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lunedì 25 gennaio 2010

Otto Strasser, "Die Schwarze Front" e la via tedesca al socialismo, di Luigi Carlo Schiavone

"Dalla destra prenderemo il nazionalismo che per sua disgrazia ha sposato il capitalismo, dalla sinistra prenderemo il socialismo, la cui unione con l'internazionalismo è disastrosa. Così formeremo questo socialismo nazionale forza motrice di una nuova Germania e di una nuova Europa".

Questa tesi, esposta da Gregor Strasser in una riunione tenutasi nell'ottobre del 1920 e riassumente i principi d'azione del neonato NSDAP, può essere considerata la giusta sintesi del pensiero del fratello di quest'ultimo, l'ideologo Otto Strasser.
Presente alla citata riunione del 20 ottobre su invito del fratello, Otto Strasser, tuttavia, non era all'epoca membro del partito nazionalsocialista; iscritto al partito socialdemocratico tedesco (SPD) s'era da poco contraddistinto, lui giovane ufficiale reduce della "Grande Guerra", come capo delle "centurie rosse" che difesero la Repubblica di Weimar dal tentativo di putsch di estrema destra posto in essere dall'ex governatore della Prussia orientale, Kapp. Disinnescata la minaccia insurrezionale, tuttavia, l'ex ufficiale Strasser, che non aveva accolto positivamente la parte avuta dall'SPD nella violazione degli accordi di Biefeld con cui si penalizzavano gli operai della Ruhr, decise di abbandonare tale compagine. Nauseato e disorientato dalla situazione tedesca, Otto Strasser, all'epoca giovane studente di diritto ed economia nonché leader degli studenti di sinistra e capo degli universitari ex combattenti, decise, nonostante i propri travagli interiori, di seguire il fratello Gregor e, invece di iscriversi allo NSDAP, verso la fine del 1920 divenne uno dei maggiori fautori della costituzione del Partito Socialdemocratico Indipendente.
La situazione, tuttavia, mutò all'indomani del fallimentare putsch di Monaco del 1923, allorché Hitler, intenzionato a risollevare le sorti del partito nazionalsocialista, incaricò Gregor Strasser di rigettarne le basi nel nord della Germania. In tale impresa quest'ultimo cercò nuovamente la collaborazione del fratello che accettò con entusiasmo l'incarico di elaborare, mentre Gregor s'occupava di rianimare l'organizzazione e la propaganda, una nuova teoria rivoluzionaria che avrebbe dovuto fungere come trampolino di lancio per il NSDAP.
Riconoscendosi in pieno con il termine "nazionalsocialista", Otto Strasser, infatti, decise che era giunto il momento di far corrispondere al nazionalsocialismo la dottrina che egli aveva nel tempo definito come "Socialismo Tedesco", ispirata ai processi descritti da Montesquieu nell'Esprit des Lois e capace di evolversi e svilupparsi adattandosi al mutar di situazioni e di epoche.
Partendo dalla considerazione che la storia d'Europa sia da vedersi come un susseguirsi di epoche ricorrenti che completa il suo ciclo ogni cento o centocinquant'anni, Strasser, infatti, descrive come il pendolo della storia europea sia di fatto passato dall'affermazione dello spirito collettivo dell'epoca di Cromwell al regno dell'individualismo sorto all'ombra della ghigliottina. Considerati superati e logori gli "immortali principi dell'89", quindi, il mondo era pronto ad accogliere il suo "Socialismo tedesco" caratterizzato dal "Sehnsucht", o aspirazione sociale che, da sempre presente nel popolo tedesco, chiedeva ormai di essere soddisfatto. Tale richiesta, infatti, era già nell'aria prima del 1914 e solo il timore del Kaiser, di fronte ad un Reichstag in cui un terzo dei seggi era stato occupato dai socialisti nel 1913, non ne permise l'adempimento deviandone gli impulsi positivi nell'imperialismo e nella guerra.
Dalla sconfitta, tuttavia, la "Sehnsucht" era risorta più forte di prima grazie anche al risveglio di un sentimento rivoluzionario dalla cui affermazione sarebbe scaturito un nuovo ordine. Perno di questo rinnovamento sarebbe stato, secondo Strasser, un nuovo modello di Stato plasmato da un vasto pacchetto di riforme incentrate sul feudo e l'enfiteusi.
Partendo dall'assunto che la proprietà individuale non dovesse essere considerata come un diritto intangibile, Strasser giunge a sostenere che sia per quel che riguarda l'industria che per ciò che concerne l'agricoltura, lo Stato doveva, in veste di rappresentante della comunità nazionale, assumere il ruolo di "feudatario" trasformandosi così in proprietario della terra, delle risorse minerarie e dei mezzi di produzione. Differentemente dal collettivismo marxista, che auspica la scomparsa della classe capitalistica, nel dettame strasseriano assistiamo al sorgere un super-capitalista, rappresentato dallo Stato, gestore della proprietà che, non venendo più meno, evita il venir meno dello stimolo dato dall'interesse individuale. Gli imprenditori come gli operai, i proprietari terrieri e i contadini, infatti, risulterebbero, tramite questo processo come "investiti" dalla comunità e lo Stato, in qualità di feudatario, concederebbe, dietro il versamento di un canone, in enfiteusi ereditaria, la terra così come gli altri beni.
Dal punto di vista del sistema industriale, invece, Strasser ipotizza il perfezionamento del sistema attraverso la teorizzazione di un possesso comune seguito da un'equa ripartizione dei profitti tra i soggetti agenti, ossia lo Stato, l'imprenditore e i lavoratori. Solo seguendo tali dettami è possibile, secondo Strasser, raggiungere la completa realizzazione della "Sehnsucht" evitando che essa sfoghi in nuove guerre, ed è solo seguendo questo schema che è possibile arginare le falle della teoria marxista, che, a causa del suo carattere internazionalista, non riusciva a soddisfare le aspirazioni delle singole nazioni.
Pienamente esaustivo per ciò che concerne la riorganizzazione interna dello Stato tedesco il pensiero strasseriano si mostra più blando in merito alle linee da seguire in politica estera. Per Strasser, infatti, l'unico obiettivo da perseguire è il bene della Germania e per far ciò condizione preliminare era denunciare il Trattato di Versailles; sebbene si dichiarasse poco attratto sia dal fascismo che dal bolscevismo, egli vedeva solo nell'Italia e nell'Unione Sovietica le uniche alleate plausibili per la Germania.
Caratterizzato da un grande impianto rivoluzionario mirante a rifondare lo Stato dalla base, il pensiero strasseriano fu accolto positivamente da interi settori del partito nazionalsocialista trovando anche in Joseph Goebbels uno dei suoi più entusiasti sostenitori. Fu proprio grazie all'interessamento di quest'ultimo, infatti, che Strasser poté illustrare le sue tesi su "National-Sozialistiche Briefe", un quindicinale del partito destinato perlopiù ai funzionari dello stesso. Tali pubblicazioni, inoltre, furono all'origine dell'allineamento dell'apparato dello NSDAP della Germania del Nord sulle posizioni di sinistra e di intransigentismo radicale espresse da Strasser. Queste ultime furono anche ispiratrici, nel settembre del 1925, della realizzazione delle Comunità di lavoro dei Gau dell'Ovest e Nord della Germania la cui direzione fu affidata, oltre che ai fratelli Strasser, a Victor Lutze, futuro capo delle SA, e Joseph Goebbels. La costituzione di queste comunità suggellava la vittoria ottenuta dalla componente di "sinistra" del partito nel congresso tenutosi ad Hagen in Westfalia in cui aveva invocato una maggiore autonomia rispetto all'impostazione centralista data al partito dal gruppo di Monaco. Questo successo indispettì non poco Adolf Hitler che guardava con malcelato rancore l'espandersi della linea strasseriana; un'ascesa che sembrava non esser destinata a fermarsi neanche al congresso del 1926 quando Gregor Strasser, ripresentando il programma elaborato dal fratello, lo implementò in materia di politica estera presentando come fondamentale per la Germania l'alleanza in campo internazionale con l'Unione Sovietica. Di fronte all'evolversi di simili scenari Adolf Hitler decise di correre ai ripari e, adottando una teoria "di usi e gratificazioni" mirante ad isolare Otto Strasser, il Führer nominò Goebbels capo del partito a Berlino e Gregor Strasser responsabile della propaganda. Trovatosi circondato solo dal calore di pochi accoliti, Otto Strasser assunse una posizione molto critica nei confronti della linea che Hitler andava imponendo al partito nazionalsocialista, ravvisando in essa un allontanamento dall’originaria vocazione rivoluzionaria.
La separazione andava lentamente maturando, divenendo imminente in seguito al radicalizzarsi delle posizioni fra le due ali del partito all'indomani della crisi economica del 1929. Il capolinea fu rappresentato dagli incontri avuti tra Hitler e Strasser il 21 e 22 maggio del 1930. Fu allora, infatti, che Otto Strasser, prendendo spunto dall'opposizione mostrata dal Führer nei confronti dell'impostazione socialista rivoluzionaria data agli scritti editi dalle "Kampf Verlag", comprese pienamente che difficilmente Hitler si sarebbe posto contro gli interessi della grande industria tedesca per permettere l'attuazione integrale del suo programma. Fedele all'idea nazionalsocialista, Strasser non mancò di presentare le proprie obiezioni in merito al crescere del culto totemico del Führer in quanto: "le idee sono di natura divina, esse sono eterne. Gli uomini al contrario, non sono che corpi nei quali l'idea s’incarna". Al tempo stesso non mancò di fare le proprie rimostranze circa le posizioni razziste assunte dal partito dovute, secondo Strasser, alla nefasta influenza di Rosenberg e delle sue tesi accolte nel libro Il mito del XX secolo. Strasser era infatti convinto che una simile impostazione avrebbe finito per distruggere il partito nazionalsocialista anziché rafforzarlo.
Il distacco, avvenuto formalmente il 4 luglio 1930, tuttavia non minò Otto Strasser nella volontà di darsi da fare per risollevare le sorti della Germania; fondò il KGRNS (Comunità Nazionalsocialista Rivoluzionaria), a cui associò la rivista "Die Deutsche Revolution", il cui titolo riecheggiava la convinzione, rimasta intatta, che l'unica speranza di salvezza e rigenerazione per il popolo tedesco consisteva nel dar vita ad una rivoluzione nazionale e sociale. Circa seimila membri provenienti dal partito nazionalsocialista aderirono, in un primo tempo, a questa nuova formazione. Un flusso che, tuttavia, non era destinato ad arrestarsi; nel 1931, infatti, in seguito alla crisi scoppiata tra la dirigenza del partito e diversi settori delle SA, circa diecimila SA del Nord, seguendo le volontà del loro capo Stennes, decisero di fondersi con l'organizzazione di Strasser dando vita alla "Comunità di Combattimento Nazionalsocialista di Germania".
Il sorgere di questa nuova formazione, insieme all'emergere di una linea "nazionalsocialista" nel programma del partito comunista tedesco (KPD) votato alla "liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco", furono i motivi scatenanti che convinsero Otto Strasser della bontà di far convergere le diverse anime della sua "comunità" in una nuova formazione con programma e linee d'azione ben delineate. È in questo particolare contesto che nacque Die Schwarze Front (Fronte Nero) a cui, oltre ai suddetti membri, aderiscono parti del Movimento Contadino, aderenti ai gruppi paramilitari Werwolf nonché i gruppi Oberland e diversi movimenti antihitleriani.
Il Fronte Nero non può essere considerato una creatura politica "canonica"; l'impostazione di base datagli da Strasser, infatti, ricalca, per sua stessa ammissione, quella tipica delle società segrete. Nella fase iniziale della sua esistenza '’appartenenza a quest'Ordine era riservata esclusivamente a coloro che avevano rotto i ponti con lo NSDAP e non precludeva la possibilità di aderire ad altre formazioni politiche. Come afferma lo stesso Strasser Die Schwarze Front poteva essere considerato: "come una specie di massoneria che aveva ramificazioni in tutte le classi, in tutte le caste, in tutte le parti del popolo tedesco"; sempre dalla Massoneria, inoltre, veniva mutuata l'usanza di dividere i propri membri secondo vari gradi di appartenenza. Contraddistinti dall'indossare una spilla di cravatta formata da un martello e un gladio, gli aderenti del Fronte Nero ne erano anche, grazie alle donazioni, i principali sostenitori economici; altri proventi giungevano all'Ordine dalla vendita del periodico "Die Deutsche Revolution" poi ribattezzato "Die Schwarze Front".
Considerato dal suo fondatore come la "scuola degli ufficiali e dei sottoufficiali della rivoluzione tedesca", il Fronte Nero poteva contare su molti "Ring" ossia centri, presenti nelle città in cui erano stanziate guarnigioni importanti e in tutti centri industriali, in cui avvenivano le riunioni segrete a cui era dato il medesimo nome in codice. Al saluto nazionalsocialista Heil Hitler! gli aderenti del Fronte Nero sostituirono l'Heil Deutschland!. Particolarmente interessante, inoltre, è il motivo per cui Strasser decise di utilizzare l'aggettivo "Nero" nel nome di suddetta formazione: secondo la spiegazione da egli fornitaci, infatti, tale scelta era stata dovuta al fatto che tale colore risulta, in lingua tedesca, esser sinonimo di ciò che si sottrae alla vista e che non può essere preso.
In seguito alla presa del potere di Adolf Hitler, la permanenza in Germania divenne pericolosa per Otto Strasser, che, braccato dalla Gestapo fu costretto alla fuga. Giunse così prima in Austria e successivamente in Cecoslovacchia dove diede vita con Rudolf Formis, nel 1934, all'emittente antinazista "Schwarze Sender". Distrutto dalla morte del fratello Gregor, falciato nella "Notte dei lunghi Coltelli" del giugno 1934, Otto Strasser accolse con uguale dolore la sorte di molti strasseriani internati nei capi di concentramento in seguito alla purga hitleriana. Rifugiatosi in Svizzera nel corso della seconda guerra mondiale giunse in Francia nel 1941 per poi recarsi in Canada dove soggiornò fino al 1954. Capo di un movimento considerato come una quinta colonna avant-lettres per il numero di aderenti inquadrati nelle principali organizzazioni nazionalsocialiste con il compito di sabotare i piani hitleriani, Otto Strasser non riuscì tuttavia a fuggire alla qualifica di "criminale nazista" da parte degli alleati, che, inoltre, si prodigarono affinché il governo tedesco gli revocasse la nazionalità, impedendogli per lunghi anni il ritorno a casa, nonostante Robert Schuman, allora Presidente del Consiglio francese, si fosse espresso in sua difesa. Spentosi a Monaco, il 27 agosto 1974, Otto Strasser spese gli ultimi anni della sua vita in favore dell'unificazione europea.
"Per noi il nazionalsocialismo è sempre stato un movimento antimperialista e il cui spirito doveva limitarsi a conservare e ad assicurare la vita e lo sviluppo della nazione tedesca senza nessuna tendenza a dominare altri popoli e altri paesi". Questa era l'essenza del pensiero nazionalsocialista per Otto Strasser. La storia ce ne ha consegnata un'altra versione, la stessa che Strasser ha combattuto e cercato di osteggiare in tutti i modi. La stessa da cui altri traggono oggi giustificazioni per i loro massacri.

