventura del nazional-bolscevismo cominciò nel 1919 ad Amburgo, allora immersa in piena rivoluzione sovietica a seguito del crollo del II Reich nel 1918. E’ qui che nacque una corrente nazional-bolscevica diretta da due leaders della rivoluzione del 1918 in questa città, Heinrich Laufenberg e Friedrich Wolffheim,(2) che dettarono la linea del nazional-comunismo. Il 6 novembre 1918, Laufenberg proclamò ad Amburgo la "Repubblica dei consigli socialista e della grande Germania" e divenne il presidente del "Consiglio operaio di Amburgo". Fu questa la prima manifestazione di posizioni comuniste radicali in alleanza con tendenze marcatamente nazionali.(3)
Dal 1919 al 1921, Wolffheim e Laufenberg animarono tanto in Germania che nell'ambito della III Internazionale una corrente nazional-bolscevica conosciuta sotto il nome di "nazional-comunismo amburghese" e che faceva concorrenza agli spartachisti che avevano costituito il Partito Comunista Tedesco (KPD). Espulsi dal partito nell'ottobre 1919, essi ne fondarono immediatamente un altro, ad esso dissidente, il Partito Comunista Operaio Tedesco (KAPD). In seno a tale partito, che sarà rappresentato fino al 1922 nell'ambito del Comintern,(4) Wolffheim e Laufenberg propugnarono l'idea di creare un'"Armata rossa tedesca" al fine di riprendere la guerra contro i vincitori imperialisti di Versailles. Dopo il 1922, animarono una Lega dei Comunisti. Va fatto notare che questa corrente manifestò, fin dall'inizio degli anni '20, un virulento anti-americanismo.
Dal KPD agli ambienti neo-nazionalistici: la galassia nazional-bolscevica degli anni '20-'30
A partire dalla metà degli anni '20 e fino all'avvento del nazional-socialismo nel 1933, il nazional-bolscevismo sarà una componente fondamentale del paesaggio intellettuale e politico della Repubblica di Weimar. Numerosi gli intellettuali che adotteranno posizioni nazional-bolsceviche.(5)
Primo fra tutti, Ernst Niekisch, che diventerà il più celebre e il più importante rappresentante della corrente nazional-bolscevica tedesca. Formatosi nel movimento socialista tedesco, uno dei leaders della rivoluzione comunista e della "Repubblica dei consigli" di Monaco nel 1919, Niekisch evolverà verso posizioni nazional-bolsceviche e neo-nazionalistiche, in particolare attraverso la rivista che egli animava, Der Widerstand (Resistenza) e i circoli dallo stesso nome,(6) quindi attraverso un movimento, la Widerstand Bewegung, riorganizzato in clandestinità dopo il 1934. Niekisch eserciterà un'influenza preponderante particolarmente sui movimenti della gioventù tedesca antecedenti al 1933, conosciuti sotto il nome di Bündische Jugend. Il movimento Widerstand era costituito tanto da vecchi social-democratici e sindacalisti che da numerosi rappresentanti delle correnti neo-nazionalistiche e nazional-rivoluzionarie tedesche degli anni '20-'30.
La stessa KPD sviluppò posizioni nazional-comuniste, in particolar modo per riconquistare la frangia nazionalistica del proletariato passata al nazismo. Questa linea politica culminò nel 1930 con l'adozione di un programma detto di "liberazione nazionale e sociale" ("Programm der nationalen und sozialen Befreiung des deutschen Volkes"), che sedusse numerosi nazional-rivoluzionari.
"La KPD tenta di assicurarsi il controllo di quest'onda in primo luogo attraverso il 'Programma del KPD in previsione della liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco', pubblicato per la prima volta il 24 agosto 1930, poi, una seconda volta, nella primavera del 1931, e attraverso il suo 'Programma d'aiuto ai contadini'. Si forma, in seno alla KPD un'ala 'nazional-comunista' attorno a Heinz Neumann, che cerca contatti con forze analoghe della destra (...) Altri rappresentanti della destra, di tendenze allo stesso tempo nazionalistiche e socialiste, aderiscono alla KPD (...) degli aristocratici come Ludwig Renn (pseudonimo di Arnold Vieth Von Golssenau) ed il conte Alexander Stenbock-Fermor, dei dirigenti del movimento contadino (Landvolkbewegung) come Bruno Von Salomon e Bodo Uhse, ed anche capi di milizie irregolari come il capitano "Beppo" Römer, che si distintinse nell'assalto di Annaberg, in occasione dei combattimenti del dopo-guerra in Alta Slesia, diventando un simbolo della nazione".(7)
Altri nomi emergono della galassia nazional-bolscevica tedesca, come Friedrich Lenz, Harro Schulze-Boysen, Arvid Harnack, Karl Otto Paetel o Hans Ebeling... Tutti, si faranno notare nella resistenza intellettuale e militare, in armi o nell'intelligence, al regime hitleriano.
Il primo e più risoluto degli oppositori all'hitlerismo: Ernst Niekisch
Nel 1932, Ernst Niekisch pubblica quello che è ancora oggi considerato come il più importante ed il più virulento dei pamphlets anti-hitleriani: Eine Deutsches Verhängniss, in italiano Hitler, una fatalità tedesca, illustrato con disegni di André Paul Weber.(8) La sua pubblicazione provocherà una campagna di stampa nazista contro Niekisch. Da quel momento, la sua rivista Widerstand verrà spesso citata nel periodico mensile di Heinrich Himmler, Reichführer SS, come "uno dei principali organi dell'avversario".
Dal 1933, con l'arrivo al potere dei nazisti, il movimento di Niekisch è perseguitato, i suoi membri spesso arrestati, la sua rivista posta al bando nel dicembre 1934. Uno dei suoi biografi, Sebastien Haffner, dirà di lui che egli "rimase nel III Reich, per quattro lunghi anni, l'ultimo nemico conosciuto e apertamente dichiarato di Hitler" (9). Il vecchio leader prussiano non abdicò mai.
Fino al 1937, il suo movimento Widerstand, ricostituito nella clandestinità, anima una rete d'opposizione intellettuale e politica all'interno del III Reich. Niekisch agisce, spesso, come agente di collegamento e viaggia in tutta l'Europa. Gérard Sandoz evoca così l'attività della sua rete: "Niekisch si recherà più volte in Svizzera, in Francia, nei Paesi Bassi ed in Italia per prendere contatto con gli ambienti dell'emigrazione tedesca, ma anche con rappresentanti 'ufficiosi' di questi paesi. È che, per alcuni membri di questa corrente 'nazionale', diventa sempre più evidente che il regime che si è dato il loro paese potrebbe essere definitivamente superato soltanto grazie ad un intervento straniero. Così, Karl Tröger, con Drexel e Niekisch, l'uomo più attivo di questo gruppo, si recherà più volte illegalmente in Cecoslovacchia (...) Tröger proverà anche a riportare in Germania numerosi giornali clandestini nei quali il regime nazista veniva denunciato come 'la vergogna del XX secolo'. Allorché Kruger fece la sua comparsa dinnanzi ai giudici nazisti, il pubblico ministero aveva già la prova che l'imputato aveva trasportato e diffuso copie di 17 giornali nei quali 'il Reich veniva calunniato in maniera abominevole'".(10)
Niekisch, che ha proseguito alla luce del sole fino al 1937 la sua attività editoriale (un coraggio unico!), restò il solo oppositore apertamente dichiarato ed attivo al regime nazista. È stato infine arrestato con molti dei suoi militanti il 22 marzo 1937. Imprigionato, condannato due anni più tardi da un tribunale speciale con 70 membri del circolo Widerstand fra cui Drexel e Tröger, Niekisch uscì per miracolo, quasi cieco e paralitico, dalle carceri naziste nel 1945.
Il vecchio combattente parteciperà ancora alla nascita della RDT ma, deluso dall'evoluzione del nuovo regime, finirà la sua vita nella RFT in un esilio intellettuale altero, senza mai rinunciare a nessuna delle sue idee.