(ripreso da SinistraNazionale)

Alla sinistra di Hitler, di Archivio Antifascista Venezia

"La definizione che abbiamo dato del fascismo come rivoluzione di destra resta in sostanza comune a tutte le sue varianti" (George L. Mosse)(1)

Il termine "nazionalbolscevismo" comparve per la prima volta in un opuscolo dal titolo omonimo, pubblicato dopo la Prima Guerra Mondiale in Germania, scritto da un accademico di destra, tale Eltzbacher, che di fronte alle sanzioni economiche e all'occupazione militare degli Alleati vittoriosi auspicava una Germania bolscevizzata. Nel biennio 1919-'20, i comunisti Wolffheim e Laufenberg ripresero queste teorizzazioni, richiamandosi alle tesi di W. Rathenau per la "resistenza armata" di tutto il popolo contro l'imperialismo e, implicitamente, alle classiche tesi fichtiane sullo "Stato corporativo chiuso", battendosi per la collaborazione tra "nazionalisti rivoluzionari" e Partito comunista, sia contro i capitalisti che contro la socialdemocrazia.(2)
Secondo numerosi storici, soprattutto di scuola liberale, tale convergenza tra "opposti estremismi" contro la democrazia non solo vide in seguito la luce ma fu la causa della morte della Repubblica di Weimar e, a supporto di tale tesi si citano come prove il referendum contro il governo prussiano retto dal socialdemocratico Otto Braun e lo sciopero dei trasporti pubblici di Berlino con la strana intesa tra le "camicie brune" delle SA (Sturmabteilung) e la Lega dei combattenti del Fronte Rosso; in realtà però tale visione non tiene conto della guerra civile combattuta strada per strada dai militanti comunisti del KPD, assieme agli anarcosindacalisti della FAU (Freie Arbeiter Union) e a settori operai socialdemocratici, contro le squadre naziste. Le responsabilità della sinistra social-comunista tedesca furono semmai altre, a partire dal fallimentare progetto di costruzione di un socialismo di Stato, in grado di eliminare le contraddizioni tra Capitale e Lavoro, fatto proprio dai nazisti e poi usato da Hitler nella costruzione del suo Stato totalitario; inoltre rimane un'ombra inquietante la connivenza di buona parte della sinistra tedesca di fronte al montante antisemitismo.
La questione centrale resta però in gran parte da indagare e riguarda l'identità "anticapitalista" e "antiborghese" che la propaganda nazionalsocialista seppe costruire attorno al suo effettivo ruolo reazionario e antiproletario, affermandosi anche in settori decisamente popolari; sovente infatti si tende a dimenticare che le prime SA fondate nel '21 erano composte da operai, disoccupati e sottoproletari, e che i veri artefici dell'affermazione nazista nelle roccaforti operaie di Amburgo, Berlino e Lipsia furono dei "filosovietici" come i fratelli Strasser(3) assieme all'organizzazione delle cellule di fabbrica nazionalsocialiste (NSBO) di Reinhold Muchow.(4)
Se si considerano le ricerche statistiche riguardanti la composizione sociale degli elettori del Partito Nazista, dei suoi iscritti e dei membri delle SA c'è di che rimanere allibiti; bastino solo alcune cifre: gli operai dequalificati costituivano tra il '25 e il '33 la categoria sociale più numerosa tra i membri del NSDAP (ossia del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori) e il 62% circa degli squadristi SA erano lavoratori industriali e agricoli.(5)
L'estrazione popolare e proletaria di buona parte delle SA, assieme all'estremismo socialista di alcuni suoi comandanti legati a Gregor Strasser, tra l'altro determinarono tra il dicembre `32 e il gennaio '33 autentici casi di rivolta contro la direzione politica imposta da Hitler; nella Franconia Centrale buona parte delle 6-7.000 "camicie brune" sotto la guida del loro comandante Wilhelm Stegmann costituirono un'organizzazione paramilitare indipendente affermando che le SA dovevano smettere di essere soltanto i "vigili del fuoco" o le "guardie di palazzo". Analoga sedizione si registrò in Assia e a Berlino vi furono scontri tra SA e SS. Inoltre "in diverse parti del paese membri delle SA delusi passarono ai comunisti, che li arruolarono prontamente nei propri reparti paramilitari".(6)
La corrente "anticapitalista" del nazismo fu molto forte sino ai primi anni Trenta e, oltre che all'interno di ampi settori delle SA, la sua influenza era avvertibile a diversi livelli della società tedesca.
Nel '33 il presidente dell'Alta Slesia, Bruckner, attaccò con forza i grandi industriali "la cui vita è una continua provocazione". A Berlino, tale Koeler, della Federazione operaia nazista, ebbe a dichiarare: "Il capitalismo si arroga il diritto esclusivo di dare lavoro alle condizioni da lui medesimo stabilite. Questo dominio è immorale e dobbiamo spezzarlo", mentre Kube, capo del gruppo nazista al Landtag prussiano, se la prendeva con i latifondisti ed il governo sollecitando la riforma agraria mediante la confisca prevista dal programma del partito.
Da tempo ormai però il führer aveva deciso altrimenti incaricando il principale capitalista tedesco, Krupp von Bohlen, della riorganizzazione dell'industria tedesca, mentre il Consiglio generale dell'economia risultava composto da 17 membri, comprendenti tutti i maggiori industriali e i più importanti banchieri della nazione che avevano appoggiato la controrivoluzione nazista.
Dopo la conquista del potere Hitler, ormai Cancelliere del Reich, avviò pertanto un'opera di spietata normalizzazione interna al fine di "mantenere l'ordine nelle strutture economiche (...) secondo le leggi originarie radicate nell'umana natura"; l'apice di tale stabilizzazione venne raggiunto il 30 giugno 1934 durante "La Notte dei Lunghi Coltelli", quando vennero sterminati un certo numero di politici conservatori scomodi, personalità cattoliche e militari dissidenti, assieme alla "sinistra" del nazionalsocialismo facente capo al capi delle SA di Röhm, e a settori di destra, capeggiati dall'ex-cancelliere generale von Schleicher, che tramavano contro Hitler utilizzando tatticamente anche la corrente "rossa" del Partito nazista che si riconosceva in Gregor Strasser; ma il senso principale del massacro fu quello descritto con precisione da Julius Evola: "Fra le SA, le Camicie Brune, il cui capo era Ernst Röhm, si era fatta largo l'idea di una 'seconda rivoluzione' o di un secondo tempo della rivoluzione; si denunciava il sussistere nel Reich di gruppi 'reazionari', che erano quelli della Destra, e una combutta di Hitler coi 'baroni dell'esercito e dell'industria' (...) Ebbene, il 30 giugno 1934 valse essenzialmente come lo stroncamento di questa corrente radicalista del partito e di un suo supposto complotto".(7)
D'altra parte fu lo stesso Hitler, durante il discorso pronunciato al Reichstag il 13 luglio seguente, ad assumersi la responsabilità di "giustiziere supremo del popolo tedesco" e a rivendicare la legittimità delle centinaia di assassini compiuti dalle SS e dalla Gestapo che in questo modo avevano sventato una "rivoluzione nazionalbolscevica".(8)
Sul finire del `34 e ai primi del `35 circa centocinquanta comandanti delle SS furono trovati uccisi; sui loro cadaveri un cartoncino con le lettere R.R. per Röhms Rächer (Vendicatori di Röhm) farebbe pensare ad un'estrema vendetta dei nazisti ormai nemici di Hitler; ma ormai per il Fronte Nero, per Opposizione e per gli altri gruppi della Rivoluzione Conservatrice, su posizioni diverse ma accomunati dalla visione secondo cui Germania e Unione Sovietica avrebbero dovuto dare vita ad un'alleanza anticapitalista in funzione anti-Occidente, non rimaneva che scomparire in attesa di momenti più propizi che si sarebbero presentati sul finire della Seconda Guerra Mondiale.
Interessante peraltro notare che anche una parte del fascismo russo avrebbe maturato simili convinzioni, giungendo ad affermare che "le aspirazioni nazionali della Russia si sono espresse nell'azione del Partito comunista e dei suoi dirigenti" e ritenendo che lo stalinismo avesse finito per riflettere le loro idee.(9)
Il destino dei sospetti nazionalbolscevichi tedeschi, schedati e perseguitati dalla Gestapo (10), fu in alcuni casi quello dell'eliminazione fisica o della deportazione nei lager,(11) tanto che sono stati definiti come i "trotzkisti" del nazionalsocialismo; ma così come difficilmente si può negare che Trotzky sia stato un comunista per il fatto che venne fatto assassinare da Stalin, altrettanto difficilmente si può negare che i nazionalbolscevichi siano stati solo la "sinistra" del movimento nazista e, paradossalmente, lo stesso Hitler fu a modo suo "nazionalbolscevico" quando nel '39 Ribbentrop e Molotov firmarono l'infame patto di non-aggressione tra Germania ed URSS.

(ripreso da Archivio Antifascista Venezia, Quando il fascismo si tinge di rosso, "Intermarx", http://www.intermarx.com/ossto/archivio.html)

Note
(1) Cfr. George Mosse, Intervista sul nazismo, Laterza, Bari 1977, p. 106.
(2) Cfr. Giancarlo Buonfino, "Teatro Totale: Massenspiel e Chorspiel", in Aa.Vv., Avanguardia Dada Weimar, Arsenale Cooperativa Editrice, Venezia 1978, pp. 36-37.
(3) Seguaci di Hitler fin dall'inizio, i fratelli Strasser ottennero ottimi risultati politici nella Germania Settentrionale, svolgendo un'opera di agitazione e propaganda da posizioni che rivendicavano il carattere völkisch (nazionalpatriottico) dell'esperienza bolscevica, posizioni alla fine degli anni Venti condivise anche da Joseph Goebbels, futuro ministro della propaganda, che nel '25 affermava di credere nel "socialismo del proletariato". Gregor, la cui popolarità all'interno del movimenti era seconda soltanto a quella di Hitler, verso la metà degli anni Venti divenne responsabile del complesso apparato organizzativo ed anche capo amministrativo del Partito nazista; ma sia lui che il fratello Otto, seppur seguendo percorsi diversi, entrarono in contrasto con la direzione hitleriana. Gregor divenne capo dell'ala "socialista" del partito, ma nel '32 si dimise da ogni incarico e se ne andò in Italia sia per divergenze politiche e ideologiche sia per le macchinazioni di Goering e di Himmler che pure era stato suo segretario. Il cancelliere Kurt von Schleicher a quel punto cercò di assicurarsi la collaborazione di Hitler sfruttando una possibile scissione all'interno del Partito nazista capeggiata da Gregor Strasser, ma questi non volle prendersi una simile responsabilità e si ritirò dalla politica occupandosi soltanto della direzione della casa farmaceutica Schering-Kahlbaum; ma ciò nonostante durante la Notte dei Lunghi Coltelli venne catturato ed ucciso. Suo fratello Otto ruppe con Hitler fin dal '28 e nel '30, accusandolo di aver tradito gli ideali socialisti del movimento, dette vita ad una vera scissione dal partito nazista, formando il Fronte Nero (Schwarze Front) che rappresentò senza dubbio, la principale organizzazione dei nazionalboscevichi, che ben presto furono costretti a svolgere attività clandestina o ad espatriare come fece lo stesso Otto nel '33 (Sul Fronte Nero si veda Armin Mohler, La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932, Akropolis/La Roccia di Erec, Firenze 1990; Luciano Picciafuochi, Chi sono i nazisti "di sinistra", in "Praxis", luglio-agosto 1998).
(4) Reinhold Muchow, leader della Nationalsozialistiche Betriebszellen-Organisation, venne eliminato in circostanze misteriose nel settembre del '33.
(5) 9 Cfr. P. Ortoleva e Marco Revelli, La società contemporanea, Edizioni Bruno Mondadori, Milano 1986, pp. 408-409; vedi anche Sergio Bologna, Nazismo e Classe Operaia 1933-1993, Cox 18-Calusca City Lights, Milano 1994.
(6) Cfr. Henry Ashby Turner Jr., I trenta giorni di Hitler. Come il nazismo arrivò al potere, Mondadori, Milano 1997, p. 89.
(7) Cfr. Julius Evola, Note sul III Reich, in appendice a Aa.Vv., Il fascismo visto dalla Destra, Volpe, Roma 1979, pp.160-161.
(8) Cfr. Jacques Delarue, Storia della Gestapo, Dall'Oglio Editore, Varese 1964, p. 178.
(9) Cfr. Sergej Kulesov e Vittorio Strada, Il fascismo russo, Marsilio, Venezia 1998, pag. 25.
(10) Il principale compito della Gestapo era la "repressione dei sovversivi" ma questa dizione generica comprendeva varie categorie; in una pubblicazione interna della Gestapo, destinata agli aspiranti agenti e redatta dal commissario Wendzio si precisava che "in particolare noi, sotto tale denominazione, intendiamo comunismo, marxismo, ebrei, religioni politicizzate, massoneria, scontenti della politica (mormoratori), opposizione nazionale, reazione, Fronte Nero (Strasser), sabotatori dell'economia, delinquenti abituali, rei di pratiche abortive e omosessuali (...), traditori e spie" ed era la sezione IV-A-3, diretta da Litzenberg, ad occuparsi dei "nazionalbolscevichi" (Cfr. articolo di Giuseppe Mayda, "Gestapo, il braccio violento del nazismo", in "Storia Illustrata", n. 207, Milano, febbraio 1975).
(11) Tra questi vanno citati Reck-Malleczewen, Albrecht Haushofer e in particolare il percorso di Ernst Niekish, già consiliarista e quindi fondatore del giornale "Widerstand" e del gruppo Widerstand-bewegung, rinchiuso in un lager dal '34 al '45; i nazionalcomunitaristi attuali inseriscono in tale elenco anche Harro Schultze-Boysen impiccato però in quanto "agente di una potenza nemica" (Cfr. A. Mohler, op. cit., p. 12).

I fratelli Gregor ed Otto Strasser: "la seconda rivoluzione", di Antonio Rossiello

Gregor Strasser, originario del Landshut, nacque a Geisenfeld nel 1892, grosso e tarchiato, energico oratore, di natura bonaria e simpatica, ispiratore di fiducia, spirito e mente indipendente, organizzatore politico di eminenti personalità e della politica pratica giornaliera, non strisciò mai dinanzi ad Hitler, anche quando divenne un dittatore, morì a Berlino nel 1934. Otto Strasser, laureato in giurisprudenza, giornalista, invece era alquanto serio, temperamento forte, non talentuoso, socialista e lavoratore, aderiva agli scioperi dei sindacalisti socialisti, voleva la nazionalizzazione dell'industria; nacque a Windsheim nel 1897 e morì a Monaco nel 1974. Volontario bavarese nella I guerra mondiale, studiò economia politica, aderì alla socialdemocrazia nel 1920, consulente al ministero dell'alimentazione interna tra il '21-'23, nel '24 collaborò al "Volkischer Beobachter", nel '25 entrò nell'NSDAP, insoddisfatto della politica economica di Weimar. Impresse al movimento una svolta "social rivoluzionaria" e comunista nazionale, dirigendo con il fratello Gregor le Kampf-Verlag, per la nazionalizzazione delle banche e dell'industria pesante, mostrando la sua ostilità per le destre antioperaie e filo clericali che iniziavano ad influenzare i fascismi italiano e tedesco. Otto Strasser si dimise dall'NSDAP nel 1930. Otto influenzò le masse ed i nazional-socialisti rivoluzionari propugnando una linea socialista contraria al conservatorismo ed antireazionaria. Il suo nazionalismo fu definito da Ernst Jünger nazionalismo spirituale, nel senso che su un socialismo (prussiano) di pura fede si innestava una idea nazionale, idea che poi sfocerà nella tendenza nazional-bolscevica, attraversando il suo Fronte Nero, un Comitato del nazionalsocialismo rivoluzionario fondato con gruppi di nazionalbolscevichi e comunisti delusi.
I fratelli Strasser provenivano da una famiglia del ceto medio bavarese e seguirono con zelo fino al 1930 un percorso comune all'interno del movimento nazionalsocialista. La loro concezione ideologica era molto simile, con toni differenti, più radicali in Otto. L'ideologia di un socialismo nazionale, nell'accezione letterale della denominazione del partito rifondato da Hitler nel 1920; l'anticapitalismo, la realizzazione di un sistema sociale alternativo, fondato sulla collaborazione piena e leale fra le classi sociali. Gli Strasser – come Röhm - criticavano la rapacità del sistema bancario e l'iniquità della vigente distribuzione della ricchezza nazionale, proponendo un piano di nazionalizzazioni. Erano rappresentanti della versione del nazionalsocialismo che voleva costruire la Terza Via fra capitalismo e comunismo e che attribuiva alla classe operaia l'egemonia nella futura società, punto di vista comune a molti gruppi fascisti europei. In Francia ed in Belgio tale "Planismo", mirò a realizzare un piano di gestione globale del sistema economico da parte dello Stato. In Italia ed in Austria posizioni analoghe furono promosse dai corporativisti, come Ugo Spirito, che si richiamarono alla cultura cattolica. Le teorie anticapitalistiche (anche contro il capitale monopolistico) dei fratelli Strasser erano immesse in un contesto etnico teorico, nel quale l'anticapitalismo si associava ad un radicale antisemitismo.
Gli Strasser erano alternativi, dissidenti, anti-imperialisti, per l'unione tedesca e germanica e fautori di un'alleanza con l'est europeo, contrari alla democrazia disgregatrice e sovvertitrice dei valori, contrari alla monarchia ereditaria ed autoritario-repressiva, favorevoli all'annullamento del potere politico delle grosse aziende e dei capitali finanziari. Socialisti Nazionali, volevano "sborghesizzare" e "sproletarizzare" il popolo. Favorevoli all'organicità dello Stato, alla partecipazione della totalità dei produttori alla proprietà, alla gestione ed al profitto di una economia al servizio della nazione, per fondare il socialismo di volontà, autoresponsabile nella milizia del lavoro. Un idealismo che legava il popolo al suo ceto guida, un'unificazione federativa europea, contro gli stranieri, ma contrari alla supremazia etnica germanica perché favorevoli ad un solidarismo nazionalsocialista dei popoli d'Europa.

Gregor Strasser
Gregor, farmacista, era stato tenente e valoroso combattente nella I guerra mondiale, tanto da meritarsi la Croce di Ferro di primo grado, ed al termine del conflitto aveva aderito ai Corpi Franchi, gruppo paramilitare di volontari reduci dalla guerra, che si era battuto contro i comunisti della Lega di Spartaco di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Già nazista nell’aprile 1920, quando il DAP (Deutsche Arbeiter Partei) o Partito Operaio Tedesco, fondato il 5 gennaio 1919 dal fabbroferraio ed operaio delle ferrovie Anton Drexler, si era trasformato in NSDAP; pragmatico, già segretario generale, aveva avuto anche Himmler come suo segretario. Era divenuto capo regionale della bassa Baviera, guidò in seguito un reparto d'assalto delle SA (Sturm Abteilungen), costituite nell’agosto 1921 per la protezione armata e l'azione diretta e formate da operai disoccupati e volontari provenienti dai Corpi Franchi, sciolti nel 1919 dalla Repubblica di Weimar. Gregor aveva idee molto innovatrici, era all'avanguardia di comunismo e nazionalismo, un "antikapitalistische schnsucht" del popolo tedesco ovvero una nostalgia anticapitalista, che aveva i suoi punti di riferimento nella società marxista o nella vita solidaristica, che oggi definiremmo comunitaristica od almeno di comunità (laica). Era a capo del ROL (ReichsOrganisations - Leitung), direzione organizzativa centrale, che curava i problemi di partito come organo politico.
Protagonista del fallito putsch di Monaco del 1923, tornò in libertà grazie alla sua elezione al Landtag bavarese nelle consultazioni elettorali nazionali dal 7 dicembre 1924, che lo videro classificarsi al secondo posto, divenendo nel 1925 la guida ed il capogruppo del Movimento Nazionalsocialista della Libertà Tedesca, (nazionalisti radical-populisti), che aveva ottenuto 32 seggi al Reichstag con 2 milioni di voti, iniziando per lui un'improvvisa ascesa in parallelo a Hitler. Nel 1924 c'era stata una campagna di alleanza ultranazionale di Albrecht von Grafe ed il conte Ernst Zu von Reventlow, conservatori che sostenevano di voler fare un po' di strada assieme ai comunisti del KPD.