La gioventù tedesca che non abdico dinnanzi a Hitler
Abbiamo visto che la corrente di Niekisch ha esercitato un'importante influenza sui movimenti della gioventù. Gérard Sandoz non dimentica il sacrificio ed il coraggio dei loro militanti di cui descrive così il coraggioso combattimento: "A riguardo della Bündische Jugend, molti rappresentanti di quest'organizzazione in cui le simpatie per le idee del 'nazional-bolscevismo' si sono manifestate durante tutti gli anni '30 hanno (...) combattuto il regime". Così, Robert Oelbermann, uno dei dirigenti più conosciuti di questa frangia della gioventù nazionale, fu arrestato nel 1936 dopo avere raccolto attorno a sè numerosi giovani 'passati alla rivolta'. Morì, assassinato, nel campo di concentramento di Orianenburg. Allo stesso modo, Rudolf Pallasv, dirigente della Südlegion, collegata alla Bündische Jugend, che si era impegnato dal 1937 nella lotta clandestina, accusando Hitler di avere 'tradito' la gioventù tedesca servendosene per preparare le sue guerre di conquista. Dal 1937 fino al 1940, Pallasv sarà trascinato di prigione in prigione. Nel giugno 1937, si terrà nella città di Essen un clamoroso processo contro dieci dirigenti del Bündische Jugend. L'imputato principale, Hans Böcking sarà condannato a dodici anni di reclusione. Gli altri imputati, accusati come lui di 'preparazione di atti di alto tradimento', passeranno molti anni nelle prigioni ed i campi di concentramento".(11)
La Nazione Socialista contro il Nazismo
Abbiamo già parlato di Karl Otto Paetel che ha animato il movimento Socialistiche Nation. Paetel è uno degli esponenti di punta del nazional-bolscevismo degli anni '30. Redattore di un "Manifesto nazional-bolscevico" ed autore di una storia controversa di quest'ultimo dopo la guerra.(12)
Il suo gruppo, la Nazione Socialista pubblicava una rivista dallo stesso titolo. Molte decine di membri di questo gruppo, spesso molto giovani, passeranno numerosi anni nelle prigioni o nei campi nazisti. Lo stesso Paetel lanciò anche un'agenzia di stampa anti-nazista sotto il nome di Antifascistiche Briefe. Nel 1934, viene colpito da un divieto di lavoro e costretto all'esilio. Continuerà ad animare dall'estero una rete anti-nazista, spostandosi dalla Cecoslovacchia alla Francia, al Portogallo ed infine negli Stati Uniti. Nel 1939, è condannato a morte in contumacia dopo essere stato privato della cittadinanza. Gérard Sandoz non dimentica il sacrificio dei suoi giovani militanti imprigionati. Scrive a questo proposito: "diverse decine di giovani militanti del gruppo Socialististische Nation ha conosciuto la stessa sorte. Essi erano strettamente legati a Karl Otto Paetel, noto dirigente della corrente nazional-bolscevica che, emigrato, poté sottrarsi alle persecuzioni".
Tutti i capi nazional-bolscevichi si impegnano contro il regime hitleriano
E gli altri dirigenti nazional-bolscevichi non saranno da meno. Lontano dall’antifascismo da salotto degli pseudo intellettuali, si impegnano tutti, mettendo la loro pelle al servizio delle loro idee.
Fritz Wolffheim, il fondatore del nazional-bolscevismo amburghese, che ha raggiunto il gruppo di Paetel, d'origine ebrea, fu internato. E finì i suoi giorni in un campo di concentramento.
Friedrich Lenz partecipa sotto il III Reich alle attività antinaziste del Circolo di Kreisau.(13)
Hans Ebeling andò in esilio in Inghilterra. Da lì dirigerà un gruppo attivo in molti paesi europei, a Bruxelles ed Amsterdam in particolare, sotto il nome di Gruppo Nazione Socialista (GNS) e pubblicherà la rivista Kameradschaft, organo d'opposizione al III Reich. Uno dei suoi dirigenti, Theo Hespers è arrestato nel 1942 in Olanda, condannato a morte, è impiccato a Berlino il 9 settembre 1943.
Il sacrificio dell'ala nazional-comunista del KPD
Abbiamo parlato della linea di "liberazione nazionale e sociale" del Partito Comunista Tedesco e delle adesioni di militanti nazional-rivoluzionari che questa aveva suscitato nel 1930-'31.
Questi si organizzarono nel Circolo dell'Aufbruch, "circolo nazional-bolscevico, così denominato a causa dell'omonima rivista pubblicata da 'Beppo' Römer, e che propagandava idee comuniste nel campo nazional-rivoluzionario".(14) Niekisch parlerà di Römer come dell'"agente di collegamento" del KPD con gli ambienti nazional-rivoluzionari. 'Beppo' Römer aveva finito per aderire alla KPD nel 1930, dopo aver diretto negli anni '20 la Bund Oberland, una lega nazionalistica. Dopo la presa di potere da parte dei nazisti, Römer è arrestato, torturato ed ucciso, dopo avere preso parte ad un complotto per assassinare Hitler.
I nazional-bolscevichi alla testa dell'Orchestra Rossa
Ed alcuni andranno più lontano ancora! Così, la celebre rete di informazioni anti-naziste conosciuta sotto il nome di Orchestra Rossa è stata, fatto che sovente nasconde la storiografia marxista, diretta da molti militanti nazional-bolscevichi. Primi tra tutti, Harro Shulze-Boysen ed Arvid Harnack. Gérard Sandoz ha l'onestà rara di rendere omaggio al sacrificio di questi militanti nazional-bolscevichi. Scrive: "Se parliamo a questo punto di questa corrente 'nazional-bolscevica', è perché la ritroviamo nella lotta clandestina che alcuni dei suoi rappresentanti hanno condotto contro il regime hitleriano. Prendiamo il caso di Harro Schulze-Boysen, uno dei dirigenti dell'Orchestra Rossa, fucilato con i suoi amici alla fine del dicembre 1942 per aver trasmesso informazioni al servizio di spionaggio sovietico. Harro Schulze-Boysen, prima di dedicare la sua azione al comunismo, era cresciuto proprio in quegli ambienti che sognavano di collegare in uno stesso movimento tutti coloro che avevano la preoccupazione di realizzare la simbiosi tra i 'rivoluzionari di qualsiasi obbedienza', secondo le sue parole, tra i rivoluzionari provenienti dalla destra e quelli ispirati dal marxismo'".(15) Prima della guerra, Arvid Harnack animava con Friedrich Lenz la rivista ed il gruppo Vorkampfer.
Anche i nazional-rivoluzionari resistono al III Reich
Non possiamo menzionare la resistenza contro il III Reich senza parlare anche dei "nazional-rivoluzionari", "die Nationalrevolutionäre", molto prossimi del resto alla stessa corrente nazional-bolscevica con la quale collaborarono, tanto che alcuni autori sono giunti a considerare il nazional-bolscevismo come "la manifestazione parossistica della corrente nazional-rivoluzionaria" nella Germania degli anni '20 e '30.(16) Queste correnti sono state anche riprese sotto la formula impropria ed inesatta di "rivoluzione conservatrice", secondo la tesi fortemente discutibile del loro principale teorico, il dottor Armin Mohler, che ha studiato lungamente questa corrente che voleva superare la destra e la sinistra. Quest'ultimo precisa che "tra i 'nazional-rivoluzionari', si percepisce l'eco della sorpresa causata da un miscuglio ancora sconosciuto: la cancellazione della distinzione, un tempo rigorosa, tra 'la destra' e 'la sinistra', cancellazione già espressa dalla nozione generale di 'rivoluzione conservatrice'. Negli schemi intellettuali impiegati fino allora, la 'destra' era incaricata di rappresentare il principio nazionale, mentre le riforme sociali o la rivoluzione sociale erano unico appannaggio della 'sinistra'. Ma ecco che, all'epoca, rappresentanti del principio nazionale assumono anche le parole d'ordine di rivoluzione sociale (...) E' il principio esplosivo che contiene il neologismo di 'nazional-rivoluzionario' (...) Il movimento nazional-rivoluzionario ha polverizzato lo schema destra-sinistra ed ha lasciato il campo libero agli altri fronti".