Otto Strasser
Otto Strasser era stato membro del Partito Socialdemocratico (SPD), poi del Juni Club (con Moeller van der Bruck) a Berlino in Motrestrasse, 22; nel 1925 seguì il fratello nelle fila della NSDAP, (NationalSozialistische Deutsche Arbeiter Partei).
Otto propugnava un socialismo piccolo borghese, una Camera delle Categorie e delle Corporazioni, la riruralizzazione delle campagne, i feudi ereditari, l'autarchia, la valuta interna, la guerra rivoluzionaria, la nobiltà guerriera, la spartizione della proprietà terriera, la partecipazione agli utili nelle grandi imprese, la libertà ed uno Stato popolare di democrazia germanica. A causa dell'incarcerazione di Adolf Hitler, dopo il putsch reazionario di Monaco del 1923, nel periodo 1924-'25 Gregor assunse le redini del malconcio partito, rifondandolo. Infaticabile organizzatore, attrasse nell'orbita NSDAP molti gruppi völkisch (Movimento per la Razza e la Nazione), di cui aveva fatto parte con Alfred Rosenberg e Erich Ludendorf, ed estremisti che pullulavano nella Germania postbellica.
Gli Strasser, da emigranti militanti politici ed organizzatori, diedero vita ad una loro fazione nelle regioni settentrionali dal 1925, nonché al quotidiano "Berliner Arbeiterzeitung", di cui era direttore Otto Strasser; al bollettino quindicinale di Berlino "Nationalsozialistische Briefe", di cui era direttore e caporedattore il giovane filosofo Joseph Goebbels, segretario del dinamico Gregor, ed alla casa editrice berlinese "Kampf - Verlag" (Edizioni Battaglia), che editava e stampava i giornali loro e della NSDAP al nord, diffusi in Prussia, Hannover, Sassonia, Renania. Quindi Gregor pose le basi perché Hitler potesse assumere la guida di questa costellazione, ma ritornato il medesimo sulla scena politica, l'attrito fu netto. Hitler fu appoggiato dagli industriali, (anche ebrei agli inizi), da latifondisti e capitalisti, come Alfred Hugenberg, imprenditore e politico del DNVP, partito conservatore ed antirepubblicano tradizionale. I capitalisti non consideravano lo NSDAP un partito pericoloso, anche dopo il crollo inflazionistico del paese. Vigeva la teoria dell'autoritarismo nordico-greco, considerato nazionale e socialista. Hitler incoraggiava le rivalità interne ai gruppi NSDAP per approfittarne e controllare le autonomie attraverso uomini, con tendenze nazionalistiche popolari fedeli a lui e contrari ai dissidenti.
Hitler si era alleato con Rosenberg, antigiudeo, leader della corrente pro-sovietica e distante dalle masse dei lavoratori inquadrate nello NSDAP. Se Gregor Strasser appoggiava le mozioni della SPD (socialdemocratici) e del KPD (comunisti) favorevoli alle espropriazioni delle case e delle ricchezze di reali e nobili, Hitler invece manovrava per ottenere sostegni dalla Destra economica e borghese. Nel 1925 ad Hannover Strasser partecipò ad una riunione dei dirigenti di partito dei distretti settentrionali, per eliminare le parti reazionarie dei 25 punti approvati il 24-2-1920 nella grande birreria di Monaco Hofbrauhaus ed affermare la nazionalizzazione dell'industria e delle grandi proprietà, e costituire la Camera Corporativa. Scoppiò una burrasca, scontri e scissioni, Goebbels chiese l'espulsione di Hitler, definito un borghesuccio. Feder e Ley si avventarono contro. Al Congresso di Bamberg del 1926, gli Strasser cercarono di imporre ad Hitler un cambiamento di rotta, spingendolo ad assumere una posizione politica ostile ai capitalisti, ma i rapporti di forze si invertirono. Gregor Strasser, abile politico, non poté spezzare il potere carismatico vincente di Hitler all'interno della NSDAP.
Da parte sua il dottor Paul Joseph Goebbels, nato in Renania nel 1897, figlio di un capo-operaio tessile, colpito dalla osteomielite ad un piede, dirigente distrettuale della struttura partitica creata al nord da Gregor Strasser, prima fu simpatizzante comunista, favorevole ad un'alleanza con l'Urss ed i popoli oppressi, e usava un linguaggio socialista contrario al liberalismo; elevando la forza creativa socialista del IV Stato dei lavoratori, del proletariato internazionalista, dacché in Germania non si risolvevano i problemi vitali.
Nel 1932 Goebbels non ebbe più fiducia in Strasser che teneva comizi violenti e stampava manifesti propagandistici, giornali, libri, opuscoli, film e dischi; indi appoggiò Hitler, che "acquistò" la sua fiducia, nominandolo gauleiter di Berlino.
Gregor Strasser si riteneva di sinistra, un nazionalrivoluzionario radicale, proletario, con simpatie comuniste, contrario alla schiavitù capitalistica; sosteneva che: "Socialismo è servire il tutto in maniera profondamente prussiana", "di un socialismo collettivista che si ricongiunge di nuovo con lo stato corporativo medioevale". Insomma camicie brune, stivali neri e bandiera rossa d'assalto. Per lui nazionalsocialisti e comunisti non dovevano combattersi né spaccarsi le teste, anzi il nazionalsocialismo era uno sviluppo "con i piedi per terra" del comunismo. Quindi un eretico della linea hitleriana nello NSDAP, per cui fu isolato da Hitler, oramai attorniato dalla cerchia di Goering, favorevole al capitalismo, alla proprietà privata ed al culto della propria personalità oltre che a quello del singolo individuo, nel contesto dello Stato.
La "sinistra nazionalsocialista" (NationalSozialistische Deutsche Linke) o nazionalsocialismo "del nord", era composto dai salariati non organizzati in zone industriali ed in grandi città, contrapposto a quello bavarese, più legato agli interessi ed alle frustrazioni dei ceti medi. La sinistra nazionalsocialista aveva una retorica sociale e fu l'ala operaia nel movimento. Utilizzò gruppi di sempre più numerosi di simpatizzanti, ebbe una linea specifica di propaganda, una demagogia anticapitalista, specie nello zelo che Goebbels mise per innescare il risentimento sociale in un movimento di giovani radicali delle grandi città, rudi, semplici, solidi, indocili, violenti sottoproletari. I disoccupati ottenevano vitto, alloggio, vestiario nei circoli delle SA. Un movimento popolare che era entrato nella NSDAP dopo una militanza all'estrema sinistra del KPD.
La NSDAP a Berlino aveva fama di partito socialista rivoluzionario e ciò rientrava nella politica della cosiddetta "seconda rivoluzione": prima nazionale e quindi socialista. Non tutelava gli interessi patrimoniali e sociali degli irresponsabili, ma garantiva l'altruismo sociale ed i sentimenti comunitari di abnegazione. Un attivismo politico nella prassi non irriflessivo. All'inizio il 30 o 40% dei disoccupati era iscritto al KPD, ma non era integrato in esso, tanto che vi furono clamorose defezioni di massa a favore della NSDAP. Labili erano i legami "comunisti", poiché vi era una disgregazione delle tradizioni politiche, un crollo dei valori sociali e familiari più che nelle città industriali medie. Gli occupati nel lavoro pubblico, come le ferrovie, le poste, le aziende municipali dei servizi e dei trasporti, erano organizzati nei Sindacati Liberi.
Il loro prestigio professionale o l'influenza politica erano superiori nelle amministrazioni, ove vi era un malcontento per le decurtazioni salariali da parte delle autorità cittadine e regionali, esponenti della SPD. Vi furono gravi conflitti. La provincia attivò l'operaio nazionalsocialista che seguiva l'ordine gerarchico della comunità locale. Alle elezioni dei Consigli di fabbrica del 1933 i nazionalsocialisti non ebbero inizialmente successo, tranne che nelle imprese e nelle zone di Chemnitz-Zwickau, città minerarie e tessili della Westfalia. La NSBO o NationalSocialistische Betriebszellen - Organisation era formata da nuclei sindacali nazionalsocialisti. Per l'inefficienza e la disuguaglianza del sistema capitalistico gli ex comunisti nel 1928, pattuglia di assalto politica nelle fabbriche, gli agit-prop, erano passati al nazionalsocialismo o a gruppi d'appoggio; come Johannes Engel, ex comunista del KPD, che aveva fondato la NSBO, non finanziata dalla NSDAP. Essa ebbe 100.000 aderenti fra impiegati ed artigiani egualitari per il socialismo di Stato.
La negazione categorica delle norme morali ed il disprezzo dei valori intellettuali e culturali borghesi erano comuni in Hitler e negli Strasser, contrari alla violenza ed alla propaganda manipolata dalla borghesia, codarda ed ipocrita. Il mito del lavoratore ed operaio, del movimento popolare formato da ogni classe di popolo (rudezza, durezza, irruenza per la propria difesa) delineava un nuovo antiborghesismo e addirittura instillava una sorta di culto borghese dell'operaio.
Una dinamica di popolo con la cui forza Gregor Strasser ed il primo Goebbels progettarono una democrazia popolare organica. La NSBO ebbe circa 300.000 operai iscritti, pochi rispetto ai 5.800.000 di operai ed impiegati esistenti, di cui 250.000 iscritti al KPD, 650.000 alla SPD, 1 milione al Reichsbanner (organizzazione difesa repubblicana). L'ordinamento sociale corporativo della NSBO si proiettò a sinistra (Schuman), mentre nel 1932 impiegati, tecnici, operai (triplicati), capisquadra, mastri minatori, artigiani salariati parteciparono in massa ai numerosi scioperi con un sindacato unitario. Hitler accusò la NSBO di essere infiltrata da marxisti ed opportunisti senza educazione politica e appoggiò la DAF di Robert Ley, che includeva anche i datori di lavoro. La NSDAP, del resto era formata dal 70% di stipendiati, élite di vecchi e nuovi ceti piccoli e medi, mentre gli operai erano sottorappresentati, sia come iscritti che come elettori. La sinistra della NSDAP era per una rinascita del popolo tedesco su una nuova convergenza di nuovi obiettivi nazionali. Una unione di chi produce ricchezza e potenza della nazione, conciliando lavoratori della mente e lavoratori del braccio in lotta contro i presunti nemici comuni: comunismo, capitale finanziario, ebraismo, entità internazionali.
Nell'altro campo, se il KPD respingeva i principi nazionali, la SPD capitolava di fronte agli interessi finanziari degli ebrei, con una politica di adempimento della Repubblica di Weimar; i reazionari, passatisti tedesco-nazionali non avevano obiettivi politici, erano esclusivisti in rappresentanza di interessi sociali. Le assemblee politiche della NSDAP erano disturbate dagli operai a Berlino, in città della Renania, Westfalia, Sassonia, Turingia.
Nazional-bolscevichi e nazional-sindacalisti non avevano comunque vita facile nello NSDAP che - ampliando i suoi consensi, inglobava ceti medi protestanti e contadini, spingendo la NSDAP ad una sorta di alleanza nazionale politica, ideologica, economica unitaria. La retorica radicale usata a Berlino, in Prussia orientale ed in Baviera fu presto abbandonata, dato che cittadini di ogni classe (studenti, medici, ingegneri, uomini d'affari autonomi, rappresentanti, insegnanti, impiegati statali, impiegati del commercio, ufficiali in pensione) si preoccupavano di far carriera, di ricoprire una posizione vantaggiosa nella nuova élite, pur coscienti della necessità di migliorare le condizioni di vita della classe operaia, frustrata e diffidente verso le vecchie élite di dirigenti.
Da piccolo gruppo putschista la NSDAP si era trasformata in un movimento di massa. Hitler era contrario ad un sindacato unitario della NSDAP, ma imponeva una tattica di appoggio pratico della politica al movimento sindacale, filo-operaio. Per Hitler in ogni caso il sindacato e l'economia non dovevano guidare il movimento ideologico politico ma viceversa. Il programma degli Strasser prevedeva un limite del 4% al tasso di sconto, l'esproprio delle proprietà azionarie dei banchieri e della borsa valori, l'esproprio senza risarcimento dei beni agli ebrei e nelle zone orientali, la nazionalizzazione delle banche.
Nel 1928 l'organizzazione direttiva della NSDAP aveva Strasser nella sezione d'attacco, presso l'Ufficio Centrale del Reich, sottosezione esteri, stampa, organizzazione.
Le aziende dovevano avere un capo imprenditore o Fuhrer, gli impiegati e gli operai ne erano il seguito. Al capo spettavano le decisioni, un Consiglio di uomini di fiducia, eletto fra i dipendenti, lo assisteva con il concorso del presidente della cellula nazista dell'azienda. Istituito il "Fronte del Lavoro", che abbracciava i datori di lavoro ed i lavoratori, per diffondere i principi nazisti in economia sociale; per ogni ramo principale dell'economia fu nominato dal governo "un fiduciario del lavoro". La linea degli Strasser era nazional-rivoluzionaria, russofila, di un acceso sovversivismo e populismo regressivo.
I fratelli Strasser, partecipi alla lotta interna allo NSDAP, portatori della corrente socialista nel nord, nella zona mineraria della Ruhr, si trovarono in contradditorio politico ed ideologico con Hitler. Inoltre vi era una fronda fra i federali (Gauleiter) che fondarono ad Hannover un'associazione di protestanti, critici del piano di Monaco e su Hitler, ma che approvava i primitivi punti sociali della carta fondatrice dello NSDAP ed il suo originario programma contro il capitalismo. Nel 1929 Hitler, fallito il Plebiscito, si staccò dalla tendenza socialista dei fratelli Strasser, che insisteva sull'abolizione dei redditi non di lavoro e dei prestiti ad interessi, ed era favorevole alla statizzazione dei trusts e contraria alla schiavitù dei partiti.
Nel maggio 1930 Gregor non seguì il fratello Otto, che espulso dal partito per le sue dure critiche rivolte alla linea hitleriana, aveva dichiarato: "i socialisti lasciano il partito" ed aveva costituito una Unione dei Nazionalsocialisti Rivoluzionari ovvero il Movimento Nazionalsocialista Rivoluzionario - Unione Socialista, un gruppo nazional-rivoluzionario detto Fronte Nero (Schwarze Front). Movimento che fu indipendente ed alleato dell'Urss, contrario alla schiavitù dei prestiti ad interesse, per l'abolizione dei redditi non di lavoro, per la nazionalizzazione dei trust, favorevole agli intellettuali liberi ed indipendenti. Otto stampò la rivista "Schwarze Front", promuovendo anche un Fronte Nazionale di Unione in Austria fra NSDAP ed Heimwehr.
Invece, fedele alle sue concezioni originarie, Gregor non trasgredì il legame con il Fuhrer. Hitler ebbe fiducia in Gregor Strasser fino al 1932, affidandogli incarichi di responsabilità nella gestione del partito, grazie alle sue capacità organizzative ed alle doti politiche che rispettava. Nell'inverno 1932 Gregor ebbe l'ultima occasione di recidere i legami col Fuhrer; infatti il nuovo cancelliere, l'ambizioso generale conservatore Kurt von Schleicher cercò di convincerlo a spaccare la NSDAP ed ad entrare nel suo gabinetto politico-sindacale, inclusivo dell'appoggio dei sindacati socialdemocratici, accettando la carica di ministro dell'economia (già era capo del Wirtschaftspolitische Abteilung o Sezione politico-economica), e proponendo al capitano dell'esercito e delle SA Röhm il ministero della difesa. Strasser elaborò un programma economico (Gereke - Plan) per la presa del potere politico. Inoltre sarebbe stato nominato vicecancelliere, realizzando un programma base di governo per la creazione di posti di lavoro; per questo voleva che Hitler rinunciasse alla Cancelleria a favore di Schleicher, di modo che sarebbero stati nominati ministri alcuni notabili della NSDAP; in cambio Schleicher si era impegnato a risanare finanziariamente ed economicamente la casa editrice Eher ed il quotidiano "Volkischer Beobachter", entrambi del partito, da consegnarsi nelle mani di Hitler, che sarebbe divenuto presidente onorario della NSDAP con ampi poteri.
Schleicher voleva consolidare il proprio potere, avviando una politica di riforme sociali. Nel 1932 i cittadini erano stanchi di quattro elezioni consecutive, per cui Schleicher si fece appoggiare dalla "linea" Strasser ed il socialismo nazionale ebbe 60 seggi. Strasser fu accusato di frazionismo e di voler prendere il potere con la violenza, per cui dopo vari litigi e posizioni inconciliabili con Hitler e Goebbels, contrari a Schleicher, si dimise l'8 dicembre 1932 ed uscì dal partito più tardi, ritirandosi dalla vita politica, senza tradire il giuramento di fedeltà al Fuhrer, per cui l'agognata spaccatura, istigata da Schleicher, per recuperare all'unità dello Stato la NSDAP non si realizzò. Purgato, Gregor si recò in Italia nel 1932 come privato cittadino ma organizzò un Congresso dissidente nel 1932 con le Associazioni Jungdo, Tannen Bergbund, Tatkreis, Widerstands Kreis. Successivamente divenne responsabile di un'officina di produzione della Schering, in quanto chimico farmaceutico, ma questo non lo risparmiò dalla vendetta di Hitler, Himmler, Goering e delle SS (Schutz Staffeln), le "staffette di difesa" costituite nel 1926.
Durante la Notte dei lunghi coltelli il 30 giugno 1934, nell'epurazione che spazzò via le forze dell'ala "sinistra" del movimento nazista, Gregor fu arrestato dalla Gestapo-SS.
Accusato di complotto contro Hitler, di tradimento con Schleicher ed i conservatori, di connivenza con una potenza straniera, la Francia, fu ucciso. Così pure nel 1934 furono uccisi von Schleicher ed il capitano dell'esercito Rohm, il capo di "sinistra" delle SA
Otto Strasser nel frattempo nel 1932 aveva scritto il libro: Costruzione del socialismo tedesco, in cui parlava di feudalità statale che concede beni immobili al contadino, fedele e legato alla terra, con l'impegno del lavoro diretto nel fondo, inalienabile o subaffittabile; qualcosa di astorico e tradizionalista, che si ispirava a Werner Sombart.
Quando nel 1933 Hitler salì al potere, Otto Strasser riparò in esilio volontario a Praga, poi in Svizzera, conducendo una battaglia antinazista, in Austria e Svizzera
('38), Portogallo ('40),Canada ('43), da dove attaccò il tradimento degli ideali nazionalsocialisti, come animatore nazional-rivoluzionario, contro Hitler e contro gli alleati.
Nel 1945 Otto estraneo, bruciato, deluso, vecchio, rientrò nella Repubblica Federale Tedesca, ove nel quartiere di Schwabing a Monaco si guadagnò il pane, stentando a vivere, pubblicando una guida politica: Per il rinnovamento della Germania, nonché libri, articoli, sempre isolato e politicamente impotente. Nel 1946 fu favorevole allo Stato corporativo nazionalsocialista ideale, ma fu visto con sospetto come un emigrante politico estraneo e non capito così come accadeva per la destra tedesca. Nel '55 ritornò in Germania, pubblicando Hitler und Ich del '48 e Exil del '58, costituendo l'Unione tedesco-sociale dal 1956.

(ripreso da "Rinascita", 7/7/2009)