Ostili al nazismo, numerosi militanti nazional-rivoluzionari hanno resistito al III Reich e a più riprese si ritrovano i loro nomi e la memoria delle loro azioni nel libro di Gérard Sandoz che abbiamo già citato.
Il capo storico degli ambienti nazional-rivoluzionari è il famoso scrittore tedesco Ernst Jünger che, con suo fratello Friedrich Georg, fu la punta di diamante di questa area ed in particolare il fondatore del "neo-nazionalismo".
Sotto il III Reich, Ernst Jünger si ritirò in una altera solitudine, marcando con gesti simbolici il suo rifiuto degli orientamenti del III Reich, e in particolare dell'anti-bolscevismo indiscriminato che manifestava il regime hitleriano. Il dottor Mohler precisa che "anche dopo il 30 gennaio 1933, contatti tra la Russia sovietica e rappresentanti di destra tradizionale e della 'rivoluzione conservatrice' si manterranno per un certo tempo". Carl Schmitt o Ernst Jünger, ad esempio, si presteranno apertamente ai ricevimenti dell'ambasciata Russa a Berlino sotto terzo il Reich.(17)
Ernst Jünger e "l'opposizione interiore" al III Reich
Fin dal 1932, Jünger, che collabora con i nazional-bolscevichi Niekisch e Paetel, si erge ad avversario risoluto del nazismo. La pubblicazione del suo saggio "L'Operaio”, definito "nazional-bolscevico" da Niekisch, suscita le violente critiche del partito nazista, che attraverso uno dei suoi giornali preciserà che Jünger e le sue opere si stanno avvicinando a "la zona delle pallottole nella testa".
L'arrivo dei nazisti al potere è l'occasione di molti problemi per Jünger, il cui domicilio è perquisito a più riprese dalla Gestapo. Una di queste perquisizioni trovò del resto eco anche sulla stampa.
Il "Neueste Nachrichten" di Danzica ("città libera" non ancora sottomessa all'ordine nazista) scriveva così, il 12 aprile 1933: "Abbiamo appena appreso che una perquisizione è stata effettuata, a seguito di una denuncia, presso lo scrittore nazionale Ernst Jünger, ufficiale della Grande Guerra, decorato con la Croce per il Merito, autore di numerosi libri di guerra (tra cui Tempeste d'Acciaio, che conobbe un grande successo) e che, nella sua ultima opera a carattere sociologico e filosofico, Der Arbeiter, sostiene concezioni collettivistiche. Nessun materiale compromette è stato scoperto in occasione di questa perquisizione". L'ultimo numero della rivista di Paetel "Sozialistiche Nation", che verrà presto proibita, osservava ironicamente: "non è stato trovato nulla, eccetto... la decorazione 'Per il Merito'".
"Nonostante le pressioni, Jünger non lasciò mai sorgere alcun dubbio: non aveva affatto l'intenzione di partecipare alla politica culturale del III Reich, non più di quanto vi avesse partecipato sotto Weimar. Il suo rifiuto ad essere ammesso all'Accademia prussiana di letteratura e la risposta succinta che diede alla stazione radio di Lipsia sono rimasti famosi. Jünger, non voleva semplicemente 'esserci'".(18) Il 14 giugno 1934, allorché i campi di concentramento erano già riempiti dagli avversari del nuovo regime, scrisse con insolenza alla "Völkischer Beobachter", il quotidiano ufficiale del partito nazista: "Nel supplemento 'Junge Mannschaft' del Völkischer Beobachter del 6-7 maggio 1934 è stato riprodotto un estratto del Cuore Avventuroso. Essendo questa citazione stata fatta senza indicazione della fonte, l'impressione che è stata data al lettore è che io sono uno dei collaboratori del vostro giornale. Cosa di cui non è il caso, tanto più che, da molti anni, non mi esprimo più nella stampa. Nello specifico, tengo a sottolineare il mia incomprensione: da un lato, la stampa ufficiale mi attribuisce un ruolo di 'collaboratore', mentre dell'altro un comunicato stampa ugualmente ufficiale mi proibisce di pubblicare il testo della mia lettera del 18 novembre 1933 all'Accademia di letteratura. Io non desidero assolutamente vedermi citare nei giornali, ma tengo a non lasciare sussistere alcuna incertezza riguardo alla natura delle mie idee politiche".
Una medesima influenza nazional-rivoluzionaria e della "rivoluzione conservatrice" si ritrova anche in altri circoli della resistenza anti-hitleriana, il più famoso dei quali è il "Circolo di Kreisau", da cui sono usciti i principali autori del colpo di Stato del 20 luglio 1944 contro Hitler.
Nel 1944, Ernst Jünger pubblica il suo romanzo a chiave intitolato "Sulle scogliere di marmo" che, come fa notare Gérard Sandoz, "pubblicato nella Germania hitleriana, non poteva non suggerire al lettore attento di gettare uno sguardo critico sul suo ambiente (...)"
La pubblicazione di questo romanzo gli varrà una richiesta ufficiale di imputazione da parte della direzione del partito nazista, tanto che uno dei suoi capi, il Reichleiter Bouhler disse a Hitler: "Ora occorre agire contro Jünger". Solo il glorioso passato militare di Jünger nel 1914-'18 gli permetterà di sottrarsi alle accuse. Mobilitato nell'esercito tedesco, Jünger è vicino ai resistenti che effettuano a Parigi una parte delle operazioni del colpo di Stato del 20 luglio 1944.
L'influenza del movimento nazional-rivoluzionario sul Circolo di Kreisau
Non si può parlare della resistenza anti-hitleriana senza citare inevitabilmente anche il "Circolo di Kreisau", del nome di questo piccolo villaggio della Slesia in cui si ritrovano un certo numero di militanti dalla "rivoluzione conservatrice", fra cui il conte Helmuth James von Moltke, uno dei grandi nomi dello Stato prussiano, i fratelli von Stauffenberg e molti altri ancora, che animarono una rete di resistenza anti-nazista che preparò ed eseguì l'attentato del 20 luglio 1944 ed il putsch anti-hitleriano abortito che lo seguì.
Tra i membri del Circolo di Kreisau, vi sono grandi nomi della resistenza anti-nazista che sacrificarono le loro vite nella lotta contro l’hitlerismo, come il conte York von Wartenburg, giustiziato l'8 agosto 1944 o anche l'ambasciatore von Hassell.
Al Circolo di Kreisau, questi stessi uomini, della "rivoluzione conservatrice" e vicini agli ambienti nazional-rivoluzionari, avevano teso la mano a dei vecchi dirigenti social-democratici, sindacalisti, membri del KPD. Gérard Sandoz precisa i legami innegabili di questi uomini con la "rivoluzione conservatrice": "Come è evidente dai numerosi documenti redatti dai congiurati, la maggior parte di loro considerava il regime nazionalsocialista non come una regressione rispetto alla democrazia parlamentare, ma come la manifestazione particolarmente atroce del 'declino' o della 'decadenza' del mondo moderno. Per loro - lo hanno spesso detto - il nazionalsocialismo era il riflesso esatto di una società 'massificata', in ogni caso l'opposto di una società conservatrice guidata da un''elite' che, invece, corrispondeva al loro ideale. Ed è qui che appare il rapporto tra la lotta che la maggior parte degli uomini legati alla congiura avevano condotto contro la Repubblica di Weimar in nome di una 'rivoluzione conservatrice', ed il loro atteggiamento nei confronti del nazionalsocialismo. Ricordiamo che Goerdeler, Ulrich von Hassell, Ludwig Beck e lo stesso von Stauffenberg odiavano la prima repubblica tedesca, quella democrazia fragile, nata all'indomani di una sconfitta militare. Per loro, una 'rivoluzione conservatrice' avrebbe dovuto superare proprio le disgrazie che avevano colpito la Germania. Sandoz stabilisce anche quali siano stati i temi di questa rivoluzione "conservatrice": "I suoi teorici, tra cui Ernst Jünger, avevano nel corso dell'esistenza della Repubblica di Weimar auspicato il regno di una 'élite di uomini capaci' (élite del Fäligen) in opposizione al regno dei 'mediocri'. Un uomo come Edgard Jung, ex collaboratore di von Papen e, più tardi, associato alla cospirazione, aveva anche consacrato un'opera a questo problema il cui titolo era precisamente 'Il regno dei mediocri'. Questo libro era diretto contro i rappresentanti della Repubblica di Weimar. Ma, ai suoi occhi, anche gli uomini del nazionalsocialismo facevano parte di questo strato di mediocri, nel senso che rappresentavano 'la società di massa', contraria a quella de 'l'elite'. Non c'è dubbio che questi concetti vaghi e interpretabili hanno fatto parte della preparazione intellettuale di molti congiuranti del 20 luglio".
E i proclami degli autori del colpo di Stato del 20 luglio 1944 non lasciano del resto alcun dubbio sulla loro adesione al "nazionalismo di liberazione" che proponevano gli ambienti nazional-rivoluzionari. Così, i generali putchisti Beck e Witzleben, in un "Appello alla Wermacht", redatto alla vigilia del 20 luglio, precisavano: "Non desideriamo che altri popoli siano ridotti in schiavitù. La libertà che i nostri padri hanno conquistato nel corso del secolo scorso per la Germania (...) dobbiamo accordarla anche a tutti gli altri popoli. È su questa base soltanto che sarà possibile riempire l'abisso che è stato scavato da una politica senza freni ed ubriaca di potenza (...)".
Il conte di Stauffenberg era uno di noi!
Veniamo al colonello Klaus von Stauffenberg e a suo fratello Berthold, tutti due giustiziati dopo il 20 luglio 1944. Sandoz colloca senza ambiguità il conte di Stauffenberg negli ambienti nazional-rivoluzionari (19). Parlando di Ernst Jünger, egli dice che era "un uomo molto apprezzato anche da von Stauffenberg".
Sandoz parla a proposito di Stauffenberg delle idee di "rivoluzione", "nazione", e "socialismo" come dell'"incarnazione delle sue speranze" ed aggiunge che "il dirigente della cospirazione era, a suo modo, un 'rivoluzionario'". Suo fratello, Berthold, dirà alla Gestapo: "Messe in pratica dal regime, le idee essenziali del nazionalsocialismo si sono trasformate nel loro contrario. Il popolino che esercitava un potere senza controllo ha sostituito al vertice i capi predestinati".
In questo modo si comprende meglio perché la storiografia ufficiale ha passato sotto silenzio quest'aspetto della cospirazione del 20 luglio 1944.
(trad. it. di Luc Michel, La Résistance National-Bolchevique au IIIe Reich (1ére partie), in Parti Communautaire National-Europeen (PCN), http://www.pcn-ncp.com/NB)
Note, rinvii e citazioni
1) Gérard Sandoz, Ces Allemands qui ont défié Hitler. 1933-1943, Ed. Pygmalion, Gérard Wathelet, Paris, 1980.
Un altro saggio sul medesimo argomento è stato pubblicato anche in Germania: Claus Wolfschlag, Hitlers rechte Gegner. Gedanken zum nationalistischen Widerstand, Ed. Mühle im Hexengrund, 1996.
(2) 6 novembre 1918, scoppia la rivoluzione comunista ad Amburgo. Militante di estrema sinistra, Wolffheim gioca un ruolo di primo piano, prendendo la testa dei soldati e dei marinai ammutinati. E' stato ad Amburgo che la Repubblica socialista è stata proclamata per la prima volta in Germania. Un "Consiglio provvisorio degli operai e dei soldati" ha preso la direzione della rivoluzione. Laufenberg, egli stesso militante comunista, è stato il primo presidente del Consiglio.
(3) Sul "nazional-comunismo amburghese" cfr.: Luc Michel, "Mythes et réalités du National-Bolchevisme 1918-1993", in Vouloir, Bruxelles, nn. 105-108, luglio-settembre 1993. Sul KAPD e le sue tesi, cfr.: Luc Michel, Que faire? Les tâches immédiates de la Révolution européenne, II parte - "Le rôle et la function du Parti révolutionnaire européen", in Conscience Europeenne, Charleroi, n. 20, septembre 1987; Luc Michel, Le Parti historique révolutionnaire, capitolo VIII - "Contre la bureaucratie et la montée de l''opportunisme'", Ed. Machiavel, Charleroi, 1987.
(4) Durante il congresso clandestino del KPD a Heidelberg, nell'ottobre 1919, la direzione spartachista (Levi) ottenne in modo fraudolento l'esclusione del gruppo amburghese, che si era opposto alla direzione del Partito. Gli esclusi amburghesi rappresentavano la maggioranza degli aderenti del KPD, che perdette rapidamente più della metà dei suoi 100.000 militanti. Nell'aprile 1920, fu creata la KAPD, di cui Wolffheim e Laufenberg furono per breve tempo i leaders. Di fronte all'importanza della scissione, il Comintern, in spregio al proprio statuto, dovette accettare l'adesione di questo secondo partito comunista nell'Internazionale. Divenendo essa stessa un'arena in cui si affrontarono KPD e KAPD, finché non fu il primo ad averla vinta restando l'unico in lizza.
(5) Sul nazional-bolscevismo tedesco degli anni 1918-1933, cfr.: Otto-Ernst Schüddekopf: Linke Leute von Rechts. Die nationalrevolutionären Minderheiten und der Kommunismus in der Weimarer Republik. Stuttgart 1960; Louis Dupeux, Stratégie communiste et dynamique conservatrice. Essai sur les différents sens de l'expression "National-bolchevisme" en Allemagne, sous la République de Weimar (1919-1933), tesi presentata all'Université de Paris 1, il 28/11/1974, Librairie Honoré Champion, Paris, 1976; Luc Michel, Mythes et réalités du National-bolchevisme, 1918-1933, op. cit.
(6) Su Ernst Niekisch, cfr.: Alain De Benoist, "Préface", in Ernst Niekisch, Hitler. Une fatalité Allemande et autres écrits Nationaux-Bolcheviks, Ed. Pardès, Puisseaux, 1991.
(7) Armin Mohler, La Révolution Conservatrice en Allemagne. 1918-1932, Ed. Pardès, Puisseaux, 1993.
(8) Ernst Niekisch, op. cit.
(9) Sébastien Haffner e Wolffgang Venohr, Profils Prussiens, Ed. Gallimard, Paris, 1983.
(10) Gérard Sandoz, "Ceux qu'il ne faut pas oublier", capitolo XVIII - "Le National-bolchevisme", pp. 195 e ss., in op. cit.
(11) Ibid.
(12) Su Karl Otto Paetel, cfr.: Louis Dupeux, op. cit.; K.O. Paetel, "Versuchung Oder Chance zur Geschichte des Deutschen National-Bolchevismus", Musterschmidt, Göttingen, 1966.
(13) Sul "Circolo di Kreisau", cfr. Gérard Sandoz, op. cit., capitolo XI - "Le cercle de Kreisau", capitolo XIII - "En attendant l'opération Walkyrie", capitolo XIV - "Le Jour J" e il capitolo XV - "Une répression féroce".
(14) Armin Mohler, op. cit.
(15) Gérard Sandoz, op. cit., capitolo XVIII - "Le National-bolchevisme".
(16) Louis Dupeux, op. cit.
(17) Armin Mohler, op. cit.
(18) Werner Bräuninger, "Dans la zone des balles dans la tête. Ernst Jünger et la NSDAP (1925-1934)", in Nouvelle Ecole, n. speciale pubblicato in occasione del centenario di Jünger, n. 48, Parigi, 1996.
(19) Gérard Sandoz, op. cit., capitolo XVI - "Le 20 juillet devant l'histoire".
La storia della Resistenza tedesca contro il III Reich ed il nazismo è poco conosciuta. Un libro tuttavia le è stato interamente dedicato da Gérard Sandoz: Ces Allemands qui ont défié Hitler. 1933-1943,(1) libro preceduto da una testimonianza di Willy Brandt, presidente dell'Internazionale Socialista e grande oppositore del III Reich. L'autore inizia questo libro con la seguente dedica: "Io dedico questo libro alla memoria dei miei amici tedeschi che hanno trovato la morte nella lotta contro la bestia hitleriana". La terza parte del libro è intitolata: "Quelli che non bisogna dimenticare" e comprende un capitolo intitolato: "Il nazional-bolscevismo". Gérard Sandoz rende così omaggio alla corrente politica che, per prima, fin dal 1932-'33, ha resistito al nazismo e ha contato tra i suoi membri i più risoluti degli avversari dell’hitlerismo, compresi coloro che animarono la celebre rete conosciuta sotto il nome di Orchestra Rossa.