Il percorso ideologico di Otto Strasser, di Thierry Mudry

Otto Strasser nasce il 10 settembre 1897 in una famiglia di funzionari bavaresi. Suo fratello Gregor (che sarà uno dei capi del partito nazista ed un concorrente di Hitler) è maggiore di cinque anni. L'uno e l'altro beneficiano di solidi antecedenti familiari: il padre Peter, che si interessa di economia politica e di storia, pubblica sotto lo pseudonimo di Paaul Weger un opuscolo intitolato Das neue Wesen, nel quale si pronuncia per un socialismo cristiano e sociale. Secondo Paul Strasser, fratello di Gregor e Otto, "in questo opuscolo si trova già abbozzato l'insieme del programma culturale e politico di Gregor e Otto, cioè un socialismo cristiano sociale, che è indicato come la soluzione alle contraddizioni e alle mancanze nate
dalla malattia liberale, capitalista e internazionale dei nostri tempi". Quando scoppia la Grande Guerra, Otto Strasser interrompe i suoi studi di diritto e di economia per arruolarsi il 2 agosto 1914 (è il più giovane volontario di Baviera). Il suo brillante comportamento al fronte gli varrà la Croce di Ferro di prima classe e la proposta per l' Ordine Militare di Max-Joseph. Prima della smobilitazione nell'aprile-maggio 1919, partecipa con il fratello Gregor, nel Corpo Franco von Epp, all'assalto contro la Repubblica sovietica di Baviera. Ritornato alla vita civile Otto riprende i suoi studi a Berlino nel 1919 e fonda la Associazione universitaria dei veterani socialdemocratici. Nel 1920, alla testa di tre "centurie proletarie" resiste nel quartiere operaio berlinese di Steglitz al putsch Kapp (putsch d'estrema destra). Lascia poco dopo la SPD (Partito social-democratico) quando questa rifiuta di rispettare l'accordo di Bielefeld concluso con gli operai della Ruhr
(questo accordo prevedeva il non-intervento dell'esercito nella Ruhr, la repressione degli elementi contro-rivoluzionari e l'allontanamento di questi dall'apparato dello Stato, nonché la nazionalizzazione delle grandi imprese), spostandosi dunque a sinistra dell'SPD. Tornato in Baviera, Otto Strasser incontra Hitler e il generale Ludendorff presso il fratello, che lo invita a legarsi al nazionalsocialismo, ma Otto rifiuta. Corrispondente della stampa svizzera e olandese, Otto si occupa, il 12 ottobre 1920, del congresso dell'USPD (Partito social-democratico indipendente) ad Halle, dove incontra Zinovev. Scrive su "Das Gewissen", la rivista di Moeller van den Bruck e Heinrich von Gleichen, un lungo articolo sul suo incontro con Zinovev. E' così che fa la conoscenza di Moeller van den Bruck che lo farà avvicinare alle proprie idee. Otto Strasser entrerà poco dopo nel ministero per gli approvvigionamenti, prima di lavorare, a partire dalla primavera del 1923, in un consorzio di alcolici. Tra il 1920 e il 1925 si attua nello spirito di Strasser una lenta maturazione ideologica data da esperienze personali (esperienza del fronte e della guerra civile, incontro con Zinovev e Moeller, esperienza della burocrazia e del capitalismo privato) e di diverse influenze ideologiche. Dopo il mancato putsch del 1923, l'imprigionamento di Hitler e l'interdizione del NSDAP che l'hanno seguito, Gregor Strasser si è ritrovato nel 1924 con il generale Ludendorff e il politico völkisch von Graefe alla testa del ricostituito partito nazista. Appena uscito di prigione Hitler riorganizza il NSDAP (febbraio 1925) e incarica Gregor Strasser della direzione del partito nel Nord della Germania. Otto allora raggiunge il fratello che l'ha chiamato. Otto sarà l'ideologo, Gregor l'organizzatore del nazismo in Germania settentrionale. Nel 1925 è fondato un "Comitato di lavoro dei distretti settentrionali e occidentali tedeschi del NSDAP" sotto la direzione di Gregor Strasser; questi distretti manifestano così la loro volontà d'autonomia (e di democrazia interna) nei confronti di Monaco. Inoltre il NSDAP settentrionale prende un orientamento nettamente gauchiste sotto l'influenza di Otto Strasser e di Jospeh Goebbels che espongono le loro idee in un quindicinale destinato ai quadri del partito, il "National-sozialistische Briefe". Dall'ottobre 1925 Otto dà al NSDAP del Nord un programma radicale. Hitler reagisce dichiarando inalterabili i venticinque punti del programma nazista del 1920 e concentrando nelle sue mani tutti i poteri decisionali del Partito. Richiama Goebbels nel 1926, convince Gregor Strasser proponendogli il posto di capo della propaganda, poi quello di capo dell'organizzazione del Partito, espelle infine un certo numero di gauchistes (segnatamente i Gauleiter della Slesia, Pomerania e Sassonia). Otto Strasser, isolato e in totale opposizione con la politica sempre più apertamente conservatrice e capitalista di Hitler, si decide finalmente a lasciare il NSDAP il 4 luglio 1930. Fonda subito la KGRNS, Comunità di lotta nazional-socialista rivoluzionaria. Ma poco dopo la scissione strasseriana, due avvenimenti portarono alla marginalizzazione della KGRNS: anzitutto la "Dichiarazione-programma per la liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco" adottata dal Partito Comunista Tedesco. Questo programma esercita sugli elementi nazionalisti anti-hitleriani una considerevole attrazione che li distoglierà dallo strasserismo (peraltro già nell'autunno 1930 una prima crisi "nazional-bolscevica" aveva provocato l'uscita dalla KGRNS verso il Partito Comunista di tre responsabili: Korn, Rehm e Lorf); in seguito, anche il successo elettorale del Partito Nazista alle elezioni legislative del 14 settembre convinse molti naziona-socialisti della fondata validità della strategia hitleriana. La KGRNS è inoltre minata da dissensi interni che oppongono gli elementi più radicali (nazional-bolscevichi) alla direzione più moderata (Otto Strasser, Herbert Blank e il maggiore Buchrucker). Otto Strasser cerca di far uscire la KGRNS dall'isolamento avvicinando nel 1931 le SA del Nord della Germania che, sotto la guida di Walter Stennes, sono entrate in aperta ribellione contro Hitler (ma questo riavvicinamento, condotto sotto gli auspici del capitano Ehrhardt, le cui inclinazioni reazionarie sono conosciute, provoca l'uscita dei nazional-bolscevichi dalla KGRNS). Nell'ottobre 1931 Otto Strasser fonda il "Fronte Nero", destinato a raggruppare attorno alla KGRNS un certo numero di organizzazioni vicine, quali il gruppo paramilitare "Wehrwolf", i "Gruppi Oberland", le ex-SA di Stennes, una parte del Movimento Contadino, il circolo costituito attorno alla rivista "Die Tat" ecc. Nel 1933, decimata dalla repressione hitleriana, la KGRNS si sposta in Austria poi, nel 1934, in Cecoslovacchia. In Germania, gruppi strasseriani clandestini sopravvivono fino al 1937, data in cui vengono smantellati e i loro membri imprigionati o deportati (uno di questi, Karl-Ernst Naske, dirige oggi gli "Strasser-Archiv"). Le idee di Otto Strasser traspaiono dai programmi che ha elaborato, gli articoli, i libri e gli opuscoli che i suoi amici e lui stesso hanno scritto. Tra questi testi, i più importanti sono il programma del 1925, destinato a completare il programma del 1920 del Partito Nazista, la proclamazione del 4 luglio 1930 ("I socialisti lasciano il NSDAP"), le "Quattordici tesi della Rivoluzione tedesca", adottate al primo congresso della KGRNS nell'ottobre 1930, il Manifesto del Fronte Nero adottato al secondo congresso della KGRNS nell'ottobre 1931, e il libro Costruzione del socialismo tedesco, la cui prima edizione è del 1932. Da questi testi si trae un'ideologia coerente, composta di tre
elementi strettamente legati tra loro: il nazionalismo, l'"idealismo völkisch" e il "socialismo tedesco". 1) Il nazionalismo. Otto Strasser propone la costituzione di uno Stato pan-tedesco (federale e democratico) "da Memel a Strasburgo, da Eupen a Vienna" e la liberazione della nazione tedesca dal Trattato di
Versailles e dal Piano Young. Auspica una guerra di liberazione contro l'Occidente ("Salutiamo la Nuova Guerra"), l'alleanza con l'Unione Sovietica ed una solidarietà internazionale anti-imperialista tra tutte le Nazioni oppresse. Otto Strasser se la prende vigorosamente anche con gli ebrei, la Massoneria e l'Ultramontanismo (questa denuncia delle "potenze internazionali" sembra ispirarsi ai violenti pamphlets del gruppo Ludendorff). Ma le posizioni di Otto Strasser si evolvono. Durante il suo esilio in Cecoslovacchia appaiono due nuovi punti: un certo filosemitismo (Otto Strasser propone che sia conferito al popolo ebraico uno statuto protettore delle
minoranze nazionali in Europa e sostiene il progetto sionista - Patrick Moreau pensa che questo filosemitismo sia puramente tattico: Strasser cerca l'appoggio delle potenti organizzazioni anti-naziste americane) e un progetto di federalismo europeo che permetterebbe di evitare una nuova guerra. L'anti-occidentalismo e il filo-sovietismo di Strasser sfumano. 2) Al materialismo borghese e marxista Otto Strasser oppone un "idealismo völkisch" a fondamento religioso. Alla base di questo "idealismo völkisch" si trova il Volk concepito come un organismo di origine divina dalle caratteristiche fisiche (razziali), spirituali e mentali. La "Rivoluzione tedesca" deve, secondo Strasser, ri-creare le "forme" appropriate alla natura del popolo nel campo politico o economico così come in quello culturale. Queste forme sarebbero, in campo economico, il feudo (Erblehen); nel campo politico, l'auto-amministrazione del popolo tramite gli "Stande", cioè degli stati - stato operaio, stato contadino ecc. - e nel campo "culturale, una religiosità tedesca. Principale espressione dell' "idealismo völkisch", un principio d'amore in seno al Volk - riconoscendo ognuno negli altri le proprie caratteristiche razziali e culturali - che deve marcare ogni atto dell'individuo e dello Stato. Questo idealismo völkisch comporta il rifiuto da parte
di Otto Strasser dell'idea di lotta di classe in seno al Volk a profitto d'una "rivoluzione popolare" degli operai-contadini senza classi medie (solo una piccola minoranza di oppressori saranno eliminati), la condanna dello scontro politico tra tedeschi: Otto Strasser propone un Fronte unito della base dei partiti estremisti e dei sindacati contro le loro gerarchie e contro il sistema. Questo idealismo völkisch sottintende lo spirito di "socialismo tedesco" decantato da Strasser e ispira il programma socialista strasseriano. Questo programma comporta i seguenti punti: parziale nazionalizzazione delle terre e dei mezzi di produzione, partecipazione operaia, il piano, l'autarchia e il monopolio dello Stato sul commercio esterno. Il "socialismo tedesco" pretende di opporsi al liberalismo come al marxismo. L'opinione di Strasser sul marxismo è pertanto sfumata: Il marxismo non aveva per Strasser alcun carattere "ebraico" specifico come per Hitler, non era l'"invenzione dell'ebreo Marx", ma l'elaborazione di un metodo d'analisi delle contraddizioni sociali ed economiche della sua epoca (il periodo del capitalismo selvaggio) messo a punto da un filosofo dotato. Strasser riconosceva al pensiero marxista come all'analisi ell'imperialismo di Lenin, una verità oggettiva certa. Si allontanava dalla Weltanschauung marxista a livello di implicazioni filosofiche ed utopiche. Il marxismo era il prodotto dell'era del liberalismo e testimoniava nel suo metodo
analitico e nelle sue stesse strutture una mentalità la cui tradizione liberale risaliva al contratto sociale di Rousseau. L'errore di Marx e dei marxisti-leninisti stava, secondo Strasser, nel fatto che questi credevano di poter spiegare lo sviluppo storico tramite
i concetti di rapporto di produzione e di lotta di classe allorquando questi apparivano validi limitatamente al periodo del capitalismo. La dittatura del proletariato, l'internazionalismo, il comunismo utopico non erano più conformi ad una Germania nella quale era cominciato un processo di totale trasformazione delle strutture spirituali, sociali ed economiche, che portava alla sostituzione del capitalismo con il socialismo, della lotta di classe con le comunità di popolo e dell'internazionalismo con il nazionalismo. La teoria economica marxista rimaneva uno strumento necessario alla comprensione della storia. Il marxismo filosofico e il bolscevismo di partito, perdono significato nello stesso momento in cui il liberalismo entra in agonia. 3) Il "socialismo tedesco" rifiuta il modello proletario così come il modello borghese e propone di conciliare le responsabilità, l'indipendenza e la
creatività personali con il sentimento dell'appartenenza comunitaria ad una società di lavoratori di classi medie e, più particolarmente, di contadini. Strasser, come Jünger, sogna un nuovo "Lavoratore", ma di un tipo particolare, il tipo "contadino", che sia operaio-
contadino, intellettuale-contadino, soldato-contadino, altrettante facce di uno sconvolgimento sociale realizzato con la dislocazione della società industriale, lo smantellamento delle fabbriche, la riduzione delle popolazioni urbane e il trasferimento forzato dei cittadini verso il lavoro rigeneratore della terra. Per rendere in immagini contemporanee la volontà di rottura sociale della tendenza Strasser, si può pensare oggi alla Rivoluzione Culturale cinese o all'azione dei Khmer rossi in Cambogia. Otto Strasser vuole riorganizzare la società tedesca attorno al tipo contadino. Per fare questo, preconizza la spartizione delle terre, la colonizzazione delle regioni agricole dell'Est poco popolato e la dispersione dei grandi complessi industriali in piccole unità in tutto il paese - nascerebbe così un tipo misto operaio-contadino. Patrick Moreau non esita a qualificare Otto Strasser come "conservatore agrario estremista". Le conseguenze di questa riorganizzazione della Germania (e della socializzazione dell'economia che deve accompagnarla) sarebbero: una considerevole riduzione della produzione dei beni di consumo per il fatto dell'"adozione di un modo di vita spartano, in cui il consumo è ridotto alla soddisfazione quasi autarchica, a livello locale, dei bisogni primi", e "l'istituzione nazionale, poi internazionale, di una sorta di economia di baratto". Il socialismo tedesco rifiuta infine la burocrazia e il e il capitalismo privato (Strasser conosce i misfatti dei due sistemi) e propone la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e della terra che saranno in seguito ri-distribuite a degli imprenditori sotto forma di feudi. Questa soluzione
unirebbe, secondo Strasser, i vantaggi del possesso individuale e della proprietà collettiva.

(ripreso da "Origini", n. 2 - "L'opposizione nazional-rivoluzionaria al Terzo Reich"; poi riprodotto in "Patria - Bollettino Socialista", n. 12, marzo 2006)

giovedì 21 gennaio 2010

Ernst Niekisch. Un rivoluzionario tedesco (1889-1967), di Josè Cuadrado Costa

Ernst Niekisch è la figura più rappresentativa del complesso e multiforme panorama che offre il movimento nazional-bolscevico tedesco degli anni 1918-1933. In lui si incarnano con chiarezza le caratteristiche - e le contraddizioni - evocate dal termine nazional-bolscevico e che rispondono molto più ad uno stato d'animo, ad una disposizione attivista, che ad una ideologia dai contorni precisi o ad una unità organizzativa, poiché questo movimento era composto da una infinità di piccoli circoli, gruppi, riviste ecc. senza che ci fosse mai stato un partito che si fosse qualificato nazional-bolscevico. E' curioso constatare come nessuno di questi gruppi o persone usò questo appellativo (se escludiamo la rivista di Karl Otto Paetel, "Die Sozialistische Nation") bensì che l'aggettivo fu impiegato in modo dispregiativo, non scevro di sensazionalismo, dalla stampa e dai partiti sostenitori della Repubblica di Weimar, dei quali tutti i nazional-bolscevichi furono feroci nemici non essendoci sotto questo punto di vista differenze fra gruppi d'origine comunista che assimilarono l'idea nazionale ed i gruppi nazionalisti disposti a perseguire scambi economici radicali e l'alleanza con l'URSS per distruggere l'odiato sistema nato dal Diktat di Versailles. Ernst Niekisch nacque il 23 maggio 1889 a Trebnitz (Slesia). Era figlio di un limatore che si trasferì a Nordlingen im Reis (Baviera-Svevia) nel 1891. Niekisch frequenta gli studi di magistero, che termina nel 1907, esercitando poi a Ries e Augsburg. Non era frequente nella Germania guglielmina - quello Stato in cui si era realizzata la vittoria del borghese sul soldato secondo Carl Schmitt - che il figlio di un operaio studiasse, per cui Niekisch dovette soffrire le burle e l'ostilità dei suoi compagni di scuola. Già in quel periodo era avido di sapere ("Una vita da nullità è insopportabile", dirà) e divorato da un interiore fuoco rivoluzionario; legge Hauptmann, Ibsen, Nietzsche, Schopenhauer, Kant, Hegel e Macchiavelli, alla cui influenza si aggiungerà quella di Marx, a partire dal 1915. Arruolato nell'esercito nel 1914, seri problemi alla vista gli impediscono di giungere al fronte, per cui eserciterà, sino al febbraio del 1917, funzioni di istruttore di reclute ad Augsburg. Nell'ottobre del 1917 entra nel Partito Socialdemocratico (SPD) e si sente fortemente attratto dalla rivoluzione bolscevica. E' di quell'epoca il suo primo scritto politico, oggi perso, intitolato significativamente Licht aus dem osten (Luce dall'Est), nel quale già formulava ciò che sarà una costante della sua azione politica: l'idea della "Ostorientierung". La diffusione di questo foglio sarà sabotata dallo stesso SPD al cui periodico di Augsburg "Schwabischen Volkszeitung" collaborava Niekisch. Il 7 novembre 1918 Eisner, a Monaco, proclama la Repubblica. Niekisch fonda il Consiglio degli Operai e Soldati di Augsburg e ne diviene il presidente, dopo esserlo già stato del Consiglio Centrale degli Operai, Contadini e Soldati di Monaco nel febbraio e nel marzo del 1919. Egli è l'unico membro del Comitato Centrale che vota contro la proclamazione della prima Repubblica sovietica in Baviera, poiché considera che questa, in ragione del suo carattere agrario, sia la provincia tedesca meno idonea a realizzare l'esperimento. Malgrado ciò, con l'entrata dei Freikorps a Monaco, Niekisch viene arrestato il 5 maggio - giorno in cui passa dal SPD al Partito Socialdemocratico Indipendente (USPD). lI 22 giugno viene condannato a due anni di fortezza per la sua attività nel Consiglio degli Operai e Soldati, per quanto non abbia avuto nulla a che vedere con i crimini della Repubblica sovietica bavarese. Niekisch sconta integralmente la sua pena, e nonostante l'elezione al parlamento bavarese nelle liste della USPD non sarà liberato fino all'agosto del 1921. Frattanto, si ritrova nel SPD per effetto della riunificazione dello stesso con la USPD (la scissione si era determinata durante la guerra mondiale). Niekisch non è assolutamente d'accordo con la politica condiscendente dell'SPD - per temperamento era incapace di sopportare le mezze tinte o i compromessi - ed a questa situazione di sdegno si aggiungevano le minacce contro di lui e la sua famiglia (si era sposato nel 1915 ed aveva un figlio); così rinuncia al suo mandato parlamentare e si trasferisce a Berlino, dove entra nella direzione della segreteria giovanile del grande sindacato dei tessili, un lavoro burocratico che non troverà di suo gradimento. I suoi rapporti con L'SPD si deteriorano progressivamente, per il fatto che Niekisch si oppone al pagamento dei danni di guerra alla Francia e al Belgio e appoggia la resistenza nazionale quando la Francia occupa il bacino della Ruhr, nel gennaio del 1923. Dal 1924 si oppone anche al Piano Dawes, che regola il pagamento dei danni di guerra imposto alla Germania a Versailles. Niekisch attaccò frontalmente la posizione dell'SPD di accettazione del Piano Dawes in una conferenza di sindacalisti e socialdemocratici scontrandosi con Franz Hilferding, principale rappresentante della linea ufficiale.
NeI 1925 Niekisch, che è redattore capo della rivista socialista Firn (Il nevaio), pubblica i due primi lavori giunti fino a noi: Der Weg der deutschen Arbeiterschaft zum Staat e Grundfragen deutscher Aussenpolitik. Entrambe le opere testimoniano una influenza di Lassalle molto maggiore di quella di Marx-Engels, un aspetto che fa somigliare queste prime prese di posizione di Niekisch a quelle assunte nell'immediato dopoguerra dai comunisti di Amburgo, che si separarono dal Partito Comunista Tedesco (KPD) per fondare il Partito Comunista Operaio Tedesco (KAPD), guidato da Laufenberg e Wolffheim, che era un accanito partigiano della lotta di liberazione contro Versailles (questo partito, che giunse a disporre di una base abbastanza ampia, occupa un posto importante nella storia del nazionalbolscevismo). Nei suoi scritti del 1925, Niekisch propone che l'SPD si faccia portavoce dello spirito di resistenza del popolo tedesco contro l'imperialismo capitalista delle potenze dell'Intesa, ed allo stesso tempo sostiene che la liberazione sociale delle masse proletarie ha come presupposto inevitabile la liberazione nazionale. Queste idee, unite alla sua opposizione alla politica estera filofrancese dell'SPD ed alla sua lotta contro il Piano Dawes, gli attirano la sfiducia dei vertici socialdemocratici. Il celebre Eduard Bernstein lo attaccherà per suoi atteggiamenti nazionalistici sulla rivista "Glocke". In realtà, Niekisch non fu mai marxista nel senso ortodosso della parola: concedeva al marxismo valore di critica sociale, ma non di Weltanschauung, ed immaginava lo Stato socialista al di sopra di qualsiasi interesse di classe, come esecutore testamentario di Weimar e Königsberg (cioè di Goethe e Kant). Si comprende facilmente come questo genere di idee non fossero gradite all'imborghesita direzione dell'SPD... Ma Niekisch non era isolato in seno al movimento socialista, poiché manteneva stretti rapporti con il Circolo Hofgeismar della Gioventù Socialista, che ne rappresentava l'ala nazionalista fortemente influenzata dalla Rivoluzione conservatrice. Niekisch scrisse spesso su "Rundbrief", la rivista di questo circolo, dal quale usciranno fedeli collaboratori quando avrà inizio l'epoca di "Widerstand": fra essi Benedikt Obermayr, che lavorerà con Darré nel Reichsmährstand. Poco a poco l'SPD comincia a disfarsi di Niekisch: per le pressioni del suo primo presidente, Niekisch fu escluso dal suo posto nel sindacato dei tessili, e nel luglio del 1925 anticipò con le dimissioni dall'SPD il provvedimento di espulsione avviato contro di lui, ed il cui risultato non dava adito a dubbi. Inizia ora il periodo che riserverà a Niekisch un posto nella storia delle idee rivoluzionarie del XX secolo: considerando molto problematico lo schema "destra-centro-sinistra", egli si sforza di raggruppare le migliori forze della destra e della sinistra (conformemente alla celebre immagine del ferro di cavallo, in cui gli estremi si trovano più vicini fra loro di quanto non lo siano con il centro) per la lotta contro un nemico che definisce chiaramente: all'esterno l'Occidente liberale ed il Trattato di Versailles; all'interno il liberalismo di Weimar. Nel luglio del 1926 pubblica il primo numero della rivista Widerstand ("Resistenza"), e riesce ad attirare frazioni importanti - per numero ed attivismo - dell'antico Freikorps "Bund Oberland" mentre aderisce all'Altsozialdemokratische Partei (ASP) della Sassonia, cercando di utilizzarlo come piattaforma per i suoi programmi di unificazione delle forze rivoluzionarie. Per questa ragione si trasferisce a Dresda, dove dirige il periodico dell'ASP ("Der Volkstaat"), conducendo una dura lotta contro la politica filo-occidentale di Stresemann, opponendo al trattato di Locarno, con il quale la Germania riconosceva come definitive le sue frontiere occidentali ed il suo impegno a pagare i danni di guerra, lo spirito del trattato di Rapallo (1922), con il quale la Russia sovietica e la Germania sconfitta - i due paria d'Europa - strinsero le loro relazioni solidarizzando contro le potenze vincitrici. L'esperienza con l'ASP termina quando questo partito è sconfitto nelle elezioni del 1928, e ridotto ad entità insignificante. Questo insuccesso non significa assolutamente che Niekisch abbandoni la lotta scoraggiato. Al contrario, è in questo periodo che scriverà le sue opere fondamentali: Gedanken über deutsche Politik, Politik und idee (entrambe del 1929), Entscheidung (1930: il suo capolavoro), Der Politische Raum deutschen Widerstandes (1931) e Politik deutschen Widerstandes (1932). Parallelamente a questa attività pubblicistica, continua a pubblicare la rivista "Widerstand", fonda la casa editrice che porta lo stesso nome nel 1928 e viaggia in tutti gli angoli della Germania come conferenziere. Il solo elenco delle personalità con le quali ha rapporti è impressionante (dal maggio 1929 si trasferisce definitivamente a Berlino): il filosofo Alfred Baeumler gli presenta Ernst e Georg Jünger, con i quali avvia una stretta collaborazione; mantiene rapporti con la sinistra del NSDAP. il conte Ernst zu Reventlow, Gregor Strasser (che gli offrirà di diventare redattore capo dei "Voelkischer Beobachter") e Goebbels, che è uno dei più convinti ammiratori del suo libro Entscheidung (Decisione). E' pure determinante la sua amicizia con Carl Schmitt. Nell'ottobre del 1929, Niekisch è l'animatore dell'azione giovanile contro il Piano Young (un altro piano di "riparazioni"), pubblicando sul periodico "Die Kommenden", il 28 febbraio del 1930, un ardente appello contro questo piano, sottoscritto da quasi tutte le associazioni giovanili tedesche - fra le quali la Lega degli Studenti Nazionalsocialisti e la Gioventù Hitleriana -, e che fu appoggiato da manifestazioni di massa. I simpatizzanti della sua rivista furono organizzati in "Circoli Widerstand" che celebrarono tre congressi nazionali negli anni 1930-1932. Nell'autunno del '32 Niekisch va in URSS, partecipando ad un viaggio organizzato dalla ARPLAN (Associazione per lo studio del Piano Quinquennale sovietico, fondata dal professor Friedrich Lenz, altra figura di spicco del nazional-bolscevismo). Questi dati biografici erano indispensabili per presentare un uomo come Niekisch, che è praticamente uno sconosciuto; e per poter comprendere le sue idee, idee che, d'altra parte, egli non espose mai sistematicamente - era un rivoluzionario ed uno scrittore da battaglia -, ne tenteremo una ricostruzione. Dal 1919 Niekisch era un attento lettore di Spengler (cosa che non deve sorprendere in un socialista di quell'epoca, nella quale esisteva a livello intellettuale e politico una compenetrazione tra destra e sinistra, quasi una osmosi, impensabile nelle attuali circostanze), del quale assimilerà soprattutto la famosa opposizione fra "Kultur" e "Zivilisation". Ma la sua concezione politica fu notevolmente segnata dalla lettura di un articolo di Dostoevskij che ebbe una grande influenza nella Rivoluzione conservatrice tramite il Thomas Mann delle Considerazioni di un apolitico, e di Moeller van den Bruck con Germania, potenza protestante (dal Diario di uno scrittore, maggio-giugno 1877, cap. III). Il termine "protestante" non ha nessuna connotazione religiosa, ma allude al fatto che la Germania, da Arminio ad oggi, ha sempre "protestato" contro le pretese romane di dominio universale, riprese dalla Chiesa cattolica e dalle idee della Rivoluzione francese, prolungandosi, come segnalerà Thomas Mann, sino agli obiettivi dell'Intesa che lottò contro la Germania nella Prima Guerra Mondiale. Da questo momento, l'odio verso il mondo romano diventa un aspetto essenziale del pensiero di Niekisch, e le idee espresse in questo articolo di Dostoevskij rafforzano le sue concezioni. Niekisch fa risalire la decadenza del germanesimo ai tempi in cui Carlomagno compì il massacro della nobiltà sassone ed obbligò i sopravvissuti a convertirsi al cristianesimo: cristianesimo che per i popoli germanici fu un veleno mortale, il cui scopo è stato quello di addomesticare il germanesimo eroico al fine di renderlo maturo per la schiavitù romana. Niekisch non esita a proclamare che tutti i popoli che dovevano difendere la propria libertà contro l'imperialismo occidentale erano obbligati a rompere con il cristianesimo per sopravvivere. Il disprezzo per il cattolicesimo si univa in Niekisch all'esaltazione del protestantesimo tedesco, non in quanto confessione religiosa (Niekisch censurava aspramente il protestantesimo ufficiale, che accusava di riconciliarsi con Roma nella comune lotta antirivoluzionaria), ma in quanto presa di coscienza orgogliosa dell'essere tedesco e attitudine aristocratica opposta agli stati d'animo delle masse cattoliche: una posizione molto simile a quella di Rosenberg, visto che difendevano entrambi la libertà di coscienza contro l'oscurantismo dogmatico (Niekisch commentò sulla sua rivista lo scritto di Rosenberg "Il mito del XX secolo"). Questa attitudine ostile dell'imperialismo romano verso la Germania è continuata attraverso i secoli, poiché "ebrei", gesuiti e massoni sono da secoli coloro che hanno voluto schiavizzare ed addomesticare i barbari germanici. L'accordo del mondo intero contro la Germania che si manifesta soprattutto quando questa si è dotata di uno Stato forte, si rivelò con particolare chiarezza durante la Prima Guerra Mondiale, dopo la quale le potenze vincitrici imposero alla Germania la democrazia (vista da Niekisch come un fenomeno di infiltrazione straniera) per distruggerla definitivamente. Il Primato del politico sull'economico fu sempre un principio fondamentale del pensiero di Niekisch. Fortemente influenzato da Carl Schmitt, e partendo da questa base, Niekisch doveva vedere come nemico irriducibile il liberalismo borghese, che valorizza soprattutto i principi economici e considera l'uomo soltanto isolatamente, come unità alla ricerca del suo esclusivo profitto. L'individualismo borghese (con i conseguenti Stato liberale di diritto, libertà individuali, considerazioni dello Stato come un male) e materialismo nel pensiero di Niekisch appaiono come caratteristiche essenziali della democrazia borghese. Nello stesso tempo, Niekisch sviluppa una critica non originale, ma efficace e sincera, del sistema capitalista come sistema il cui motore è l'utile privato e non il soddisfacimento delle necessità individuali e collettive; e che, per di più, genera