L'avventura del nazional-bolscevismo comincia nel 1919
L'avventura del nazional-bolscevismo cominciò nel 1919 ad Amburgo, allora immersa in piena rivoluzione sovietica a seguito del crollo del II Reich nel 1918. E’ qui che nacque una corrente nazional-bolscevica diretta da due leaders della rivoluzione del 1918 in questa città, Heinrich Laufenberg e Friedrich Wolffheim,(2) che dettarono la linea del nazional-comunismo. Il 6 novembre 1918, Laufenberg proclamò ad Amburgo la "Repubblica dei consigli socialista e della grande Germania" e divenne il presidente del "Consiglio operaio di Amburgo". Fu questa la prima manifestazione di posizioni comuniste radicali in alleanza con tendenze marcatamente nazionali.(3)
Dal 1919 al 1921, Wolffheim e Laufenberg animarono tanto in Germania che nell'ambito della III Internazionale una corrente nazional-bolscevica conosciuta sotto il nome di "nazional-comunismo amburghese" e che faceva concorrenza agli spartachisti che avevano costituito il Partito Comunista Tedesco (KPD). Espulsi dal partito nell'ottobre 1919, essi ne fondarono immediatamente un altro, ad esso dissidente, il Partito Comunista Operaio Tedesco (KAPD). In seno a tale partito, che sarà rappresentato fino al 1922 nell'ambito del Comintern,(4) Wolffheim e Laufenberg propugnarono l'idea di creare un'"Armata rossa tedesca" al fine di riprendere la guerra contro i vincitori imperialisti di Versailles. Dopo il 1922, animarono una Lega dei Comunisti. Va fatto notare che questa corrente manifestò, fin dall'inizio degli anni '20, un virulento anti-americanismo.
Dal KPD agli ambienti neo-nazionalistici: la galassia nazional-bolscevica degli anni '20-'30
A partire dalla metà degli anni '20 e fino all'avvento del nazional-socialismo nel 1933, il nazional-bolscevismo sarà una componente fondamentale del paesaggio intellettuale e politico della Repubblica di Weimar. Numerosi gli intellettuali che adotteranno posizioni nazional-bolsceviche.(5)
Primo fra tutti, Ernst Niekisch, che diventerà il più celebre e il più importante rappresentante della corrente nazional-bolscevica tedesca. Formatosi nel movimento socialista tedesco, uno dei leaders della rivoluzione comunista e della "Repubblica dei consigli" di Monaco nel 1919, Niekisch evolverà verso posizioni nazional-bolsceviche e neo-nazionalistiche, in particolare attraverso la rivista che egli animava, Der Widerstand (Resistenza) e i circoli dallo stesso nome,(6) quindi attraverso un movimento, la Widerstand Bewegung, riorganizzato in clandestinità dopo il 1934. Niekisch eserciterà un'influenza preponderante particolarmente sui movimenti della gioventù tedesca antecedenti al 1933, conosciuti sotto il nome di Bündische Jugend. Il movimento Widerstand era costituito tanto da vecchi social-democratici e sindacalisti che da numerosi rappresentanti delle correnti neo-nazionalistiche e nazional-rivoluzionarie tedesche degli anni '20-'30.
La stessa KPD sviluppò posizioni nazional-comuniste, in particolar modo per riconquistare la frangia nazionalistica del proletariato passata al nazismo. Questa linea politica culminò nel 1930 con l'adozione di un programma detto di "liberazione nazionale e sociale" ("Programm der nationalen und sozialen Befreiung des deutschen Volkes"), che sedusse numerosi nazional-rivoluzionari.
"La KPD tenta di assicurarsi il controllo di quest'onda in primo luogo attraverso il 'Programma del KPD in previsione della liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco', pubblicato per la prima volta il 24 agosto 1930, poi, una seconda volta, nella primavera del 1931, e attraverso il suo 'Programma d'aiuto ai contadini'. Si forma, in seno alla KPD un'ala 'nazional-comunista' attorno a Heinz Neumann, che cerca contatti con forze analoghe della destra (...) Altri rappresentanti della destra, di tendenze allo stesso tempo nazionalistiche e socialiste, aderiscono alla KPD (...) degli aristocratici come Ludwig Renn (pseudonimo di Arnold Vieth Von Golssenau) ed il conte Alexander Stenbock-Fermor, dei dirigenti del movimento contadino (Landvolkbewegung) come Bruno Von Salomon e Bodo Uhse, ed anche capi di milizie irregolari come il capitano "Beppo" Römer, che si distintinse nell'assalto di Annaberg, in occasione dei combattimenti del dopo-guerra in Alta Slesia, diventando un simbolo della nazione".(7)
Altri nomi emergono della galassia nazional-bolscevica tedesca, come Friedrich Lenz, Harro Schulze-Boysen, Arvid Harnack, Karl Otto Paetel o Hans Ebeling... Tutti, si faranno notare nella resistenza intellettuale e militare, in armi o nell'intelligence, al regime hitleriano.
Il primo e più risoluto degli oppositori all'hitlerismo: Ernst Niekisch
Nel 1932, Ernst Niekisch pubblica quello che è ancora oggi considerato come il più importante ed il più virulento dei pamphlets anti-hitleriani: Eine Deutsches Verhängniss, in italiano Hitler, una fatalità tedesca, illustrato con disegni di André Paul Weber.(8) La sua pubblicazione provocherà una campagna di stampa nazista contro Niekisch. Da quel momento, la sua rivista Widerstand verrà spesso citata nel periodico mensile di Heinrich Himmler, Reichführer SS, come "uno dei principali organi dell'avversario".
Dal 1933, con l'arrivo al potere dei nazisti, il movimento di Niekisch è perseguitato, i suoi membri spesso arrestati, la sua rivista posta al bando nel dicembre 1934. Uno dei suoi biografi, Sebastien Haffner, dirà di lui che egli "rimase nel III Reich, per quattro lunghi anni, l'ultimo nemico conosciuto e apertamente dichiarato di Hitler" (9). Il vecchio leader prussiano non abdicò mai.
Fino al 1937, il suo movimento Widerstand, ricostituito nella clandestinità, anima una rete d'opposizione intellettuale e politica all'interno del III Reich. Niekisch agisce, spesso, come agente di collegamento e viaggia in tutta l'Europa. Gérard Sandoz evoca così l'attività della sua rete: "Niekisch si recherà più volte in Svizzera, in Francia, nei Paesi Bassi ed in Italia per prendere contatto con gli ambienti dell'emigrazione tedesca, ma anche con rappresentanti 'ufficiosi' di questi paesi. È che, per alcuni membri di questa corrente 'nazionale', diventa sempre più evidente che il regime che si è dato il loro paese potrebbe essere definitivamente superato soltanto grazie ad un intervento straniero. Così, Karl Tröger, con Drexel e Niekisch, l'uomo più attivo di questo gruppo, si recherà più volte illegalmente in Cecoslovacchia (...) Tröger proverà anche a riportare in Germania numerosi giornali clandestini nei quali il regime nazista veniva denunciato come 'la vergogna del XX secolo'. Allorché Kruger fece la sua comparsa dinnanzi ai giudici nazisti, il pubblico ministero aveva già la prova che l'imputato aveva trasportato e diffuso copie di 17 giornali nei quali 'il Reich veniva calunniato in maniera abominevole'".(10)
Niekisch, che ha proseguito alla luce del sole fino al 1937 la sua attività editoriale (un coraggio unico!), restò il solo oppositore apertamente dichiarato ed attivo al regime nazista. È stato infine arrestato con molti dei suoi militanti il 22 marzo 1937. Imprigionato, condannato due anni più tardi da un tribunale speciale con 70 membri del circolo Widerstand fra cui Drexel e Tröger, Niekisch uscì per miracolo, quasi cieco e paralitico, dalle carceri naziste nel 1945.