continuamente disoccupazione. In questo modo la borghesia viene qualificata come nemico interno che collabora con gli Stati occidentali borghesi all'oppressione della Germania. Il sistema di Weimar (incarnato da democratici, socialisti e clericali) rappresentava l'opposto dello spirito e della volontà statale dei tedeschi, ed era il nemico contro il quale si doveva organizzare la “Resistenza". Quello di "Resistenza" è un'altro concetto fondamentale dell'opera di Niekisch. La rivista dallo stesso nome recava, oltre al sottotitolo (prima "Blätter für sozialistische und nationalrevolutionäre Politik", quindi "Zeitschrift für nationalrevolutionäre Politik") una significativa frase di Clausewitz: "La resistenza è un'attività mediante la quale devono essere distrutte tante forze del nemico da indurlo a rinunciare ai suoi propositi". Se Niekisch considerava possibile questa attitudine di resistenza è perché credeva che la situazione di decadenza della Germania fosse passeggera, non irreversibile; e per quanto a volte sottolineasse che il suo pessimismo era "illimitato", si devono considerare le sue dichiarazioni in questo senso come semplici espedienti retorici, poiché la sua continua attività rivoluzionaria è la prova migliore che in nessun momento cedette al pessimismo ed allo sconforto. Abbiamo visto qual era il nemico contro cui dover organizzare la resistenza: "La democrazia parlamentare ed il liberalismo, il modo di vivere francese e l'americanismo". Con la stessa esattezza Niekisch definisce gli obiettivi della resistenza: l'indipendenza e la libertà della Germania, la più alta valorizzazione dello Stato, il recupero di tutti i tedeschi che si trovavano sotto il dominio straniero. Coerente col suo rifiuto dei valori economici, Niekisch non contrappone a questo nemico una forma migliore di distribuzione dei beni materiali, né il conseguimento di una società del benessere: ciò che Niekisch cercava era il superamento del mondo borghese, i cui beni si devono "detestare asceticamente". Il programma di "Resistenza" dell'aprile del 1930 non lascia dubbi da questo punto di vista: nello stesso si chiede il rifiuto deciso di tutti i beni che l'Europa vagheggia (punto 7a), il ritiro dall'economia internazionale (punto 7b), la riduzione della popolazione urbana e la ricostituzione delle possibilità di vita contadina (7c-d), la volontà di povertà ed un modo di vita semplice che deve opporsi orgogliosamente alla vita raffinata delle potenze imperialiste occidentali (7f) e, finalmente, la rinuncia al principio della proprietà privata nel senso del diritto romano, poiché "agli occhi dell'opposizione nazionale, la proprietà non ha senso né diritto al di fuori del servizio al popolo ed allo Stato". Per realizzare i suoi obiettivi, che Uwe Sauermann definisce con precisione identici a quelli dei nazionalisti, anche se le strade e gli strumenti per conseguirli sono nuovi, Niekisch cerca le forze rivoluzionarie adeguate. Non può sorprendere che un uomo proveniente dalla sinistra come lui si diriga in primo luogo al movimento operaio. Niekisch constata che l'abuso che la borghesia ha fatto del concetto "nazionale", impiegato come copertura dei suoi interessi economici e di classe, ha provocato nel lavoratore l'identificazione fra "nazionale" e "socialreazionario", fatto che ha portato il proletariato a separarsi troppo dai legami nazionali per crearsi un proprio Stato. E per quanto questo atteggiamento dell'insieme del movimento operaio sia parzialmente giustificato, non sfugge a Niekisch il fatto che il lavoratore in quanto tale è solo appena diverso da un "borghese frustrato" senz'altra aspirazione che quella di conseguire un benessere economico ed un modo di vivere identico a quello della borghesia. Questa era una conseguenza necessaria al fatto che il marxismo è un ideologia borghese, nata nello stesso terreno del liberalismo e tale da condividere con questo una valorizzazione della vita in termini esclusivamente economici. La responsabilità di questa situazione ricade in gran parte sulla socialdemocrazia che "è soltanto liberalismo popolarizzato e che ha spinto il lavoratore nel suo egoismo di classe, cercando di farne un borghese". Questa attitudine del SPD è quella che ha portato, dopo il 1918, non alla realizzazione della indispensabile rivoluzione nazionale e sociale, bensì "alla ricerca di cariche per i suoi dirigenti” ed alla conversione in una opposizione all'interno del sistema capitalista, anziché in un partito rivoluzionario: l'SPD è un partito liberale e capitalista che impiega una terminologia socialrivoluzionaria per ingannare i lavoratori. Questa analisi è quella che porta Niekisch a dire che tutte le forme di socialismo basate su considerazioni umanitarie sono "tendenze corruttrici che dissolvono la sostanza della volontà guerriera del popolo tedesco". Influenzata molto dal "decisionismo" di Carl Schmitt, l'attitudine di Niekisch verso il KPD è molto più sfumata. Prima di tutto, ed in opposizione al SPD, fermamente basato su concezioni borghesi, il comunismo si regge "su istinti elementari". Del KPD Niekisch apprezza in modo particolare la "struttura autocratica", la "approvazione a voce alta della dittatura". Queste caratteristiche renderebbero possibile utilizzare il comunismo come "mezzo" ed il percorrere insieme una parte della strada. Niekisch accolse con speranza il "Programma di Liberazione Nazionale e Sociale" del KPD (24 agosto 1930) in cui si dichiarava la lotta totale contro le riparazioni di guerra e l'ordine di Versailles, ma quando ciò si rivelò solo una tattica - diretta a frenare i crescenti successi del NSDAP, così come lo era stata la "linea Schlageter" nei 1923, Niekisch denunciò la malafede dei comunisti sul problema nazionale e li qualificò come incapaci di realizzare il compito al quale lui aspirava poiché erano "solo socialrivoluzionari" e per di più poco rivoluzionari. Il ruolo dirigente nel partito rivoluzionario avrebbe quindi dovuto essere ricoperto da un "nazionalista" di nuovo stampo, senza legami con il vecchio nazionalismo (è significativo che Niekisch considerasse il partito tradizionale dei nazionalisti, il DNVP, incapace di conseguire la resurrezione tedesca perché orientato verso l'epoca guglielmina, definitivamente scomparsa). Il nuovo nazionalismo doveva essere socialrivoluzionario, non condizionato, disposto a distruggere tutto quanto potesse ostacolare l'indipendenza tedesca, ed il nuovo nazionalista, fra i cui compiti c'era quello di utilizzare l'operaio comunista rivoluzionario, doveva avere la caratteristica fondamentale di volersi sacrificare e voler servire. Secondo una bella immagine di Niekisch, il comunismo non sarebbe altro che "il fumo che inevitabilmente sale dove un mondo comincia a bruciare". Si è vista l'immagine offerta da Niekisch della secolare decadenza tedesca, ma nel passato tedesco non tutto è oscuro; c'è un modello al quale Niekisch guarderà costantemente: la vecchia Prussia o, come egli dice, l'idea di Potsdam, una Prussia che con l'apporto di sangue slavo possa essere l'antidoto contro la Germania romanizzata. E così che esigerà, fin dai primi numeri di "Widerstand", la resurrezione di "una Germania prussiana, disciplinata e barbara, più preoccupata del potere che delle cose dello spirito". Cosa significa esattamente la Prussia per Niekisch? O.E. Schüddekopf lo ha indicato esattamente quando dice che nella "idea di Potsdam" Niekisch vedeva tutte le premesse del suo nazional-bolscevismo: "Lo Stato totale, l'economia pianificata, l'alleanza con la Russia, una condizione spirituale antiromana, la difesa contro l'Ovest, contro l'Occidente, l'incondizionato Stato guerriero, la povertà...". Nell'idea prussiana di sovranità Niekisch riconosce l'idea di cui hanno bisogno i tedeschi: quella dello "Stato totale", necessario in quanto la Germania, minacciata dall'ostilità dei vicini per la sua condizione geografica, ha bisogno di diventare uno Stato militare. Questo Stato totale deve essere lo strumento di lotta cui deve essere tutto subordinato - l'economia come la cultura e la scienza - affinchè il popolo tedesco possa ottenere la sua libertà. E' evidente, per Niekisch - ed in questo occorre ricercare una delle ragioni più profonde del suo nazional-bolscevismo -, che lo Stato non può dipendere da un'economia capitalista in cui offerta e domanda determinino il mercato; al contrario, l'economia deve essere subordinata allo Stato ed alle sue necessità. Per qualche tempo, Niekisch ebbe fiducia in determinati settori della Reichswehr (pronunciò molte delle sue conferenze in questo ambiente militare) per realizzare l'"idea di Potsdam", ma agli inizi del 1933 si allontanò dalla concezione di una "dittatura della Reichswehr" perché essa non gli appariva sufficientemente "pura" e "prussiana" tanto da farsi portatrice della "dittatura nazionale", e ciò era dovuto, sicuramente, ai suoi legami con le potenze economiche. Un'altro degli aspetti chiave del pensiero di Niekisch è il primato riconosciuto alla politica estera (l'unica vera politica per Spengler) su quella interna. Le sue concezioni al riguardo sono marcatamente influenzate da Macchiavelli (del quale Niekisch era grande ammiratore, tanto da firmare alcuni suoi articoli con lo pseudonimo di Niccolò) e dal suo amico Karl Haushofer. Del primo, Niekisch conserverà sempre la Realpolitik, la sua convinzione che la vera essenza della politica è sempre la lotta fra Stati per il potere e la supremazia, dal secondo apprenderà a pensare secondo dimensioni geopolitiche, considerando che nella situazione di allora - ed a maggior ragione in quella attuale - hanno un peso nella politica mondiale solamente gli Stati costruiti su grandi spazi, e siccome nel 1930 l'Europa centrale di per sè non avrebbe potuto essere altro che una colonia americana, sottomessa non solo allo sfruttamento economico, ma "alla banalità, alla nullità, al deserto, alla vacuità della spiritualità americana", Niekisch propone un grande stato "da Vladivostok sino a Vlessingen", cioè un blocco germano-slavo dominato dallo spirito prussiano con l'imperio dell'unico collettivismo che possa sopportare l'orgoglio umano: quello militare. Accettando con decisione il concetto di "popoli proletari" (come avrebbero fatto i fascisti di sinistra), il nazionalismo di Niekisch era un nazionalismo di liberazione, privo di sciovinismo, i cui obbiettivi dovevano essere la distruzione dell'ordine europeo sorto da Versailles e la liquidazione della Società delle Nazioni, strumento delle potenze vincitrici. Agli inizi del suo pensiero, Niekisch sognava un "gioco in comune" della Germania con i due Paesi che avevano saputo respingere la "struttura intellettuale" occidentale: la Russia bolscevica e l'Italia fascista (è un'altra coincidenza, tra le molte, fra il pensiero di Niekisch e quello di Ramiro Ledesma). Nel suo programma dell'aprile del 1930, Niekisch chiedeva "relazioni pubbliche o segrete con tutti i popoli che soffrono, come il popolo tedesco, sotto l'oppressione delle potenze imperialiste occidentali". Fra questi popoli annoverava l'URSS ed i popoli coloniali dell'Asia e dell'Africa. Più avanti vedremo la sua evoluzione in relazione al Fascismo, mentre ci occuperemo dell'immagine che Niekisch aveva della Russia sovietica. Prima di tutto dobbiamo dire che quest'immagine non era esclusiva di Niekisch, ma che era patrimonio comune di quasi tutti gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice e del nazional-bolscevismo, a partire da Moeller van den Bruck, e lo saranno anche i più lucidi fascisti di sinistra: Ramiro Ledesma Ramos e Drieu la Rochelle. Perchè, in effetti, Niekisch considerava la rivoluzione russa del 1917 prima di tutto come una rivoluzione nazionale, più che come una rivoluzione sociale. La Russia, che si trovava in pericolo di morte a causa dell'infiltrazione dei valori occidentali estranei alla sua essenza, "incendiò di nuovo Mosca" per farla finita con i suoi invasori, impiegando il marxismo come combustibile. Con parole dello stesso Niekisch: "Questo fu il senso della Rivoluzione bolscevica: la Russia, in pericolo di morte, ricorse all'idea di Potsdam, la portò sino alle estreme conseguenze, quasi oltre ogni misura, e creò questo Stato assolutista di guerrieri che sottomette la stessa vita quotidiana alla disciplina militare, i cui cittadini sanno sopportare la fame quando c'è da battersi, la cui vita è tutta carica, fino all'esplosione, di volontà di resistenza". Kerenski era stato solo una testa di legno dell'Occidente che voleva introdurre la democrazia borghese in Russia (Kerenski era, chiaramente, l'uomo nel quale avevano fiducia le potenze dell'Intesa perché la Russia continuasse al loro fianco la guerra contro la Germania); la rivoluzione bolscevica era stata diretta contro gli Stati imperialisti dell'Occidente e contro la borghesia interna favorevole allo straniero ed antinazionale. Coerente con questa interpretazione, Niekisch definirà il leninismo come "ciò che rimane del marxismo quando un uomo di Stato geniale lo utilizza per finalità di politica nazionale", e citerà con frequenza la celebre frase di Lenin che sarebbe diventata il leit-motiv di tutti i nazional-bolscevichi: "Fate della causa del popolo la causa della Nazione e la causa della Nazione diventerà la causa del popolo". Nelle lotte per il potere che ebbero luogo ai vertici sovietici dopo la morte di Lenin, le simpatie di Niekisch erano dirette a Stalin, e la sua ostilità verso Trotzskij (atteggiamento condiviso, fra molti altri, anche da Ernst Jünger e dagli Strasser). Trotzskij ed i suoi seguaci, incarnavano, agli occhi di Niekisch, le forze occidentali, il veleno dell'Ovest, le forze di una decomposizione ostile a un ordine nazionale in Russia. Per questo motivo Niekisch accolse con soddisfazione la vittoria di Stalin e dette al suo regime la qualifica di "organizzazione della difesa nazionale che libera gli istinti virili e combattenti". Il Primo Piano Quinquennale, in corso quando Niekisch scriveva, era "un prodigioso sforzo morale e nazionale destinato a conseguire l'autarchia". Era quindi l'aspetto politico-militare della pianificazione ciò che affascinava Niekisch, gli aspetti socio-economici (come nel caso della sua valutazione del KDP) lo interessavano appena. Fu in questo modo che poté coniare la formula: "collettivismo + pianificazione = militarizzazione del popolo". Quanto Niekisch apprezzava della Russia è esattamente il contrario di quanto ha attratto gli intellettuali marxisti degenerati: "La violenta volontà di produzione per rendere forte e difendere lo Stato, l'imbarbarimento cosciente dell'esistenza... l'attitudine guerriera, autocratica, dell'élite dirigente che governa dittatorialmente, l'esercizio per praticare l'ascesi di un popolo...". Era logico che Niekisch vedesse nell'Unione Sovietica il compagno ideale di un'alleanza con la Germania, poiché incarnava i valori antioccidentali cui Niekisch aspirava. Inoltre, occorre tener presente che in quell'epoca l'URSS era uno Stato isolato, visto con sospetto dai paesi occidentali ed escluso da ogni tipo di alleanza, per non dire circondato da Stati ostili che erano praticamente satelliti della Francia e dell'Inghilterra (Stati baltici, Polonia, Romania); a questo bisogna poi aggiungere che fino a ben oltre gli inizi degli anni '30, l'URSS non faceva parte della Società delle Nazioni né aveva rapporti diplomatici con gli USA. Niekisch riteneva che un'alleanza Russia-Germania fosse necessaria anche per la prima, poiché "la Russia deve temere l'Asia", e solo un blocco dall'Atlantico al Pacifico poteva contenere "la marea gialla", allo stesso modo in cui solo con la collaborazione tedesca la Russia avrebbe potuto sfruttare le immense risorse della Siberia. Abbiamo visto per quali ragioni la Russia appariva a Niekisch come un modello. Ma per la Germania non si trattava di copiare l'idea bolscevica, di accettarla in quanto tale. La Germania - e su questo punto Niekisch condivide l'opinione di tutti i nazionalisti - deve cercare le sue proprie idee e forme, e se la Russia veniva portata ad esempio, la ragione era che aveva organizzato uno Stato seguendo la "legge di Potsdam" che avrebbe dovuto ispirare anche la Germania. Organizzando uno Stato assolutamente antioccidentale, la Germania non avrebbe imitato la Russia, ma avrebbe recuperato la propria specificità, alienata nel corso di tutti quegli anni di sottomissione allo straniero e che si era incarnata nello Stato russo. Per quanto gli accordi con la Polonia e la Francia sondati dalla Russia saranno osservati con inquietudine da Niekisch, che difenderà appassionatamente l'Unione Sovietica contro le minacce di intervento e contro le campagne condotte a sue discapito dalle confessioni religiose. Inoltre, per Niekisch "una partecipazione della Germania alla crociata contro la Russia significherebbe... un suicidio". Questo sarà il rimprovero più importante - e convincente - di Niekisch al nazionalsocialismo, e con ciò giungiamo ad un punto che non cessa di provocare una certa perplessità: l'atteggiamento di Niekisch verso il nazionalsocialismo. Questa perplessità non è solo nostra; durante l'epoca che studiamo, Niekisch era visto dai suoi contemporanei più o meno come un "nazi". Certamente, la rivista paracomunista "Aufbruch" lo accomunava a Hitler nel 1932; più specifica, la rivista sovietica "Moskauer Rundschau" (30 novembre 1930), qualificava il suo "Entscheidung" come "l'opera di un romantico che ha ripreso da Nietzsche la sua scala di valori". Per dei critici moderni come Armin Mohler "molto di quanto Niekisch aveva chiesto per anni sarà realizzato da Hitler", e Faye segnala che la polemica contro i nazionalsocialisti, per il linguaggio che usa "lo colloca nel campo degli stessi". Cosa fu dunque ciò che portò Niekisch ad opporsi al nazionalsocialismo? Da un'ottica retrospettiva, Niekisch considera il NSDAP fino al 1923 come un "movimento nazional-rivoluzionario genuinamente tedesco", ma dalla rifondazione del Partito, nel 1925, pronuncia un'altro giudizio, nello stesso modo in cui modificherà il suo precedente giudizio sul fascismo italiano. Troviamo l'essenziale delle critiche di Niekisch al nazionalsocialismo in un opuscolo del 1932: "Hitler - ein deutsches Verhängnis" (Hitler, una fatalità tedesca) che apparve illustrato con impressionanti disegni di un artista di valore: A. Paul Weber. Dupeux segnala con esattezza che queste critiche non sono fatte dal punto di vista dell'umanitarismo e della democrazia, com'è usuale ai nostri giorni, e Sauermann lo qualifica come un "avversario in fondo essenzialmente rassomigliante". Niekisch considerava "cattolico", "romano" e "fascista" il fatto di dirigersi alle masse e giunse ad esprimere "l'assurdo" (Dupeux) che: "chi è nazista, presto sarà cattolico". In questa critica occorre vedere, per cercare di comprenderla, la manifestazione di un atteggiamento molto comune fra tutti gli autori della Rivoluzione conservatrice, che disprezzavano come "demagogia" qualsiasi lavoro fra le masse, ed occorre ricordare, anche, che Niekisch non fu mai un tattico né un "politico pratico". Allo stesso tempo occorre mettere in relazione la sfiducia verso il nazionalsocialismo con le origini austriache e bavaresi dello stesso, poiché abbiamo già visto che Niekisch guardava con diffidenza ai tedeschi del sud e dell'ovest, come influenzati dalla romanizzazione. D'altra parte, Niekisch rimprovera al nazionalsocialismo la sua "democraticità" alla Rousseau e la sua fede nel popolo. Per Niekisch l'essenziale è lo Stato: egli sviluppò sempre un vero "culto dello Stato", perfino nella sua epoca socialdemocratica, per cui risulta per lo meno grottesco qualificarlo come un "sindacalista anarchico" (sic). Niekisch commise gravi errori nella sua valutazione del nazionalsocialismo, come il prendere sul serio il "giuramento di legalità" pronunciato da Hitler nel corso del processo al tenente Scheringer, senza sospettare che si trattava di mera tattica (con parole di Lenin, un rivoluzionario deve saper utilizzare tutte le risorse, legali ed illegali, servirsi di tutti i mezzi secondo la situazione, e questo Hitler lo realizzò alla perfezione), e ritenere che Hitler si trovasse molto lontano dal potere... nel gennaio del 1933. Questi errori possono spiegarsi facilmente, come ha fatto Sauermann, con il fatto che Niekisch giudicava il NSDAP più basandosi sulla propaganda elettorale che sullo studio della vera essenza di questo movimento. Tuttavia, il rimprovero fondamentale concerne la politica estera. Per Niekisch, la disponibilità - espressa nel "Mein Kampf" - di Hitler ad un'intesa con Italia ed Inghilterra e l'ostilità verso la Russia erano gli errori fondamentali del nazionalsocialismo, poiché questo orientamento avrebbe fatto della Germania un "gendarme dell'Occidente". Questa critica è molto più coerente delle anteriori. L'assurda fiducia di Hitler di poter giungere ad un accordo con l'Inghilterra gli avrebbe fatto commettere gravi errori (Dunkerque, per citarne uno); sulla sua alleanza con l'Italia, determinata dal sentimento e non dagli interessi - ciò che è funesto in politica - egli stesso si sarebbe espresso ripetutamente e con amarezza. Per quanto riguarda l'URSS, fra i collaboratori di Hitler Goebbels fu sempre del parere che si dovesse giungere ad un intesa, e perfino ad un'alleanza con essa, e ciò non solo nel periodo della sua collaborazione con gli Otto Strasser, ma sino alla fine del III Reich, come ha dimostrato inequivocabilmente il suo ultimo addetto stampa Wilfred von Owen nel suo diario ("Finale furioso. Con Goebbels sino alla fine"), edito per la prima volta - in tedesco - a Buenos Aires (1950) e proibito in Germania sino al 1974, data in cui fu pubblicato dalla prestigiosa Grabert-Verlag di Tübingen, alla faccia degli antisovietici e filo-occidentali di professione. La denuncia, sostenuta da Niekisch, di qualsiasi crociata contro la Russia, assunse toni profetici quando evocò in un'immagine angosciosa "le ombre del momento in cui le forze... della Germania diretta verso l'Est, sperperate, eccessivamente tese, esploderanno... Resterà un popolo esausto, senza speranza, e l'ordine di Versailles sarà più forte che mai". Indubbiamente Ernst Niekisch esercitò, negli anni dal 1926 al 1933, una influenza reale nella politica tedesca, mediante la diffusione e l'accettazione dei suoi scritti negli ambienti nazional-rivoluzionari che lottavano contro il sistema di Weimar. Questa influenza non deve essere valutata, certamente in termini quantitativi: l'attività di Niekisch non si orientò mai verso la conquista delle masse, né il carattere delle sue idee era il più adeguato a questo fine. Per fornire alcune cifre, diremo che la sua rivista "Widerstand" aveva una tiratura che oscillava fra le 3.000 e le 4.500 copie, fatto che è lungi dall'essere disprezzabile per l'epoca, ed in più trattandosi di una rivista ben presentata e di alto livello intellettuale; i circoli "Resistenza" raggruppavano circa 5.000 simpatizzanti, dei quali circa 500 erano politicamente attivi. Non è molto a paragone dei grandi partiti di massa, ma l'influenza delle idee di Niekisch dev'essere valutata considerando le sue conferenze, il giro delle sue amicizie (di cui abbiamo già parlato), i suoi rapporti con gli ambienti militari, la sua attività editoriale, e soprattutto, la speciale atmosfera della Germania in quegli anni, in cui le idee trasmesse da "Widerstand" trovavano un ambiente molto ricettivo nelle Leghe paramilitari, nel Movimento Giovanile, fra le innumerevoli riviste affini ed anche in grandi raggruppamenti come il NSDAP, lo Stahlhelm, ed un certo settore di militanti del KPD (come si sa, il passaggio di militanti del KPD nel NSDAP, e viceversa, fu un fenomeno molto comune negli ultimi anni della Repubblica di Weimar, anche se gli storici moderni ammettono che vi fu una percentuale maggiore di rivoluzionari che percorsero il primo tipo di tragitto, ancor prima dell'arrivo di Hitler al potere). Queste brevi osservazioni possono a ragione far ritenere che l'influenza di Niekisch fu molto più ampia di quanto potrebbe far pensare il numero dei suoi simpatizzanti. Il 9 marzo del 1933 Niekisch è arrestato da un gruppo di SA ed il suo domicilio perquisito. Viene posto in libertà immediatamente, ma la rivista "Entscheidung", fondata nell'autunno del 1932, viene sospesa. "Widerstand", al contrario, continuerà ad apparire sino al dicembre del 1934, e la casa editrice dallo stesso nome pubblica libri sino al 1936 inoltrato. Dal 1934 Niekisch viaggia per quasi tutti i paesi d'Europa, nei quali sembra abbia avuto contatti con i circoli dell'emigrazione. Nel 1935, nel corso di una visita a Roma, viene ricevuto da Mussolini. Non si può fare a meno di commuoversi nell'immaginare questo incontro, disteso e cordiale, fra due grandi uomini che avevano iniziato la loro carriera politica nelle file del socialismo rivoluzionario. Alla domanda di Mussolini su che cosa aveva contro Hitler, Niekisch rispose: "Faccio mie le vostre parole sui popoli proletari". Mussolini rispose. "E' quanto dico sempre a Hitler". (Va ricordato che questi scrisse una lettera a Mussolini - il 6 marzo 1940 - in cui gli spiegava il suo accordo con la Russia, perché "ciò che ha portato il nazionalsocialismo all'ostilità contro il comunismo è solo la posizione - unilaterale - giudaico-internazionale, e non, al contrario, l'ideologia dello Stato stalinista-russo-nazionalista". Durante la guerra, Hitler esprimerà ripetutamente la sua ammirazione per Stalin, in contrasto con l'assoluto disprezzo che provava per Roosevelt e Churchill). Nel marzo del 1937 Niekisch è arrestato con 70 dei suoi militanti (un gran numero di membri dei circoli "Resistenza" aveva cessato la propria attività, significativamente, nel constatare che Hitler stava portando avanti realmente la demolizione del Diktat di Versailles che anch'essi avevano tanto combattuto). Nel gennaio del 1939 è processato davanti al Tribunale Popolare, accusato di alto tradimento ed infrazione sulla legge sulla fondazione di nuovi partiti, e condannato all'ergastolo. Sembra che le accuse che più pesarono contro di lui furono i manoscritti trovati nella sua casa, nei quali criticava Hitler ed altri dirigenti del III Reich. Fu incarcerato nella prigione di Brandenburg sino al 27 aprile del 1945, giorno in cui viene liberato dalle truppe sovietiche, quasi completamente cieco e semiparalitico. Nell'estate del 1945 entra nel KPD che, dopo la fusione nella zona sovietica con l'SPD, nel 1946 si denominerà Partito Socialista Unificato di Germania (SED) e viene eletto al Congresso Popolare come delegato della Lega Culturale. Da questo posto difende una via tedesca al socialismo e si oppone dal 1948 alle tendenze di una divisione permanete della Germania. Nel 1947 viene nominato professore all'Università Humboldt di Berlino, e nel 1949 è direttore dell'"Istituto di Ricerche sull'Imperialismo"; in quell'anno pubblica uno studio sul problema delle élites in Ortega y Gasset. Niekisch non era, ovviamente, un "collaborazionista" servile: dal 1950 si rende conto che i russi non vogliono un "via tedesca" al socialismo, ma solo avere un satellite docile (come gli americani nella Germania federale). Coerentemente con il suo modo di essere, fa apertamente le sue critiche e lentamente cade in disgrazia; nel 1951 il suo corso è sospeso e l'Istituto chiuso. Nel 1952 ha luogo la sua scomunica definitiva, effettuata dall'organo ufficiale del Comitato Centrale del SED a proposito del suo libro del 1952 "Europäische Bilanz". Niekisch è accusato di "...giungere a erronee conclusioni pessimistiche perché, malgrado l'occasionale impiego della terminologia marxista, non impiega il metodo marxista...la sua concezione della storia è essenzialmente idealista...". Il colpo finale è dato dagli avvenimenti del 17 giugno del 1953 a Berlino, che Niekisch considera come una legittima rivolta popolare. La conseguente repressione distrugge le sue ultime speranze nella Germania democratica e lo induce a ritirarsi dalla politica. Da questo momento Niekisch, vecchio e malato, si dedica a scrivere le sue memorie cercando di dare al suo antico atteggiamento di "Resistenza" un significato di opposizione a Hitler, nel tentativo di cancellare le orme della sua opposizione al liberalismo. In ciò fu aiutato dalla ristretta cerchia dei vecchi amici sopravvissuti. Il più influente fra loro fu il suo antico luogotenente, Josef Drexel, vecchio membro del Bund Oberland e divenuto, nel secondo dopoguerra, magnate della stampa in Franconia. Questo tentativo può spiegarsi, oltre che con il già menzionato stato di salute di Niekisch, con la sua richiesta di ottenere dalla Repubblica Federale (viveva a Berlino Ovest) una pensione per i suoi anni di carcere. Questa pensione gli fu sempre negata, attraverso una interminabile serie di processi. I tribunali basarono il rifiuto su due punti: Niekisch aveva fatto parte di una setta nazionalsocialista (sic) ed aveva collaborato in seguito al consolidamento di un'altro totalitarismo: quello della Germania democratica. Cosa bisogna pensare di questi tentativi di rendere innocuo Niekisch si deduce da quanto fin qui esposto. La storiografia più recente li ha smentiti del tutto. Il 23 maggio del 1967, praticamente dimenticato, Niekisch moriva a Berlino. Malgrado sia quasi impossibile trovare le sue opere anteriori al 1933, in parte perché non ripubblicate ed in parte perché scomparse dalle biblioteche, A. Mohler ha segnalato che Niekisch torna farsi virulento, e fotocopie dei suoi scritti circolano di mano in mano fra i giovani tedeschi disillusi dal neo-marxismo (Marcuse, Scuola di Frankfurt). La critica storica gli riconosce sempre maggiore importanza. Di quest'uomo, che si oppone a tutti i regimi presenti nella Germania del XX secolo, bisogna dire che mai operò mosso dall'opportunismo. I suoi cambi di orientamento furono sempre il prodotto della sua incessante ricerca di uno Stato che potesse garantire la liberazione della Germania e dello strumento idoneo a raggiungere questo obiettivo. Le sue sofferenze - reali - meritano il rispetto dovuto a quanti mantengono coerentemente le proprie idee. Niekisch avrebbe potuto seguire una carriera burocratica nell'SPD, accettare lo splendido posto offertogli da Gregor Strasser, esiliarsi nel 1933, tacere nella Germania democratica... Ma sempre fu fedele al suo ideale ed operò come credeva di dover fare senza tener conto delle conseguenze personali che avrebbero potuto derivargli. La sua collaborazione con il SED è comprensibile, ed ancor più il modo in cui si concluse. Oggi che l'Europa è sottomessa agli pseudovalori dell'Occidente americanizzato, le sue idee e la sua lotta continuano ad avere un valore esemplare. E' quanto compresero i nazional-rivoluzionari di "Sache del Volches" quando, nel 1976, apposero una targa sulla vecchia casa di Niekisch, con la frase: "O siamo un popolo rivoluzionario o cessiamo definitivamente di essere un popolo libero".

(ripreso da "Orion", nn. 56 e 57, 1989; poi riprodotto nel sito internet del Fronte Patriottico, in http://xoomer.virgilio.it/controvoce/idee-niekisch.htm)