Il vecchio combattente parteciperà ancora alla nascita della RDT ma, deluso dall'evoluzione del nuovo regime, finirà la sua vita nella RFT in un esilio intellettuale altero, senza mai rinunciare a nessuna delle sue idee.
La gioventù tedesca che non abdico dinnanzi a Hitler
Abbiamo visto che la corrente di Niekisch ha esercitato un'importante influenza sui movimenti della gioventù. Gérard Sandoz non dimentica il sacrificio ed il coraggio dei loro militanti di cui descrive così il coraggioso combattimento: "A riguardo della Bündische Jugend, molti rappresentanti di quest'organizzazione in cui le simpatie per le idee del 'nazional-bolscevismo' si sono manifestate durante tutti gli anni '30 hanno (...) combattuto il regime". Così, Robert Oelbermann, uno dei dirigenti più conosciuti di questa frangia della gioventù nazionale, fu arrestato nel 1936 dopo avere raccolto attorno a sè numerosi giovani 'passati alla rivolta'. Morì, assassinato, nel campo di concentramento di Orianenburg. Allo stesso modo, Rudolf Pallasv, dirigente della Südlegion, collegata alla Bündische Jugend, che si era impegnato dal 1937 nella lotta clandestina, accusando Hitler di avere 'tradito' la gioventù tedesca servendosene per preparare le sue guerre di conquista. Dal 1937 fino al 1940, Pallasv sarà trascinato di prigione in prigione. Nel giugno 1937, si terrà nella città di Essen un clamoroso processo contro dieci dirigenti del Bündische Jugend. L'imputato principale, Hans Böcking sarà condannato a dodici anni di reclusione. Gli altri imputati, accusati come lui di 'preparazione di atti di alto tradimento', passeranno molti anni nelle prigioni ed i campi di concentramento".(11)
La Nazione Socialista contro il Nazismo
Abbiamo già parlato di Karl Otto Paetel che ha animato il movimento Socialistiche Nation. Paetel è uno degli esponenti di punta del nazional-bolscevismo degli anni '30. Redattore di un "Manifesto nazional-bolscevico" ed autore di una storia controversa di quest'ultimo dopo la guerra.(12)
Il suo gruppo, la Nazione Socialista pubblicava una rivista dallo stesso titolo. Molte decine di membri di questo gruppo, spesso molto giovani, passeranno numerosi anni nelle prigioni o nei campi nazisti. Lo stesso Paetel lanciò anche un'agenzia di stampa anti-nazista sotto il nome di Antifascistiche Briefe. Nel 1934, viene colpito da un divieto di lavoro e costretto all'esilio. Continuerà ad animare dall'estero una rete anti-nazista, spostandosi dalla Cecoslovacchia alla Francia, al Portogallo ed infine negli Stati Uniti. Nel 1939, è condannato a morte in contumacia dopo essere stato privato della cittadinanza. Gérard Sandoz non dimentica il sacrificio dei suoi giovani militanti imprigionati. Scrive a questo proposito: "diverse decine di giovani militanti del gruppo Socialististische Nation ha conosciuto la stessa sorte. Essi erano strettamente legati a Karl Otto Paetel, noto dirigente della corrente nazional-bolscevica che, emigrato, poté sottrarsi alle persecuzioni".
Tutti i capi nazional-bolscevichi si impegnano contro il regime hitleriano
E gli altri dirigenti nazional-bolscevichi non saranno da meno. Lontano dall’antifascismo da salotto degli pseudo intellettuali, si impegnano tutti, mettendo la loro pelle al servizio delle loro idee.
Fritz Wolffheim, il fondatore del nazional-bolscevismo amburghese, che ha raggiunto il gruppo di Paetel, d'origine ebrea, fu internato. E finì i suoi giorni in un campo di concentramento.
Friedrich Lenz partecipa sotto il III Reich alle attività antinaziste del Circolo di Kreisau.(13)
Hans Ebeling andò in esilio in Inghilterra. Da lì dirigerà un gruppo attivo in molti paesi europei, a Bruxelles ed Amsterdam in particolare, sotto il nome di Gruppo Nazione Socialista (GNS) e pubblicherà la rivista Kameradschaft, organo d'opposizione al III Reich. Uno dei suoi dirigenti, Theo Hespers è arrestato nel 1942 in Olanda, condannato a morte, è impiccato a Berlino il 9 settembre 1943.
Il sacrificio dell'ala nazional-comunista del KPD
Abbiamo parlato della linea di "liberazione nazionale e sociale" del Partito Comunista Tedesco e delle adesioni di militanti nazional-rivoluzionari che questa aveva suscitato nel 1930-'31.
Questi si organizzarono nel Circolo dell'Aufbruch, "circolo nazional-bolscevico, così denominato a causa dell'omonima rivista pubblicata da 'Beppo' Römer, e che propagandava idee comuniste nel campo nazional-rivoluzionario".(14) Niekisch parlerà di Römer come dell'"agente di collegamento" del KPD con gli ambienti nazional-rivoluzionari. 'Beppo' Römer aveva finito per aderire alla KPD nel 1930, dopo aver diretto negli anni '20 la Bund Oberland, una lega nazionalistica. Dopo la presa di potere da parte dei nazisti, Römer è arrestato, torturato ed ucciso, dopo avere preso parte ad un complotto per assassinare Hitler.
I nazional-bolscevichi alla testa dell'Orchestra Rossa
Ed alcuni andranno più lontano ancora! Così, la celebre rete di informazioni anti-naziste conosciuta sotto il nome di Orchestra Rossa è stata, fatto che sovente nasconde la storiografia marxista, diretta da molti militanti nazional-bolscevichi. Primi tra tutti, Harro Shulze-Boysen ed Arvid Harnack. Gérard Sandoz ha l'onestà rara di rendere omaggio al sacrificio di questi militanti nazional-bolscevichi. Scrive: "Se parliamo a questo punto di questa corrente 'nazional-bolscevica', è perché la ritroviamo nella lotta clandestina che alcuni dei suoi rappresentanti hanno condotto contro il regime hitleriano. Prendiamo il caso di Harro Schulze-Boysen, uno dei dirigenti dell'Orchestra Rossa, fucilato con i suoi amici alla fine del dicembre 1942 per aver trasmesso informazioni al servizio di spionaggio sovietico. Harro Schulze-Boysen, prima di dedicare la sua azione al comunismo, era cresciuto proprio in quegli ambienti che sognavano di collegare in uno stesso movimento tutti coloro che avevano la preoccupazione di realizzare la simbiosi tra i 'rivoluzionari di qualsiasi obbedienza', secondo le sue parole, tra i rivoluzionari provenienti dalla destra e quelli ispirati dal marxismo'".(15) Prima della guerra, Arvid Harnack animava con Friedrich Lenz la rivista ed il gruppo Vorkampfer.
Anche i nazional-rivoluzionari resistono al III Reich
Non possiamo menzionare la resistenza contro il III Reich senza parlare anche dei "nazional-rivoluzionari", "die Nationalrevolutionäre", molto prossimi del resto alla stessa corrente nazional-bolscevica con la quale collaborarono, tanto che alcuni autori sono giunti a considerare il nazional-bolscevismo come "la manifestazione parossistica della corrente nazional-rivoluzionaria" nella Germania degli anni '20 e '30.(16) Queste correnti sono state anche riprese sotto la formula impropria ed inesatta di "rivoluzione conservatrice", secondo la tesi fortemente discutibile del loro principale teorico, il dottor Armin Mohler, che ha studiato lungamente questa corrente che voleva superare la destra e la sinistra. Quest'ultimo precisa che "tra i 'nazional-rivoluzionari', si percepisce l'eco della sorpresa causata da un miscuglio ancora sconosciuto: la cancellazione della distinzione, un tempo rigorosa, tra 'la destra' e 'la sinistra', cancellazione già espressa dalla nozione generale di 'rivoluzione conservatrice'. Negli schemi intellettuali impiegati fino allora, la 'destra' era incaricata di rappresentare il principio nazionale, mentre le riforme sociali o la rivoluzione sociale erano unico appannaggio della 'sinistra'. Ma ecco che, all'epoca, rappresentanti del principio nazionale assumono anche le parole d'ordine di rivoluzione sociale (...) E' il principio esplosivo che contiene il neologismo di 'nazional-rivoluzionario' (...) Il movimento nazional-rivoluzionario ha polverizzato lo schema destra-sinistra ed ha lasciato il campo libero agli altri fronti".
Ostili al nazismo, numerosi militanti nazional-rivoluzionari hanno resistito al III Reich e a più riprese si ritrovano i loro nomi e la memoria delle loro azioni nel libro di Gérard Sandoz che abbiamo già citato.
Il capo storico degli ambienti nazional-rivoluzionari è il famoso scrittore tedesco Ernst Jünger che, con suo fratello Friedrich Georg, fu la punta di diamante di questa area ed in particolare il fondatore del "neo-nazionalismo".
Sotto il III Reich, Ernst Jünger si ritirò in una altera solitudine, marcando con gesti simbolici il suo rifiuto degli orientamenti del III Reich, e in particolare dell'anti-bolscevismo indiscriminato che manifestava il regime hitleriano. Il dottor Mohler precisa che "anche dopo il 30 gennaio 1933, contatti tra la Russia sovietica e rappresentanti di destra tradizionale e della 'rivoluzione conservatrice' si manterranno per un certo tempo". Carl Schmitt o Ernst Jünger, ad esempio, si presteranno apertamente ai ricevimenti dell'ambasciata Russa a Berlino sotto terzo il Reich.(17)
Ernst Jünger e "l'opposizione interiore" al III Reich
Fin dal 1932, Jünger, che collabora con i nazional-bolscevichi Niekisch e Paetel, si erge ad avversario risoluto del nazismo. La pubblicazione del suo saggio "L'Operaio”, definito "nazional-bolscevico" da Niekisch, suscita le violente critiche del partito nazista, che attraverso uno dei suoi giornali preciserà che Jünger e le sue opere si stanno avvicinando a "la zona delle pallottole nella testa".
L'arrivo dei nazisti al potere è l'occasione di molti problemi per Jünger, il cui domicilio è perquisito a più riprese dalla Gestapo. Una di queste perquisizioni trovò del resto eco anche sulla stampa.
Il "Neueste Nachrichten" di Danzica ("città libera" non ancora sottomessa all'ordine nazista) scriveva così, il 12 aprile 1933: "Abbiamo appena appreso che una perquisizione è stata effettuata, a seguito di una denuncia, presso lo scrittore nazionale Ernst Jünger, ufficiale della Grande Guerra, decorato con la Croce per il Merito, autore di numerosi libri di guerra (tra cui Tempeste d'Acciaio, che conobbe un grande successo) e che, nella sua ultima opera a carattere sociologico e filosofico, Der Arbeiter, sostiene concezioni collettivistiche. Nessun materiale compromette è stato scoperto in occasione di questa perquisizione". L'ultimo numero della rivista di Paetel "Sozialistiche Nation", che verrà presto proibita, osservava ironicamente: "non è stato trovato nulla, eccetto... la decorazione 'Per il Merito'".
"Nonostante le pressioni, Jünger non lasciò mai sorgere alcun dubbio: non aveva affatto l'intenzione di partecipare alla politica culturale del III Reich, non più di quanto vi avesse partecipato sotto Weimar. Il suo rifiuto ad essere ammesso all'Accademia prussiana di letteratura e la risposta succinta che diede alla stazione radio di Lipsia sono rimasti famosi. Jünger, non voleva semplicemente 'esserci'".(18) Il 14 giugno 1934, allorché i campi di concentramento erano già riempiti dagli avversari del nuovo regime, scrisse con insolenza alla "Völkischer Beobachter", il quotidiano ufficiale del partito nazista: "Nel supplemento 'Junge Mannschaft' del Völkischer Beobachter del 6-7 maggio 1934 è stato riprodotto un estratto del Cuore Avventuroso. Essendo questa citazione stata fatta senza indicazione della fonte, l'impressione che è stata data al lettore è che io sono uno dei collaboratori del vostro giornale. Cosa di cui non è il caso, tanto più che, da molti anni, non mi esprimo più nella stampa. Nello specifico, tengo a sottolineare il mia incomprensione: da un lato, la stampa ufficiale mi attribuisce un ruolo di 'collaboratore', mentre dell'altro un comunicato stampa ugualmente ufficiale mi proibisce di pubblicare il testo della mia lettera del 18 novembre 1933 all'Accademia di letteratura. Io non desidero assolutamente vedermi citare nei giornali, ma tengo a non lasciare sussistere alcuna incertezza riguardo alla natura delle mie idee politiche".
Una medesima influenza nazional-rivoluzionaria e della "rivoluzione conservatrice" si ritrova anche in altri circoli della resistenza anti-hitleriana, il più famoso dei quali è il "Circolo di Kreisau", da cui sono usciti i principali autori del colpo di Stato del 20 luglio 1944 contro Hitler.
Nel 1944, Ernst Jünger pubblica il suo romanzo a chiave intitolato "Sulle scogliere di marmo" che, come fa notare Gérard Sandoz, "pubblicato nella Germania hitleriana, non poteva non suggerire al lettore attento di gettare uno sguardo critico sul suo ambiente (...)"
La pubblicazione di questo romanzo gli varrà una richiesta ufficiale di imputazione da parte della direzione del partito nazista, tanto che uno dei suoi capi, il Reichleiter Bouhler disse a Hitler: "Ora occorre agire contro Jünger". Solo il glorioso passato militare di Jünger nel 1914-'18 gli permetterà di sottrarsi alle accuse. Mobilitato nell'esercito tedesco, Jünger è vicino ai resistenti che effettuano a Parigi una parte delle operazioni del colpo di Stato del 20 luglio 1944.
L'influenza del movimento nazional-rivoluzionario sul Circolo di Kreisau
Non si può parlare della resistenza anti-hitleriana senza citare inevitabilmente anche il "Circolo di Kreisau", del nome di questo piccolo villaggio della Slesia in cui si ritrovano un certo numero di militanti dalla "rivoluzione conservatrice", fra cui il conte Helmuth James von Moltke, uno dei grandi nomi dello Stato prussiano, i fratelli von Stauffenberg e molti altri ancora, che animarono una rete di resistenza anti-nazista che preparò ed eseguì l'attentato del 20 luglio 1944 ed il putsch anti-hitleriano abortito che lo seguì.
Tra i membri del Circolo di Kreisau, vi sono grandi nomi della resistenza anti-nazista che sacrificarono le loro vite nella lotta contro l’hitlerismo, come il conte York von Wartenburg, giustiziato l'8 agosto 1944 o anche l'ambasciatore von Hassell.
Al Circolo di Kreisau, questi stessi uomini, della "rivoluzione conservatrice" e vicini agli ambienti nazional-rivoluzionari, avevano teso la mano a dei vecchi dirigenti social-democratici, sindacalisti, membri del KPD. Gérard Sandoz precisa i legami innegabili di questi uomini con la "rivoluzione conservatrice": "Come è evidente dai numerosi documenti redatti dai congiurati, la maggior parte di loro considerava il regime nazionalsocialista non come una regressione rispetto alla democrazia parlamentare, ma come la manifestazione particolarmente atroce del 'declino' o della 'decadenza' del mondo moderno. Per loro - lo hanno spesso detto - il nazionalsocialismo era il riflesso esatto di una società 'massificata', in ogni caso l'opposto di una società conservatrice guidata da un''elite' che, invece, corrispondeva al loro ideale. Ed è qui che appare il rapporto tra la lotta che la maggior parte degli uomini legati alla congiura avevano condotto contro la Repubblica di Weimar in nome di una 'rivoluzione conservatrice', ed il loro atteggiamento nei confronti del nazionalsocialismo. Ricordiamo che Goerdeler, Ulrich von Hassell, Ludwig Beck e lo stesso von Stauffenberg odiavano la prima repubblica tedesca, quella democrazia fragile, nata all'indomani di una sconfitta militare. Per loro, una 'rivoluzione conservatrice' avrebbe dovuto superare proprio le disgrazie che avevano colpito la Germania. Sandoz stabilisce anche quali siano stati i temi di questa rivoluzione "conservatrice": "I suoi teorici, tra cui Ernst Jünger, avevano nel corso dell'esistenza della Repubblica di Weimar auspicato il regno di una 'élite di uomini capaci' (élite del Fäligen) in opposizione al regno dei 'mediocri'. Un uomo come Edgard Jung, ex collaboratore di von Papen e, più tardi, associato alla cospirazione, aveva anche consacrato un'opera a questo problema il cui titolo era precisamente 'Il regno dei mediocri'. Questo libro era diretto contro i rappresentanti della Repubblica di Weimar. Ma, ai suoi occhi, anche gli uomini del nazionalsocialismo facevano parte di questo strato di mediocri, nel senso che rappresentavano 'la società di massa', contraria a quella de 'l'elite'. Non c'è dubbio che questi concetti vaghi e interpretabili hanno fatto parte della preparazione intellettuale di molti congiuranti del 20 luglio".
E i proclami degli autori del colpo di Stato del 20 luglio 1944 non lasciano del resto alcun dubbio sulla loro adesione al "nazionalismo di liberazione" che proponevano gli ambienti nazional-rivoluzionari. Così, i generali putchisti Beck e Witzleben, in un "Appello alla Wermacht", redatto alla vigilia del 20 luglio, precisavano: "Non desideriamo che altri popoli siano ridotti in schiavitù. La libertà che i nostri padri hanno conquistato nel corso del secolo scorso per la Germania (...) dobbiamo accordarla anche a tutti gli altri popoli. È su questa base soltanto che sarà possibile riempire l'abisso che è stato scavato da una politica senza freni ed ubriaca di potenza (...)".
Il conte di Stauffenberg era uno di noi!
Veniamo al colonello Klaus von Stauffenberg e a suo fratello Berthold, tutti due giustiziati dopo il 20 luglio 1944. Sandoz colloca senza ambiguità il conte di Stauffenberg negli ambienti nazional-rivoluzionari (19). Parlando di Ernst Jünger, egli dice che era "un uomo molto apprezzato anche da von Stauffenberg".
Sandoz parla a proposito di Stauffenberg delle idee di "rivoluzione", "nazione", e "socialismo" come dell'"incarnazione delle sue speranze" ed aggiunge che "il dirigente della cospirazione era, a suo modo, un 'rivoluzionario'". Suo fratello, Berthold, dirà alla Gestapo: "Messe in pratica dal regime, le idee essenziali del nazionalsocialismo si sono trasformate nel loro contrario. Il popolino che esercitava un potere senza controllo ha sostituito al vertice i capi predestinati".
In questo modo si comprende meglio perché la storiografia ufficiale ha passato sotto silenzio quest'aspetto della cospirazione del 20 luglio 1944.
(trad. it. di Luc Michel, La Résistance National-Bolchevique au IIIe Reich (1ére partie), in Parti Communautaire National-Europeen (PCN), http://www.pcn-ncp.com/NB)
Note, rinvii e citazioni
1) Gérard Sandoz, Ces Allemands qui ont défié Hitler. 1933-1943, Ed. Pygmalion, Gérard Wathelet, Paris, 1980.
Un altro saggio sul medesimo argomento è stato pubblicato anche in Germania: Claus Wolfschlag, Hitlers rechte Gegner. Gedanken zum nationalistischen Widerstand, Ed. Mühle im Hexengrund, 1996.
(2) 6 novembre 1918, scoppia la rivoluzione comunista ad Amburgo. Militante di estrema sinistra, Wolffheim gioca un ruolo di primo piano, prendendo la testa dei soldati e dei marinai ammutinati. E' stato ad Amburgo che la Repubblica socialista è stata proclamata per la prima volta in Germania. Un "Consiglio provvisorio degli operai e dei soldati" ha preso la direzione della rivoluzione. Laufenberg, egli stesso militante comunista, è stato il primo presidente del Consiglio.
(3) Sul "nazional-comunismo amburghese" cfr.: Luc Michel, "Mythes et réalités du National-Bolchevisme 1918-1993", in Vouloir, Bruxelles, nn. 105-108, luglio-settembre 1993. Sul KAPD e le sue tesi, cfr.: Luc Michel, Que faire? Les tâches immédiates de la Révolution européenne, II parte - "Le rôle et la function du Parti révolutionnaire européen", in Conscience Europeenne, Charleroi, n. 20, septembre 1987; Luc Michel, Le Parti historique révolutionnaire, capitolo VIII - "Contre la bureaucratie et la montée de l''opportunisme'", Ed. Machiavel, Charleroi, 1987.
(4) Durante il congresso clandestino del KPD a Heidelberg, nell'ottobre 1919, la direzione spartachista (Levi) ottenne in modo fraudolento l'esclusione del gruppo amburghese, che si era opposto alla direzione del Partito. Gli esclusi amburghesi rappresentavano la maggioranza degli aderenti del KPD, che perdette rapidamente più della metà dei suoi 100.000 militanti. Nell'aprile 1920, fu creata la KAPD, di cui Wolffheim e Laufenberg furono per breve tempo i leaders. Di fronte all'importanza della scissione, il Comintern, in spregio al proprio statuto, dovette accettare l'adesione di questo secondo partito comunista nell'Internazionale. Divenendo essa stessa un'arena in cui si affrontarono KPD e KAPD, finché non fu il primo ad averla vinta restando l'unico in lizza.
(5) Sul nazional-bolscevismo tedesco degli anni 1918-1933, cfr.: Otto-Ernst Schüddekopf: Linke Leute von Rechts. Die nationalrevolutionären Minderheiten und der Kommunismus in der Weimarer Republik. Stuttgart 1960; Louis Dupeux, Stratégie communiste et dynamique conservatrice. Essai sur les différents sens de l'expression "National-bolchevisme" en Allemagne, sous la République de Weimar (1919-1933), tesi presentata all'Université de Paris 1, il 28/11/1974, Librairie Honoré Champion, Paris, 1976; Luc Michel, Mythes et réalités du National-bolchevisme, 1918-1933, op. cit.
(6) Su Ernst Niekisch, cfr.: Alain De Benoist, "Préface", in Ernst Niekisch, Hitler. Une fatalité Allemande et autres écrits Nationaux-Bolcheviks, Ed. Pardès, Puisseaux, 1991.
(7) Armin Mohler, La Révolution Conservatrice en Allemagne. 1918-1932, Ed. Pardès, Puisseaux, 1993.
(8) Ernst Niekisch, op. cit.
(9) Sébastien Haffner e Wolffgang Venohr, Profils Prussiens, Ed. Gallimard, Paris, 1983.
(10) Gérard Sandoz, "Ceux qu'il ne faut pas oublier", capitolo XVIII - "Le National-bolchevisme", pp. 195 e ss., in op. cit.
(11) Ibid.
(12) Su Karl Otto Paetel, cfr.: Louis Dupeux, op. cit.; K.O. Paetel, "Versuchung Oder Chance zur Geschichte des Deutschen National-Bolchevismus", Musterschmidt, Göttingen, 1966.
(13) Sul "Circolo di Kreisau", cfr. Gérard Sandoz, op. cit., capitolo XI - "Le cercle de Kreisau", capitolo XIII - "En attendant l'opération Walkyrie", capitolo XIV - "Le Jour J" e il capitolo XV - "Une répression féroce".
(14) Armin Mohler, op. cit.
(15) Gérard Sandoz, op. cit., capitolo XVIII - "Le National-bolchevisme".
(16) Louis Dupeux, op. cit.
(17) Armin Mohler, op. cit.
(18) Werner Bräuninger, "Dans la zone des balles dans la tête. Ernst Jünger et la NSDAP (1925-1934)", in Nouvelle Ecole, n. speciale pubblicato in occasione del centenario di Jünger, n. 48, Parigi, 1996.
(19) Gérard Sandoz, op. cit., capitolo XVI - "Le 20 juillet devant l'histoire".
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